iscrizioni parlanti - Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari ...
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FRANCO BENUCCI E GIULIA FOLADORE<br />
‘ISCRIZIONI PARLANTI’ E ‘ISCRIZIONI INTERPELLANTI’<br />
NELL’EPIGRAFIA MEDIEVALE PADOVANA<br />
3.2.1. A complemento delle considerazioni emerse nel paragrafo precedente<br />
a proposito del rapporto tra l’EGO implicito che è all’origine del testo<br />
epigrafico (il suo produttore) e il TU-lettore, pren<strong>di</strong>amo in esame alcuni casi<br />
celebri che vedono protagonista Francesco Petrarca come ‘autore’ <strong>di</strong> testi<br />
epigrafici per mettere in evidenza proprio le circostanze che portarono alla<br />
composizione degli epitaffi.<br />
Come è noto, Petrarca ebbe legami <strong>di</strong> profonda amicizia con Jacopo II<br />
da Carrara, che lo invitò personalmente a Padova nel 1349, dove il poeta<br />
godette anche <strong>di</strong> un canonicato grazie all’interessamento del vescovo<br />
Ildebran<strong>di</strong>no Conti. Il soggiorno padovano durò pochi mesi, perché già<br />
l’anno successivo egli dovette partire per il Giubileo a Roma, rientrando<br />
nella città patavina solo nel gennaio del 1351, quando apprese la notizia<br />
della morte del signore, assassinato da un nipote appena poche settimane<br />
prima, il 19 <strong>di</strong>cembre 1350. 11 Prima <strong>di</strong> lasciare nuovamente Padova nel mese<br />
<strong>di</strong> aprile, gli venne commissionata la stesura dell’epitaffio che venne<br />
composto in maniera piuttosto singolare come egli stesso scrisse poi in una<br />
lettera (Fam. XI.3, 13-16); Petrarca si recò nella chiesa <strong>di</strong> Sant’Agostino<br />
sulla tomba dell’amico defunto e dopo essersi raccolto in preghiera, “sfogò il<br />
suo dolore dettando sul luogo stesso otto <strong>di</strong>stici elegiaci non sine lacrimis<br />
[…] ardore magis animi quam stu<strong>di</strong>o aut ratione artis a<strong>di</strong>utus”. 12<br />
È interessante notare come l’epitaffio <strong>di</strong> Jacopo da Carrara (es. 3.b)<br />
presenta molti elementi comuni con l’epigrafe funeraria <strong>di</strong> un altro membro<br />
della famiglia signorile, Ubertino da Carrara, morto cinque anni prima <strong>di</strong><br />
Jacopo, nel 1345 (v. sotto, es. 7.a). Le analogie tra i due testi non si limitano<br />
solo alla celebrazione delle qualità morali e politiche dei due Carraresi (ad<br />
esempio Jacopo è definito pater patrie, mentre Ubertino patrie dux), ma<br />
anche a frasi e costrutti poetici quasi del tutto identici, ma spesso più concisi<br />
(per Jacopo: en pater hic patrie spesque salusque iacent, per Ubertino: nam<br />
fuit hic patrie dux pax ius spesque salusque; per Jacopo: amicitias coluit<br />
dulce<strong>di</strong>ne tanta, cum foret horrendus hostibus ille suis, per Ubertino:<br />
hostibus hostis atrox, fidus amicus erat; per Jacopo: quisquis ad hoc saxum<br />
convertis lumina lector, […] iunge preces lacrimas, per Ubertino: solve<br />
genis lacrimas, tumulum qui conspicis istum).<br />
Si potrebbe pertanto ipotizzare che Petrarca, durante il suo<br />
‘raccoglimento’ presso le spoglie dell’amico defunto, abbia potuto trarre<br />
ispirazione da questo epitaffio (<strong>di</strong> cui si ignora l’autore) ed in un secondo<br />
momento comporre quello per Jacopo da Carrara espandendo gli stessi<br />
concetti in più ampie ed elaborate forme poetiche e presentando poi a<br />
11 Ronconi 2005: 237.<br />
12 Ronconi 2005: 238.<br />
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