Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

Che non si tratti solo di considerazioni estetiche o psicologiche dovrebbe apparire abbastanza evidente. Dietro l’apprezzamento per il lavoro agricolo, per la cura del paesaggio, ditero alla riprovazione per l’abbandono c’è una valutazione di ordine morale che rimanda alle radicate concezioni del mondo delle società agrarie. Sempre a proposito delle comunità carniche da lui investigate Heady osserva: “Da come la gente pratica lo sfalcio, risulta chiaramente che non è solo un modo per ottenere fieno ma anche un modo per imporre l’ordine. Un prato falciato viene descritto come net –‘pulito’- e vengono aspramente criticati quei vicini che non tagliano più l’erba e lasciano in questo modo la terra in uno stato di appariscente disordine. Lo sfalcio impedisce, inoltre, l’avanzata della boscaglia e degli alberi. Questa non era, probabilmente, una considerazione importante quando una buona scorta di fieno era economicamente essenziale per la maggior parte delle famiglie; ma attualmente è il motivo principale per tagliare l’erba. Una delle ragioni con cui si giustifica il desiderio di tenere i boschi lontani dall’abitato è che ciò consente allo spazio che lo circonda di restare ‘aperto’ alla luce. Un’altra è che , in questo modo, i serpenti –pericolo reale, se pur modesto – sono tenuti lontani dalle case. Sembra così sussistere un’alleanza de facto fra l’uomo e il sole contro la natura caotica.” La luce solare nella visione cosmica delle comunità agrarie (riflessa dalla cultura tuttora radicata nelle comunità alpine) esercita un controllo moralmente benefico sui fenomeni della crescita naturale che neutralizza e controbilancia i poteri caotici dell’oscurità. Il sole e la luna rappresenterebbero secondo Heady : “elementi chiave di un modello simbolico che attribuisce a tutti i processi biologici un ruolo sociale appropriato”. Anche la paura del serpente appare legata ad elementi simbolici, a poteri dannosi, distruttivi. Il mantenimento dello spazio agricolo tradizionale rimanda ad un ordine che non è solo estetico ma morale e simbolico e all’esigenza vitale di relazioni appropriate ed armoniche tra la comunità e ambiente naturale da una parte e all’interno della comunità dall’altro. Il timore del disordine esprime la paura per la disgregazione della comunità, paura che in passato era legata all’ equilibrio precario tra la popolazione e le proprie risorse naturali e oggi alla perdita di interessi comuni espressione del legame con il territorio e dall’esercizio di una solidarietà cooperativa. La perdita di valore delle risorse agrosilvopastorali, la riduzione delle loro stessa consistenza fisica coincidono con la perdita del patrimonio comune che per secoli ha unito la comunità nell’ autogestione responsabile di questo patrimonio. Tutto un universo di valori, di simboli, di fattori di identità e aggregazione viene cancellato da una “rinaturalizzazione” che toglie di mezzo Il senso di un paesaggio curato e ordinato oltre che legato a tutti questi aspetti è da ricercare anche in altri elementi legati alla sicurezza, all’igiene e alla salute delle comunità rurali. Basti pensare alla presenza di parassiti come le zecche il cui incremento è legato all’abbandono delle coltivazioni. Per il fruitore del paesaggio l’aspetto della qualità visuale non può essere disgiunto da una valutazione circa la fruibilità. Ancora una volta il giudizio “estetico” è condizionato da considerazioni “pratiche” più o meno legate a remote opportunità o pericoli. E’indubbio che il paesaggio “bello” è anche quello fruibile o con il semplice sguardo o con la percorrenza e ad un grado superiore con l’esplorazione. Tutte le barriere allo sguardo rappresentano altrettante limitazioni fattuali alla contemplazione del paesaggio e potenziali alla sua percorribilità ed esplorazione. Tornando al ruolo degli animali osserveremo che la loro influenza sulla produzione e sul mantenimento del paesaggio si esplica su due piani in analogia alle scale della biodiversità che abbiamo sopra analizzato : micropaesaggio e macropaesaggio. Dal punto di vista micropaesistico l’influenza del pascolamento si esplica attraverso il carico di pascolo, la gestione 232

