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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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unita ad un grado di sviluppo socio-economico elevato fanno della nostra regione una di quelle che<br />

hanno più possibilità in Italia di attivare un nuovo ciclo turistico a differenza di altre aree “mature” e<br />

che rischiano di vedere una fase declinante del ciclo.<br />

Conflitto tra turismo e agricoltura<br />

La sottolineatura delle grandi possibilità di sinergia tra agricoltura e turismo non deve fare dimenticare i<br />

fattori di conflitto.<br />

Il conflitto tra agricoltura e turismo presenta esiti radicalmente diversi in funzione del modello di<br />

sviluppo territoriale e dei caratteri assunti dall’attività turistica. Un villaggio turistico isolato dal contesto<br />

territoriale che importa tutti i prodotti alimentari dal’esterno è diverso da un piccolo albergo inserito in<br />

un contesto rurale (dove gli stessi gestori mantengono legami con il mondo agricolo). Una stazione<br />

sciistica “artificiale” ad alta quota comporta impatti sull’attività zootecnica-pastorale ben diversi dal<br />

turismo estivo dei rifugi <strong>alpini</strong> e degli agriturismi attivi presso le alpi pascolive.<br />

Il turismo presenta una serie di impatti economici in quanto tende a competere in modo aggressivo per<br />

le risorse: le aree da destinare a edificazione o per strutture ricreative (basti pensare allo spazio<br />

necessario per i campi da golf), la manodopera, l’acqua. Se la stagione turistica corrisponde con il picco<br />

di fabbisogno di manodopera le aziende agricole si troveranno in difficoltà a reperire manodopera<br />

stagionale perché il lavoro negli hotel e nei ristoranti è normalmente più attraente.<br />

La sottrazione di aree agricole da parte del turismo (lottizzazioni, strutture sportive, centri commerciali)<br />

ha rappresentato un elemento di forte conflittualità in molte località turistiche delle alpi lombarde.<br />

Molti dei terreni migliori (adatti allo sfalcio meccanizzato del foraggio) sono stati “sprecati” da una<br />

pianificazione (!?) urbanistica che non ha tenuto conto né degli interessi strategici della zootecnia, né di<br />

quelli a lungo termine dello sviluppo territoriale. Lo scarso peso politico del mondo agricolo e il<br />

carattere estremamente rapido e disordinato della “transizione alla modernità” (che ha sgretolato le<br />

forme di coesione comunitaria tradizionale senza sostituirle con nuove in grado di contrastare<br />

l’individualismo e il corporativismo) hanno fatto passare in secondo piano gli interessi di lungo periodo<br />

del territorio e della comunità premiando interessi immediati e speculativi. Un minor impatto paesistico<br />

e agricolo si sarebbe ottenuto, se fosse prevalsa una logica di programmazione e uso oculato del<br />

territorio, contenendo l’edificato ai margini dei fondovalle e delle piane, ma purtroppo….<br />

Quanto ai modelli turistici possiamo distinguere tra modelli “industriali” e “dolci”. Il caso del turismo<br />

invernale, che interessa direttamente la zootecnia di montagna è sintomatico. La dimensione degli<br />

investimenti (grandi alberghi, impianti di risalita, infrastrutture) richiede l’attivazione di forze<br />

economiche esterne al territorio ben poco interessate a valorizzare le sinergie con le strutture locali. Il<br />

turismo invernale si concentra in poche località dove in aluni periodi si raggiunge una forte<br />

concentrazione di residenti temporanei e di autovetture che comporta impatti ambientali negativi;<br />

impatti negativi sono costituiti a livello paesistico dalla presenza stessa degli impianti di risalita (piloni,<br />

stazioni, tagli dei boschi). La concentrazione della domanda di prodotti e servizi in tempi e località ben<br />

delimitate rende difficile “sincronizzare” la produzione locale con le esigenze del consumo turistico e<br />

questa domanda finisce per essere in gran parte soddisfatta da beni (di origine industriale) importati<br />

dall’esterno. A differenza di forme di turismo “dolce” (turismo rurale, culturale, naturalistico) che non<br />

presuppongono la presenza di grandi strutture e infrastrutture turistiche e viabilistiche il turismo<br />

sciistico (come altre forme di turismo “concentrato”) contribuisce alla marginalizzazione delle valli/aree<br />

“interne”.<br />

Il conflitto agricoltura-turismo ha anche altri implicazioni più “sottili”. Il turismo di massa comporta lo<br />

stravolgimento degli stili di vita e dei valori dell’ambiente rurale contribuendo, anche al di là della<br />

concorrenza per le risorse, alla crisi delle forme di agricoltura tradizionale.<br />

E’ bene riconoscere, però, che il turismo comporta anche dei benefici. La presenza di servizi ed<br />

infrastrutture realizzate per i turisti (a cominciare dalla viabilità) avvantaggia anche i residenti e le<br />

aziende agricole. L’assorbimento di manodopera in attività turistiche (o nell’indotto turistico) nei<br />

periodi di minor impegno in agricoltura può contribuire al reddito famigliare e alla sostenibilità<br />

economica delle aziende.<br />

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