Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

L’aspetto principale del “sottosviluppo” legato alla “modernizzazione” è proprio nel carattere dell’imposizione dall’esterno di un modello di razionalità che non ha presupposti e riscontro negli interessi economici, sociali, culturali della comunità rurale. Tale modello che si presenta come indiscusso e “superiore” viene assunto in modo subalterno dagli stessi operatori agricoli con il rischio che finiscano per scambiare la loro identità e i loro interessi con quello che è stato invece il frutto di una “catechizzazione” per nulla disinteressata e innocente. Attrattività dell’attività zootecnica per donne e giovani: l’economicismo non è tutto Ragionare in termini strutturali (dimensioni economiche, reddito comparabile, unità minima colturale ecc.) è importante ma la sopravvivenza dell’agricoltura specie in zone di montagna e comunque “difficili” è legata anche ad altri aspetti di natura culturale e psicosociale. In passato un allevatore con una mandria numerosa non aveva difficoltà a trovare moglie. La continuità aziendale non era messa a rischio dalla possibilità che un giovane abbandonasse l’attività agricola con la prospettiva di disporre di un reddito inferiore a quello garantito in azienda. Le esigenze di socializzazione, di garantirsi un certo prestigio nell’ambito della comunità, di riconoscimenti non solo economici da parte dei vicini e della “società” oggi pesano sulle scelte delle donne e dei giovani spesso più che le considerazioni economiche. Quindi se è vero che gli investimenti e i miglioramenti materiali e una certa dimensione economica sono ancora importanti è anche vero che possono non risultare determinanti: In alcuni casi la specializzazione, l’industrializzazione, l’intensificazione produttiva spingono l’azienda verso una forma di isolamento dal contesto sociale laddove l’azienda meno “imprenditoriale” può mantenere più contatti con l’ambiente locale e con i turisti. Anche quando l’attività agrituristica e agrididattica sono affiancate alle attività agricole convenzionali quali nuovi “reparti” dell’azienda sorgono una serie di conflitti tra le esigenze delle due componenti e in definitiva quello che viene presentato ai turisti e agli utenti è una “facciata” poco coerente con l’identità produttivistica dell’azienda. Se nuovi elementi di prestigio e di riconoscimento sociale vengono dal rispetto dell’ambiente, delle tradizioni agricole e di trasformazione, da un blasone di qualità riconosciuto all’azienda è evidente che la disaffezione dell’elemento femminile e giovanile può trovare rimedio in una riconsiderazione dei modelli aziendali dove l’elemento redditività sia bilanciato da altri aspetti. Il ritorno dell’importanza simbolica dell’attività agricola Coinvolgere in un progetto di sviluppo locale le forze locali significa far tornare l’attività agricola e quelle ad essa integrate al centro dell’interesse delle piccole comunità rurali. Mantenere l’identità del paesaggio e un grado minimo di fruibilità del territorio è una delle primarie funzioni sociali dell’agricoltura. In questo essa assolve ad un ruolo materiale ed anche ad un ruolo simbolico mantenendo un equilibrio e uno scambio regolato tra uomo e natura. “Nel vecchio modello simbolico la gente univa le proprie energie per strappare alla terra quel poco di cui vivere e per sorvegliare le forze caotiche della natura. Alla luce di questo modello il passaggio all’economia moderna è stato un evidente fallimento. I boschi avanzano, molti prati non sono più falciati e vi sono anche indizi di un possibile ritorno degli orsi.” Esisteva l’orgoglio dell’autosufficienza e dell’indipendenza, della capacità di strappare alla terra le risorse necessarie sorvegliando le forze caotiche della natura, della capacità di solidarietà e cooperazione contro le tendenze disgregatrici dell’invidia e dell’individualismo. A prezzo di grandi sacrifici la comunità rurale alpina aveva sviluppato con successo un modello di equilibrio con le proprie risorse. Oggi quest’orgoglio non c’è più l’inserimento nel mondo moderno è su una base di inferiorità e subalternità (chi siamo noi? Una periferia metropolitana? 58 ), il senso della comunità è indebolito dalla cultura dell’affermazione individuale e dalla ricerca del massimo profitto economico. La comunità definita in precedenza sulla base di rapporti di solidarietà e di cooperazione finalizzati all’esercizio delle attività 58 Fausto Gusmeroli L’urlo di pietra 224

