Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini
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mare, montagna, affari, terme, città d’arte, pellegrinaggi si siano affiancati i turismi “emergenti”: congressuale, enogastronomico, rurale, esotico, d’avventura, naturalistico ecc. Tab. Evoluzione dei bisogni e della domanda turistica Società industriale Società post-industriale Bisogni turistici Secondari, individuali Primari, in parte collettivi Domanda turistica Elastica e stagionale Rigida e con stagionalità differenziata Fonte: Cesdit, Il Turismo nella società e nell’economia italiana, Milano, 1997 L’evoluzione del reddito più che determinare l’espansione o la contrazione del turismo nel suo complesso (come nella situazione della società industriale con una domanda turistica elastica) può determinare lo spostamento della domanda da un turismo all’altro. Lo stesso consumatore tende a differenziare i propri consumi turistico-ricreativi riducendo la durata dei soggiorni ma distribuendo il consumo nell’arco dell’anno. Nel complesso il comparto turistico ha perso il carattere stagionale e ha assunto maggiore professionalità ed imprenditorialità. Lo sviluppo della domanda turistica è influenzato anche da alcune considerazioni che riguardano lo scenario internazionale. • L’attuale sviluppo del turismo “esotico” è legato al bassissimo costo dei beni di produzione locale e dei servizi nei paesi in via di sviluppo e quindi è destinato nel tempo a veder ridotta la sua concorrenzialità rispetto all’offerta turistica interna; • L’allargamento ai paesi dell’Europa dell’Est dell’Unione europea e il miglioramento delle economie di questi paesi (oltre che di altri paesi extraeuropei) determinerà un aumento considerevole della domanda turistica nei paesi dell’Europa occidentale; • Prevedibile permanenza di tensioni e conflitti internazionali e minacce terroristiche. Festa in malga, Val di Sole Turismo rurale Le possibilità di integrazione tra agricoltura e turismo sono legate, oltre che alla ricerca di soluzioni che superino le conflittualità tra turismo “industriale” ed agricoltura locale anche e soprattutto allo sviluppo 204
di forme di turismo rurale. La ridotta scala del turismo rurale, la capillarità delle strutture di ospitalità e ricreative, la loro gestione da parte di operatori agricoli o di operatori locali con legami con il mondo agricolo fa si che questa forma di turismo sia in grado di minimizzare le conflittualità con l’attività agricola e di sviluppare il massimo di adattamento, integrazione e sinergia. Il turismo rurale (rural tourism), di cui l’agriturismo (farm tourism) rappresenta solo uno dei segmenti è uno dei comparti turistici in rapida crescita in tutto i paesi. Le ragioni di questa crescita sono da ricercare nella crisi (ecologica e sociale) dei modelli di vita metropolitani, nell’emergenza di nuovi bisogni, nell’ambito dei fenomeni culturali di reazione alla globalizzazione. Vale la pena richiamare alcuni aspetti sociologici che spiegano i caratteri di questa “domanda” al fine di comprendere meglio come debba svilupparsi l’offerta di prodotti turistici mirati e come l’agricoltura possa beneficiare di queste tendenze. Emarginata sul piano economico la sfera rurale si è presa e si sta prendendo non poche rivincite sul piano ideologico. Negli anni ’70 le “mode” rurali erano viste come una conseguenza di una travagliata transizione alla società industriale, una forma di “nostalgia” per rendere meno duro l’impatto con l’urbanizzazione, in Italia è risultato più brusco e lacerante. Negli anni ’90 il boom dell’agriturismo, del turismo rurale, dei prodotti agroalimentari del territorio, degli stili rurali (architettura, alimentazione) appare tutt’altro che effimero ed interessa generazioni per le quali la “nostalgia” non può essere sicuramente chiamata in causa non avendo avuto esperienza personale diretta (e spesso neppure indiretta) della vita rurale. L’interesse per la dimensione rurale segue anche il boom (anni ’80) di un ambientalismo