Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini
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proprietà collettiva indivisa o forme di godimento miste tali da sovrapporre alla proprietà privata diritti d’uso da parte delle comunità rurali. Le forme di proprietà pubblica (beni di proprietà comunale) nonché le sopravvivenze di forme di proprietà indivisa (per esempio i Consorzi d’alpeggio della Valchiavenna) o di usi civici rappresentano una discendenza indiretta delle forme di posesso collettiva dei boschi e dei pascoli attraverso le quali era goduto il territorio silvo-pastorale della montagna lombarda. Solo a partire dalle disposizioni legislative napoleoniche del 1806 e lombardo-venete del 1837 il quadro iniziò a modificarsi per tendere ad una generalizzata soppressione delle proprietà collettive che non erano confluite in quelle omunali (“beni degli antichi originari”). Dopo un processo durato quasi due secoli non mancano tutt’oggi esempi di beni silvo-pastorali gestiti da forme direttamente discendenti da quelle delle antiche comunità (tali sono le Università agrarie e le Vicinie delle valli bergamesche e bresciane) e non mancano voci che intravedono una possibile nuova funzione di queste aggregazioni economico-sociali. E’interessante osservare che nel Canton Ticino, dove la modernizzazione napoleonica ha inciso in maniera molto meno profonda che in Lombardia, le istituzioni comunitarie hanno mantenuto una loro continuità che è rappresentata a tutt’oggi dalla realtà parallela del Comune “politico” (ente territoriale di diritto pubblico) e del Patriziato (corrispondente alle Vicinie o Società degli antichi originari lombarde) che mantiene un forte ruolo nella gestione dei beni silvo-pastorali. Le specie di interesse zooecnico interessate allo sfruttamento pastorale sono diverse a seconda degli ambienti: bovini, yak, camelidi, bufalini, ovini, caprini. La pastorizia nella sua forma “pura,” rappresentata dal nomadismo, si è sviluppata prima dell’agricoltura e, nelle Alpi risale a 6.000 anni fa quando da Nord attraverso migrazioni e influenze culturali giunsero attraverso i Balcani e il bacino danubiano gli animali che erano già stati oggetto di domesticazione nell’area medio-orientale. Anche oggi la pastorizia può essere esercitata prescindendo del tutto da strutture agricole utilizzando terreni di proprietà comune o resi disponibili al di fuori di contratti agrari convenzionali. Nel nostro ambiente alpino la pastorizia ovina transumante rappresenta tutt’oggi una realtà ben presente. Sono da considerare pastorali anche quelle attività di allevamento animale che, in relazione al ciclo stagionale, sono esercitate durante una parte più o meno lunga dell’anno nell’ambito di spazi non interessati alla coltivazione. Nelle Alpi la pratica dell’alpeggio, caratterizzata da una forma di spostamento “verticale” mantiene alcune delle caratteristiche del nomadismo presupponendo un trasferimento per la durata di alcuni mesi dalla sede permanente a sedi temporanee. In passato questo carattere nomadico dell’allevamento alpino era più evidente perché era maggiormente praticata una vera e propria transumanza che implicava lo svernamento nelle pianure (o quanto meno nei fondovalle) mentre era diffuso l’utilizzo di siti intermedi tra il villaggio e i pascoli in quota nella fase primaverile e autunnale (maggenghi). Si assisteva quindi a più numerosi e più lunghi trasferimenti eseguiti a piedi che marcavano la differenza tra la vita e la cultura dei montanari e quella degli agricoltori stanziali. La transumanza tra montagna e pianura avveniva non solo per le pecore, ma anche per i bovini e per le capre. Queste transumanza avevano un carattere che col tempo si andò differenziando sempre più mano a mano che nella Bassa aumentava la produzione di foraggi grazie all’irrigazione e si diffondeva la “cascina” intesa come unità specializzata di produzione zootecnico-casearia. Fino al XV secolo qualche bovino era al seguito dei greggi di ovini da latte (di razza Bergamasca, ma allora allevati per la lana e il latte) che si spostavano tra la montagna e la pianura, ma era mantenuto all’aperto o sotto rudimentali ripari anche d’inverno; da questo secolo in poi, invece, i bovini da latte che scendevano dalla montagna iniziarono ad essere accolti nelle stalle (con annessi “casoni”, ossia caseifici)mentre le pecore (e i loro pastori) continuarono a praticare una forma di transumanza “raminga”. 28
