Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

anch’egli insomma, un animale macchina che in analogia con la vacca-fabbrica del latte diventa una specie di macchinetta che deve espressioni di affettività, attività ludiche intense a comando, ricettore di moin, soprammobile, arma di difesa, status symbol. La zoofilia rivolta solo verso gli animali d’ “affezione” unita ad un comportamento indiffrente verso gli animali da “utilità” è indice di una relazione zooantropologica distorta molto diffusa che preclude una corretta relazione con il mondo animale (e quindi priva le persone degli stimoli positivi che da essa possono ricevere). Favorire il contatto con gli animali, la conoscenza delle loro caratteristiche, esigenze appare molto utile sia come complemento dei percorsi formativi di bambini ed adolescenti sia come elemento di educazione per gli aduslti. La fortissima attrazione “magnetica” dei bambini per gli animali (anche se solo nelle rappresentazioni di un libro) può essere incanalata verso attività pedagogiche con oggetto gli animali agricoli nella prospettiva di formare cittadini e consumatori più consapevoli del ruolo degli animali nell’ambito dei sistemi economici ed ecologici, di stimolare la crescita personale e le facoltà psicointellettive, ma anche arricchire e rendere più equilibrato il rapporto con gli stessi pet. Esempi di attività da organizzare con bambini • laboratorio di caseificazione • mungere le capre • dar da mangiare/allattare Attività assistite dagli animali (AAA) Si tratta di tutte quelle attività in cui gli animali hanno una funzione non direttamente terapeutica ma di sostegno psicologico (soggetti con difficoltà di socializzazione, trattamenti da tossicodipendenze). Con l’animale (accudito o anche solo frequentato assiduamente) si ristabilisce un rapporto di fiducia con un soggetto altro, si instaura un meccanismo di responsabilizzazione e di recupero di interesse per il mondo esterno, si stabilisce una facilitazione di relazioni interpersonali. Terapie assistite dagli animali (AAT) Consistono nell’utilizzo degli animali nel contesto di strutture specializzate (ma anche in aziende agricole previo controllo medico) per attività di sostegno di bambini e adolescenti con problemi (coordinamento motorio, equilibrio, difficoltà psichiche). Sono note l’ ippoterapia e l’onoterapia -da onos asino in greco). Sono proposte anche attività che coinvolgono anche altri animali (per esempio il contatto degli anziani con gli animali agricoli può contribuire a curare forme depressive rappresentando uno stimolo emozionale per coloro che in gioventù avevano avuto esperienza con essi). Agriturismo (aspetti normativi non aggiornati all’ultimo reg. regionale!!) L’integrazione tra l’attività zootecnica e quella turistica può realizzarsi secondo diverse modalità; la forma più diretta, che consente agli allevatori di “chiudere” la filiera zootecnico-ambientale direttamente in azienda, è rappresentata dall’erogazione di servizi turistici: ristorazione, alloggio, ma anche organizzazione di attività culturali, sportive e ricreative. La possibilità da parte dell’azienda agricola di fornire questi servizi è prevista dalla normativa sull’agriturismo (Legge , Legge Regionale, Regolamento). Gli obiettivi sociale ed ambientali che si è prefissi la legislazione agrituristica statale e regionale e la sucessiva politica di promozione della diffusione delle attività agrituristiche possono essere individuati nei seguenti: • integrazione del reddito agricolo • valorizzazione e recupero delle tradizioni del mondo rurale 212

