Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
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Cinque<br />
È notte, guardo la cera della candela che gocciola<br />
giù.<br />
Mi piacciono le candele, mi piace fissare la cera che<br />
scende, lenta, dal contorno della fiamma verso il piccolo<br />
pezzo <strong>di</strong> legno su cui è poggiata.<br />
È il tempo che passa, è la prova che sono vivo, il mio<br />
cuore pulsa e il rivolo violastro si ingrossa, goccia<br />
dopo goccia la mia candela colorata si consuma e si avvicina<br />
il momento benedetto, una particella <strong>di</strong> cera in<br />
meno che deve ancora colare giù dallo stoppino.<br />
L’ideale sarebbe: una candela nera profumata che si<br />
<strong>di</strong>sfa in tutta calma, delle casse potenti che soffiano<br />
fuori note tranquille (Nat King Cole o Frank Sinatra,<br />
Fred Buscaglione), un bel panorama fuori dalla finestra,<br />
dei pasticcini al rum da mangiare con una brunetta.<br />
In realtà: musica non ne ascolto, ché la ra<strong>di</strong>olina regalo<br />
<strong>di</strong> zio Mariano va bene per novantesimo minuto,<br />
ma la tromba <strong>di</strong> Paolo Fresu non dà il massimo<br />
con un aggeggio del genere, ammesso mai che si trovi<br />
una stazione che trasmetta roba simile.<br />
Di pasticcini me ne porta ogni tanto mia zia, ma li<br />
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