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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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un ovile e solo nel 2% affidate alla sola custodia dei cani. Tra le innovazioni introdotte<br />

recentemente figura anche il crescente utilizzo di mangimi. Agli inizi degli anni ’90 il 30% delle<br />

greggi transumanti poteva usufruire di integrazione con mangimi mentre l’utilizzo di sali minerali è<br />

ormai generalizzato (91% dei greggi) (RIZZI ET AL., 1998). L’accresciuta dimensione dei greggi<br />

impone degli orientamenti nuovi alle tecniche di transumanza; dal punto di vista riproduttivo si<br />

tende sempre più ad evitare i parti nel periodo della transumanza primaverile e durante l’alpeggio.<br />

Come abbiamo visto trattando dell’alpeggio si è anche abbreviato il periodo della monticazione che<br />

una minoranza di allevatori tende persino a non praticare del tutto. Questa tendenza, però, come<br />

quella alla sedentarizzazione degli allevamenti deve essere considerata come una scelta personale,<br />

che modifica profondamente la natura stessa del sistema di allevamento della pecora Bergamasca.<br />

Anche in questo caso non ci pare di poter affermare di essere di fronte ad un cambiamento del<br />

sistema pastorale perché anche in passato non mancavano i casi di pastori che tendevano a<br />

sedentarizzarsi (a cominciare dai famosi “pergamaschi” del ‘400). La trasformazione<br />

dell’allevamento da transumante a stanziale è stata molte volte preconizzata ed auspicata anche nel<br />

passato, ma ci pare di poter escludere che questa forma di allevamento potrà mai prevalere su quella<br />

transumante, almeno nel futuro prossimo e forse fintanto che esisterà la pecora Bergamasca. Come<br />

hanno osservato giustamente SUSMEL ET AL. (1992) le forme di allevamento stanziali o semistanziali<br />

“comportano un forte aumento degli investimenti strutturali sia dei costi alimentari, molto<br />

ridotti nella transumanza. La sedentarizzazione per avere successo deve essere accompagnata da<br />

un’intensificazione e da una valorizzazione economica delle produzioni” che, aggiungiamo noi,<br />

oggi può essere realizzata solo in casi particolari. La produzione di agnelloni o agnelli pesanti<br />

bergamaschi può essere senz’altro attuata in condizioni stanziali dove i più rapidi accrescimenti<br />

possono in parte compensare i costi fissi. La disponibilità di terreni idonei alla coltivazione del mais<br />

ceroso può consentire la formulazione di razioni economiche somministrate con la tecnica<br />

“unifeed”. Nelle nostre condizioni, però, sono gli alti valori del capitale investito (terreni,<br />

fabbricati) che tendono a ridurre l’economicità di questo sistema di allevamento che può essere<br />

giustificato laddove la produzione è integrata con la macellazione, la vendita diretta, l’utilizzo nella<br />

ristorazione agrituristica.<br />

La transumanza bovina<br />

La transumanza bovina nasce dopo quella quella ovina e mentre quest’ultima appare manifestare<br />

nuovi segni di vitalità all’inizio del XXI secolo, essa rappresenta per lo più un ricordo dal momento<br />

che se ne conservano solo delle tracce. Eppure il fenomeno della transumanza bovina nelle Alpi<br />

appare di grande portata storica ed economica strettamente intrecciato all'evoluzione<br />

dell’allevamento bovino e all’industria casearia non solo nell’area alpina, ma anche in quelle<br />

limitrofe. “Epicentri” della transumanza bovina sono stati da una parte le Alpi e Prealpi svizzere,<br />

dall’altra le Prealpi lombarde. In Svizzera la distanza tra i pascoli delle pianure e le valli alpine è<br />

tale da scoraggiare il trasferimento delle mandrie. Qui i mandriani che durante l’estate vivono sulle<br />

alpi “erano costretti, durante l’inverno, ad alloggiare e a far nutrire il loro bestiame presso i<br />

contadini delle valli che compensavano con latticini” 16 . Il Niederer prosegue così nel delineare la<br />

figura del mandriano transumante svizzero (definito qui “pastore d’altura”) :<br />

“Vivendo d’estate sugli alpeggi con le loro vacche e d’inverno in simbiosi con i contadini delle<br />

valli, questi ‘pastori d’altura’ hanno formato dal XVI secolo nelle Alpi e nelle Prealpi settentrionali<br />

(nell’Emmental, nell’Enttlebuch, nei cantoni di Glarona, Schwytz, nell’Appenzell, nella Gruyère,<br />

eccetera) una corporazione tutta particolare, con una mentalità completamente diversa da quella dei<br />

proprietari agricoli. Essi non tralasciavano mai di vantare la loro grandissima libertà, la libertà dei<br />

nomadi rispetto ai contadini sedentari, attaccati al loro pezzo di terra da coltivare. Nella seconda<br />

16 A Niederer “Economia e forme tradizionali di vita nelle Alpi” in Storia e Civiltà delle Alpi. Il destino umano, a cura<br />

di P. Guichonnet, milano 1987, p. 19<br />

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