Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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08.06.2013 Views

Nove bianco e nero sullo sfondo il porto in un pomeriggio non molto luminoso, forse marzo, la città ferita dai bombardamenti, un ragazzino piccolo e nero, ricci capelli castani, occhi ben aperti e sorriso poco convinto, al suo fianco un grosso signore albino, capelli biondicci e occhi slavati, indossa una divisa della Marina coperta da un lungo cappottone blu. Sorride, si chiama Henry. Avevo dodici anni quando sono arrivati gli americani a Cagliari. Facevo piccole commissioni per i commercianti di paese, venivo col carrettino di mio padre che in quel periodo era nella borsa nera, caricavo un po’ di merce che mi avevano chiesto e tornavo a Nuraiò. Quasi tutti i giorni. Un venerdì incontro il colonnello Chatwork, e trovo l’America. Mi ha chiesto di portarlo in una trattoria allegra, così mi ha detto, con quelle due parole di italiano che aveva imparato, allegra, ripetuto due volte, e io ho capito in un attimo, e subito l’ho portato al casino 99

Nove<br />

bianco e nero<br />

sullo sfondo il porto in un pomeriggio non molto<br />

luminoso, forse marzo, la città ferita dai bombardamenti,<br />

un ragazzino piccolo e nero, ricci capelli castani,<br />

occhi ben aperti e sorriso poco convinto, al suo fianco<br />

un grosso signore albino, capelli bion<strong>di</strong>cci e occhi<br />

slavati, indossa una <strong>di</strong>visa della Marina coperta da un<br />

lungo cappottone blu. Sorride, si chiama Henry.<br />

Avevo do<strong>di</strong>ci anni quando sono arrivati gli americani<br />

a Cagliari.<br />

Facevo piccole commissioni per i commercianti <strong>di</strong><br />

paese, venivo col carrettino <strong>di</strong> mio padre che in quel<br />

periodo era nella borsa nera, caricavo un po’ <strong>di</strong> merce<br />

che mi avevano chiesto e tornavo a <strong>Nuraiò</strong>.<br />

Quasi tutti i giorni.<br />

Un venerdì incontro il colonnello Chatwork, e trovo<br />

l’America.<br />

Mi ha chiesto <strong>di</strong> portarlo in una trattoria allegra,<br />

così mi ha detto, con quelle due parole <strong>di</strong> italiano<br />

che aveva imparato, allegra, ripetuto due volte, e io<br />

ho capito in un attimo, e subito l’ho portato al casino<br />

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