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Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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Ma il ragazzo non andò verso casa <strong>di</strong> Mariano Deiana,<br />

camminò in silenzio fino al bar centrale, prese un tavolino<br />

fuori, proprio <strong>di</strong> fronte al Municipio nuovo e al<br />

piccolo parco <strong>di</strong> ulivi ben curati e or<strong>di</strong>nò un cappuccino<br />

e un cornetto, <strong>di</strong> quelli alla marmellata che Rosaria<br />

stava tirando fuori dal forno.<br />

Continentale, aveva pensato subito la donna, ma<br />

poi dalla parlata capì che no, che ad<strong>di</strong>rittura da fuori<br />

Italia veniva.<br />

Tedesco, si <strong>di</strong>sse, e restava lì affianco al suo tavolino<br />

a fissarlo, incantata; mentre lui non la guardava neanche<br />

<strong>di</strong> sbieco: gli occhi puntati contro qualcosa davanti<br />

a sé, oltre il palazzone comunale, qualcosa <strong>di</strong><br />

lontano.<br />

E zia Rosaria pensò che l’avrebbe fatto, ah quanto!<br />

magari nello sgabuzzino del bar, magari in pie<strong>di</strong>,<br />

peggio che gli animali, come voleva lui, in qualunque<br />

modo perché i seni appassiti e i fianchi ingrossati la<br />

notte si agitavano, dopotutto, in cerca <strong>di</strong> quel che un<br />

tempo tutti volevano e oggi nessuno le dava più,<br />

nemmeno per una sera, neppure il vecchio Bran<strong>di</strong>ccu<br />

che alle nove era già nel suo mondo opaco sdraiato sul<br />

banco abbracciato al bicchiere <strong>di</strong> vino <strong>di</strong> Oliena<br />

zia Rosaria occhi segnati da borse profonde, zia Rosaria<br />

butterebbe via senza dubbi né pena quel che resta<br />

da vivere, <strong>di</strong>eci venti trent’anni, fossero pure cento<br />

per quella creatura che ha spalle <strong>di</strong>segnate da un maestro<br />

<strong>di</strong> tela, gli occhi che riflettono luci<strong>di</strong> come spec-<br />

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chi scuri, mani che lei lo sa, lei lo ricorda, mani così<br />

ci puoi svenire, per il solo toccarti<br />

zia Rosaria quand’aveva vent’anni come bambina<br />

s’innamorò, ma fu solo il giro d’un’estate ad amoreggiare<br />

davanti al fiume, costruire promesse forti come<br />

il grano ai pie<strong>di</strong> dell’argine, finisce la notte e già non<br />

c’è più, passa la piena e resti col fango, il suo amante<br />

occhi d’inganno parole <strong>di</strong> creta cotta nel sole, un’estate<br />

e poi ripartì,<br />

e Rosaria restata in paese a sentir <strong>di</strong>re che c’era un<br />

bambino, che l’aveva dato alle suore, che era donna<br />

del <strong>di</strong>avolo e nessuno l’avrebbe più presa per moglie<br />

e per madre<br />

e <strong>di</strong> nuovo sola conobbe il frutto amaro delle parole<br />

invi<strong>di</strong>ose, ed ogni giorno che Dio manda in terra seduta<br />

in cucina intrecciava i pensieri con dubbi e paure,<br />

si guardava allo specchio e piangeva e piangeva, soffrendo<br />

<strong>di</strong> cento <strong>di</strong> mille bugie<br />

ma sono storie <strong>di</strong> un secolo fa, zia Rosaria oggi passeggia<br />

inghirlandata nei suoi duecento anni per il<br />

corridoio del bar e dentro la carne ancora le brucia,<br />

femmina mala <strong>di</strong>ce a sé stessa per certi pensieri e ricor<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> un luglio fuggito <strong>di</strong> un agosto benedetto <strong>di</strong><br />

un settembre che le ha rotto il cuore.<br />

Sono storie <strong>di</strong> un secolo fa, e oggi zia Rosaria che<br />

ha fatto l’amore con mille ubriaconi e un solo signore<br />

dagli occhi d’inganno, oggi zia Rosaria che ha sofferto<br />

tanto non ha imparato niente, e ricomincerebbe<br />

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