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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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essere chiarite, ma non basta ancora; è necessario chiarire come si collocano gli interessi degli attori in<br />

gioco: degli operatori agricoli, la comunità locale, gli interessi esterni. Anche se non è facile ammetterlo<br />

le pretese soluzioni “tecniche” del passato riflettevano gli interessi economici, il desiderio di<br />

rafformanento del ruolo e dello status degli accademici, professionisti, tecnici, burocrati, funzionari che<br />

le promuovevano e il tipo di relazioni che questi intrattenevano con gli altri attori sociali e soggetti<br />

economici. Quanto più il tecnico, il professionista, il funzionario, il burocrate si sente parte di un “ceto<br />

professionale, intellettuale, burocratico” partecipe della cultura della classe media urbana , quanto meno<br />

partecipa empaticamente alla dimensione socioculturale dell’ambiente rurale, tanto più gli orientamenti<br />

“tecnici” promuoveranno interessi esterni e contrari al mondo rurale (organizzazioni burocratiche,<br />

strutture tecno-burocratiche, industria, operatori commerciali). Nelle società, come quella italiana,<br />

fortemente improntate da una cultura nazionale urbanocentrica tutto ciò ha pesato in modo particolare<br />

e non desta meraviglia il fatto che anche per la componente tecno-burocratica espressione di<br />

organizzazioni “agricole” vale la considerazione circa il ruolo da essa giocato di promozione –sotto la<br />

specie della “modernizzazione dell’agricoltura” di interessi spesso contrari alla società rurale.<br />

Da questo punto di vista spingere (ieri) l’industrializzazione dell’agricoltura come (oggi) la sua<br />

“presepizzazione” (trasformazione funzionale al mantenimento del “folklore” e del “paesaggio” in<br />

funzione di interessi turistici esterni alla società rurale) ha la medesima valenza sociale anche se,<br />

apparentemente, si cerca di presentare l’operazione come un ribaltamento.<br />

Promuovere l’integrazione tra agricoltura e turismo può pertanto sortire esiti opposti: l’ulteriore<br />

disgregazione e perdita di autonomia e di identità della società rurale o, al contrario, l’inversione del<br />

declino. I casi di <strong>Corti</strong>na d’Ampezzo e di Abriés sono estremamente sintomatici: in entrambi i casi si<br />

tatta di stazioni sciistiche (anche se una prestigiosa e l’altra di “serie B”) dove ci si è posti il problema<br />

dell’utilizzo di greggi ovine per il mantenimento del paesaggio e delle piste da sci. Ad Abriés, che<br />

rappresenta una comunità “povera” dove lo sviluppo turistico è avvenuto di recente, sotto l’impulso di<br />

politiche pubbliche e di iniziative imprenditoriali esogene in un contesto istituzionale di lunga tradizione<br />

di centralismo politico e amministrativo e di un forte apparato tecno-burocratico, l’utilizzo del “pascolo<br />

di servizio” (esercitato con l’impiego di greggi transumanti provenienti da fuori) ha determinato<br />

l’ulteriore marginalizzazione dell’attività zootecnica locale.<br />

A <strong>Corti</strong>na d’Ampezzo dove sussistono le istituzioni comunitarie per la gestione del patrimonio agrosilvo-pastorale<br />

(le “Regole”) e una lunga tradizione di autonomia (<strong>Corti</strong>na è entrata a far parte dello<br />

stato italiano centralizzato solo nel 1918), dove l’attività turistica è gestita da operatori locali che<br />

rimangono tutt’ora proprietari di prati in proprietà privata e partecipi del patrimonio pascolivo e<br />

forestale regoliero l’interesse turistico e quello della proprietà agro-silvo-pastorale coincidono. Qui la<br />

soluzione adottata per la gestione del “pascolo di servizio” e l’utilizzazione dei prati è consistita nella<br />

creazione di una cooperativa per l’allevamento ovino che ha inventivato l’avvio di ulteriori iniziative<br />

private nel campo zootecnico.<br />

Questi esempi indicano come la possibilità di successo e la valenza socioeconomica di soluzioni<br />

tecniche apparentemente identiche dipendano da circostanze di ordine sociale, culturale e istituzionale.<br />

Queste considerazioni potevano forse essere considerate non cruciali quando l’applicazione di nuovi<br />

sistemi agro<strong>zootecnici</strong> assumeva una valenza prevalentemente produttiva. L’analisi della situazione di<br />

sfondo si riteneva potesse essere limitata alle strutture fondiarie, alle forme di proprietà e di<br />

conduzione, alla disponibilità di manodopera e altre risorse immediatamente produttive, ai mercati e, in<br />

genere alle variabili di ordine socioeconomico, potevano essere semmai presi in considerazioni<br />

particolari istituti o tradizioni locali che si configuravano come un “ostacolo” o un “vincolo”<br />

all’introduzione delle nuove tecniche moderne. Sembrava meno importante l’analisi della struttura<br />

sociale locale, dei rapporti tra gli operatori agricoli e il resto della società locale, delle istituzioni e della<br />

cultura locale. In realtà anche in passato il circoscrivere l’approccio ai sistemi agricoli territoriali agli<br />

aspetti tecnico-produttivi e tecnico-economici ricondotti forzatamente a modelli aziendalistici non ha<br />

mancato di produrre conseguenze. Basta qui accennare al fatto che la modernizzazione delle strutture<br />

agricole troppo spesso e in troppe realtà non ha sortito sviluppo, non ha frenato la “fuga” dalle<br />

tradizionali attività agricole, non ha garantito il “ricambio generazionale”.<br />

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