Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
la prossima volta potrebbe cavarmi fuori tutte le interiora, mi colpisce con un calcio sul ginocchio, cado a terra, mi pesta le mani e mi colpisce la testa, sanguino, sento il sapore dolce sul labbro, un occhio non vede più, sento colpi piovere sullo stomaco, sul petto, le spalle, vedo la lama che splende sopra di me, scende, dò un calcio alla cieca e mi rialzo, sono sopra l’argentino e gli ho preso il coltello di mano, sanguino dappertutto, penso di nuovo a lei lì dentro, al pranzo che non faremo insieme, la lama è entrata per metà, nel suo fegato, lui ha gli occhi socchiusi e ha smesso di urlare, non capisco più niente, non voglio sapere, mi alzo ed entro in casa di corsa, chiama l’ambulanza, urlo, non so neppure se lei c’è e dov’è, mi lavo il viso in bagno con l’acqua ghiacciata, cerco una camicia pulita e il mio portafogli, non trovo la sacca con la mia roba, ti amo, urlo come un pazzo per la prima volta mentre sbatto la porta e corro, corro, senza girarmi, i cani non abbaiano più, il sole è sempre giallissimo, come a Pula, come a Nuraiò, il confine è vicino e io sarò di nuovo un diavolo senza pace che corre senza arrivare, la mia croce non mi avrà ancora. Adesso sorrido alle belle ragazze che vengono a chiedermi una marinara senza aglio, zavorrato a terra dai chili invidio chi ha forza per amare, non cerco più niente, ho una figlia ventenne e una moglie più grassa di me che porta zoccoli di legno e calzettoni di cotone sempre sporchi, i pantaloni non mi si chiudono, la notte sogno il camino di una fattoria da cartolina, guido una vecchia 24 Uno blu, ogni tanto vado a Nigeriane, non spero più niente. Le pizze mi vengono buone. 25
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la prossima volta potrebbe cavarmi fuori tutte le interiora,<br />
mi colpisce con un calcio sul ginocchio, cado<br />
a terra, mi pesta le mani e mi colpisce la testa, sanguino,<br />
sento il sapore dolce sul labbro, un occhio non<br />
vede più, sento colpi piovere sullo stomaco, sul petto,<br />
le spalle, vedo la lama che splende sopra <strong>di</strong> me,<br />
scende, dò un calcio alla cieca e mi rialzo, sono sopra<br />
l’argentino e gli ho preso il coltello <strong>di</strong> mano, sanguino<br />
dappertutto, penso <strong>di</strong> nuovo a lei lì dentro, al pranzo<br />
che non faremo insieme, la lama è entrata per metà,<br />
nel suo fegato, lui ha gli occhi socchiusi e ha smesso<br />
<strong>di</strong> urlare, non capisco più niente, non voglio sapere,<br />
mi alzo ed entro in casa <strong>di</strong> corsa, chiama l’ambulanza,<br />
urlo, non so neppure se lei c’è e dov’è, mi lavo il<br />
viso in bagno con l’acqua ghiacciata, cerco una camicia<br />
pulita e il mio portafogli, non trovo la sacca con<br />
la mia roba, ti amo, urlo come un pazzo per la prima<br />
volta mentre sbatto la porta e corro, corro, senza girarmi,<br />
i cani non abbaiano più, il sole è sempre giallissimo,<br />
come a Pula, come a <strong>Nuraiò</strong>, il confine è vicino<br />
e io sarò <strong>di</strong> nuovo un <strong>di</strong>avolo senza pace che corre<br />
senza arrivare, la mia croce non mi avrà ancora.<br />
Adesso sorrido alle belle ragazze che vengono a chiedermi<br />
una marinara senza aglio, zavorrato a terra dai<br />
chili invi<strong>di</strong>o chi ha forza per amare, non cerco più niente,<br />
ho una figlia ventenne e una moglie più grassa <strong>di</strong> me<br />
che porta zoccoli <strong>di</strong> legno e calzettoni <strong>di</strong> cotone sempre<br />
sporchi, i pantaloni non mi si chiudono, la notte sogno<br />
il camino <strong>di</strong> una fattoria da cartolina, guido una vecchia<br />
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Uno blu, ogni tanto vado a Nigeriane, non spero più<br />
niente. Le pizze mi vengono buone.<br />
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