Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

metà del XVI secolo, i ‘pastori d’altura’ svizzeri sono diventati i maggiori produttori di formaggi a pasta dura, destinati soprattutto all’esportazione, che hanno, a poco a poco, soppiantato la produzione di burro e di formaggiuo acido. E ogni anno andavano persino a vendere il bestiame nei mercati del Milanese o della Borgogna. (…) I ‘pastori d’altura’ sono scomparsi quando i contadini delle basse vallate hanno abbandonato le colture cerealicole per l’allevamento e la produzione lattiera, privandoli così del fieno per l’inverno. Inoltre, dal principio del XIX secolo, i caseifici paesani avevano iniziato a fabbricare formaggio per l’esportazione, facendo così ai montanari una concorrenza sempre più forte, alla quale essi alla fine non hanno più saputo far fronte.” Diversa e più complessa appare la parabola dei mandriani transumanti lombardi anche se vi è tuttora scarsa consapevolezza dell’importanza delle relazioni che sono intercorse in passato tra la montagna e la pianura e, in particolare, del ruolo degli allevatori transumanti delle valli orobiche nel promuovere lo sviluppo delle moderne aziende zootecniche e dei moderni caseifici della “bassa”. Il ricordo (spesso diretto) della tradizionale transumanza stagionale delle mandrie bovine tra le valli bergamasche e le cassine della bassa è però ancora vivo presso gli allevatori. Una storia tanto importante quanto poco conosciuta Come tutte le tradizioni che si trasmettono oralmente quelle relative alla transumanza bovina lomnarda tendono, di generazione in generazione, a ad assumere dei contorni sempre più indefiniti. Gli allevatori, forse per un malinteso pudore, evitano di autocelebrare sé stessi e i loro avi. Con l’eccezione di Cattaneo 17 (considerato con sufficienza da molti contemporanei e posteri per i suoi interessi “vili”) pochi intellettuali hanno ritenuto degne di attenzione storie che “sentono” di formaggio stagionato e di lettiera. La storia della transumanza bovina rappresenta, però, un elemento fondamentale nel quadro della storia economica e sociale della Lombardia e alcuni studi storici recenti ci consentono, operando uno squarcio in una storia fin qui dai contorni vaghi, di tracciare il percorso che ha portato dalla transumanza ovina a lungo raggio del XII-XIII sec. all’affermarsi della figura del “pergamasco” e quindi alla nascita e allo sviluppo del sistema della cassina e della moderna azienda zootecnica stanziale tra XV e il XVIII sec. Dal punto di vista della storia economica e sociale la transumanza bovina, riconosciuta oggi così importante alla fine del medioevo e all’inizio dell’età moderna, è stata considerata in seguito un fenomeno “ad esaurimento” non abbastanza importante per divenire oggetto di una storia non puramente settoriale. Dal nostro punto di vista, e cioè dal punto di vista di una storia sociale e culturale del mondo agricolo lombardo, l’importanza della transumanza bovina bergamasca non cessa con la presa d’atto dell’irreversibilità del processo di sedentarizzazione dei “bergamini”, probabilmente già molto avanzato nel XVIII quando le strutture agricole della bassa (almeno nelle zone più avanzate del milanese e del lodigiano) possono considerarsi stabilizzate. Oltre all’importanza del ruolo della transumanza bovina nella genesi della moderna industria casearia lombarda nel XIX secolo (basti pensare a come il polo caseario melzese debba la sua fortuna alla natura di tappa obbligata sui percorsi della transumanza che collegavano le prealpi bergamasche e lecchesi con le zone di più intensa zootecnia da latte lungo il basso corso dell’Adda) vi sono diversi altri elementi che ci inducono ad approfondire la storia della transumanza bovina dal XV al XX secolo, una storia che appare più importante di quanto si poteva supporre in passato. Allevatori puri 17 il cui nonno, peraltro, secondo gli studi di Natale Arioli (Archivio Storico Lodigiano), risulterebbe un bergamino proveniente dall’Alta Val Brembana 44

