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iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...

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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />

‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />

NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />

genitura parentis. Rolandus virtute animi generosus, in omni dote<br />

nitens, dextre tremor hostibus axis, amicis ardens Parmigenis lampas,<br />

pietatis asillum [sic]. Supra hominem cinctus titulis Marsilius, armis<br />

strenuus, irriguus librati consilii fons, spes patrie domuique, iubar<br />

Parme, decus altum. Quid Petre Musa canet de te, nisi quod polus<br />

unquam non fluxit probitate parem? Nam dux vafer, alter Scipio,<br />

magnanimus fueras. Super ardua Martis edoctus, duxisse acies per bella<br />

furentes, testis adest Venetus, super his, et lilia rubra. Quos procul a<br />

patria busto hoc fortuna coegit, Carrigenum affines commixto federe<br />

tede, corpore formosos, animi virtute coruscos. Imprime Romuleis<br />

horum sua gesta triumphis, posteritas, linguis resonis recolenda per<br />

evum; ut locet a dextris Deus hos supplexque precare. Obiit autem<br />

prefatus dominus Petrus parum ante alios tres pre<strong>di</strong>ctos, de<br />

M°CCC°XXXVII° Augusti VII° (Santo 30, cappella <strong>di</strong> S. Giacomo:<br />

epitaffio <strong>di</strong> Guglielmino Rossi da Parma e dei figli Rolando, Marsilio e<br />

Pietro)<br />

Ancora una volta, l’EGO implicito che l’analisi riconosce <strong>di</strong>etro a questi<br />

testi è quello del rispettivo produttore, che interpella volta a volta i defunti<br />

(allocutivamente e <strong>di</strong>ssimulandosi allora <strong>di</strong>etro alla Musa o alla collettività<br />

dei Patavi, senza lasciare quin<strong>di</strong> la parola al lettore del testo) o i fruitori<br />

dell’iscrizione (illocutivamente, per ottenerne interventi variamente relati ai<br />

defunti stessi), concependo i suoi prodotti come lontani da sè e prossimi<br />

invece, nel tempo (posteritas) e/o nello spazio, a questi ultimi (tumulum<br />

istum, quis doctior istic?) e facendo quin<strong>di</strong> venir meno quella praesentia che<br />

l’uso dell’imperativo presupporrebbe. In nessun momento si ha invece<br />

allocuzione <strong>di</strong>retta delle epigrafi o del loro referente imme<strong>di</strong>ato nei confronti<br />

del lettore/posterità: quando il TU è riferito ai fruitori dell’iscrizione, il<br />

rispettivo tema (i defunti) è esplicitamente designato come ILLE (suus<br />

spiritus, fuit hic, ecc.; horum sua gesta, locet Deus hos), e ciò del tutto<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla presenza o assenza visiva del defunto stesso alla<br />

situazione comunicativa (in (7.a) l’effigie <strong>di</strong> Ubertino giace sopra il<br />

sarcofago, sullo stesso cataletto che reca sul profilo l’iscrizione; il sarcofago<br />

dei Rossi, sotto cui è affissa l’iscrizione in (7.b), riporta invece solo le<br />

insegne aral<strong>di</strong>che della famiglia ed è sovrastato dall’immagine a fresco del<br />

Cristo morto tra le Marie e Giovanni, opera <strong>di</strong> Altichieri da Zevio). (F.B.)<br />

3.5. Classe a sè fanno anche altre due epigrafi: esse sono infatti<br />

esplicitamente rivolte al loro fruitore, in<strong>di</strong>viduale o collettivo, interpellato<br />

allocutivamente come TU (o come VOS) e invitato illocutivamente a<br />

compiere determinate azioni, e l’emittente vi si presenta in modo altrettanto<br />

esplicito, ad<strong>di</strong>rittura nominandosi in modo più o meno <strong>di</strong>retto, ma<br />

riferendosi a se stesso in terza persona, quale ILLE alla pari con gli altri temi<br />

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