produttive tradizionali agro-silvo-pastorali e da un forte legame con il territorio, patrimonio comune e base del sostentamento materiale, ha lasciato il passo ad una comunità residenziale dai legami molto allentati. In molti casi la popolazione presente permanentemente rappresenta solo una parte (a volte minoritaria); gli altri membri rientrano al paese solo nel periodo estivo e in occasione di alcune festività. Dove la viabilità d’accesso scoraggia i trasferimenti giornalieri dal luogo di lavoro al paese e dove non è attivo il servizio scuola-bus la popolazione presente è spesso limitata alla componente anziana che trae il proprio reddito dalle pensioni e svolge attività agricole part-time o anche solo per autoconsumo e passatempo. Anche nei paesi dove sono presenti servizi sociali e centri di vita associata (bar, parrocchia, associazioni) il centro dell’interesse individuale della maggior parte degli abitanti è al di fuori del paese (lavoro, scuola, divertimenti, relazioni sociali). Dove sopravvive un’attività agricola professionale questa ha completamente modificato i propri connotati. Da dimensione collettiva caratterizzata da significato produttivo e simbolico, l’attività agricola produttiva si è trasformata in attività economica esercitata da una categoria professionale e rivolta al massimo profitto economico d’impresa. La logica imprenditoriale ha comportato una drastica riduzione del numero degli addetti sulla base della spinta alla meccanizzazione e del raggiungimento di un “reddito comparabile” anche se, come abbiamo visto, la “fuga dall’agricoltura”, specie dell’elemento femminile, è stata molto più ampia e determinata da motivazioni sociologiche più che economiche. In conseguenza della rarefazione degli operatori agricoli e dell’orientamento produttivistico la funzione di cura e manutenzione del territorio assicurata dall’attività agro-zootecnica tradizionale è venuta in gran parte a mancare, gli animali sono sempre chiusi in stalle di cemento prefabbricate, i prati non sono più falciati e i fabbricati rurali disseminati sul territorio vanno in rovina: alle trasformazione sociale si è accompagnata quella fisica del territorio. I patrimoni collettivi: boschi e pascoli hanno perso di valore, le alpi sono spesso abbandonate, sottoutilizzate o caricate con bestiame proveniente da fuori, le latterie cooperative di paese, momento di aggregazione sociale oltre che economica sono state in gran parte chiuse. Queste trasformazioni sono avvertite dalla comunità come una perdita collettiva e, con più o meno ritardo rispetto alla cessazione della funzione pratica delle attività produttive tradizionali, si è cercato di recuperare la loro memoria come elemento di socialità e ritualità indirizzato al recupero di un senso di comunità che si era andato perdendo ma di cui si continua ad avvertire l’importanza e la necessità. “Buona parte dell’attività rituale, organizzata ed informale, serve a puntellare il senso di solidarietà –o quanto meno di socievolezza- e ad ovviare a questa perdita di orgoglio. Si tratta per lo più di celebrazioni dei vecchi tempi quando era ancora possibile trarre motivi d’orgoglio e di solidarietà dalle attività produttive quotidiane. Un’esempio è la ritualizzazione delle cucina tradizionale. Polenta e frico era un piatto comune. Ora è considerato una celebrazione della tradizione carnica e viene servito in occasioni speciali. In molte case l’aspo e altri strumenti di lavoro tradizionali vengono utilizzati come decorazioni cui è demandato il compito di rievocare il passato. Le autorità comunali promuovono mostre fotografiche sull’emigrazione e su altri aspetti del modo di vivere di un tempo. La gente si deliziava a parlarmi degli arnesi tradizionali, come ad esempio degli zoccoli chiodati usati una volta dai boscaioli” Le attività agricole hanno rappresentato il fulcro della comunità rurale tradizionele dal momento che la prosperità e la sopravvivenza della gente era strettamente legata ad esse e che la coesione comunitaria era alimentata e motivata dalla necessità di cooperare per lo sfruttamento delle risorse negli ambienti difficili come la montagna alpina. L’importanza della rivalutazione della cucina tradizionale contadina e il consumo collettivo di piatti tradizionali hanno in questo contesto un ruolo fondamentale; rappresentano un legame con il passato e con una vita “semplice” quando la comunità traeva dal proprio territorio il sostentamento e, dalle particolare tradizioni locali di ottenimento delle materie prime e di preparazione alimentare, un motivo di orgoglio e di identità. Le specialità di paese costituivano, insieme a forme di differenziazione linguistica e di costumi un elemento di identificazione nei confronti delle altre comunità tanto è vero che i soprannomi (più o meno canzonatori) con i quali gli abitanti di un villaggio (o di una regione) venivano chiamati da quelli vicini 225

produttive tradizionali agro-silvo-<strong>pastorali</strong> e da un forte legame con il territorio, patrimonio comune e<br />

base del sostentamento materiale, ha lasciato il passo ad una comunità residenziale dai legami molto<br />

allentati. In molti casi la popolazione presente permanentemente rappresenta solo una parte (a volte<br />

minoritaria); gli altri membri rientrano al paese solo nel periodo estivo e in occasione di alcune festività.<br />