delle deiezioni, la gestione della selettività alimentare. Laddove a causa di un carico di pascolo troppo basso gli animali non “tengono testa” alla produzione di biomassa erbacea l’utilizzazione del cotico si limita alle essenze più appetite e il rapporto tra essenze a basso portamento (favorite in una situazione di intenso pascolamento) e quelle ad alto portamento si modifica a favore di queste ultime. Le essenze poco appetite avranno possibilità di completare il ciclo di maturazione e in mezzo al pascolo risulteranno ben evidenti. Il cotico risulterà di altezza disomogenea con cespi ingialliti emergenti dal cotico più basso e verdeggiante per il ricaccio delle essenze utilizzate. Tra le essenze che contribuiscono a questo fenomeno figura la Deshampsia caespitosa che forma dei cuscinetti semisferici che contribuiscono all’irregolarità del cotico (oltre al sentieramento che si produce negli avvallamenti tra i cespi e che favorisce l’erosione). Il sottopascolamento favorisce anche essenze a scarsissima appetibilità (tranne che negli stadi fenologici precoci) quali il Nardus stricta. L’effetto “estetico” della diffusione di questa essenza è legato sia al colore poco brillante (grigiastro) delle pagine fogliari filiformi (tranne che negli stadi fenologici precoci) che alla persistenza sul pascolo dei culmi spigati dell’anno precedente caratterizzati da aspetto paglioso. Altro aspetto negativo della diffusione del Nardus stricta è rappresentato dalla sua tendenza a occupare in forma quasi esclusiva il terreno con indici di copertura molto elevati che limitano moltissimo il numero di essenze e quindi la biodiversità ma anche la ricchezza cromatica legata alla fioritura delle essenze di diverse famiglie botaniche (unica nota cromatica che vivacizza il grigiore del nardetum è data dalla fioritura dei Leontodon ssp.). In generale i pascoli meno utilizzati vedono una regressione del numero di leguminose. Questo aspetto oltre a ridurre il valore nutritivo del pascolo ne riduce anche il valore estetico in quanto le leguminose sono caratterizzate da un colore verde più brillante che contribuisce in modo significativo al valore cromatico del cotico. Tutti questi effetti negativi sono legati ad un carico inadeguato o ad una gestione irrazionale del pascolamento che consente agli animali di distribuito in maniera disomogenea il carico effettivo di pascolo sulla superficie complessiva e si producono anche nell’arco di una sola stagione di pascolamento. Si deve rilevare anche, però, che una gestione troppo uniforme e intensiva delle superfici pascolive può portare ad una omogeneizzazione dell’aspetto del cotico laddove si riduce la varietà cromatica legata alla differenza floristica, alla scalarità delle fioriture. Gli effetti del pascolamento sulla scala macropaesistica si esplicano, invece, in un arco pluriennale. L’applicazione di carichi di pascolo insufficienti stagione dopo stagione porta a quella successione vegetazionale che dalla prevalenza delle erbacee ad alto portamento (macroforbie) conduce alla diffusione degli arbusti e da questi all’affermazione del bosco (o della boscaglia). Il risultato è rappresentato dalla “chiusura” del paesaggio e dalla trasformazione di un paesaggio già caratterizzato dalla presenza di formazioni vegetali erbacee, arbustive ed arboree, in un paesaggio uniformemente boscato. Questa omogeneizzazione ha diverse conseguenze negative sulla qualità paesistica: innanzitutto la presenza del bosco rappresenta una “barriera” visiva e riduce la scala del paesaggio. In montagna spesso ciò significa perdita di punti di osservazione privilegiati con la conseguente impossibilità di ammirare cascate, vette ed altre emergenze paesistiche. La visuale dai percorsi in cresta o che tagliano i versanti verso valle è spesso preclusa dalla presenza di una vegetazione arborea ed arbustiva sviluppatasi in seguito all’abbandono dell’attività agropastorale cui era funzionale il reticolo di una microviabilità spesso funzionale al trasporto dei foraggi ottenuti dai prati-pascoli attraversati dai sentieri e dalle mulattiere. Più semplicemente molte abitazioni collocate sul versante non sono più in grado di fruire la panoramica delle valli sottostanti a causa della crescita a ridotta distanza dalle abitazioni di vegetazione ad alto fusto. 233

