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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

domum repetens, nocturno obtruncor ab hoste). Di fronte alla morte, che si<br />

presenta come un qualcosa <strong>di</strong> vicino e pertanto <strong>di</strong> inevitabile, emerge sia<br />

l’idea dello scorrere del tempo che porta alla consunzione della carne (10.m,<br />

Bolzanello da Vigonza: quid sumus aspicias, gra<strong>di</strong>ens hoc calle viator:<br />

parva in ora est vite carne futurus idem), sia la rappresentazione del<br />

momento vero e proprio del decesso come una battaglia da combattere<br />

contro la morte stessa (10.n, Costanza d’Este: mole defeci mortis agonis).<br />

Accanto a questi temi prevale comunque la visione cristiana sulla fine<br />

della vita, dove il corpo fisico è destinato ad essere seppellito nella terra fino<br />

all’avvento dell’eskaton, mentre l’anima è proiettata verso il cielo: una<br />

simile concezione trova numerosi riscontri sia nelle 13 epigrafi funerarie qui<br />

esaminate (10.k, Gualpertino e Jacopo Mussato: infra iacet corpus […] mens<br />

et nostra celitus astra colit; 10.d, Lovato dei Lovati: Ignea pars celo, cese<br />

pars ossea rupi […] ossa tenet saxum, proprio mens gaudet in esse), sia in<br />

molte altre <strong>iscrizioni</strong> richiamate nella prima parte <strong>di</strong> questo lavoro (citiamo<br />

per brevità solo quella <strong>di</strong> fra Paolino da Milano (3.d): pars iacet hic cuius<br />

pars tamen astra tenet. Astra tenet quoniam pacem <strong>di</strong>lexit…).<br />

Nelle IP funerarie analizzate sono molto frequenti anche le richieste <strong>di</strong><br />

preghiere a suffragio dell’anima del defunto, che vengono formulate o<br />

rivolgendosi <strong>di</strong>rettamente a Dio (10.h, Francesco Picegoti: O Deus, miserere<br />

nobis) o me<strong>di</strong>ate attraverso la ‘voce’ <strong>di</strong> parenti, amici e persone comuni<br />

(10.a, Trici<strong>di</strong>o: omnes, rogo, orate pro requiente; 10.b, Jacopo Don<strong>di</strong>:<br />

inventum cognosce meum, gratissime lector, et pacem michi vel veniam<br />

tacitus que precare; 10.m, Bonzanello da Vigonza: gra<strong>di</strong>ens hoc calle viator<br />

[…] se<strong>di</strong>bus excelsiis ut dextra parte locemur, mente velis tacita solicitare<br />

Deum; 10.n, Costanza d’Este: vos qui transitis, ancille poscite Christi sit<br />

Dominus mitis). Sempre nel medesimo contesto è frequente (e a volte<br />

ossessiva) la preoccupazione che il nome del defunto non vada <strong>di</strong>menticato,<br />

ma venga invece trasmesso alle generazioni successive, come mostrano qui<br />

gli epitaffi <strong>di</strong> Lovato dei Lovati (10.d: lectori cessit nomen inane Lupi), <strong>di</strong><br />

Giovanni Passara (10.j: Iohannes nomen erat, fragilem quem brevis urna<br />

tenet) e soprattutto <strong>di</strong> Manno Donati (10.p: red<strong>di</strong>ta mens celo, nomen servate<br />

sequentes). 97<br />

Giunti a questo punto, vorremmo concludere questa panoramica sulle<br />

funzioni sociali e valoriali delle IP padovane, occupandoci <strong>di</strong> ‘storia <strong>di</strong><br />

genere’, ovvero prendendo in considerazione due esempi <strong>di</strong> epigrafia<br />

femminile, le <strong>iscrizioni</strong> <strong>di</strong> Costanza d’Este (10.n) e <strong>di</strong> Sibilia de Cetto (10.f).<br />

Nella produzione epigrafica funeraria le donne non godono <strong>di</strong> uno spazio<br />

97 Si vedano in proposito anche gli epitaffi <strong>di</strong> Jacopo da Carrara (3.b) e, meno<br />

esplicitamente, <strong>di</strong> Rainero degli Arsen<strong>di</strong> (3.f).<br />

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