Dove la viabilità d’accesso scoraggia i trasferimenti giornalieri dal luogo di lavoro al paese e dove non è<br />

attivo il servizio scuola-bus la popolazione presente è spesso limitata alla componente anziana che trae<br />

il proprio reddito dalle pensioni e svolge attività agricole part-time o anche solo per autoconsumo e<br />

passatempo. Anche nei paesi dove sono presenti servizi sociali e centri di vita associata (bar, parrocchia,<br />

associazioni) il centro dell’interesse individuale della maggior parte degli abitanti è al di fuori del paese<br />

(lavoro, scuola, divertimenti, relazioni sociali). Dove sopravvive un’attività agricola professionale questa<br />

ha completamente modificato i propri connotati. Da dimensione collettiva caratterizzata da significato<br />

produttivo e simbolico, l’attività agricola produttiva si è trasformata in attività economica esercitata da<br />

una categoria professionale e rivolta al massimo profitto economico d’impresa. La logica<br />

imprenditoriale ha comportato una drastica riduzione del numero degli addetti sulla base della spinta<br />

alla meccanizzazione e del raggiungimento di un “reddito comparabile” anche se, come abbiamo visto,<br />

la “fuga dall’agricoltura”, specie dell’elemento femminile, è stata molto più ampia e determinata da<br />

motivazioni sociologiche più che economiche. In conseguenza della rarefazione degli operatori agricoli<br />

e dell’orientamento produttivistico la funzione di cura e manutenzione del territorio assicurata<br />

dall’attività agro-zootecnica tradizionale è venuta in gran parte a mancare, gli animali sono sempre<br />

chiusi in stalle di cemento prefabbricate, i prati non sono più falciati e i fabbricati rurali disseminati sul<br />

territorio vanno in rovina: alle trasformazione sociale si è accompagnata quella fisica del territorio. I<br />

patrimoni collettivi: boschi e pascoli hanno perso di valore, le alpi sono spesso abbandonate,<br />

sottoutilizzate o caricate con bestiame proveniente da fuori, le latterie cooperative di paese, momento di<br />

aggregazione sociale oltre che economica sono state in gran parte chiuse.<br />

Queste trasformazioni sono avvertite dalla comunità come una perdita collettiva e, con più o meno<br />

ritardo rispetto alla cessazione della funzione pratica delle attività produttive tradizionali, si è cercato di<br />

recuperare la loro memoria come elemento di socialità e ritualità indirizzato al recupero di un senso di<br />

comunità che si era andato perdendo ma di cui si continua ad avvertire l’importanza e la necessità.<br />

“Buona parte dell’attività rituale, organizzata ed informale, serve a puntellare il senso di solidarietà –o<br />

quanto meno di socievolezza- e ad ovviare a questa perdita di orgoglio. Si tratta per lo più di<br />

celebrazioni dei vecchi tempi quando era ancora possibile trarre motivi d’orgoglio e di solidarietà dalle<br />

attività produttive quotidiane. Un’esempio è la ritualizzazione delle cucina tradizionale. Polenta e frico era<br />

un piatto comune. Ora è considerato una celebrazione della tradizione carnica e viene servito in<br />

occasioni speciali. In molte case l’aspo e altri strumenti di lavoro tradizionali vengono utilizzati come<br />

decorazioni cui è demandato il compito di rievocare il passato. Le autorità comunali promuovono<br />

mostre fotografiche sull’emigrazione e su altri aspetti del modo di vivere di un tempo. La gente si<br />

deliziava a parlarmi degli arnesi tradizionali, come ad esempio degli zoccoli chiodati usati una volta dai<br />

boscaioli”<br />

Le attività agricole hanno rappresentato il fulcro della comunità rurale tradizionele dal momento che la<br />

prosperità e la sopravvivenza della gente era strettamente legata ad esse e che la coesione comunitaria<br />

era alimentata e motivata dalla necessità di cooperare per lo sfruttamento delle risorse negli ambienti<br />

difficili come la montagna alpina. L’importanza della rivalutazione della cucina tradizionale contadina e<br />

il consumo collettivo di piatti tradizionali hanno in questo contesto un ruolo fondamentale;<br />

rappresentano un legame con il passato e con una vita “semplice” quando la comunità traeva dal<br />

proprio territorio il sostentamento e, dalle particolare tradizioni locali di ottenimento delle materie<br />

prime e di preparazione alimentare, un motivo di orgoglio e di identità. Le specialità di paese<br />

costituivano, insieme a forme di differenziazione linguistica e di costumi un elemento di<br />

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