Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
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sempre per pagarti quello che vuoi, e non <strong>di</strong>co altro<br />
e <strong>di</strong>ri-lì <strong>di</strong>ri-lì <strong>di</strong> posti ne ho promesso e <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> ne<br />
ho regalati, autisti uscieri bidelli impiegati operai, la<br />
festa delle elezioni, tutti in fila da me, domande richieste<br />
consigli or<strong>di</strong>ni gran<strong>di</strong> manovre, sono solo un<br />
povero furbo che sa fare le trasse, questo devo <strong>di</strong>re,<br />
imbrogli ne ho fatto, come gli altri, come tutti, ché<br />
l’importante è non guardare, non vedere, non <strong>di</strong>re e<br />
non far parlare, e finché c’è una zietta con un nipote<br />
da sistemare pronta a mettere via orgoglio e decenza,<br />
pronta a prometterti devozione eterna vassallaggio<br />
incon<strong>di</strong>zionato per un’illusione qualunque, per un<br />
inganno da tre sol<strong>di</strong>, finché le pecore voteranno con<br />
nel cuore la paura che finisca la povera erba che gli<br />
serve da vivere, finché andrà così (e andrà così all’infinito)<br />
sempre ci sarà un Bastiano Lilliu pronto a battersi<br />
per loro, coraggioso sfrontato arrogante viscido<br />
implorante come sempre son stato, che ho giusto il<br />
<strong>di</strong>ploma da ragioniere ma non abbassavo gli occhi<br />
nemmeno davanti al segretario nazionale, quando lo<br />
andavo a trovare al Panorama, in certe vigilie infuocate<br />
che un voto sembrava poter cambiare la storia,<br />
e giro-giro-tondo, il buco in pancia si allarga e la<br />
signora mi abbraccia, tra poco vedremo chi aveva ragione,<br />
se pagherò le bestemmie rabbiose, se Gesù-<br />
Cristo è alto e magro e assomiglia a un arabo, se mi<br />
guarderà con gli occhi buoni <strong>di</strong> zio Perdosu o con<br />
quelli cattivi senza scampo <strong>di</strong> nonno Ena, e chissà se<br />
lo incontro, tra poco, vedremo, ma in fondo in fondo<br />
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so già che non vedrò un cazzo <strong>di</strong> niente, che chiusi<br />
gli occhi finita la festa<br />
e avanti col ballo che sta per finire, larallero larìllelà,<br />
gli ultimi passi <strong>di</strong> nuovo per voi:<br />
figlio mio che ti vergogni delle mie camicie a scacchi,<br />
e figlia mia che ogni Natale mi regali quel buon<br />
profumo che non metterò mai, e nipoti belli che venite<br />
dallo zio puzzolente giusto quando vi serve qualcosa,<br />
e per il resto si impicchi pure, brontolone malvestito,<br />
figli miei e progenie mia io vi <strong>di</strong>co, e non è il momento<br />
<strong>di</strong> mentire, che non avete capito un cazzo con<br />
la vostra schifosa supponenza, col vostro delizioso stile<br />
citta<strong>di</strong>no e il fasti<strong>di</strong>o per la mia casetta scomoda e fuorimano;<br />
voi, splen<strong>di</strong><strong>di</strong> frequentatori <strong>di</strong> spiagge giuste,<br />
<strong>di</strong> ritrovi blindati, voi miei (miei!) parenti scappati coi<br />
miei (miei!) sol<strong>di</strong> da questo paese perso nel passato che<br />
non passa, nell’ignoranza spessa,<br />
liro-lari-lilà, gli ultimi passi le ultime forze, care<br />
patetiche sanguisughe ingrate che non vedete l’ora <strong>di</strong><br />
appendere il mio ritratto in salone e fissare i miei occhi<br />
finalmente spenti, finalmente zitti, che aspettate<br />
il momento che grazie al Cielo starò muto e più non<br />
frugherò nelle vostre miserie da aspiranti cosmopoliti,<br />
carissimi, io so tutto <strong>di</strong> voi perché tutto ho già<br />
passato e visto, perché in questo paese non c’è niente<br />
che si può inventare e nessuna rivoluzione da fare, e<br />
vi <strong>di</strong>co che povero e inelegante e biddúncolo fino alla<br />
punta dei pie<strong>di</strong> ho vissuto felice e placido e voi invece<br />
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