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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

conquista <strong>di</strong> Padova nel 1405, è affidato niente meno che a san Marco in<br />

persona, il quale, presentandosi celitus come invocato sacris auspitiis dai<br />

padovani stessi a reggere i celeberrima sceptra citta<strong>di</strong>ni (e valorizzando<br />

quin<strong>di</strong> gli aspetti <strong>di</strong> spontanea de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Padova alla Serenissima rispetto<br />

a quelli <strong>di</strong> conquista militare), promette a nome del governo veneto <strong>di</strong><br />

riportare la pace in città e <strong>di</strong> garantire a tutti <strong>di</strong> poter svolgere le proprie<br />

attività (letis promitto triumphis tranquillam servare bonis sine sanguine<br />

pacem, civibus eternam requiem finemque laborum).<br />

È interessante mettere in evidenza le modalità <strong>di</strong> presentazione <strong>di</strong> questo<br />

messaggio, che è interamente costruito secondo un’implicita<br />

contrapposizione con la passata dominazione carrarese, infatti il nuovo<br />

governo si presenta come garante <strong>di</strong> una rinnovata concor<strong>di</strong>a citta<strong>di</strong>na dove<br />

non vi saranno spargimenti <strong>di</strong> sangue, come esplicita quel sine sanguine che<br />

richiama imme<strong>di</strong>atamente alla memoria del lettore del testo le guerre contro i<br />

nemici esterni e le numerose lotte intestine all’interno della famiglia da<br />

Carrara; inoltre la promessa <strong>di</strong> servare tranquillam pacem, eternam requiem<br />

e finem laborum è riservata a tutti quei bonis civibus che accetteranno <strong>di</strong><br />

buon grado la nuova élite politica senza fare alcun tentativo <strong>di</strong> rivolta. Infine<br />

è importante segnalare anche la modalità <strong>di</strong> autorappresentazione della<br />

Repubblica, che vuole dare un’immagine <strong>di</strong> sè come <strong>di</strong> una ‘entita<br />

istituzionale’, ovvero <strong>di</strong> un’autorità che esiste e che viene esercitata, senza<br />

però essere <strong>di</strong>rettamente collegata al carisma e all’auctoritas <strong>di</strong> un singolo<br />

in<strong>di</strong>viduo, come conferma lo stratagemma retorico <strong>di</strong> ‘far parlare<br />

<strong>di</strong>rettamente’ san Marco, senza citare minimamente il nome del doge in<br />

carica (sebbene al <strong>di</strong> sopra della lastra iscritta vi sia l’arma gentilizia<br />

dell’allora doge Michele Steno: v. n. 28), un elemento questo che avrebbe<br />

potuto indurre a fare un imme<strong>di</strong>ato confronto con i vari domini della signoria<br />

carrarese.<br />

Venendo alle 13 epigrafi funerarie, come avevamo detto in precedenza,<br />

analizzeremo i contenuti dei loro testi per vedere qual è la percezione della<br />

morte nella società me<strong>di</strong>evale e quali sono i valori che gli epitaffi<br />

trasmettono alle generazioni future. Innanzitutto è <strong>di</strong> estremo rilievo<br />

sottolineare come la maggior parte delle epigrafi funerarie giunte fino a noi<br />

appartengano ad esponenti <strong>di</strong> spicco della società del tempo: si tratta <strong>di</strong> una<br />

tendenza ben visibile nel corpus epigrafico generale e confermata anche nel<br />

gruppo <strong>di</strong> <strong>iscrizioni</strong> <strong>parlanti</strong> che prenderemo in considerazione; gli elogi<br />

funebri sono infatti riferiti a ecclesiastici <strong>di</strong> alto rango, esponenti<br />

dell’aristocrazia citta<strong>di</strong>na e del mondo del <strong>di</strong>ritto, me<strong>di</strong>ci e uomini d’arme. 93<br />

93 Nello specifico la composizione sociale del gruppo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui ricordati dalle 13<br />

IP qui esaminate è la seguente: 1 ecclesiastico (il vescovo Trici<strong>di</strong>o); 2 me<strong>di</strong>ci<br />

(Jacopo Don<strong>di</strong> Orologio e Giovanni Passara da Genova); 3 uomini d’arme (Erasmo<br />

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