La transumanza La transumanza consiste nella migrazione periodica stagionale del bestiame entro un area geografica di ampiezza tale da sfruttare la differenza di condizioni climatiche. La transumanza non comporta necessariamente una forma di allevamento nomade (in continuo spostamento alla ricerca di pascoli) ma può anche comprendere sistemi di allevamento che prevedono durante la stagione fredda il ricovero del bestiame e l’approvvigionamento con foraggi. La transumanza è comunque separata dall’attività agricola e i ricoveri e i foraggi eventualmente necessari durante l’inverno sono ceduti ai pastori da agricoltori stanziali. La transumanza ovina La forma di transumanza più nota e più diffusa in Europa e quella che interessa i paesi mediterranei (Spagna, Francia, Italia) dove in passato, e in misura ridotta ancor oggi, grossi greggi ovini si spostano in estate (a causa della scarsità d’acqua e di pascolo) verso pascoli di montagna. Nell’ambito alpino una forma di transumanza tipicamente mediterranea è quella che interessa la Provenza e le Basse Alpi (Alpi “secche”) dove, anche la piovosità non consente l’alpeggio dei bovini. Nelle Alpi la transumanza interessa, però, anche buona parte del versante meridionale, nonché alcune aree a Nord e a Est dello spartiacque. In passato le transumanze ovine avevano un raggio molto più esteso e i percorsi attraversavano lo spartiacque alpino e i confini degli stati. Dalle vallate alpine francesi le pecore si spostavano oltre che verso la Provenza verso la pianura piemontese mentre dalle zone pedemontane tra Ivrea e Novara i greggi raggiungevano le vallate valdostane. Dalle alpi marittime i greggi di Roaschia (Cuneo) si spostavano in inverno verso la pianura lombardo-emiliana. I pastori trentini (della Val di Sole, Val di Non, Tesino) in inverno si spostavano verso la pianura lombarda (bresciano e mantovano) e veneta. Quelli veneti e friulani in estate si dirigevano in Carinzia. La transumanza ovina è quella bergamasca. Dalle aree padane di svernamento (basso Piemonte, bassa Lombardia, Emilia) le greggi dopo aver sostato per un certo nelle zone di origine dei pastori tra la Val Seriana e la Val Camonica si dirigevano oltre lo Spluga, il Bernina raggiungendo i Grigioni e oltre il Tonale. Anche a Nord delle Alpi nella Germania meridionale e sud-occidentale era praticata la transumanza ovina: dagli altopiani del Giura svevo e francone le greggi si spostavano in autunno a Sud per utilizzare le stoppie sui campi già mietuti della pianura danubiana; in inverno risalivano a Nord nella regione tra il Reno e il Meno. Nelle Alpi la transumanza ovina daterebbe all’XI-XII secolo. (fonti!) 29
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La transumanza consiste nella migrazione periodica stagionale del bestiame entro un area<br />
geografica di ampiezza tale da sfruttare la differenza di condizioni climatiche. La transumanza non<br />
comporta necessariamente una forma di allevamento nomade (in continuo spostamento alla ricerca<br />
di pascoli) ma può anche comprendere sistemi di allevamento che prevedono durante la stagione<br />
fredda il ricovero del bestiame e l’approvvigionamento con foraggi. La transumanza è comunque<br />
separata dall’attività agricola e i ricoveri e i foraggi eventualmente necessari durante l’inverno sono<br />
ceduti ai pastori da agricoltori stanziali.<br />
La transumanza ovina<br />
La forma di transumanza più nota e più diffusa in Europa e quella che interessa i paesi mediterranei<br />
(Spagna, Francia, Italia) dove in passato, e in misura ridotta ancor oggi, grossi greggi ovini si<br />
spostano in estate (a causa della scarsità d’acqua e di pascolo) verso pascoli di montagna.<br />
Nell’ambito alpino una forma di transumanza tipicamente mediterranea è quella che interessa la<br />
Provenza e le Basse Alpi (Alpi “secche”) dove, anche la piovosità non consente l’alpeggio dei<br />
bovini. Nelle Alpi la transumanza interessa, però, anche buona parte del versante meridionale,<br />
nonché alcune aree a Nord e a Est dello spartiacque. In passato le transumanze ovine avevano un<br />
raggio molto più esteso e i percorsi attraversavano lo spartiacque alpino e i confini degli stati. Dalle<br />
vallate alpine francesi le pecore si spostavano oltre che verso la Provenza verso la pianura<br />
piemontese mentre dalle zone pedemontane tra Ivrea e Novara i greggi raggiungevano le vallate<br />
valdostane. Dalle alpi marittime i greggi di Roaschia (Cuneo) si spostavano in inverno verso la<br />
pianura lombardo-emiliana. I pastori trentini (della Val di Sole, Val di Non, Tesino) in inverno si<br />
spostavano verso la pianura lombarda (bresciano e mantovano) e veneta. Quelli veneti e friulani in<br />
estate si dirigevano in Carinzia. La transumanza ovina è quella bergamasca. Dalle aree padane di<br />
svernamento (basso Piemonte, bassa Lombardia, Emilia) le greggi dopo aver sostato per un certo<br />
nelle zone di origine dei pastori tra la Val Seriana e la Val Camonica si dirigevano oltre lo Spluga, il<br />
Bernina raggiungendo i Grigioni e oltre il Tonale. Anche a Nord delle Alpi nella Germania<br />
meridionale e sud-occidentale era praticata la transumanza ovina: dagli altopiani del Giura svevo e<br />
francone le greggi si spostavano in autunno a Sud per utilizzare le stoppie sui campi già mietuti<br />
della pianura danubiana; in inverno risalivano a Nord nella regione tra il Reno e il Meno. Nelle Alpi<br />
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