Flavio Soriga, Diavoli di Nuraiò - Sardegna Cultura

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08.06.2013 Views

asciutte dietro i suoi specchi azzurri che mi si spezzavano davanti tagliandomi le vene del ventre, quando le budella facevano capriole per la paura fottuta, non c’eravate voi quando mio padre non trovava parole cui aggrapparsi per non scivolare nel solito silenzio che mi puntava contro, chiedendomi solo come andava, perché tra i cento proverbi che aveva ereditato e che erano la sua bibbia, la sua scialuppa per non affogare nella vita, non ce n’era neanche uno che lo potesse aiutare quando mi vedeva increspare le labbra per il dolore solido, non c’era nessuno quando mi mancavano le parole per rispondere a certe domande, ma qual è esattamente la tua malattia? E come lo potevo spiegare, chi mi ha mai aiutato tra i cari dottori della mente a guardare gli altri senza morire di vergogna per quel buco nero che mi faceva danzare la tarantella della paura, in ogni momento con chiunque fossi? Certo, finta tranquillità ogni tanto, polvere di felicità aggrappata ai miei sorrisi, ma poi, quando la sera guardavo il muro bianco davanti al mio letto, cosa ne sapete voi delle faccine demoniache che mi fissavano sghignazzando, degli incubi colorati che zampettavano attorno alle lenzuola, nel bianco asfissiante della mia stanza, tra i mille tubicini minacciosi? adesso che il confine si fa più sottile e la doppia linea bianca in mezzo alla strada sbiadisce a poco a poco e corro come il raglio di un somaro verso il primo albero che mi sembri abbastanza forte, adesso, in questo secondo infinito nel cuore della notte, ricordando le 116 prediche dei professori, le sgridate dei parenti in gamba, le occhiate puzzolenti di chi si stufava dei miei discorsi, di chi non poteva sopportare, cazzo, tutta la mia tristezza, adesso che spingo sempre più il pedale verso il buio, come potete dirmi che sbaglio? Come potete pensare di avere qualcosa da dirmi, come se venti anni passati così non mi avessero già insegnato tutto, come se non avessi già vissuto dieci vite e capito ogni cosa, da molto tempo, perché non serve altro dopo che l’ultimo amore eterno di colpo ti dice Ciao bello, sei troppo nervoso e scuro per i miei begli occhi, che devono brillare senza ombre e ne ho già abbastanza di problemi, e casomai ci sentiamo ogni tanto e dopo che mi hanno detto che ero un gran viziato, perché volevo un letto silenzioso e una radio vicino a me, almeno per ubriacarmi di chitarre e bassi, come potete darmi ancora consigli se io ho già capito tutto e so meglio di voi che ogni minuto è stato un minuto di troppo, che il Signore e i suoi disegni non c’entrano nulla, che ogni volta che ho massacrato le mie vene era solo colpa mia, certo, ma lo stesso ero completamente innocente, e comunque, cristo santo del cielo io non ho nessuna voglia ormai di sentire le cornacchie starnazzare attorno a me e il grigio mi soffoca e non ce l’ho con nessuno ma lasciatemi schiantare in pace, cazzo. 117

asciutte <strong>di</strong>etro i suoi specchi azzurri che mi si spezzavano<br />

davanti tagliandomi le vene del ventre, quando<br />

le budella facevano capriole per la paura fottuta, non<br />

c’eravate voi quando mio padre non trovava parole<br />

cui aggrapparsi per non scivolare nel solito silenzio<br />

che mi puntava contro, chiedendomi solo come andava,<br />

perché tra i cento proverbi che aveva ere<strong>di</strong>tato<br />

e che erano la sua bibbia, la sua scialuppa per non<br />

affogare nella vita, non ce n’era neanche uno che lo<br />

potesse aiutare quando mi vedeva increspare le labbra<br />

per il dolore solido, non c’era nessuno quando mi mancavano<br />

le parole per rispondere a certe domande, ma<br />

qual è esattamente la tua malattia? E come lo potevo<br />

spiegare, chi mi ha mai aiutato tra i cari dottori della<br />

mente a guardare gli altri senza morire <strong>di</strong> vergogna<br />

per quel buco nero che mi faceva danzare la tarantella<br />

della paura, in ogni momento con chiunque fossi?<br />

Certo, finta tranquillità ogni tanto, polvere <strong>di</strong> felicità<br />

aggrappata ai miei sorrisi, ma poi, quando la sera<br />

guardavo il muro bianco davanti al mio letto, cosa ne<br />

sapete voi delle faccine demoniache che mi fissavano<br />

sghignazzando, degli incubi colorati che zampettavano<br />

attorno alle lenzuola, nel bianco asfissiante della<br />

mia stanza, tra i mille tubicini minacciosi?<br />

adesso che il confine si fa più sottile e la doppia linea<br />

bianca in mezzo alla strada sbia<strong>di</strong>sce a poco a poco<br />

e corro come il raglio <strong>di</strong> un somaro verso il primo albero<br />

che mi sembri abbastanza forte, adesso, in questo<br />

secondo infinito nel cuore della notte, ricordando le<br />

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pre<strong>di</strong>che dei professori, le sgridate dei parenti in<br />

gamba, le occhiate puzzolenti <strong>di</strong> chi si stufava dei miei<br />

<strong>di</strong>scorsi, <strong>di</strong> chi non poteva sopportare, cazzo, tutta la<br />

mia tristezza, adesso che spingo sempre più il pedale<br />

verso il buio, come potete <strong>di</strong>rmi che sbaglio? Come<br />

potete pensare <strong>di</strong> avere qualcosa da <strong>di</strong>rmi, come se<br />

venti anni passati così non mi avessero già insegnato<br />

tutto, come se non avessi già vissuto <strong>di</strong>eci vite e capito<br />

ogni cosa, da molto tempo, perché non serve altro<br />

dopo che l’ultimo amore eterno <strong>di</strong> colpo ti <strong>di</strong>ce Ciao<br />

bello, sei troppo nervoso e scuro per i miei begli occhi,<br />

che devono brillare senza ombre e ne ho già abbastanza<br />

<strong>di</strong> problemi, e casomai ci sentiamo ogni tanto e<br />

dopo che mi hanno detto che ero un gran viziato, perché<br />

volevo un letto silenzioso e una ra<strong>di</strong>o vicino a me,<br />

almeno per ubriacarmi <strong>di</strong> chitarre e bassi,<br />

come potete darmi ancora consigli se io ho già capito<br />

tutto e so meglio <strong>di</strong> voi che ogni minuto è stato<br />

un minuto <strong>di</strong> troppo, che il Signore e i suoi <strong>di</strong>segni<br />

non c’entrano nulla, che ogni volta che ho massacrato<br />

le mie vene era solo colpa mia, certo, ma lo stesso ero<br />

completamente innocente,<br />

e comunque,<br />

cristo santo del cielo io non ho nessuna voglia ormai<br />

<strong>di</strong> sentire le cornacchie starnazzare attorno a me<br />

e il grigio mi soffoca e non ce l’ho con nessuno ma lasciatemi<br />

schiantare in pace,<br />

cazzo.<br />

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