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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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che agisce senza coscienza, non è voce confusa <strong>di</strong> chi<br />

fa senza sapere, è suono <strong>di</strong> fucile <strong>di</strong> notte, lampo in<br />

una notte <strong>di</strong> luna piena, non svirgola e non tentenna,<br />

risuona nella stanza.<br />

Non sembra nemmeno matto, adesso, Franchino,<br />

chissà perché lo fa, chissà come ci è finito con quei<br />

due strángiusu, sicuramente <strong>di</strong> Sant’Elia o Is Mirrionis,<br />

sicuramente con le braccia colabrodo, sarà questa<br />

la benzina che ha in corpo il matto? Sarà per qualche<br />

merda da bucarsi dentro che si è suicidato in questo<br />

modo, ché <strong>di</strong> sicuro non ha speranza <strong>di</strong> cavarsela, così,<br />

alla luce del sole e nel suo stesso paese?<br />

Mi credete scemo, pensa Franchino, mi <strong>di</strong>te lo scemo<br />

e il pazzo, mi regalate le <strong>di</strong>ecimila <strong>di</strong> elemosina ma<br />

credete non valga una lira, non abbia fegato e non mi<br />

funzioni il cervello, ed è vero, ma non sempre. Voglio<br />

sol<strong>di</strong>, tutto qui. Sto per morire, tutto qui. Morire tra<br />

un’ora, adesso stesso, morire fra sei mesi come ha detto<br />

il me<strong>di</strong>co, cambia qualcosa? Morire aiutando questi<br />

due schifosi amici che me l’hanno chiesto, almeno.<br />

È stupido. Io sono pazzo, io non vedo il giusto, io non<br />

posso giu<strong>di</strong>care.<br />

Il me<strong>di</strong>co mi ha detto: Franco ho il risultato <strong>di</strong> quegli<br />

esami, vieni che te li do <strong>di</strong> persona. Sto morendo,<br />

mi sono detto, subito. Quando mai il me<strong>di</strong>co perde<br />

tempo col pazzo? Ho pensato <strong>di</strong> ucciderlo, non l’ho<br />

mai sopportato Dottor Casu, tutte le pre<strong>di</strong>che che mi<br />

ha fatto, le stronzate che ha raccontato a mio padre, le<br />

stronzate che inventava, le stronzate che ripeteva. Non<br />

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ci credeva che sono un poeta e un pittore. Ho pensato<br />

<strong>di</strong> uccidere lui, così, per finire, poi uccidere me.<br />

C’è un me<strong>di</strong>co nuovo a <strong>Nuraiò</strong>, giovane, simpatico,<br />

quando gli parli abbassa lo sguardo e arrossisce, sembra<br />

che si vergogni sempre, con tutto che è laureato.<br />

Lavora poco però, mi hanno spiegato, in paese ci sono<br />

troppi me<strong>di</strong>ci. Potevo ucciderne uno, e liberare un posto.<br />

Questo ho pensato, perché il ragazzo è simpatico,<br />

mi chiama signor Cabras, mi chiama signore, cazzo.<br />

Ma poi non l’ho fatto, certo che no. C’era già un morto<br />

in quella stanza <strong>di</strong> ambulatorio, c’era già un morto ed<br />

ero io, anche se ancora parlavo e mi muovevo.<br />

Sono morto anche adesso, in mezzo a questi coglioni<br />

con la bocca aperta, sono morto ma vi cagate addosso,<br />

avete terrore <strong>di</strong> un morto con la pancia piena<br />

<strong>di</strong> merda, non siete folli anche voi?<br />

Sono Franchino il re <strong>di</strong> <strong>Nuraiò</strong>, urla adesso il ragazzo,<br />

urla con voce ferma al <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> chinarsi e<br />

toglierli una scarpa e baciargli il piede, e chiedergli<br />

pietà per i peccati commessi e per l’infedeltà al trono<br />

<strong>di</strong> Franchino.<br />

Infedeli! Urla adesso, infedeli schifosi! Ettore non<br />

riesce a crederci, lo sente ma non ci crede, lo vede lì<br />

davanti a lui con la pistola ancora puntata dritta sul<br />

ragioniere e le spalle ferme e la voce tuonante e vede<br />

gli impiegati che incominciano a muovere interne<br />

speranze <strong>di</strong> finirla in fretta, interne elaborazioni <strong>di</strong><br />

possibili interventi risolutori, sente il culo stringere<br />

all’improvviso, Ettore, e la paura salire dalla pancia,<br />

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