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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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In passato quando il gregge tipico era composto da 100-150 capi più pastori univano i loro greggi<br />

ed in questo modo alcuni erano sollevati dalla loro custodia e potevano trascorrere l’estate presso i<br />

paesi d’origine svolgendo lavori agricoli. Le complesse modalità dello sfruttamento delle diverse<br />

fasce altimetriche della montagna, volto all’utilizzo estensivo, ma il più ampio possibile risorse<br />

foraggere del territorio, è descritto dal PRACCHI (1940). Osservazioni molto interessanti<br />

sull’alpeggio e la transumanza relative agli anni ’20 sono riportate anche da SCHEUERMEIER (1974).<br />

Le praterie alpine inframmezzate da rocce affioranti e spesso fortemente scoscese sono i pascoli<br />

tipici degli ovini.. Nonostante la non uniformità della cotica erbosa la le pecore trovano ottime<br />

piante foraggere in questo ambiente apparentemente poco ospitale. Esse devono però essere<br />

pascolate per tempo perché la carenza idrica e le condizioni climatiche determinano una rapida<br />

maturazione delle essenze erbacee con un forte aumento delle componenti fibrose e la riduzione<br />

della digeribilità e del valore nutritivo. Alcune Alpi sono in parte utilizzate dai bovini ed in parte<br />

dagli ovini; in questo caso gli ovini occupano le fasce più elevate e rocciose.<br />

Spesso in questo caso il pastore può utilizzare il pascolo senza prenderlo in affitto stipulando<br />

accordi informali con i caricatori d’alpe. In altri casi, che nel corso degli ultimi anni si erano fatti<br />

sempre più frequenti, la diminuzione del bestiame bovino alpeggiato ha consentito ai pastori di<br />

affittare intere alpi. Spesso le alpi non più utilizzate per i bovini sono meno facilmente accessibili e<br />

meno dotate di strutture, ma possono risultare del tutto idonee per gli ovini. Nell’ambito dei grandi<br />

alpeggi utilizzati sia da bovini che da ovini i pastori hanno a disposizione alle quote più elevate<br />

solitamente dei baitelli rudimentali o dei rifugi ricavati utilizzando delle rocce spioventi come<br />

copertura e semplici muretti a secco. Non mancano comunque in alcuni alpeggi degli ovili in<br />

muratura e ricoveri per i pastori abbastanza confortevoli. Negli ultimi decenni i fabbricati delle alpi<br />

hanno ricevuto cure manutentive inadeguate (Rho, 1984), e ciò ha certo scoraggiato diversi pastori a<br />

continuare la loro attività. Attualmente da parte degli enti pubblici si assistite ad una rinnovata<br />

attenzione per gli alpeggi cui viene attribuita una funzione importantissima per il mantenimento<br />

dell’ambiente, del paesaggio e delle tradizioni della montagna. Ci si augura che tale interesse, al di<br />

là dei pur opportuni contributi elergiti ai caricatori, possa condurre ad oculati interventi di ripristino<br />

e di miglioramento delle dotazioni strutturali ed infrastrutturali delle nostre alpi.<br />

La presenza delle pecore non è sempre considerata favorevolmente dai malgari. Da un punto di<br />

vista tecnico, però, se il gregge ovino è sorvegliato e gestito con attenzione, spostandolo<br />

frequentemente, evitandone la discesa anticipata sui pascoli riservati ai bovini ed evitando le soste<br />

prolungate in zone ristrette, la presenza di pecore sugli alpeggi può risultare positiva ai fini del<br />

mantenimento della qualità del cotico erboso. In particolare gli ovini, una volta che i bovini hanno<br />

abbandonato l’alpe, devono essere fatti pascolare sui residui non consumati dai bovini per il tempo<br />

sufficiente ad esercitare una conveniente “pulizia”. La capacità dell’ovino di utilizzare erbe dure,<br />

recidendo gli steli ad una ridotta distanza dal suolo, è utile al miglioramento dei pascoli degradati a<br />

seguito di carichi di bestiame bovino insufficienti e/o di sistemi di pascolo libero che non<br />

consentono l’uniforme utilizzo delle superfici. L’effetto del pascolo ovino determina 1)<br />

contenimento di essenze poco appetite dai bovini che tendono ad una forte copertura delle superfici<br />

a pascolo a scapito delle migliori foraggere; 2) apporto di azoto con le deiezioni su superfici poco o<br />

nulla fertilizzate dai bovini, 3) rottura con l’unghiello del cotico con conseguente arieggiamento del<br />

terreno e rottura delle dense formazioni di cervino (Nardus stricta) o altre essenze scarsamente<br />

appetite dai bovini. Se l’azione del pascolo ovino tende a ridurre le superfici “magre”, migliorando<br />

la composizione del cotico, bisogna anche ricordare che la sosta prolungata in alcune aree (per il<br />

riposo notturno e l’abbeverata) determina lo sviluppo di una flora ammoniacale (caratterizzata dalla<br />

presenza di Rumex ssp. Senecio ssp. Aconitus napellus, Urtica dioica) di nessun valore foraggero e<br />

potenzialmente dannosa per l’eccessivo assorbimento di elementi azotati dal terreno. Tale<br />

inconveniente è legato al mancato o non sufficientemente spostamento delle “mandre” (aree di<br />

riposo del gregge), vuoi per incuria o per oggettiva scarsità di località adatte .<br />

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