Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

Bàrch. Tipo intermedio tra la sòstra e la semplice tettoia (stabiél, baitél). Porcilaia (stabièl). A volte comprende parchetti esterni, all’esterno truogoli (àlbi) scavati in un tronco o nella pietra (solo recentemente di cemento). Bàrech/barèch. Recinto di pietre a secco circolare o rettangolare utilizzato per la custodia della mandria durante la notte o il riposo diurno specie nelle alpi dove erano presenti burroni o altri pericoli, può essere adiacente alla cassìna o isolato. Barchèt. Costruzione per ricovero degli ovini senza copertura stabile; al posto del tetto vi sono delle travi per sostenere rami frondosi collocati all’inizio dell’estate (Alto Lario Occidentale) (in disuso). Caléc’. Costruzione formata da bassi muretti a secco, per la copertura si usavano tavole di legno o coperte di lana di fabbricazione casalinga (palòrc), oggi teloni impermeabili (nelle valli del Bitto, Valvarrone, Alta Val Brembana). Tutt’ora utilizzati, parecchi sono in fase di ristrutturazione; la tipologia non è sostanzialmente alterata ma si è introdotta la malta in luogo della costruzione a secco. Baitél. Costruzione, spesso molto primitiva, ricavata al di sotto di lastroni di roccia utilizzata dai custodi delle pecore o, in caso di emergenza dai pastori dell’alpe (tutt’ora utilizzate). Pozze/lavaggi. Realizzate nelle Alpi calcaree per la raccolta delle acque piovane; serbatoi con fondo in terra battuta dove il bestiame può entrare ad abbeverarsi (a “guazzo”) o che lasciano defluire per gravità l’acqua regolata da saracinesche a fontane collocate a quota leggermente inferiore (bùla, pùza, lavàg’). Oggi si realizza l’impermeabilizzazione con teli di plastica non esenti da rotture e da impiegare dove la pozza è recintata senza possibilità di ingresso dei capi a guazzo. Fondo in cemento ricoperto da uno strato di materiale terroso e argilloso Abbeveratoi. Realizzati in tronchi, muratura o calcestruzzo (funtàna). Cisterne. Realizzate in muratura e anche calcestruzzo per raccogliere l’acqua piovana dai tetti (anche centinaia di m 3 ) nelle alpi calcaree. Recinti per capre e pecore. In passato realizzati in legno, oggi si utilizzano le reti per gli ovini mentre i caprini sono solitamente liberi di scegliersi i siti di riposo notturno. Recinti per vitelli/torelli. Realizzati anch’essi in legno e, più recentemente in filo spinato. La presenza di vitelli è per lo più limitata ai soggetti che nascono in alpeggio mentre non vi sono più torelli da ingrasso. Siepi vive. Erano utilizzate in passato per proteggere i “segaboli”, ossia le superfici falciabili che servivano per realizzare in alpe una scorta di fieno in caso di necessità; erano utilizzati anche per proteggere le piccole coltivazioni che si realizzavano in alpe (segale, rape, cavolfiori) (ciudénda). Muretti a secco. Utilizzati in funzione di contenimento delle scarpate dei sentieri e delle mulattiere di accesso, per la delimitazione dei pascoli di pertinenza di alpi limitrofe, per impedire l’acceso del bestiame a zone pericolose. Nell’alpeggio la distribuzione dei fabbricati e le loro caratteristiche rispondono a rigidi criteri di funzionalità anche se gli orientamenti sono mutati notevolmente nel tempo. In passato (almeno sino al XIX secolo il bestiame non disponeva di ricoveri chiusi ed era costretto ad utilizzare in caso di cattive condizioni atmosferiche (grandine, nevicate) le fasce boscate ai margini delle aree a pascolo o le grotte naturali. La costruzione di stalloni e tettoie (vedi la Tabella per le diverse tipologie) rappresenta un miglioramento recente degli alpeggi introdotto per di più nel XX secolo. In diverse situazioni (come per esempioVal Taleggio) non esistevano nè tettoie nè bàrech e dopo la mungitura serale le vacche venivano legate con una corda ad un picchetto infisso nel terreno. Alla mattina venivano munte ancora legate al picchetto. Il sistema oltre ad evitare la dispersione degli animali consentiva la fertilizzazione uniforme del pascolo; l’area dove gli animali venivano tenuti al picchetto veniva spostata ogni 2-3 giorni o anche ogni giorno specie verso la fine della stagione. La diffusione degli “stalloni” è da mettere in relazione alla presenza di bestiame con maggior potenziale produttivo e, in particolar modo, alle ridotta capacità di adattamento alle brusche variazioni climatiche delle vacche che, ancora negli anni ’50 e ’60, giungevano a volte in alpeggio direttamente dalle stalle a posta fissa della Bassa. 74

