Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura
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e sempre con un libro in mano e quel ritornello che<br />
lei non ci vuole morire, in quel paese che la fa soffocare,<br />
che lei piuttosto si rovina le mani e le reni<br />
sciacquando piatti in un ristorante o pulendo le scale<br />
<strong>di</strong> qualche signore, in Continente magari, ma lì no,<br />
in quel buco <strong>di</strong> mondo <strong>di</strong> <strong>Nuraiò</strong> a inaci<strong>di</strong>re estate e<br />
inverno, lì lei non ci rimane<br />
e infatti è partita lo scorso anno, sei mesi in una<br />
terra così lontana che il vecchio all’inizio non ci poteva<br />
pensare, gli mancava il respiro, Norvegia si<br />
chiama, terra <strong>di</strong> folletti e fiumi ghiacciati gli hanno<br />
spiegato, terra <strong>di</strong> molto freddo e molti sol<strong>di</strong>, terra <strong>di</strong><br />
case <strong>di</strong> legno e <strong>di</strong> sole che scompare alle tre del pomeriggio,<br />
le ha scritto la figlia, terra così bella da<br />
non voler tornare, lui l’ha capito, e quasi si era rassegnato<br />
a non vederla più, Cristina che parla l’inglese<br />
e sorride come le ragazze <strong>di</strong> città, si era quasi rassegnato<br />
ad invecchiare solo del tutto, nel suo orto sempre<br />
più grande per le sue ossa che invecchiano.<br />
E adesso che ha saputo del ragazzo, dell’angelo<br />
biondo che si è fermato in piazza <strong>di</strong> chiesa e fissa le<br />
anime del paese che vanno a prendere la comunione<br />
e tutti si chiedono chi sia e cosa voglia, adesso zio<br />
Luigino è sicuro <strong>di</strong> sapere, anche se lui è solo un piccolo<br />
conta<strong>di</strong>no senza scienza che non parla mai con<br />
nessuno, è sicuro <strong>di</strong> poter sciogliere quel mistero che<br />
neanche il sindaco c’è riuscito, neanche prete Mulas<br />
che pure sa tutto, o così <strong>di</strong>ce lui.<br />
Figlia mia, <strong>di</strong>ce Luigino guardando il cielo, figlia<br />
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mia ti voglio bene come a me stesso, e se anche hai<br />
tra<strong>di</strong>to rubato figliato offeso ucciso in terra straniera,<br />
per me non fa nulla, ché lontano da qui siamo altre<br />
persone e per<strong>di</strong>amo il senno, si sa.<br />
– Io lo so chi è, l’ho visto in sogno stanotte che volava<br />
sul fiume come una strega o un demonio, io lo<br />
so che non è un angelo del Cielo, io so chi è.<br />
Il vecchio ha un soprannome che è già un’ingiuria,<br />
Sa Bregúngia si chiama, zio Priamo Piras Sa Bregúngia,<br />
la vergogna: morta la moglie ha preso a portare<br />
i calzoni senza niente sotto, ché a lavare le mutande<br />
proprio non gli riesce, e un giorno d’aprile al fiume<br />
un compagno <strong>di</strong> pesca seduto <strong>di</strong> fronte ha scoperto il<br />
segreto, ha visto le vergogne e il nomíngiu fu pronto.<br />
Zio Priamo, rincoglionito dagli anni e dalla solitu<strong>di</strong>ne,<br />
dai sol<strong>di</strong> così pochi che ha sempre la stessa<br />
giacca <strong>di</strong> lana leggera, estate e inverno, e un odore <strong>di</strong><br />
vecchio e <strong>di</strong> povero che fa stare lontani, e ogni tanto<br />
sceglie una panchina nel parco, ci sale sopra scatarra<br />
forte schiarisce la voce, prende ad urlare sproloqui e<br />
male<strong>di</strong>zioni, che tutti sentono fin dentro il bar, nessuno<br />
risponde pochi commentano molti sorridono, i<br />
ragazzi gli urlano minchione, scemo tonto, tziu<br />
Priamu rincoglioniu e altre cose così, lui non ci bada<br />
e continua lo show, qualcuno in fondo in fondo gli dà<br />
ragione, anche, ma non molto spesso.<br />
– Io lo so chi sei ragazzo biondo che tutti ti guardano<br />
e nessuno ti parla. Sei l’anima offesa del mare e<br />
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