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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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forse è la coca che sta svanendo e in due secon<strong>di</strong> gli<br />

sbirri saranno qui e qualcuno può averli avvisati e ancora<br />

Sono Dio mandato a <strong>Nuraiò</strong> a purificare il male<br />

e Melis che potrebbe aver toccato qualche pulsante e<br />

i sol<strong>di</strong> sono lì davanti a Franchino in un attimo posso<br />

prenderli e scappare da Marta lì fuori, Od<strong>di</strong>o Marta<br />

speriamo stia calma almeno lei non faccia cazzate<br />

tenga acceso e mi aspetti cazzo cazzo non c’è più tempo<br />

neanche un secondo... PAM! Franchino si accascia<br />

in un secondo, prosciugato il fiume impazzito <strong>di</strong> deliri<br />

estatici, trenta chili <strong>di</strong> tumori e follia accasciati<br />

con uno squarcio <strong>di</strong> Beretta lucida sulla testa, bello<br />

squarcio sgorgante rosso denso, Ettore ha già arraffato<br />

qualcosa, non molto, è già un’ombra che supera<br />

la porta, è già una sgommata e una Lancia cromatissima<br />

che ha fatto la curva, che magari adesso è già alla<br />

stazione, e dopodomani a Buoncammino.<br />

Sono Dio, ha pensato Franchino prima <strong>di</strong> finire da<br />

qualche parte, a ballare con gli angeli o bestemmiare<br />

con s’aramigu.<br />

Sono Dio e vi salverò, pazzi.<br />

76<br />

Sette<br />

Visto dall’alto zio Giovanni potrebbe sembrare una<br />

scultura <strong>di</strong> pietra abbandonata tra i rovi, lì da sempre,<br />

tra gli alberelli <strong>di</strong> ginepro e <strong>di</strong> cisto, una piccola lunga<br />

scultura <strong>di</strong> pietra argentata che scintilla al sole caldo<br />

<strong>di</strong> giugno, perfettamente a suo agio in quell’angolo <strong>di</strong><br />

collina che domina la baia, una sottile rugosa statua <strong>di</strong><br />

pietra che guarda il mare in silenzio, con un occhio<br />

ben aperto e luminoso e uno chiuso quasi per intero,<br />

lacrimante, cisposo<br />

c’è chi <strong>di</strong>ce che gli occhi <strong>di</strong> zio Giovanni non si chiudano<br />

mai, neppure la notte, che quando dorme zio<br />

Giovanni socchiuda anche quello buono ma tenendo<br />

una piccola fessura puntata sul buio, sulla notte che<br />

non si sa mai cosa porta, si <strong>di</strong>ce che stia così, più in<br />

veglia che in sonno, per la paura <strong>di</strong> non svegliarsi, per<br />

il terrore che la notte scura ingoi il suo corpo magro<br />

<strong>di</strong> vecchio scheletrico e sputi via un piccolo cadavere<br />

puzzolente<br />

si <strong>di</strong>ce anche che l’occhio destro <strong>di</strong> zio Giovanni,<br />

quello che lacrima <strong>di</strong> continuo, soffra <strong>di</strong> uno strano<br />

<strong>di</strong>sturbo al bulbo oculare e per questo è un rubinetto<br />

77

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