Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

Pastore bergamasco con i figli, il cane e il gregge in un ex-voto La transumanza bergamasca Le greggi che ancor oggi alpeggiano da giugno a settembre nelle alpi dell’Alta Valle Seriana, delle Valle di Scalve e della Valle Camonica svernano ancor oggi in un’area che comprende, oltre a quelle di Bergamo e Brescia le provincie di Milano, Lodi, Cremona, Mantova, Piacenza, Parma Pavia, Lecco, Como, Varese, Novara, Vercelli e Alessandria. Tra i greggi transumanti è possibile distinguere quelli che utilizzano l’alta pianura e quelli che si portano nella bassa pianura dove, di norma, possono disporre di foraggi migliori. In tempi recenti oltre alle risorse marginali tradizionalmente utilizzate dai greggi argini di canali, bordi di strade, margine dei campi spesso in violazione delle norme sul pascolo, i greggi utilizzano sempre più frequentemente spazi periurbani dove le attività agricole vere e proprie non sono più esercitate, sedimi di vie di infrastrutture di comunicazione (compresi aeroporti). Il pascolamento intorno alle mura di Bergamo e in alcune zone suburbane della città ha assunto un valore che non è solo simbolico indicando che il pascolo ovino rappresenta un mezzo ecologicamente ed economicamente sostenibile per la cura di quella fascia territoriale, sempre più importante, che costituisce la frangia urbana, e che non ha più caratteristiche agricole ma non si desidera che assuma caratteristiche urbane. In montagna La presenza degli ovini negli alpeggi rappresenta una caratteristica delle montagne bergamasche. Nei primi anni ‘70 (POLELLI, 1975)sul totale di 31.827 ovini alpeggiati in Lombardia 18.243 30

isultavano caricati su alpeggi bergamaschi rappresentando il 22,9% del carico totale di bestiame alpeggiato in provincia. In Val Seriana alpeggiavano 9.574 capi ovini, 5.944 in Val Brembana e 3.725 in Val di Scalve. In Val Camonica erano alpeggiati 6.084 capi (il 71% di quelli alpeggiati in Provincia di Brescia). Solo in Val Seriana e in Val di Scalve il numero di ovini superava quello dei bovini. La ripartizione tra le varie specie di animali alpeggiati nell’ambito delle Comunità Montane della Lombardia è riportata nella Tab.6 dove si nota che solo nelle valli Seriana superiore e di Scalve il numero di ovini superava quello dei bovini. La massiccia presenza di bestiame ovino sui pascoli dell’Alta Valseriana è da mettere in relazione con alcuni elementi di svantaggio che caratterizzano diversi alpeggi della zona (pendenze notevoli, rocciosità, scarsezza di acqua, erbe dure) (SERPIERI, 1907). La “Carta della Montagna” (MINISTERO DELL’AGRICOLTURA E FORESTE, 1976) metteva in luce come in seguito alla forte contrazione del carico di bestiame bovino delle alpi, determinata dalla perdita di 47.000 capi tra il 1960 e il 1970, nel territorio delle comunità montane lombarde il carico medio reale risultava del 30% inferiore di quello potenziale (76.133 UBG contro 53.411 caricate). Questo induceva gli autori dell’indagine ad auspicare un rilancio dell’allevamento della pecora Bergamasca. “La potenzialità produttiva di vaste aree pascolive nelle alte valli ai fini dell’incremento della produzione di carne legata alla pecora gigante Bergamasca è rilevante (si stima superiore di 3 volte al carico attuale), tuttavia pur considerandone l’alta redditività, le limitazioni alla diffusione degli allevamenti ovini sono poste, in modo insuperabile, dalla deficienza dei pascoli vernini, a meno che non si attui in forma organizzata e associativa l’allevamento invernale, come del resto è praticato in alcuni paesi”. Veniva pertanto auspicata una politica tesa ad incrementare piccoli allevamenti presso le aziende permanenti montane ed anche collinari (20-30 capi ciascuna) potrebbe ridurre la passività e gli inconvenienti invernali ed incrementare così il patrimonio ovino, considerata la vasta disponibilità di pascoli estivi. Oggi possiamo affermare che se vi è stato un aumento dei capi ovini alpeggiati e se il numero di alpeggi non utilizzati è rimasto contenuto, ciò è merito principalmente della pastorizia transumante. La Tab. 7 consente di confrontare i dati dell’indagine del 1974 con i dati più recenti relativi agli alpeggi della provincia di Bergamo Dopo aver sostato sui “prati di casa” in genere di proprietà del pastore dove le greggi si trattengono a maggio o giugno per una quindicina di giorni o al massimo un mese in attesa di salire ai pascoli di montagna. Le greggi non raggiungevano direttamente gli alpeggi veri e propri ma, al fine dell’acclimatamento ed in attesa dello scioglimento delle nevi, sostavano su pascoli siti a 1.000- 1.500 metri (‘ndà a tempurìt). Oggi questo avviene più raramente e le greggi utilizzano questi pascoli “intermedi” solo per un breve periodo dopo lo scarico del bestiame da latte durante il mese di settembre. Anche i questo caso le forme di utilizzo si sono modificate. Infatti in passato la sosta degli ovini sul pascolo autunnale era molto importante ed era codificato dai capitolati d’alpeggio che prevedevano l’affitto o il subaffitto ai pastori solo per questo periodo. Secondo il SERPIERI (1907), che non mostrava certo molta simpatia per gli ovini, queste pratiche determinavano un eccessivo sfruttamento dei pascoli come avveniva, a detta di questo autore, sui “monti” di Clusone dove in autunno pascolavano le greggi di ritorno dalla Svizzera. L’accorciamento delle stazioni intermedie ha ridotto il periodo complessivo dell’alpeggio rispetto al passato. Ciò appare legato sia alle condizioni disagiate dell’alpeggio che alla riduzione dei maggenghi. I pastori in passato lasciavano la pianura alla fine di aprile o agli inizi di maggio; oggi, invece restano al piano sino a maggio inoltrato o persino a giugno quando si trasferiscono direttamente sugli alpeggi. I pascoli di alta quota (sopra i 1800-2.000 m.) sono utilizzati come in passato solo a luglio ed agosto “luglio in cima al monte settembre in fondo alla valle”. 31