• recupero del patrimonio di edilizia rurale • freno all’esodo agricolo e allo spopolamento delle aree rurali marginali • occasione per la coesione della famiglia rurale • sensibilizzazione dei turisti/cittadini ai problemi del mondo rurale e dell’ambiente • forma di turismo con impatto positivo sull’ambiente L’azienda agricola e i titolari dell’attività agrituristica (non necessariamente lo stesso dell’azienda agricola) per esercitare l’attività agrituristica devono essere in possesso di determinati requisiti e di apposite certificazioni e autorizzazioni rilasciate dagli uffici competenti (Ufficio provinciale agricoltura, A.S.L., Sindaco del Comune). L’attuale normativa è basata sul principio della complementarietà dell’attività turistica rispetto alle tradizionali attività agricole produttive. La finalità principale dell’agriturismo è infatti quella di favorire la multifunzionalità delle aziende agricole e di garantire fonti di reddito integrative indispensabili in modo particolare nelle aree svantaggiate dove non è possibile praticare forme industrializzate di zootecnia e di coltivazione, non quello di creare dei ristoranti e alberghi “di campagna” o di normare i “bed & breakfast” rurali. L’esercizio di queste forme di turismo “rurale” o “verde” è sinora normato solo da alcune Regioni ma nè la legislazione statale nè quella lombarda se ne sono ancora occupate. Il riconoscimento di questo settore e una chiara distinzione tra “agriturismo” e “turismo rurale” sono comunque auspicabili per più di un motivo. Il riconoscimento del “turismo rurale” è coerente con una strategia di “Sviluppo rurale integrato” che ha per oggetto il territorio e non la singola azienda agricola “professionale”. Se l’estensione di alcuni benefici fiscali e normativi a soggetti diversi dagli imprenditori agricoli non è giustificata nelle aree agricole e turistiche “forti” essa è più che ragionevole nei territori “deboli” di collina e di montagna afflitti dallo spopolamento, penalizzati da una difficile accessibilià e da svantaggi naturali e sociali. Dal punto di vista politico risulta difficile l’inclusione o l’esclusione di determinati territori entro le previsioni di una normativa sul “turismo rurale”. Criteri come quello dell’assenza di esercizi turistici commerciali nel comune o nella località, del numero di abitanti (già la Legge 97 sulla montagna riconosce ai centri con meno di 500 abitanti sgravi fiscali per gli esercizi commerciali e la possibilità di deroga rispetto alla normativa sui trasporti di persone), della distanza da centri di servizi appaiono però sufficientemente oggettivi per evitare facili speculazioni. Nei territori “deboli” la possibilità di offrire semplici servizi turistici anche da parte di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli a titolo principale darebbe la possibilità ad operatori “rurali” (part-time, proprietari di terreni) comunque impegnati in attività agricole e zootecniche utili ai fini della manutenzione del territorio di integrare i proventi dell’attività agrozootecnica ricavandone delle motivazioni (economiche ma non solo) per l’uscita da una condizione “sommersa” e di autoconsumo e stimolando una ripresa e una continuità delle attività tradizionali. Quanto detto in un precedente capitolo rispetto alla rottura del legame con il territorio delle aziende zootecniche “professionali” dovrebbe indurre ad una rivalutazione ed ad un riconoscimento maggiore degli operatori rurali “non professionali” che, spesso, contribuisconono di più delle aziende specializzate con allevamenti intensivi (identiche a quelle di pianura in quanto a tecniche produttive e management) alla manutenzione del territorio e del paesaggio, al mantenimento dela biodiversità, della cultura e delle tradizioni. Introdurre limitatamente a determinati ambiti territoriali il “turismo verde” a fianco dell’ “agriturismo” avrebbe il vantaggio di estendere l’offerta di servizi turistici in aree da valorizzare dal punto di vista di un turismo sostenibile con una ricaduta positiva sui limitati circuiti dell’economia locale (spesso ridotti alla riscossione delle pensioni, al pendolarismo, al frontalierato) rivitalizzando l’ambiente sociale e culturale e quindi anche le stesse attività agricole e zootecniche; ciò, inoltre, eviterebbe quelle distorsioni attualmente presenti che spingono alcuni soggetti interessati a svolgere attività turistiche in ambito rurale ad “inventarsi” letteralmente delle attività agricole dal nulla con effetto negativo sull’immagine che l’agriturismo gode presso i consumatori e presso gli operatori agricoli “tradizionali”. 213

• recupero del patrimonio di edilizia rurale<br />

• freno all’esodo agricolo e allo spopolamento delle aree rurali marginali<br />

• occasione per la coesione della famiglia rurale<br />

• sensibilizzazione dei turisti/cittadini ai problemi del mondo rurale e<br />

dell’ambiente<br />

• forma di turismo con impatto positivo sull’ambiente<br />

L’azienda agricola e i titolari dell’attività agrituristica (non necessariamente lo stesso dell’azienda<br />

agricola) per esercitare l’attività agrituristica devono essere in possesso di determinati requisiti e di<br />

apposite certificazioni e autorizzazioni rilasciate dagli uffici competenti (Ufficio provinciale agricoltura,<br />