Che non si tratti solo di considerazioni estetiche o psicologiche dovrebbe apparire abbastanza evidente.<br />

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Sempre a proposito delle comunità carniche da lui investigate Heady osserva:<br />

“Da come la gente pratica lo sfalcio, risulta chiaramente che non è solo un modo per ottenere fieno ma<br />

anche un modo per imporre l’ordine. Un prato falciato viene descritto come net –‘pulito’- e vengono<br />

aspramente criticati quei vicini che non tagliano più l’erba e lasciano in questo modo la terra in uno<br />

stato di appariscente disordine. Lo sfalcio impedisce, inoltre, l’avanzata della boscaglia e degli alberi.<br />

Questa non era, probabilmente, una considerazione importante quando una buona scorta di fieno era<br />

economicamente essenziale per la maggior parte delle famiglie; ma attualmente è il motivo principale<br />

per tagliare l’erba. Una delle ragioni con cui si giustifica il desiderio di tenere i boschi lontani dall’abitato<br />

è che ciò consente allo spazio che lo circonda di restare ‘aperto’ alla luce. Un’altra è che , in questo<br />

modo, i serpenti –pericolo reale, se pur modesto – sono tenuti lontani dalle case. Sembra così sussistere<br />

un’alleanza de facto fra l’uomo e il sole contro la natura caotica.”<br />

La luce solare nella visione cosmica delle comunità agrarie (riflessa dalla cultura tuttora radicata nelle<br />

comunità alpine) esercita un controllo moralmente benefico sui fenomeni della crescita naturale che<br />

neutralizza e controbilancia i poteri caotici dell’oscurità. Il sole e la luna rappresenterebbero secondo<br />

Heady : “elementi chiave di un modello simbolico che attribuisce a tutti i processi biologici un ruolo<br />

sociale appropriato”. Anche la paura del serpente appare legata ad elementi simbolici, a poteri dannosi,<br />

distruttivi.<br />

Il mantenimento dello spazio agricolo tradizionale rimanda ad un ordine che non è solo estetico ma<br />

morale e simbolico e all’esigenza vitale di relazioni appropriate ed armoniche tra la comunità e ambiente<br />

naturale da una parte e all’interno della comunità dall’altro. Il timore del disordine esprime la paura per<br />

la disgregazione della comunità, paura che in passato era legata all’ equilibrio precario tra la popolazione<br />

e le proprie risorse naturali e oggi alla perdita di interessi comuni espressione del legame con il territorio<br />

e dall’esercizio di una solidarietà cooperativa. La perdita di valore delle risorse agrosilvo<strong>pastorali</strong>, la<br />

riduzione delle loro stessa consistenza fisica coincidono con la perdita del patrimonio comune che per<br />

secoli ha unito la comunità nell’ autogestione responsabile di questo patrimonio. Tutto un universo di<br />

valori, di simboli, di fattori di identità e aggregazione viene cancellato da una “rinaturalizzazione” che<br />

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Il senso di un paesaggio curato e ordinato oltre che legato a tutti questi aspetti è da ricercare anche in<br />

altri elementi legati alla sicurezza, all’igiene e alla salute delle comunità rurali. Basti pensare alla presenza<br />

di parassiti come le zecche il cui incremento è legato all’abbandono delle coltivazioni.<br />

Per il fruitore del paesaggio l’aspetto della qualità visuale non può essere disgiunto da una<br />

valutazione circa la fruibilità. Ancora una volta il giudizio “estetico” è condizionato da<br />

considerazioni “pratiche” più o meno legate a remote opportunità o pericoli. E’indubbio che il<br />

paesaggio “bello” è anche quello fruibile o con il semplice sguardo o con la percorrenza e ad un<br />

grado superiore con l’esplorazione. Tutte le barriere allo sguardo rappresentano altrettante<br />

limitazioni fattuali alla contemplazione del paesaggio e potenziali alla sua percorribilità ed<br />

esplorazione. Tornando al ruolo degli animali osserveremo che la loro influenza sulla<br />

produzione e sul mantenimento del paesaggio si esplica su due piani in analogia alle scale della<br />

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