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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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popolazioni locali non sono mature o sono troppo facilmente strumentalizzabili da interessi<br />

speculativi, le amministrazioni locali non hanno capacità progettuale.....). In questi atteggiamenti<br />

emerge la vecchia cultura giacobina, la diffidenza per l’autonomia locale e per la cultura rurale.<br />

Di fatto il Parco, concepito e gestito in sintonia con una cultura protezionistica fortunatamente in fase<br />

di superamento, rappresenta un elemento di continuità con la riserva di caccia signorile: un ambito<br />

dove le attività agrosilvo<strong>pastorali</strong> delle comunità rurali erano precluse o soggette a limitazioni al fine di<br />

mantenere l’habitat adatto per la presenza dei grossi ungulati. La selvaggina grossa proprietà<br />

intangibile del signore era “protetta” dal bracconaggio da severissime sanzioni penali (nel medioevo e<br />

oltre la pena capitale mediante impiccagione). L’introduzione del divieto di caccia, di forti vincoli alle<br />

attività agricole e agrosilvo<strong>pastorali</strong> e persino ad attività come la raccolta dei funghi -<br />

indipendentemente da alcuna considerazione circa gli impatti positivi e negativi di queste attività- è<br />

stata percepita dalle comunità locali come una forma di esproprio tale da rinnovare le forme arroganti<br />

del passato. Questa percezione è stata rafforzata dalla constatazione che, almeno in una fase storica<br />

che si spera almeno in parte conclusa, il “Sistema delle aree protette” è stato gestito con criteri che<br />

spesso hanno avuto poco a che fare con preoccupazioni di ordine naturalistico relative all’effettivo<br />

mantenimento degli equilibri ecologici e alla realizzazione di miglioramenti e recuperi ambientali. Gli<br />

Enti Parco sono stati troppo spesso caratterizzati come altri enti pubblici dalla logica clientelare della<br />

distribuzione di poltrone, incarichi professionali, posti dirigenziali e posti di lavoro con il risultato che<br />

buona parte delle risorse sono state assorbite dalle “spese correnti” o da interventi di immagine) o,<br />

tutt’al più, finalizzati all’accoglienza dei “visitatori” e all’aspetto educativo-turistico. E’ abbastanza<br />

comprensibile che l’accettabilità sociale da parte del mondo rurale dei vincoli posti alle attività agricole<br />

all’interno delle zone protette è stata condizionata negativamente da tutti gli aspetti ricordati:<br />

• la scarsa connessione tra i vincoli e la “zonizzazione” e le effettive esigenze naturalistiche e di<br />

orientamento dell’attività agricola in termini di compatibilità ambientale;<br />

• la riproposizione nell’ambito della gestione dei “Parchi” di deteriori prassi politico-amministrative<br />

particolarmente stridente con la conclamata missione ambientale;<br />

• l’assenza di incentivi, compensazioni, nuove opportunità a fronte delle limitazioni imposte<br />

(conservazione statica);<br />

• la percezione della finalizzazione delle attività di tutela a vantaggio di interessi estranei all’ambiente<br />

rurale.<br />

La percezione del Parco come “Parco divertimento” dei cittadini a spese della popolazione rurale è<br />

quanto di peggio le aree protette potessero produrre; per fortuna dopo la fase dell’ambientalismo<br />

fortemente urbanocentrico, illuminista e giacobino (forse anche per l’influsso di quanto in atto in altri<br />

paesi) ci si è resi conto da parti degli “enti gestori” che le testimonianze e le attività legate alla vita e alla<br />

cultura contadina rappresentano una risorsa preziosa e che per garantire nel tempo, la manutenzione, e<br />

qualità del territorio specie sotto il profilo paesaggistico risulta più efficace ed economico poter contare<br />

sulla capillare attività degli operatori agro<strong>zootecnici</strong> e <strong>pastorali</strong> e …. Dei loro animali.<br />

L’uomo non è più un “disturbo” in grado di “contaminare” l’ “oasi felice” del Parco e ci si è resi conto<br />

che le pratiche agricole tradizionali contribuiscono a mantenere e migliorare il paesaggio e la<br />

biodiversità …. dd ad attirare turisti e finanziamenti pubblici facendo (giustamenente) leva sulla<br />

crescente attenzione per le produzioni territoriali di qualità e di nicchia, selle varietà di piante e razze di<br />

animali “trascurate” o in via di estinzione.<br />

Dal conflitto alla collaborazione: la ricerca del consenso<br />

Alcuni marchi di qualità alimentare dei prodotti sono stati sviluppati per primi da alcuni (Parco del<br />

Ticino in Lombardia, Parco Paneveggio Pale di S.Martino in Trentino); sono poi seguite altre iniziative.<br />

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