Negli ultimi decenni sia in considerazione dei costi di costruzione e dell’onerosità degli investimenti, sia sulla base della minor disponibilità di personale, e quindi dell’esigenza di facilitare le operazioni di governo degli animali, sono state realizzate più frequentemente tettoie aperte. Esse infatti, sia in caso di mungitura che di necessità di riparo dalle intemperie, consentono di effettuare lo spostamento della mandria in tempi più rapidi oltre che di facilitare le operazioni di pulizia. Gli “stalloni” realizzati diversi decenni fa sono oggi inadatti al ricovero del bestiame a causa della taglia più elevata dei bovini attualmente allevati. Fino all’introduzione della razza Brown Swiss che ha sostituito la Bruna originale le vacche alpeggiate in Valtellina, Valsassina, Val Brembana pesavano 400-500 kg, mentre in altre zone (Alpi Comasche) soltanto 300-350 kg. La diffusione di bestiame Brown di taglia più elevata (600-700 kg) oltre ad altri problemi (esigenze alimentari, non idoneità a pascoli con pendenze relativamente elevate) comporta problemi di utilizzo delle vecchie stalle. Gli animali, infatti, a causa della ridotta lunghezza della posta devono disporsi diagonalmente o appoggiare gli unghioni degli arti posteriori nella cunetta di pulizia. E’evidente la riduzione di comfort per l’animale e l’aumento dei problemi di pulizia. In queste vecchie stalle -a doppia corsia- le mangiatoie sono addossate alle pareti e rendono disagevole la somministrazione di fieno e/o concentrati. Esse possono essere ristrutturate realizzando una sola corsia con corridoio di alimentazione centrale o adattate a sale di mungitura anche se, come vedremo trattando dei sistemi di mungitura in alpeggio, nella maggiorparte dei casi è preferibile l’adozione di sistemi di mungitura mobili da utilizzare sul pascolo che consentano al bestiame di evitare spostamenti e di utilizzare e fertilizzare il pascolo anche durante la notte. Vale la pena osservare che i fabbricati costruiti negli ultimi decenni utilizzando tecniche e materiali moderni e a costi molto elevati (in ragione della difficoltà di trasporto, spesso con elicottero), dopo pochi decenni si presentano spesso diroccati o in grave stato di degrado. Anche la funzionalità di questi fabbricati rispetto alle reali esigenze dell’alpeggio lascia molto a desiderare e mette in evidenza la carenza di competenze specifiche da parte dei professionisti oltre che un insufficiente scambio di informazioni tra i proprietari (nella maggior parte dei casi i Comuni, i progettisti, i malghesi, i tecnici con competenze specifiche). Anche se in passato la disponibilità di ricoveri per il bestiame era limitata i fabbricati per la lavorazione del latte e il ricovero dei pastori erano spesso in muratura. In documenti dei primi decenni del XVIII secolo (Archivio Stato Milano, Fondo Agricoltura, Parte Moderna “Pascoli”) il comune di Vedeseta, preoccupato di offrire ai grossi bergamini affittuari dei pascoli condizioni igieniche per la lavorazione del latte (l’affitto dei pascoli rappresentava il principale cespite per il comune ed esso mantenere elevati i canoni di affitto) stabilisce dei precisi capitolati d’appalto per la manutenzione e la costruzione di fabbricati in muratura sulle alpi specificando dettagliatamente tecniche e materiali di costruzione. Le figure dell’alpeggio caricatore imprenditore agricolo che conduce in alpeggio (di sua proprietà o preso in affitto) fino a centinaia di capi bovini di sua proprietà o presi a custodia per il periodo estivo dietro adeguato compenso soci gli allevatori che si associano per caricare un alpe; una volta si distingueva tra bergamì/malghées (allevatori di una certa consistenza che trascorrevano l’inverno nella Bassa) e casalini (piccoli allevatori che restavano nei paesi di montagna) capo il caricatore o uno dei soci o un pastore; al capo compete il piano di pascolamento (dàa l’erba) e la gestione del personale, solitamente esegue anche tutte le operazioni manuali casaro figura centrale nell’alpeggio, dal casaro dipende la riuscita economica dell’impresa dal momento che il ricavo del formaggio dipende dall’incidenza di scarti, dalla qualità e dal buon aspetto delle forme, può partecipare anch’egli alla mungitura e allo spostamento della mandria aiuto-casaro un salariato che esegue le stesse operazioni degli altri pastori ma che può aiutare il casaro nell’estrazione della cagliata, trasporto e taglio della legna, trasporto del formaggio, preparazione dei pasti, con la diminuzione del bergamìn/ malghées/ caregadur sòci cap/ regidúr casèr casinèr 75

Bàrch. Tipo intermedio tra la sòstra e la semplice tettoia (stabiél, baitél).<br />

