Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini
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coincidono spesso con territori montani e collinari dove i sistemi di allevameno estensivi e i tipi<br />
genetici sono diffusi. La presenza delle razze autoctone in un Parco può costituire un motivo di<br />
particolare interesse dal momento in quanto elemento di un agroecosistema consolidato nel tempo in<br />
grado di contribuire ad una gestione delle attività agropastorale perfettamente compatibile con gli<br />
obiettivi di tutela dell’ambiente e del paesaggio perseguiti dal Parco. Un ruolo attivo del Parco per<br />
migliorare le condizioni di commercializzazione dei prodotti locali legati alle razze autoctone appare<br />
cruciale per miglioreare il reddito degli allevatori e facilitare l’adozione di criteri di gestione delle attività<br />
zootecniche e segnatamente del pascolamento, in sintonia con gli obiettivi del Parco.<br />
L’incoraggiamento di forme di pascolo regimato e con bassi carichi finalizzato anche al contenimento<br />
delle infestanti dovrebbe essere previsto nei piani di gestione delle aree protette mentre il divieto<br />
dovrebbe essere contemplato solo in particolari condizioni di vulnerabilità o di particolari elementi<br />
faunistici e botanici.<br />
La questione forestale<br />
Anche se non mancano segnali di un rapida modificazione dell’atteggiamento degli Enti Parco e di<br />
esponenti delle organizzazioni protezioniste (vedi oltre) non si può non rilevare come la cultura<br />
ambientalista in Italia sia ancora profondamente intrisa di pregiudizi antiruralisti e da una visione<br />
stereotipata dei problemi ambientali che rivela una profonda ignoranza della realtà territoriale concreta.<br />
Un esempio interessante è fornito dalla puntuale e ricorrente “emergenza incendi” che tutte le estati<br />
occupa tanto spazio sulla carta stampata e nei notiziari televisivi (un pò a corto di notizie). A parte i<br />
toni drammatici con cui si da notizia della “perdita di centinaia (sic!) di ettari” vengono somministrati<br />
dati statistici sulle superfici distrutte che potrebbero indurre l’ingenuo lettore/ascoltatore a credere che<br />
nel giro di pochi anni si potrà determinare la completa desertificazione del patrimonio forestale<br />
italiano. Con questa informazione emotiva, distorta e superficiale i reali problemi sociali ed ecologici,<br />
del territorio, di rilevante portata per la società nel suo complesso, restano del tutto sconosciuti alla<br />
gran parte dei cittadini. Le conseguenze di questa scarsa qualità dell’informazione relativa ai problemi<br />
del territorio rurale non sono da poco. L’approccio spettacolare e disinformativo ai problemi della<br />
salvaguardia ambientale rappresenta un pretesto e quindi una condizione per la perpetuazione di scelte<br />
politiche, legislative e amministrative profondamente sbagliate. Proprio sul tema degli “incendi<br />
boschivi” si deve lamentare il persistere di una normativa che scoraggia l’opera di manutenzione e cura<br />
del territorio attraverso l’attività pastorale (vedi) e di una politica che privilegia l’adozione di costosi<br />
mezzi di avvistamento e di spegnimemento (in grado di alimentare un considerevole giro di commesse,<br />
di appalti, di forniture) e che persevera in una politica clientelare di “riforestazione” che, come<br />
denunciato dai Servizi Segreti, in alcune regioni, vede gli operai forestali ed i “lavoratori socialmente<br />
utili” responsabili degli incendi dolosi, ma anche uno strumento di rafforzamento del controllo della<br />
criminalità organizzata sul territorio.<br />
La “tutela del bosco” rappresenta un “luogo ideologico” irresistibile per certa cultura che si nutre di<br />
stereotipi. Difficile non cedere alla tentazione di ascrivere questa tendenza ai caratteri costitutivi della<br />
cultura degli intellettuali italiani che si alimenta di immagini letterarie e di ideologismi piuttosto che di<br />
ispirazioni e riferimenti alla realtà concreta 66 . Dall’ Arcadia luogo letterario di una natura idealizzata e<br />
umanizzata alla “nuova Arcadia” di certo protezionismo che trae ispirazione da un modello altrettanto<br />
idealizzato di una natura deumanizzata. Come spiegare altrimenti il fatto che ancora oggi autorevoli<br />
“firme” giornalistiche di ispirazione ambiental-progressista citino tra gli scempi ambientali responsabili<br />
del degrado del territorio il “taglio indiscriminato dei boschi”. Si direbbe che nell’immaginario<br />
dell’intellettuale italiano progressista siano rimasti indelebilmente impressi gli echi polemico-letterari dei<br />
tagli massivi effettuati nelle aree montane per alimentare di combustibile, prima della diffusione<br />
dell’utilizzo del carbone fossile, la nascente industria tra ‘700 e ‘800 (e ascritti dalla storiografia<br />
veteromarxista alla rapacità speculativa del paleocapitalismo). Dopo i disboscamenti “indiscriminati”<br />
66 vedi appendice p.<br />
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