Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini
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“Mentre un tempo la prosperità e la fertilità agricola coincidevano, oggi molti le considerano alternative.<br />
Alcuni anziani esprimevano questo concetto dicendo che in passato le giovani volevano un marito con<br />
molte mucche, mentre ora un tale partito sarebbe davvero indesiderabile” 54<br />
L’attenzione agli aspetti sociologici (soprattutto per quanta riguarda lo status e il ruolo) è indispensabile<br />
per comprendere perché mentre la prospettiva di essere “i giardinieri dell’ambiente” viene rifiutata<br />
sdegnosamente viene, invece, considerato degno di stima “tenere puliti i prati e i boschi” quando queste<br />
attività vengono esercitate (normalmente da pensionati) senza alcun ritorno economico.<br />
Il ragionamento va esteso al ruolo dei sussidi. L’operatore agricolo non considera “disonorevole”<br />
beneficiare di sussidi alla produzione o, comunque, al mantenimento di un potenziale produttivo<br />
(terreni coltivati, animali). Questo viene considerato una doverosa “compensazione” per la maggiore<br />
difficoltà a produrre in condizioni svantaggiate. Negli ultimi anni si è diffusa la consapevolezza che il<br />
grado di sostegno all’agricoltura di montagna e delle altre aree svantaggiate rappresenta un compenso<br />
per quelle esternalità che, indirettamente, l’attività agricola produce a favore dell’ambiente e del<br />
territorio e quindi, impersonalmente, alla società in generale. Rimane, implicito che è il ruolo produttivo<br />
è quello che conferisce identità e status all’imprenditore agricolo. Tale ruolo produttivo 55 è<br />
caratterizzato da alcuni elementi che segnano l’emancipazione dalla condizione “tradizionale” e l’entrata<br />
nella modernità vissuta come il superamento di una condizione di inferiorità sociale e culturale.<br />
Produrre per il mercato, applicare la tecnologia alla produzione agricola, applicare quanto più possibile<br />
valutazioni quantitative al posto di quelle qualitative, sostituire le macchine al lavoro dell’uomo, affidarsi<br />
all’innovazione e a criteri “razionali” (quante volte si usano ancor oggi espressioni “stalla razionale”,<br />
“metodi di allevamento razionali”!), rappresentano gli elementi di un nuovo “orgoglio”, di un senso di<br />
integrazione sociale nel mondo moderno. Parallelamente alle modificazioni delle tecniche e delle<br />
strutture produttive si è evoluta una mentalità “moderna” che considera estranee all’impresa le<br />
considerazioni e i valori di ordine estetico, simbolico, etico, morale e, unico criterio valido dell’agire<br />
economico e dell’organizzazione della produzione, il perseguimento del massimo profitto economico.<br />
Al rispetto dei valori “socialmente condivisi” sono deputate le normative. L’operatore agricolo si sente<br />
almeno in parte sminuito quando “ammette” che, alla luce di un bilancio formale d’impresa, la<br />
redditività del suo lavoro e dei capitali investiti è del tutto insoddisfaciente e che la propria scelta di<br />
continuità dell’ attvità agricolo è motivata da considerazioni extra-economiche. Egli percepisce che il<br />
modello della razionalità d’impresa ben difficilmente può essere applicato nel contesto in cui opera ma<br />
valuta tutto ciò come impossibilità di sfuggire ad una condizione di inferiorità. Più difficilmente si<br />
rende conto, però, che questo modello di razionalità interna all’azienda appare sempre più in conflitto<br />
con considerazioni di ordine ecologico e sociale. Ancor più difficilmente si rende conto che il carattere<br />
che la “modernizzazione” del mondo rurale e della produzione agricola presenta larghi margini di<br />
ambiguità. Giova a questo proposito utilizzare le parole di uno storico autorevole: Eric R. Wolf 56<br />
“La teoria della modernizzazione ambiva a rappresentare un tipo di sviluppo che si muove che si<br />
muove lungo una traiettoria unidirezionale, da un mondo ‘tradizionale’ verso una modernità razionale e<br />
innovativa. Tuttavia, quando sia il concetto di ‘tradizione’ che quello do ‘modernità’ vennero riesaminati<br />
alla luce dell’analisi delle componenti tanto mutevoli dell’economia e della politica, e con gli esiti più<br />
diversi a seconda delle classi sociali e delle regioni considerate, la ‘tradizione’ cominciò a essere vista<br />
come un qualcosa sempre meno tradizionale e sempre più compatibile con il cambiamento; mentre la<br />
‘modernizzazione’ dal proprio canto, cominciò ad essere vista come un processo sempre più soggetto a<br />
fallimenti e inversioni di sviluppo rispetto a quanto i modelli lineari di progresso avessero potuto far<br />
prevedere.”<br />
54 P. Heady op. cit. p. 183<br />
55 la cui differenziazione dalle figure tradizionali dell’agricoltura di sussistenza o da quelle “moderne” dell’agricoltore<br />
part-time, pensionato, amatoriale è sanzionata in termini giuridici attraverso il riconoscimento dalla figura dell’<br />
“imprenditore agricolo a titolo principale”,<br />
56 p. in: Prefazione a “Un mondo negoziato” Harriet. G. Rosenberg op. cit. p. xxiii<br />
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