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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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Un giorno un tipo con la pancia straripante, pantaloni<br />

stretti magliettina bianca capelli a spazzola, un<br />

giorno questo tipo mi si para davanti mentre sfoglio<br />

un giornaletto appena preso, scuro in volto mi punta<br />

un <strong>di</strong>to contro, la faccia durissima: Mi stai sul cazzo,<br />

mi <strong>di</strong>ce, ti cre<strong>di</strong> Dio in terra, per due libri che leggi.<br />

Non lo conoscevo bene ma sapevo chi era e perché<br />

voleva spaccarmi il culo: voleva farmi quel che io<br />

avevo fatto alla sorella, ché però con lei non era successo<br />

in senso metaforico. Chi cazzo poteva averglielo<br />

detto, a quel pugilastro?<br />

Noi eravamo in quattro, non grossi come lui ma<br />

quattro, e lui era solo, ma con spalle grosse come due<br />

<strong>di</strong> noi e mani che sembravano aver spaccato pietre per<br />

tutta la vita, e in ogni caso non c’era molto da scegliere,<br />

dovevo scendere con lui alla prossima stazione<br />

e accertare se le lezioni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e attacco erano servite<br />

a quel cretino a picchiare meglio <strong>di</strong> tutti o se gli<br />

auto<strong>di</strong>datti restavano i migliori. Se non avessi incassato<br />

troppo sarei stato un vincente, perché ero più<br />

piccolo <strong>di</strong> lui e non avevo cercato io il confronto, così<br />

stavano le cose, lo sapevamo tutti e due.<br />

Siamo scesi ad Assemini, l’ho seguito verso un piccolo<br />

spiazzo in mezzo al campo attorno ai binari, ho<br />

poggiato lo zaino sull’erba, abbiamo aspettato che la<br />

gente lì attorno si fosse allontanata del tutto. Non ci<br />

siamo stu<strong>di</strong>ati neanche per un secondo, ho subito ricevuto<br />

un sinistro forte, sul labbro, ma abbastanza <strong>di</strong><br />

striscio, l’ho visto sbilanciarsi in avanti per il colpo<br />

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andato quasi a vuoto, ne ho approfittato gli ho dato<br />

una buona spinta l’ho fatto cadere, ho iniziato a prenderlo<br />

a calci in testa con la punta rinforzata degli anfibi,<br />

ho continuato con gli occhi chiusi la bocca serrata,<br />

senza nemmeno respirare con tuta la forza che<br />

avevo finché non ha iniziato a sanguinare.<br />

Allora l’ho fatto voltare, ché volevo vederlo in viso,<br />

gli ho chiesto come stava ma non ha risposto. Gli ho<br />

dato cinque <strong>di</strong>eci venti pugni, in mano stringevo una<br />

pietra dura che sembrava acciaio. Non cercava più <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendersi, non doveva capire più molto.<br />

Gli ho sputato in faccia, mi sono girato e ho raggiunto<br />

il binario Tre.<br />

Pochi secon<strong>di</strong> e avrei perso anche quel treno, giusto<br />

in tempo.<br />

Al liceo ho preso sempre buoni voti, avevo amici in<br />

tutte le sezioni, un sacco <strong>di</strong> ragazze che volevano appartarsi<br />

con me nei bagni negli angoli bui.<br />

Non avevo molto tempo per queste cose però, ogni<br />

momento libero giravo per gli an<strong>di</strong>ti i corridoi il giar<strong>di</strong>no,<br />

aspettavo che qualcuno mi fermasse per chiedermi<br />

erba e haschisch. Facevo ottimi affari, avevo la<br />

roba migliore eppoi ai ragazzi perbenino della mia<br />

scuola comprare da me non creava problemi, ché vestivo<br />

camice stirate bene e jeans non troppo attillati,<br />

ché non gli davo l’idea <strong>di</strong> trattare con uno spacciatore,<br />

solo un compagno che aveva qualche conoscenza buona<br />

in quel campo.<br />

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