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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

dell’epigrafe) e che si conclude con la citazione <strong>di</strong> Gatta Melata pater come<br />

ILLE, elencato assieme alla fides e agli altri elementi che ornano la memoria<br />

del giovane da Narni (Gatta Melata pater decorant pietasque fidesque<br />

ingenium, mores, nomen et eloquium).<br />

Se esten<strong>di</strong>amo allora all’ambito epigrafico la forte coerenza stilisticoarchitettonica<br />

della cappella e in particolare dei due sarcofaghi, è possibile<br />

considerare le due <strong>iscrizioni</strong> come parti (solo accidentalmente separate) <strong>di</strong> un<br />

unico testo e <strong>di</strong> un’unica situazione comunicativa (monologica), nella cui<br />

finzione retorica lo stesso EGO (il ‘Gattamelata’ padre) dapprima si<br />

‘autopresenta’ e quin<strong>di</strong>, con l’ambigua transizione del nostra riferito alla<br />

comune pura fides, passa a rivolgersi con il TU al figlio sepolto <strong>di</strong> fronte a lui<br />

(e come lui raffigurato giacente in armi sul proprio sarcofago: Te quoque<br />

Iohannes Antoni immitia fata […] eripuere …), per descriverne le virtù e<br />

concludere il tutto con una nuova citazione <strong>di</strong> se stesso (quasi una firma) in<br />

terza persona (come nei casi <strong>di</strong> Lovato (10.d) e <strong>di</strong> Costanza d’Este (10.n),<br />

visti sopra) e della fides. Con questo artificio retorico, il cerchio referenziale<br />

si chiude dando unitarietà al macrotesto, ma garantendo comunque a<br />

entrambe le epigrafi una loro autonomia testo-sintattica e <strong>di</strong> fruizione,<br />

possibile per la seconda con la semplice assunzione pragmatica <strong>di</strong> un <strong>di</strong>verso<br />

EGO parlante in luogo <strong>di</strong> quello retorico rilevabile dall’insieme. Se nella<br />

lettura isolata <strong>di</strong> (10.l) il nostra appare quin<strong>di</strong> come manifestazione <strong>di</strong> un<br />

plurale maiestatis, possibile pur se inatteso e apparentemente immotivato (e<br />

perciò stesso in<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa strutturazione del testo e stimolo alla sua<br />

più completa apprensione, in senso etimologico), in quella integrata <strong>di</strong> (10.l<br />

+ 5.d) esso si rivela semplicemente come realizzazione <strong>di</strong> un nos inclusivo<br />

dell’EGO e del TU presenti nel macrotesto. Come si vedrà nel prossimo<br />

paragrafo, l’ipotesi qui avanzata <strong>di</strong> analisi testo-sintattica unitaria delle due<br />

epigrafi trova conferma anche nella loro storia redazionale. (F.B.)<br />

4.1.1. Erasmo da Narni, detto ‘Gattamelata’, moriva nella sua abitazione, al<br />

civico 61 dell’attuale via Vescovado, 33 il 16 gennaio 1443. 34 Per il suo<br />

33<br />

Una moderna lastra in ricordo della morte del condottiero in quel palazzo è affissa<br />

a sinistra del portone in alto.<br />

34<br />

Erasmo nacque intorno al 1370 a Narni (prov. <strong>di</strong> Terni) da Paolo, <strong>di</strong> professione<br />

fornaio, e Melania Gattelli <strong>di</strong> To<strong>di</strong>. Iniziò la carriera militare come semplice soldato<br />

al seguito <strong>di</strong> Cecchino Broglia, signore <strong>di</strong> Assisi, dal 1398 al 1400. Nel 1416 acquisì<br />

i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> prefetto della cavalleria al servizio <strong>di</strong> Braccio da Montone e nel 1427 il<br />

papa Martino V lo volle con Brandolino conte Brandolini per recuperare le terre<br />

sottratte alla Chiesa dallo stesso Braccio. Ben presto acquisì fama ed onore sul<br />

campo <strong>di</strong> battaglia al punto tale che il 5 <strong>di</strong>cembre 1437 venne scelto dal governo <strong>di</strong><br />

Venezia come comandante delle truppe venete col titolo <strong>di</strong> governatore generale. Al<br />

servizio della Serenissima, l’anno successivo il ‘Gattamelata’ (così soprannominato<br />

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