La comprensione del ruolo della transumanza nel corso dei secoli è a nostro avviso fondamentale per comprendere il carattere peculiare della tradizione allevatoriale lombarda e probabilmente anche per ricostruire attraverso elementi storici e culturali l’identità collettiva dei nostri allevatori. Le capacità tecniche degli attuali allevatori delle aree della bassa più nettamente caratterizzate dall’indirizzo zootecnico (che rappresentavano le aree di svernamento privilegiate dei bergamini/malghesi) sono riconosciute elevatissime. Non è difficile scorgere in questa attitudine “genetica” all’allevamento dei nostri imprenditori agrozootecnici il retaggio di una cultura di “allevatori puri” che può essere spiegata solo con la profonda influenza della transumanza non solo sul sistema di allevamento, sui rapporti sociali ed economici, ma anche sulla cultura degli agricoltori di matrice bergamina. Ancora pochi decenni fa, nell’ambito dei contratti che da secoli regolavano il rapporto tra bergamini e proprietari dei fondi agricoli della bassa, veniva precisato che le operazioni di rinnovo della lettiera, allontanamento, trasporto e stoccaggio delle deiezioni erano a carico del “padrone”. Il bergamino e i suoi sottoposti si dedicavano anche durante il periodo trascorso al piano delle operazioni legate al foraggiamento (e al pascolo), alla mungitura e alla trasformazione del latte: le stesse svolte in estate sui pascoli della Val Brembana e limitrofe. Indicativo di questo carattere di “allevatore puro” è il ritratto che dei malghesi degli anni ’30 del XX sec. ci ha lasciato Paul Sheuermeier nella sua classica e monumentale opera “Il lavoro dei contadini”: “Questi ‘bergamini’, che come piccoli re nomadi fanno la spola continuamente tra le Alpi e il Po, con il bestiame e le famiglie, che si occupano per tutto l’anno di latte e di pascoli, la cui mandria rimane sempre unita, e quasi non hanno una dimora fissa neppure ne paese natale, sono stati ritrovati soltanto nelle valli alpine del bergamasco”. Allevatori = Bergamaschi? E’ interessante osservare come dai “pergamaschi” del XV sec. (descritti nei lavori di E. Roveda) e i “bergamini” di Sheuermeier della prima metà del XX sec. l’associazione tra valli bergamasche e questa figura di allevatore transumante si mantenga ben stretta e che essa venga messa in evidenza da osservatori che pure hanno avuto modo di constatare la presenza di figure e di sistemi di allevamento analoghi in altre aree della Lombardia e in buona parte dell’arco alpino. E’ estremamente significativo a questo proposito che nel classico vocabolario della lingua milanese del Cherubini il bergamì sia definito come proveniente dalle valli della provincia di Bergamo (analoghe considerazioni valgono per la lingua cremonese). L’uso di definire “bergamini” i panni prodotti a Bergamo nei secoli d’oro del lanificio bergamasco conferma indirettamente che questo termine era utilizzato nel XVI-XVII secolo come sinonimo di “bergamasco”. Oltre che a definire il mandriano-imprenditore zootecnico transumante, il termine bergamino ha, sino a tempi a noi vicini, indicato anche il “mungitore” (famèi) nelle zone del pavese e della bassa lodigiana. La confusione è probabilmente legata ad fatto che nelle famiglie bergamine con un numero elevato di figli maschi (e/o con poco bestiame) alcuni di essi dovevano effettivamente mettersi al servizio di altri bergamini o degli agricoltori (fitàul) con bestiame proprio. Ciò che ha caratterizzato il bergamìn (termine che nel milanese fa riferimento senza ambiguità al mandrianoimprenditore) era la proprietà della mandria di bovine da latte accompagnata eventualmente da quella di terreni e fabbricati nelle zone di origine ma mai da proprietà nella “Bassa”. Il bergamìn non prendeva neppure in affitto i fondi ma dagli affittuari ( in qualche caso dai proprietariconduttori)acquistava il fieno e l’ “erbatico” e con essi le “regalie” che consistevano mell’uso della stalla e dei locali di abitazione (eventualmente anche del caseificio) oltre a legna da ardere. Ill termine bergamina era termine utilizzato nella “bassa” per indicare la vacca in lattazione e anche le vie della transumanza percorse stagionalmente dalle mandrie o anche la stalla delle vacche. Nelle aree di origine dei bergamì (alta Valbrembana) il termine bergamina contraddistingue, invece, la mandria bovina in trasferimento o in stalla distinguendola dalla malga che rappresenta la mandria al 45

metà del XVI secolo, i ‘pastori d’altura’ svizzeri sono diventati i maggiori produttori di formaggi a<br />

