Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
delle sue vecchie sedie scrostate, che non ha neanche un mobile sano, e gli spiegherebbe per filo e per segno come stanno le cose, come va il mondo. Secondo lui, almeno, perché in realtà quello è uno che non capisce niente ma proprio niente di nessun argomento, e parla solo perché non sa star zitto, che se gli dai un orto già seminato e pronto per il raccolto riesce a far danni lo stesso e rovinare tutto, chissà come. Sono in piedi davanti alla stazione che è piena di gente, come me aspettano il treno, aspettano di vedere passare il treno e poter urlare con tutta la voce che hanno, fino a sentir male alla gola: Viva il Duce! E anche: Viva l’Italia! Viva Tripoli italiana! Il cielo grigio non ha capito che è un giorno di festa, fa il difficile, rompe le scatole. Vorrei urlare al Duce di raddrizzargli la schiena, a questo cielo che fa il difficile, ma mi prenderebbe per pazzo, non si può raddrizzare la schiena al cielo, lo so bene, altrimenti lo farei volentieri per tutte le volte che manda giù pioggia quando ci vorrebbe bel tempo, e grandine quando ci vorrebbe pioggia, e siccità per settimane e mesi, e noi qui a spaccarci le ossa per niente. Mia sorella voleva convincermi a non venire, alla stazione, perché Don Cogodi le ha detto, nel confessionale, che non sta bene idolatrare le persone, e lei mi ha spiegato che idolatrare vuole dire adorare qualcuno come se fosse un Dio, e il prete dice che vale anche per Mussolini, che rispettarlo come capo del go- 40 verno è una cosa, e magari anche volergli bene perché ci salva da quelle bestie di comunisti, ma andare lì in pellegrinaggio è fare idolatria, cioè peccato mortale. Ma Don Cogodi è un pazzo a dire queste cose, anzi un pazzo no, le dice perché le può dire, perché si sente intoccabile, perché è figlio di chi è figlio, e se a suo padre gli gira manda un telegramma al Re in persona e quello gli risponde di non preoccuparsi, che il Re protegge i suoi devoti. Don Cogodi è un figlio di papà, ed è geloso del Duce, è per questo che va in giro a fare il disfattista, ecco la verità, anche se non ho avuto il coraggio di dirlo a mia sorella, ché lei è capace di andare a riferirglielo, magari in confessionale, quando rimane ore a fare la vocina dolce al prete, a raccontargli i fatti di tutti i suoi parenti e vicini e di chiunque sappia qualcosa. La verità è che sono tutte innamorate di lui, quelle stregacce mangiaincenso, prima prima mia sorella, che un giorno vado anche a dirlo a mio cognato, e vediamo cosa succede. Il cielo fa il disfattista, minaccia di mandar giù acqua, ma a me non importa, io di certo non mi muovo, ho sessantacinque anni ma so tenere la schiena dritta e il petto in fuori, anche tutto il giorno se necessario, e sotto la pioggia e il temporale, nessun problema. Io me ne frego di Don Cogodi rompiballe, di mia sorella baciapreti e del cielo disfattista. Io voglio urlare viva il Duce, e sarà la mia festa, una domenica in più che cade di venerdì, un giorno da ricordare anche per me. 41
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come stanno le cose, come va il mondo. Secondo<br />
lui, almeno, perché in realtà quello è uno che non capisce<br />
niente ma proprio niente <strong>di</strong> nessun argomento,<br />
e parla solo perché non sa star zitto, che se gli dai un<br />
orto già seminato e pronto per il raccolto riesce a far<br />
danni lo stesso e rovinare tutto, chissà come.<br />
Sono in pie<strong>di</strong> davanti alla stazione che è piena <strong>di</strong><br />
gente, come me aspettano il treno, aspettano <strong>di</strong> vedere<br />
passare il treno e poter urlare con tutta la voce<br />
che hanno, fino a sentir male alla gola: Viva il Duce!<br />
E anche: Viva l’Italia! Viva Tripoli italiana!<br />
Il cielo grigio non ha capito che è un giorno <strong>di</strong> festa,<br />
fa il <strong>di</strong>fficile, rompe le scatole. Vorrei urlare al<br />
Duce <strong>di</strong> raddrizzargli la schiena, a questo cielo che fa<br />
il <strong>di</strong>fficile, ma mi prenderebbe per pazzo, non si può<br />
raddrizzare la schiena al cielo, lo so bene, altrimenti<br />
lo farei volentieri per tutte le volte che manda giù<br />
pioggia quando ci vorrebbe bel tempo, e gran<strong>di</strong>ne<br />
quando ci vorrebbe pioggia, e siccità per settimane e<br />
mesi, e noi qui a spaccarci le ossa per niente.<br />
Mia sorella voleva convincermi a non venire, alla<br />
stazione, perché Don Cogo<strong>di</strong> le ha detto, nel confessionale,<br />
che non sta bene idolatrare le persone, e lei<br />
mi ha spiegato che idolatrare vuole <strong>di</strong>re adorare qualcuno<br />
come se fosse un Dio, e il prete <strong>di</strong>ce che vale anche<br />
per Mussolini, che rispettarlo come capo del go-<br />
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ci salva da quelle bestie <strong>di</strong> comunisti, ma andare lì in<br />
pellegrinaggio è fare idolatria, cioè peccato mortale.<br />
Ma Don Cogo<strong>di</strong> è un pazzo a <strong>di</strong>re queste cose, anzi<br />
un pazzo no, le <strong>di</strong>ce perché le può <strong>di</strong>re, perché si<br />
sente intoccabile, perché è figlio <strong>di</strong> chi è figlio, e se<br />
a suo padre gli gira manda un telegramma al Re in<br />
persona e quello gli risponde <strong>di</strong> non preoccuparsi,<br />
che il Re protegge i suoi devoti. Don Cogo<strong>di</strong> è un figlio<br />
<strong>di</strong> papà, ed è geloso del Duce, è per questo che<br />
va in giro a fare il <strong>di</strong>sfattista, ecco la verità, anche se<br />
non ho avuto il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo a mia sorella, ché lei<br />
è capace <strong>di</strong> andare a riferirglielo, magari in confessionale,<br />
quando rimane ore a fare la vocina dolce al<br />
prete, a raccontargli i fatti <strong>di</strong> tutti i suoi parenti e vicini<br />
e <strong>di</strong> chiunque sappia qualcosa. La verità è che sono<br />
tutte innamorate <strong>di</strong> lui, quelle stregacce mangiaincenso,<br />
prima prima mia sorella, che un giorno vado<br />
anche a <strong>di</strong>rlo a mio cognato, e ve<strong>di</strong>amo cosa succede.<br />
Il cielo fa il <strong>di</strong>sfattista, minaccia <strong>di</strong> mandar giù acqua,<br />
ma a me non importa, io <strong>di</strong> certo non mi muovo,<br />
ho sessantacinque anni ma so tenere la schiena dritta e<br />
il petto in fuori, anche tutto il giorno se necessario, e<br />
sotto la pioggia e il temporale, nessun problema. Io<br />
me ne frego <strong>di</strong> Don Cogo<strong>di</strong> rompiballe, <strong>di</strong> mia sorella<br />
baciapreti e del cielo <strong>di</strong>sfattista. Io voglio urlare viva il<br />
Duce, e sarà la mia festa, una domenica in più che cade<br />
<strong>di</strong> venerdì, un giorno da ricordare anche per me.<br />
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