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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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nonostante tutte queste cose zio Giovanni partì<br />

<strong>di</strong>cono che mentre dall’Africa faceva rotta verso l’Italia<br />

la nave militare che trasportava zio Giovanni sia<br />

stata attaccata e abbattuta dagli inglesi, e che l’uomo<br />

si sia trovato <strong>di</strong> colpo in mezzo ad un inferno <strong>di</strong> fuoco<br />

fumo urla e corpi squarciati, che si sia attaccato ad<br />

un grosso tronco <strong>di</strong> legno e che abbia continuato a<br />

stringerlo per un giorno e una notte, con tutta la forza<br />

che aveva, alternando bestemmie a invocazioni <strong>di</strong>sperate<br />

al cielo, ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> quand’era bambino e correva<br />

scalzo per le strade polverose <strong>di</strong> <strong>Nuraiò</strong> a grida<br />

d’amore per la giovane Maria che gli aveva promesso<br />

<strong>di</strong> sposarlo, al suo rientro dalla guerra, e che chissà se<br />

in quel momento stava pensando a lui, piccolo punto<br />

vivo in un calmo mare nero che presto lo avrebbe inghiottito,<br />

senza neanche ucciderlo prima, lo avrebbe<br />

inghiottito ancora urlante, pensante, capace <strong>di</strong> aver<br />

fame e sete e incazzato come un cinghiale, capace <strong>di</strong><br />

respirare la puzza dei morti che gli galleggiavano vicino<br />

e <strong>di</strong> sentire la pancia chiudersi per il terrore, per<br />

la certezza che presto avrebbe sentito il sapore nauseante<br />

del mare dentro la sua bocca, il sapore <strong>di</strong> morte liquida<br />

riempirgli la gola, le viscere, la pancia, morte liquida<br />

e lenta, il mare che ti inghiotte ridendo e cantando<br />

coi pesci e i gabbiani a fare il coro, coro <strong>di</strong> morte<br />

<strong>di</strong>cono che zio Giovanni abbia raccontato mille volte,<br />

a chi lo voleva ascoltare, nella piazza del paese cotta<br />

dal sole e battuta dallo scirocco, che abbia raccontato<br />

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mille volte che mentre aspettava la morte in mezzo al<br />

mare i suoi occhi si sono fatti bui, non hanno visto più<br />

niente, e niente sentivano le braccia e le gambe, intorpi<strong>di</strong>te<br />

e senza forza, e niente sentiva neppure il<br />

cuore, ormai troppo stanco anche per <strong>di</strong>sperarsi. Poi<br />

arrivò un’altra nave inglese, non la stessa che li aveva<br />

abbattuti, <strong>di</strong> questo Giovanni Marras è sicuro, arrivò<br />

quest’altra nave e lo salvò, quand’era più <strong>di</strong> là che <strong>di</strong><br />

qua ormai<br />

lo salvò per modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re, lo portò in<strong>di</strong>etro verso il<br />

deserto, ma non più per sparare e combattere, o servire<br />

un ricco signore col grammofono, no, a marcire<br />

in una prigione <strong>di</strong> guerra, questa volta, con tedeschi<br />

e altri italiani, prigioniero <strong>di</strong> quegli animali <strong>di</strong> inglesi,<br />

che si sa, in queste cose non hanno cuore<br />

<strong>di</strong> quei giorni <strong>di</strong> prigionia comunque nessuno sa<br />

niente, zio Giovanni non ha voluto <strong>di</strong>re una sola parola,<br />

<strong>di</strong>ce che solo pensarci gli fa attorcigliare quello<br />

che ci ha dentro la pancia, e bastano i sogni che ogni<br />

tanto fa dei suoi aguzzini e delle loro torture, bastano<br />

quei sogni a fargli male, meglio non parlarne<br />

uscito dalla fabbrica, al termine del suo turno, Giovanni<br />

Marras tornava a casa e si cambiava: cappotto <strong>di</strong><br />

lana buona, sciarpa, profumo e Borsalino, si <strong>di</strong>ce andasse<br />

a passeggio per Piazza Carlo Alberto trassato<br />

come un signore, <strong>di</strong> quelli che non sanno come far passare<br />

le serate. Faceva innamorare le donne? Lui non<br />

risponde, guarda dritto davanti a sé, forse sorride, ma<br />

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