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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

7.2. Assai interessante per l’analisi del formulario delle epigrafi me<strong>di</strong>evali, e<br />

in particolare della porzione <strong>di</strong> corpus qui in esame, è uno stilema che, con<br />

alcune varianti, ricorre in una decina <strong>di</strong> testi del corpus complessivo, sette<br />

dei quali, a vario titolo, sono già stati presi in esame in questa sede. Si tratta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> origine (provenienza o filiazione) del personaggio (o <strong>di</strong><br />

uno dei personaggi) <strong>di</strong> cui tratta l’epigrafe, costruite col perfetto <strong>di</strong> terza<br />

persona del verbo gigno e che, nella variante <strong>di</strong> base, si presentano come in<br />

(10.j) Ianua me genuit, stirps Passara clara… o (10.l) Narnia me genuit,<br />

me<strong>di</strong>a de gente…, costruzioni nelle quali è imme<strong>di</strong>atamente riconoscibile<br />

l’eco dell’incipit del presunto autoepitaffio virgiliano Mantua me genuit,<br />

Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope, cecini pascua, rura, duces: data<br />

anche l’accennata rilevanza quantitativa della presenza <strong>di</strong> tale stilema nel<br />

corpus complessivo, ciò ci pare estremamente significativo dell’orizzonte<br />

culturale, assai colto e fortemente intriso <strong>di</strong> classicità (sia pure nella sua<br />

sezione più cristianizzata, quale appunto Virgilio), 74 entro cui si muovevano<br />

i produttori dei nostri testi epigrafici.<br />

Se in (10.j,l), <strong>iscrizioni</strong> ‘pseudo<strong>parlanti</strong>’, la citazione ‘virgiliana’ è<br />

ripresa quasi verbatim (fatta salva l’ovvia variazione della città d’origine) e,<br />

con la stessa funzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> provenienza, posta ‘in bocca’<br />

all’EGO che nei rispettivi testi si esprime, nella maggioranza dei testi in cui<br />

ricorre tale stilema esso è invece declinato in terza persona (con riferimento<br />

quin<strong>di</strong> a uno degli ILLE che costituiscono il tema delle epigrafi) e inserito<br />

perlopiù in una frase relativa appositiva introdotta da un elemento wh-<br />

riferito appunto all’ILLE <strong>di</strong> cui si vuole specificare l’origine, con un<br />

interessante caso <strong>di</strong> trapasso dello stesso stilema dall’una all’altra persona<br />

grammaticale e dall’una all’altra costruzione sintattica, in funzione della<br />

classe testuale <strong>di</strong> appartenenza (<strong>iscrizioni</strong> <strong>parlanti</strong> o meno). Quattro sono le<br />

varianti formulari in cui la costruzione in esame è attestata nel corpus<br />

epigrafico padovano:<br />

74 Un ulteriore esempio <strong>di</strong> tale ricorso alle fonti classiche, esplicitamente<br />

reinterpretate in chiave cristiana, è nel testo dell’e<strong>di</strong>cola sommitale del monumento<br />

funerario della famiglia da Piazzola (es. 3.d), in cui è citato quasi senza adattamento<br />

un verso <strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o (Ars amatoria, II.322: [tum] sere quod plena postmodo falce<br />

metas) che, nel nuovo contesto della sepoltura cristiana, della massima sapienziale<br />

introduttiva (Preter amare Deum cum cetera deleat etas) e dell’e<strong>di</strong>cola con la croce<br />

e le immagini francescane (anch’essa peraltro ricavata dalla parziale rilavorazione <strong>di</strong><br />

un’erma funeraria romana bisoma), assume significato del tutto <strong>di</strong>verso da quello<br />

originario: v. n. 8 e cfr. Prosdocimi 1938-41: 29-30, Billanovich 1986: 99-100.<br />

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