molto astratto, slegato dalle dimensioni sociali e culturali, dalla realtà dei territori. Questo ambientalismo (di cui la “parchizzazione” –vedi altre- ha rappresentato una delle manifestazioni) rifletteva la reazione dell’ambiente urbano agli esiti di una radicale antropizzazione degli ambienti metropolitani nel senso di un preteso recupero di “naturalità”. L’esperienza più matura degli anni ’90 ha messo in evidenza come l’Europa sia ben diversa dalla foresta pluviale dal momento che buona parte degli ecosistemi recano un’impronta antropica di lunga data rendendo difficile distinguere il “naturale” dal “non naturale”. L’importanza nella vegetazione spontanea europea di piante introdotte dall’uomo o introdottesi da altri ambienti a seguito delle modificazioni dell’ambiente operate dall’uomo sin da tempi preneolitici dovrebbe rappresentare un argomento molto convincente a proposito. La considerazione che buona parte della biodiversità europea è legata all’esistenza di agroecosistemi tradizionali ha certamente riorientato in senso agri-ruralista molto del generico sentimento ambientalista diffusosi in precedenza. La ricomposizione del conflitto parchi-agricoltura e la consapevolezza che l’agricoltura sostenibile gioca un ruolo cruciale nella “riparazione” di ecosistemi compromessi sin all’interno delle “aree protette” ha favorito la convergenza di una larga parte del “turismo naturalistico” nell’alveo del “turismo rurale”. Nell’ambito di una attività agricola non intesa riduttivamente come produzione di materie prime agroalimentari, ma come complesso scambio e coproduzione tra uomo e natura ci sono le chiavi di uno sviluppo territoriale che salvaguardi l’”ambiente” producendo anche occasioni di lavoro, reddito, ricreazione, educazione, esperienze umane. Ciò spiega in parte il successo di un “turismo rurale” che pur comprendendo l’aspetto naturalistico offre certo più stimoli (e certamente si rivolge ad un segmento più vasto di potenziali consumatori) rispetto ad un turismo naturalistico di tipo “contemplativo”. Certamente ci sono anche altri motivi oltre ad un generale desiderio di contatto con la natura e comunque a forme di turismo più sostenibili che spiegano la crescente domanda di prodotti turistici legati a comparti “emergenti”. Alcuni sono rintracciabili allo stile di vita metropolitano. Oggi il consumatore urbano tende a vivere e consumare nello stesso modo in tutte le parti del mondo dove vi sia un elevato livello di reddito; di conseguenza si vive la condizione di un crescente anonimato e si avverte il condizionamento crescente sui modelli di consumo ma più in generale sullo stile di vita da parte delle grandi società transnazionali. Il desiderio ovvio di sottrarsi a questo anonimato e controllo spinge a recuperare i legami con il territorio e la sua cultura a cominciare dal recupero delle culture rurali e dalle abitudini di consumo. 205
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di forme di turismo rurale. La ridotta scala del turismo rurale, la capillarità delle strutture di ospitalità e<br />
ricreative, la loro gestione da parte di operatori agricoli o di operatori locali con legami con il mondo<br />
agricolo fa si che questa forma di turismo sia in grado di minimizzare le conflittualità con l’attività<br />
agricola e di sviluppare il massimo di adattamento, integrazione e sinergia.<br />
Il turismo rurale (rural tourism), di cui l’agriturismo (farm tourism) rappresenta solo uno dei segmenti è<br />
uno dei comparti turistici in rapida crescita in tutto i paesi. Le ragioni di questa crescita sono da<br />
ricercare nella crisi (ecologica e sociale) dei modelli di vita metropolitani, nell’emergenza di nuovi<br />
bisogni, nell’ambito dei fenomeni culturali di reazione alla globalizzazione. Vale la pena richiamare<br />
alcuni aspetti sociologici che spiegano i caratteri di questa “domanda” al fine di comprendere meglio<br />
come debba svilupparsi l’offerta di prodotti turistici mirati e come l’agricoltura possa beneficiare di<br />
