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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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Forse erano ubriachi, ma forse no. Erano ragazzoni<br />

forti, non signorini che si intendevano <strong>di</strong> politica,<br />

non erano <strong>di</strong> quelli che si mettevano la camicia per<br />

noia, perché i genitori non gli facevano fare nulla per<br />

paura che combinassero danni al patrimonio, non<br />

erano ragazzini viziati cresciuti col cameriere e l’insegnante<br />

<strong>di</strong> francese, no, erano pescatori e accoltellatori<br />

e ven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> vino e figli <strong>di</strong> nuoresi senza orto<br />

né gregge, era gente con le palle, come si <strong>di</strong>ce adesso.<br />

Secondo me li pagavano, che lo facessero per fede<br />

non ci crederò mai. Ce n’era <strong>di</strong> quelli, non cre<strong>di</strong>ate,<br />

c’era chi ci credeva o si <strong>di</strong>vertiva o si eccitava e correva<br />

dovunque lo mandassero a picchiare e fare casino,<br />

e furono ad esempio i primi a partire per l’Africa,<br />

più tar<strong>di</strong>. Ma quegli otto no, quelli erano gente<br />

cresciuta in strade buie, al Porto, in posti tristi dove<br />

se non morivi <strong>di</strong> malaria nel tuo letto finivi a Buoncammino,<br />

e nessuno piangeva per te. Gente che se<br />

era arrivata a vent’anni era perché sapeva muoversi,<br />

sapeva farsi rispettare. Gli unici citta<strong>di</strong>ni che facevano<br />

paura a noi <strong>di</strong> paese, a parte i giu<strong>di</strong>ci gli sbirri<br />

gli esattori, ma questi non come uomini, ma per la<br />

<strong>di</strong>visa o la mantellina che portavano.<br />

Insomma erano in otto, arrivarono alla Casa del Fascio<br />

e fermarono la camionetta con una lunga sgommata<br />

che fu peggio <strong>di</strong> una sirena: in meno <strong>di</strong> niente<br />

tutto il vicinato era volato fuori <strong>di</strong> casa e spiava la<br />

banda, tutti accucciati al muro del proprio cortile,<br />

tranne i ragazzini che saltellavano festanti attorno alla<br />

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vettura, toccando le gomme ancora calde e la vernice<br />

scura e ogni cosa.<br />

Era domenica pomeriggio e a quell’ora <strong>di</strong> dopopranzo<br />

nelle cinque stanzette umide c’erano giusto<br />

un paio <strong>di</strong> vecchi che giocavano a carte felici <strong>di</strong> poter<br />

bestemmiare, non come in Oratorio dove il prete<br />

vegliava sempre, anche se non c’era.<br />

Un paio <strong>di</strong> vecchi reduci, due ragazzine <strong>di</strong> bassa famiglia,<br />

e nessuna camicia nera. Questa fu la mia sfortuna,<br />

ché se avessero trovato qualcun altro <strong>di</strong> quella<br />

ventina <strong>di</strong> ragazzi che si erano fatti miliziani, o che<br />

si vantano <strong>di</strong> esserlo, se avessero trovato qualcun altro<br />

non avrebbero certo cercato me, che però abitavo<br />

proprio lì <strong>di</strong> fronte, a cinque metri dalla Casa. Loro<br />

lo sapevano, avevano un elenco <strong>di</strong> ragazzi da avvicinare<br />

perché li aiutassero nella spe<strong>di</strong>zione, io ero nella<br />

lista, non il primo, no, ma il più vicino.<br />

Su pottabi, il portone che dava sulla strada, era<br />

aperto, e così quelli entrarono nel giar<strong>di</strong>no esterno, e<br />

mia madre già gli si faceva incontro, col grembiule e<br />

il velo nero <strong>di</strong> lutto, grassa e lenta, gli occhi gran<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> stupore. Padre non ne avevo, ci aveva lasciati quando<br />

io ero meno <strong>di</strong> un bambino, caduto nel fiume in una<br />

domenica pomeriggio in cui si <strong>di</strong>vertiva cercando lumache,<br />

caduto nel fiume in piena, lui che sapeva a<br />

malapena nuotare nella bratza, nella vasca dell’orto<br />

dove si raccoglie l’acqua per le verdure.<br />

Buonasera signora, è in casa il camerata Antonio?<br />

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