Porcilaia (stabièl). A volte comprende parchetti esterni, all’esterno truogoli (àlbi) scavati in un<br />

tronco o nella pietra (solo recentemente di cemento).<br />

Bàrech/barèch. Recinto di pietre a secco circolare o rettangolare utilizzato per la custodia della<br />

mandria durante la notte o il riposo diurno specie nelle alpi dove erano presenti burroni o altri<br />

pericoli, può essere adiacente alla cassìna o isolato.<br />

Barchèt. Costruzione per ricovero degli ovini senza copertura stabile; al posto del tetto vi sono delle<br />

travi per sostenere rami frondosi collocati all’inizio dell’estate (Alto Lario Occidentale) (in disuso).<br />

Caléc’. Costruzione formata da bassi muretti a secco, per la copertura si usavano tavole di legno o<br />

coperte di lana di fabbricazione casalinga (palòrc), oggi teloni impermeabili (nelle valli del Bitto,<br />

Valvarrone, Alta Val Brembana). Tutt’ora utilizzati, parecchi sono in fase di ristrutturazione; la<br />

tipologia non è sostanzialmente alterata ma si è introdotta la malta in luogo della costruzione a<br />

secco.<br />

Baitél. Costruzione, spesso molto primitiva, ricavata al di sotto di lastroni di roccia utilizzata dai<br />

custodi delle pecore o, in caso di emergenza dai pastori dell’alpe (tutt’ora utilizzate).<br />

Pozze/lavaggi. Realizzate nelle Alpi calcaree per la raccolta delle acque piovane; serbatoi con<br />

fondo in terra battuta dove il bestiame può entrare ad abbeverarsi (a “guazzo”) o che lasciano<br />

defluire per gravità l’acqua regolata da saracinesche a fontane collocate a quota leggermente<br />

inferiore (bùla, pùza, lavàg’). Oggi si realizza l’impermeabilizzazione con teli di plastica non esenti<br />

da rotture e da impiegare dove la pozza è recintata senza possibilità di ingresso dei capi a guazzo.<br />

Fondo in cemento ricoperto da uno strato di materiale terroso e argilloso<br />

Abbeveratoi. Realizzati in tronchi, muratura o calcestruzzo (funtàna).<br />

Cisterne. Realizzate in muratura e anche calcestruzzo per raccogliere l’acqua piovana dai tetti<br />

(anche centinaia di m 3 ) nelle alpi calcaree.<br />

Recinti per capre e pecore. In passato realizzati in legno, oggi si utilizzano le reti per gli ovini<br />

mentre i caprini sono solitamente liberi di scegliersi i siti di riposo notturno.<br />

Recinti per vitelli/torelli. Realizzati anch’essi in legno e, più recentemente in filo spinato. La<br />

presenza di vitelli è per lo più limitata ai soggetti che nascono in alpeggio mentre non vi sono più<br />

torelli da ingrasso.<br />

Siepi vive. Erano utilizzate in passato per proteggere i “segaboli”, ossia le superfici falciabili che<br />

servivano per realizzare in alpe una scorta di fieno in caso di necessità; erano utilizzati anche per<br />

proteggere le piccole coltivazioni che si realizzavano in alpe (segale, rape, cavolfiori) (ciudénda).<br />

Muretti a secco. Utilizzati in funzione di contenimento delle scarpate dei sentieri e delle mulattiere<br />

di accesso, per la delimitazione dei pascoli di pertinenza di alpi limitrofe, per impedire l’acceso del<br />

bestiame a zone pericolose.<br />

Nell’alpeggio la distribuzione dei fabbricati e le loro caratteristiche rispondono a rigidi criteri di<br />

funzionalità anche se gli orientamenti sono mutati notevolmente nel tempo. In passato (almeno sino<br />

al XIX secolo il bestiame non disponeva di ricoveri chiusi ed era costretto ad utilizzare in caso di<br />

cattive condizioni atmosferiche (grandine, nevicate) le fasce boscate ai margini delle aree a pascolo<br />

o le grotte naturali. La costruzione di stalloni e tettoie (vedi la Tabella per le diverse tipologie)<br />

rappresenta un miglioramento recente degli alpeggi introdotto per di più nel XX secolo. In diverse<br />

situazioni (come per esempioVal Taleggio) non esistevano nè tettoie nè bàrech e dopo la mungitura<br />

serale le vacche venivano legate con una corda ad un picchetto infisso nel terreno. Alla mattina<br />

venivano munte ancora legate al picchetto. Il sistema oltre ad evitare la dispersione degli animali<br />

consentiva la fertilizzazione uniforme del pascolo; l’area dove gli animali venivano tenuti al<br />

picchetto veniva spostata ogni 2-3 giorni o anche ogni giorno specie verso la fine della stagione.<br />

La diffusione degli “stalloni” è da mettere in relazione alla presenza di bestiame con maggior<br />

potenziale produttivo e, in particolar modo, alle ridotta capacità di adattamento alle brusche<br />

variazioni climatiche delle vacche che, ancora negli anni ’50 e ’60, giungevano a volte in alpeggio<br />

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