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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

dell’alto clero citta<strong>di</strong>no, che era posto al servizio, da un lato della<br />

celebrazione dei santi protettori e dei vertici della gerarchia ecclesiastica,<br />

dall’altro delle élites laiche locali costituite da sovrani e benefattori <strong>di</strong> chiese<br />

e monasteri. A partire dall’XI-XII sec. il “<strong>di</strong>ritto alla morte scritta” 66 si estese<br />

a fasce più ampie della popolazione (ad esempio ad esponenti del ceto<br />

me<strong>di</strong>o, come banchieri e mercanti, mentre iniziano a comparire anche le<br />

donne). Tra la prima e la seconda metà del ’200 in Italia e soprattutto a<br />

Roma vi sono in parallelo due tendenze: una che mantiene una presenza<br />

forte del testo scritto, sia pure in forme nuove (ad esempio sulla lastra<br />

terragna, dove l’epigrafe può essere incisa nella parte superiore, inferiore o<br />

lungo i lati della cornice); l’altra rappresentata dalla nascita del monumento<br />

funerario a parete realizzato da Arnolfo <strong>di</strong> Cambio, dove il testo rimane<br />

come <strong>di</strong>dascalia, ma viene inserito nei punti morti della tomba (ad esempio<br />

al <strong>di</strong> sotto del sarcofago), riducendone pertanto la leggibilità, a favore <strong>di</strong> altri<br />

elementi come il ritratto del defunto e programmi iconografici più o meno<br />

complessi. 67 Su quest’ultimo punto è bene fare alcune precisazioni,<br />

quantomeno limitate all’esempio padovano, poiché la scelta da parte del<br />

committente <strong>di</strong> collocare l’epitaffio al <strong>di</strong> sotto del sarcofago non sempre ne<br />

ostacolava la lettura, come nel caso del monumento funebre <strong>di</strong> Raniero<br />

Arsen<strong>di</strong> (es. 3.f), dove l’epigrafe è sì collocata al <strong>di</strong> sotto della cassa, ma è<br />

comunque leggibile per chiunque le si avvicini (infatti è collocata a circa<br />

2,00-2,50 m <strong>di</strong> altezza da terra), pertanto una simile scelta da parte del<br />

committente andrebbe interpretata non tanto in base al criterio <strong>di</strong> leggibilità<br />

o meno del testo, quanto riflettendo sul tema della ricezione <strong>di</strong> queste<br />

<strong>iscrizioni</strong>: nello specifico, l’elogio funebre potrebbe essere stato volutamente<br />

posto in un punto relativamente poco visibile, proprio per non essere letto da<br />

tutti, ma solo da un ristretto gruppo <strong>di</strong> persone, ad esempio la cerchia <strong>di</strong><br />

parenti ed amici che con il defunto con<strong>di</strong>videvano gli stessi valori espressi<br />

nell’epitaffio: si tratta tuttavia <strong>di</strong> un punto il cui chiarimento rimane aperto<br />

alla ricerca futura.<br />

Nel clima <strong>di</strong> generale rinascita della scrittura, anche le IP fanno la loro<br />

ricomparsa, dapprima nella variante ‘propriamente parlante’ e qualche<br />

secolo più tar<strong>di</strong> in quella ‘pseudoparlante’. Anche nel generale corpus<br />

padovano (in gran parte perduto) vi sono esempi che confermano questa<br />

tendenza, a cominciare dall’epigrafe del vescovo Trici<strong>di</strong>o (es. 10.a), risalente<br />

all’VIII-IX sec., e da quella <strong>di</strong> Macillo, datata intorno al 1124, vere <strong>iscrizioni</strong><br />

‘propriamente <strong>parlanti</strong>’, in cui l’EGO parlante coincide, nella finzione<br />

retorica, con il supporto materiale dell’epigrafe. Nel primo caso è la stessa<br />

66 Petrucci 1995: 70.a<br />

67 Per gli sviluppi dell’epigrafia funeraria romana cfr. Petrucci 1995: 76-82, Giovè<br />

Marchioli 2006.<br />

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