queste tendenze.<br />
Emarginata sul piano economico la sfera rurale si è presa e si sta prendendo non poche rivincite sul<br />
piano ideologico. Negli anni ’70 le “mode” rurali erano viste come una conseguenza di una travagliata<br />
transizione alla società industriale, una forma di “nostalgia” per rendere meno duro l’impatto con<br />
l’urbanizzazione, in Italia è risultato più brusco e lacerante. Negli anni ’90 il boom dell’agriturismo, del<br />
turismo rurale, dei prodotti agroalimentari del territorio, degli stili rurali (architettura, alimentazione)<br />
appare tutt’altro che effimero ed interessa generazioni per le quali la “nostalgia” non può essere<br />
sicuramente chiamata in causa non avendo avuto esperienza personale diretta (e spesso neppure<br />
indiretta) della vita rurale. L’interesse per la dimensione rurale segue anche il boom (anni ’80) di un<br />
ambientalismo molto astratto, slegato dalle dimensioni sociali e culturali, dalla realtà dei territori.<br />
Questo ambientalismo (di cui la “parchizzazione” –vedi altre- ha rappresentato una delle<br />
manifestazioni) rifletteva la reazione dell’ambiente urbano agli esiti di una radicale antropizzazione degli<br />
ambienti metropolitani nel senso di un preteso recupero di “naturalità”. L’esperienza più matura degli<br />
anni ’90 ha messo in evidenza come l’Europa sia ben diversa dalla foresta pluviale dal momento che<br />
buona parte degli ecosistemi recano un’impronta antropica di lunga data rendendo difficile distinguere<br />
il “naturale” dal “non naturale”. L’importanza nella vegetazione spontanea europea di piante introdotte<br />
dall’uomo o introdottesi da altri ambienti a seguito delle modificazioni dell’ambiente operate dall’uomo<br />
sin da tempi preneolitici dovrebbe rappresentare un argomento molto convincente a proposito.<br />
La considerazione che buona parte della biodiversità europea è legata all’esistenza di agroecosistemi<br />
tradizionali ha certamente riorientato in senso agri-ruralista molto del generico sentimento ambientalista<br />
diffusosi in precedenza. La ricomposizione del conflitto parchi-agricoltura e la consapevolezza che<br />
l’agricoltura sostenibile gioca un ruolo cruciale nella “riparazione” di ecosistemi compromessi sin<br />
all’interno delle “aree protette” ha favorito la convergenza di una larga parte del “turismo naturalistico”<br />
nell’alveo del “turismo rurale”. Nell’ambito di una attività agricola non intesa riduttivamente come<br />
produzione di materie prime agroalimentari, ma come complesso scambio e coproduzione tra uomo e<br />
natura ci sono le chiavi di uno sviluppo territoriale che salvaguardi l’”ambiente” producendo anche<br />
occasioni di lavoro, reddito, ricreazione, educazione, esperienze umane. Ciò spiega in parte il successo<br />
di un “turismo rurale” che pur comprendendo l’aspetto naturalistico offre certo più stimoli (e<br />
certamente si rivolge ad un segmento più vasto di potenziali consumatori) rispetto ad un turismo<br />
naturalistico di tipo “contemplativo”.<br />
Certamente ci sono anche altri motivi oltre ad un generale desiderio di contatto con la natura e<br />
comunque a forme di turismo più sostenibili che spiegano la crescente domanda di prodotti turistici<br />
legati a comparti “emergenti”. Alcuni sono rintracciabili allo stile di vita metropolitano. Oggi il<br />
consumatore urbano tende a vivere e consumare nello stesso modo in tutte le parti del mondo dove vi<br />
sia un elevato livello di reddito; di conseguenza si vive la condizione di un crescente anonimato e si<br />
avverte il condizionamento crescente sui modelli di consumo ma più in generale sullo stile di vita da<br />
parte delle grandi società transnazionali. Il desiderio ovvio di sottrarsi a questo anonimato e controllo<br />
spinge a recuperare i legami con il territorio e la sua cultura a cominciare dal recupero delle culture<br />
rurali e dalle abitudini di consumo.<br />
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