pasta dura, destinati soprattutto all’esportazione, che hanno, a poco a poco, soppiantato la<br />

produzione di burro e di formaggiuo acido. E ogni anno andavano persino a vendere il bestiame nei<br />

mercati del Milanese o della Borgogna. (…) I ‘pastori d’altura’ sono scomparsi quando i contadini<br />

delle basse vallate hanno abbandonato le colture cerealicole per l’allevamento e la produzione<br />

lattiera, privandoli così del fieno per l’inverno. Inoltre, dal principio del XIX secolo, i caseifici<br />

paesani avevano iniziato a fabbricare formaggio per l’esportazione, facendo così ai montanari una<br />

concorrenza sempre più forte, alla quale essi alla fine non hanno più saputo far fronte.”<br />

Diversa e più complessa appare la parabola dei mandriani transumanti lombardi anche se vi è<br />

tuttora scarsa consapevolezza dell’importanza delle relazioni che sono intercorse in passato tra la<br />

montagna e la pianura e, in particolare, del ruolo degli allevatori transumanti delle valli orobiche nel<br />

promuovere lo sviluppo delle moderne aziende zootecniche e dei moderni caseifici della “bassa”. Il<br />

ricordo (spesso diretto) della tradizionale transumanza stagionale delle mandrie bovine tra le valli<br />

bergamasche e le cassine della bassa è però ancora vivo presso gli allevatori.<br />

Una storia tanto importante quanto poco conosciuta<br />

Come tutte le tradizioni che si trasmettono oralmente quelle relative alla transumanza bovina<br />

lomnarda tendono, di generazione in generazione, a ad assumere dei contorni sempre più indefiniti.<br />

Gli allevatori, forse per un malinteso pudore, evitano di autocelebrare sé stessi e i loro avi. Con<br />

l’eccezione di Cattaneo 17 (considerato con sufficienza da molti contemporanei e posteri per i suoi<br />

interessi “vili”) pochi intellettuali hanno ritenuto degne di attenzione storie che “sentono” di<br />

formaggio stagionato e di lettiera. La storia della transumanza bovina rappresenta, però, un<br />

elemento fondamentale nel quadro della storia economica e sociale della Lombardia e alcuni studi<br />

storici recenti ci consentono, operando uno squarcio in una storia fin qui dai contorni vaghi, di<br />

tracciare il percorso che ha portato dalla transumanza ovina a lungo raggio del XII-XIII sec.<br />

all’affermarsi della figura del “pergamasco” e quindi alla nascita e allo sviluppo del sistema della<br />

cassina e della moderna azienda zootecnica stanziale tra XV e il XVIII sec.<br />

Dal punto di vista della storia economica e sociale la transumanza bovina, riconosciuta oggi così<br />

importante alla fine del medioevo e all’inizio dell’età moderna, è stata considerata in seguito un<br />

fenomeno “ad esaurimento” non abbastanza importante per divenire oggetto di una storia non<br />

puramente settoriale.<br />

Dal nostro punto di vista, e cioè dal punto di vista di una storia sociale e culturale del mondo<br />

agricolo lombardo, l’importanza della transumanza bovina bergamasca non cessa con la presa d’atto<br />

dell’irreversibilità del processo di sedentarizzazione dei “bergamini”, probabilmente già molto<br />

avanzato nel XVIII quando le strutture agricole della bassa (almeno nelle zone più avanzate del<br />

milanese e del lodigiano) possono considerarsi stabilizzate.<br />

Oltre all’importanza del ruolo della transumanza bovina nella genesi della moderna industria<br />

casearia lombarda nel XIX secolo (basti pensare a come il polo caseario melzese debba la sua<br />

fortuna alla natura di tappa obbligata sui percorsi della transumanza che collegavano le prealpi<br />

bergamasche e lecchesi con le zone di più intensa zootecnia da latte lungo il basso corso dell’Adda)<br />

vi sono diversi altri elementi che ci inducono ad approfondire la storia della transumanza bovina dal<br />

XV al XX secolo, una storia che appare più importante di quanto si poteva supporre in passato.<br />

Allevatori puri<br />

17 il cui nonno, peraltro, secondo gli studi di Natale Arioli (Archivio Storico Lodigiano), risulterebbe un bergamino<br />

proveniente dall’Alta Val Brembana<br />

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