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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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per non <strong>di</strong>sturbarmi nelle mie letture, ché tanto in<br />

Cielo lo sentivano lo stesso.<br />

Una notte io e Tonino Suella eravamo <strong>di</strong> turno all’entrata<br />

dell’Open Sky, a Sanluri, ché in quei mesi ci<br />

eravamo organizzati con i turni, noi cinque o sei che<br />

fornivamo coca: un fine settimana a testa, si evitavano<br />

un sacco <strong>di</strong> problemi, funzionava bene.<br />

Quella notte io e Tonino l’avevamo passata davanti<br />

alla <strong>di</strong>scoteca, seduti su un blocchetto spaccato a metà,<br />

con addosso niente polvere per essere tranquilli:<br />

come arrivava un cliente coi sol<strong>di</strong> in mano uno <strong>di</strong> noi<br />

due correva a prendere la quantità giusta dal sacchetto,<br />

che tenevamo nascosto nella carcassa <strong>di</strong> una Citroën<br />

lì vicino, proprio ai margini <strong>di</strong> un fiumiciattolo<br />

quasi asciutto.<br />

Quella notte avevamo venduto bene, ci era rimasto<br />

giusto qualche grammo, ci rimaneva in tasca più <strong>di</strong><br />

un milione a testa. Alle quattro abbiamo chiuso bottega,<br />

eravamo pronti a tornare in paese, Tonio però<br />

su <strong>di</strong> giri, con una gran voglia <strong>di</strong> fare cazzate, prende<br />

a <strong>di</strong>re che dovevamo festeggiare, voleva guidare fino<br />

a Cagliari, fermarsi in via Roma a bere qualcosa e poi<br />

passare in Viale Monastir a prendere su due negre.<br />

Aveva sniffato, non mi piaceva quando gli prendeva<br />

così, tutta quell’allegria quella voglia <strong>di</strong> correre fare,<br />

ma non potevo mandarlo affanculo con troppa forza,<br />

ché mi dava venti centimetri e sapeva picchiare meglio<br />

<strong>di</strong> chiunque, anche se <strong>di</strong> me aveva un certo ri-<br />

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spetto, soprattutto perché lui non riusciva a finire una<br />

frase in italiano neanche sforzandosi. Gli <strong>di</strong>ssi che andava<br />

bene andare a Cagliari a far colazione, ma che ero<br />

troppo stanco per pensare <strong>di</strong> farmelo venir duro.<br />

Rise <strong>di</strong> gusto, spalancando la bocca a mostrare i denti<br />

storti e gialli, rideva battendo le mani contro il cruscotto,<br />

affacciato al finestrino, mentre prendeva l’aria<br />

gelida sul viso, <strong>di</strong>sse che ero proprio un frocetto moscio<br />

come <strong>di</strong>cevano tutti. Portami tua sorella, gli risposi<br />

sorridendo, e <strong>di</strong> nuovo scoppiò a ridere con la sua<br />

vocina acuta da topo. La sorella pesava sì e no cento<br />

chili, una delle donne più brutte del paese.<br />

Da Lilliu avevano appena sfornato le bombe con la<br />

crema, Tonio ne prese due, e un paio <strong>di</strong> bicchierini <strong>di</strong><br />

Vodka alla pesca, per <strong>di</strong>gerire, mi <strong>di</strong>sse, io volevo restare<br />

lucido, avevo come l’impressione che non era serata,<br />

presi un caffè lungo.<br />

Mi stavo avvicinando alla cassa per pagare e scegliermi<br />

del cioccolato da mangiare in viaggio, quando<br />

li vi<strong>di</strong>, che chiudevano la macchina e si avvicinavano<br />

al locale.<br />

Mario Cao e il fratello Girone, due dei peggio cretini<br />

<strong>di</strong> Macomer, magri e alti come due piante <strong>di</strong> cardo,<br />

convinti <strong>di</strong> poter prendere per culo il mondo intero.<br />

Ricettatori <strong>di</strong> poco conto, ogni tanto coltivatori <strong>di</strong><br />

canapa nelle serre del nonno, gambe lunghe cervello<br />

lento.<br />

Non c’era possibilità che riuscissimo a uscire senza<br />

incrociarli, ormai.<br />

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