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Sul fondamento giuridico delle persecuzioni dei Cristiani

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processo per crimen maiestatis). I cittadini romani ‘contagiati dalla stessa follia’ (amentia) furono<br />

inviati a Roma. Poi, aumentando le denunce, si erano presentate varie situazioni tra loro differenti.<br />

Le incertezze di Plinio derivavano dalla circolazione di una denunzia anonima in cui si<br />

facevano i nomi di molte persone di entrambi i sessi, di ogni età e ceto sociale. A tutta prima, Plinio<br />

aveva rilasciato subito coloro che avevano fatto l’atto di abiura consigliato dal governatore,<br />

invocando gli <strong>dei</strong> patri, offrendo loro sacrifici, e maledicendo Cristo. Plinio ha cura di motivare il<br />

rilascio, adducendo la sua convinzione che questi atti di abiura non potevano essere compiuti da un<br />

vero Cristiano (dunque, Plinio non aveva rilasciato gli apostati perché riteneva il mero nomen<br />

Christianum, a prescindere dal compimento di reati comuni, non perseguibile, ma perché era<br />

convinto che non poteva essere un vero Cristiano chi accettava di abiurare, maledicendo Cristo).<br />

Un altro gruppo di denunziati prima aveva ammesso, subito dopo aveva negato di professare la<br />

fede cristiana, poi aveva abiurato, venerato le divinità tradizionali e l’immagine dell’Imperatore, e<br />

maledetto Cristo. In ordine a questo secondo gruppo, sembra di capire che, secondo la voce del<br />

popolo, la denominazione ‘<strong>Cristiani</strong>’ si associava alla commissione di atti turpi, flagitia cohaerentia<br />

nomini. Eppure, i rei si erano giustificati presso Plinio, asserendo che le loro sole colpe o errori<br />

erano stati quelli di riunirsi in giorni prestabiliti prima dell’alba, per pregare e per promettere di non<br />

commettere delitti, furto, ladrocinio, adulterio, di non mancare alla parola data, e infine di non<br />

rifiutarsi, se richiesti, di un deposito (qui è opportuno correggere la traduzione tradizionale –“di non<br />

negare di restituire, se richiesti, la cosa accettata in deposito”-, che infatti non appare soddisfacente,<br />

con quella, proposta da S. Mazzarino: “di non rifiutarsi, se richiesti, di effettuare un deposito di<br />

denaro”: a questo impegno, consuetudinario per i seguaci della nuova religione, andrebbe così<br />

ricondotta la fondazione, nel II sec., di fiorenti banche amministrate dagli stessi <strong>Cristiani</strong>, i quali,<br />

facendo fruttare i depositi <strong>dei</strong> correligionari, potevano poi impiegare il denaro per le esigenze della<br />

comunità, aiutando poveri, vedove e orfani: Ippol. Refut. 9.12.12) 18 . I <strong>Cristiani</strong>, a loro dire, si<br />

radunavano poi solitamente per mangiare insieme cibo semplice, ma questa abitudine era stata<br />

spontaneamente abbandonata dopo che, a seguito di mandatum imperiale, Plinio aveva emanato un<br />

editto, con la proibizione <strong>delle</strong> riunioni collettive (Plin. ep.10.96.7).<br />

Plinio riferisce quindi a Traiano del suo tentativo di andare più a fondo e di ottenere altre<br />

informazioni torturando due schiave: ma aveva trovato solo elementi di una superstizione perversa<br />

ed esagerata. Plinio, però, non aveva rilasciato o assolto questo secondo gruppo: assalito dai dubbi,<br />

aveva sospeso l’inchiesta e posto i suoi quesiti all’Imperatore, in considerazione del gran numero di<br />

persone in pericolo, e del fatto che ormai la nuova religione si era diffusa non solo nelle città, ma<br />

anche nelle borgate e nelle campagne.<br />

D’altra parte, precisa Plinio, emergevano segnali di ritorno alla religione tradizionale: i templi<br />

prima quasi abbandonati, cominciavano a essere nuovamente frequentati, le cerimonie per lungo<br />

tempo interrotte venivano riprese e si tornava a vendere ovunque la carne <strong>delle</strong> vittime, della quale<br />

fino a poco tempo prima si trovavano ormai pochi compratori (questo riferimento al calo <strong>delle</strong><br />

vendite <strong>delle</strong> carni ha indotto taluno ad ipotizzare che fossero stati i macellai, contrariati dalla<br />

diminuzione <strong>delle</strong> loro entrate, a denunziare i <strong>Cristiani</strong>, invisi in quanto responsabili della loro<br />

rovina economica). Dal che –conclude Plinio- si deduceva quale grande numero di persone sarebbe<br />

potuto guarire, se fosse stata data loro la possibilità di pentirsi.<br />

Dunque, il governatore individuava nella assoluzione di chi rinnegava Cristo la ricetta per<br />

liberarsi dal dilagante pericolo del Cristianesimo e di conseguenza, in modo velato, suggeriva a<br />

Traiano di concedere l’assoluzione agli apostati. Fin qui Plinio.<br />

Veniamo ora alla risposta di Traiano. A fronte di un quesito così articolato e quasi prolisso, la<br />

risposta imperiale (in Plin. ep. 10.97) colpisce per l’estrema brevità e, al tempo stesso, per la densità<br />

<strong>dei</strong> contenuti. Traiano innanzitutto approva la condotta tenuta dal governatore nell’espletamento<br />

<strong>delle</strong> cause contro coloro che gli erano stati denunciati come <strong>Cristiani</strong>. Infatti, sottolinea<br />

l’Imperatore, non è possibile dettare criteri repressivi precisi e dotati di efficacia generale,<br />

18 Concordi, nell’accogliere questa diversa lettura, anche M.L. ASTARITA, I <strong>Cristiani</strong>, cit., 72; V.A. SIRAGO, Roma, cit.,<br />

275.

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