A.S.L., Sindaco del Comune). L’attuale normativa è basata sul principio della complementarietà<br />

dell’attività turistica rispetto alle tradizionali attività agricole produttive. La finalità principale<br />

dell’agriturismo è infatti quella di favorire la multifunzionalità delle aziende agricole e di garantire fonti<br />

di reddito integrative indispensabili in modo particolare nelle aree svantaggiate dove non è possibile<br />

praticare forme industrializzate di zootecnia e di coltivazione, non quello di creare dei ristoranti e<br />

alberghi “di campagna” o di normare i “bed & breakfast” rurali. L’esercizio di queste forme di turismo<br />

“rurale” o “verde” è sinora normato solo da alcune Regioni ma nè la legislazione statale nè quella<br />

lombarda se ne sono ancora occupate. Il riconoscimento di questo settore e una chiara distinzione tra<br />

“agriturismo” e “turismo rurale” sono comunque auspicabili per più di un motivo. Il riconoscimento<br />

del “turismo rurale” è coerente con una strategia di “Sviluppo rurale integrato” che ha per oggetto il<br />

territorio e non la singola azienda agricola “professionale”. Se l’estensione di alcuni benefici fiscali e<br />

normativi a soggetti diversi dagli imprenditori agricoli non è giustificata nelle aree agricole e turistiche<br />

“forti” essa è più che ragionevole nei territori “deboli” di collina e di montagna afflitti dallo<br />

spopolamento, penalizzati da una difficile accessibilià e da svantaggi naturali e sociali. Dal punto di vista<br />

politico risulta difficile l’inclusione o l’esclusione di determinati territori entro le previsioni di una<br />

normativa sul “turismo rurale”. Criteri come quello dell’assenza di esercizi turistici commerciali nel<br />

comune o nella località, del numero di abitanti (già la Legge 97 sulla montagna riconosce ai centri con<br />

meno di 500 abitanti sgravi fiscali per gli esercizi commerciali e la possibilità di deroga rispetto alla<br />

normativa sui trasporti di persone), della distanza da centri di servizi appaiono però sufficientemente<br />

oggettivi per evitare facili speculazioni.<br />

Nei territori “deboli” la possibilità di offrire semplici servizi turistici anche da parte di soggetti diversi<br />

dagli imprenditori agricoli a titolo principale darebbe la possibilità ad operatori “rurali” (part-time,<br />

proprietari di terreni) comunque impegnati in attività agricole e zootecniche utili ai fini della<br />

manutenzione del territorio di integrare i proventi dell’attività agrozootecnica ricavandone delle<br />

motivazioni (economiche ma non solo) per l’uscita da una condizione “sommersa” e di autoconsumo e<br />

stimolando una ripresa e una continuità delle attività tradizionali. Quanto detto in un precedente<br />

capitolo rispetto alla rottura del legame con il territorio delle aziende zootecniche “professionali”<br />

dovrebbe indurre ad una rivalutazione ed ad un riconoscimento maggiore degli operatori rurali “non<br />

professionali” che, spesso, contribuisconono di più delle aziende specializzate con allevamenti intensivi<br />

(identiche a quelle di pianura in quanto a tecniche produttive e management) alla manutenzione del<br />

territorio e del paesaggio, al mantenimento dela biodiversità, della cultura e delle tradizioni. Introdurre<br />

limitatamente a determinati ambiti territoriali il “turismo verde” a fianco dell’ “agriturismo” avrebbe il<br />

vantaggio di estendere l’offerta di servizi turistici in aree da valorizzare dal punto di vista di un turismo<br />

sostenibile con una ricaduta positiva sui limitati circuiti dell’economia locale (spesso ridotti alla<br />

riscossione delle pensioni, al pendolarismo, al frontalierato) rivitalizzando l’ambiente sociale e culturale<br />

e quindi anche le stesse attività agricole e zootecniche; ciò, inoltre, eviterebbe quelle distorsioni<br />

attualmente presenti che spingono alcuni soggetti interessati a svolgere attività turistiche in ambito<br />

rurale ad “inventarsi” letteralmente delle attività agricole dal nulla con effetto negativo sull’immagine<br />

che l’agriturismo gode presso i consumatori e presso gli operatori agricoli “tradizionali”.<br />

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