isultavano caricati su alpeggi bergamaschi rappresentando il 22,9% del carico totale di bestiame<br />

alpeggiato in provincia. In Val Seriana alpeggiavano 9.574 capi ovini, 5.944 in Val Brembana e<br />

3.725 in Val di Scalve. In Val Camonica erano alpeggiati 6.084 capi (il 71% di quelli alpeggiati in<br />

Provincia di Brescia). Solo in Val Seriana e in Val di Scalve il numero di ovini superava quello dei<br />

bovini. La ripartizione tra le varie specie di animali alpeggiati nell’ambito delle Comunità Montane<br />

della Lombardia è riportata nella Tab.6 dove si nota che solo nelle valli Seriana superiore e di<br />

Scalve il numero di ovini superava quello dei bovini. La massiccia presenza di bestiame ovino sui<br />

pascoli dell’Alta Valseriana è da mettere in relazione con alcuni elementi di svantaggio che<br />

caratterizzano diversi alpeggi della zona (pendenze notevoli, rocciosità, scarsezza di acqua, erbe<br />

dure) (SERPIERI, 1907).<br />

La “Carta della Montagna” (MINISTERO DELL’AGRICOLTURA E FORESTE, 1976) metteva in luce come in<br />

seguito alla forte contrazione del carico di bestiame bovino delle alpi, determinata dalla perdita di 47.000<br />

capi tra il 1960 e il 1970, nel territorio delle comunità montane lombarde il carico medio reale risultava<br />

del 30% inferiore di quello potenziale (76.133 UBG contro 53.411 caricate). Questo induceva gli autori<br />

dell’indagine ad auspicare un rilancio dell’allevamento della pecora Bergamasca.<br />

“La potenzialità produttiva di vaste aree pascolive nelle alte valli ai fini dell’incremento<br />

della produzione di carne legata alla pecora gigante Bergamasca è rilevante (si stima<br />

superiore di 3 volte al carico attuale), tuttavia pur considerandone l’alta redditività, le<br />

limitazioni alla diffusione degli allevamenti ovini sono poste, in modo insuperabile,<br />

dalla deficienza dei pascoli vernini, a meno che non si attui in forma organizzata e<br />

associativa l’allevamento invernale, come del resto è praticato in alcuni paesi”.<br />

Veniva pertanto auspicata una politica tesa ad incrementare piccoli allevamenti presso le aziende<br />

permanenti montane ed anche collinari (20-30 capi ciascuna) potrebbe ridurre la passività e gli<br />

inconvenienti invernali ed incrementare così il patrimonio ovino, considerata la vasta disponibilità<br />

di pascoli estivi. Oggi possiamo affermare che se vi è stato un aumento dei capi ovini alpeggiati e se<br />

il numero di alpeggi non utilizzati è rimasto contenuto, ciò è merito principalmente della pastorizia<br />

transumante. La Tab. 7 consente di confrontare i dati dell’indagine del 1974 con i dati più recenti<br />

relativi agli alpeggi della provincia di Bergamo<br />

Dopo aver sostato sui “prati di casa” in genere di proprietà del pastore dove le greggi si trattengono<br />

a maggio o giugno per una quindicina di giorni o al massimo un mese in attesa di salire ai pascoli di<br />

montagna. Le greggi non raggiungevano direttamente gli alpeggi veri e propri ma, al fine<br />

dell’acclimatamento ed in attesa dello scioglimento delle nevi, sostavano su pascoli siti a 1.000-<br />

1.500 metri (‘ndà a tempurìt).<br />

Oggi questo avviene più raramente e le greggi utilizzano questi pascoli “intermedi” solo per un<br />

breve periodo dopo lo scarico del bestiame da latte durante il mese di settembre. Anche i questo<br />

caso le forme di utilizzo si sono modificate. Infatti in passato la sosta degli ovini sul pascolo<br />

autunnale era molto importante ed era codificato dai capitolati d’alpeggio che prevedevano l’affitto<br />

o il subaffitto ai pastori solo per questo periodo. Secondo il SERPIERI (1907), che non mostrava<br />

certo molta simpatia per gli ovini, queste pratiche determinavano un eccessivo sfruttamento dei<br />

pascoli come avveniva, a detta di questo autore, sui “monti” di Clusone dove in autunno<br />

pascolavano le greggi di ritorno dalla Svizzera. L’accorciamento delle stazioni intermedie ha<br />

ridotto il periodo complessivo dell’alpeggio rispetto al passato. Ciò appare legato sia alle condizioni<br />

disagiate dell’alpeggio che alla riduzione dei maggenghi. I pastori in passato lasciavano la pianura<br />

alla fine di aprile o agli inizi di maggio; oggi, invece restano al piano sino a maggio inoltrato o<br />

persino a giugno quando si trasferiscono direttamente sugli alpeggi. I pascoli di alta quota (sopra i<br />

1800-2.000 m.) sono utilizzati come in passato solo a luglio ed agosto “luglio in cima al monte<br />

settembre in fondo alla valle”.<br />

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