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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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indifferenziata proveniente da altri paesi, ma consente la vitalità economica di un tessuto di piccole e<br />

medie industrie di caseificazione e, sopratutto, dei caseifici sociali cooperativi. Nonostante il carattere<br />

industriale piuttosto che artigianale di larga parte della produzione “tipica” e le tensioni che percorrono<br />

le filiere (vedi la contrapposizione all’interno dei produttori del Grana Padano circa l’utilizzo del latte<br />

pastorizzato) le produzioni “tipiche” DOP rivestono una funzione economica chiave.<br />

Ciò vale sia nel settore della produzione lattiero casearia che in quella suinicolo salumiera dove il ruolo<br />

svolto dai grandi formaggi DOP (Grana padano, Parmigiano Reggiano, Gorgonzola ecc.) è svolto dai<br />

prosciutti crudi DOP (Parma e San Daniele). In generale le DOP rappresentano uno strumento<br />

prezioso (politica di marchio) dove la filiera è contraddistinta da una pluralità di unità produttive di<br />

trasformazione di dimensione non troppo difforme nessuna in grado di sviluppare una politica di<br />

innovazione di prodotto e di marca. E’ abbastanza evidente, invece, che in assenza dei presupposti per<br />

la penetrazione nel mercato regionale o comunque e in presenza di un numero molto ridotto di unità<br />

produttive gli oneri associati con il funzionamento degli organismi di tutela e di controllo non appaiono<br />

giustificati 48 .<br />

E’ pertanto opportuno chiarire a questo punto che il concetto di “prodotto tipico” appare<br />

prevalentemente legato a produzioni che rappresentano una quota significativa del mercato (vuoi<br />

nazionale o regionale) e che assumono un ruolo strategico rispetto alla valorizzazione della produzione<br />

del comparto agrozootecnico intensivo caratteristico del Sistema Agricolo Territoriale professionale<br />

caratteristico delle aree a maggior sviluppo agricolo della pianunura padana. Per le produzioni su piccola<br />

e piccolissima scala è opportuno individuare altre definizioni e, sopratutto, altri strumenti e strategie di<br />

valorizzazione. Come abbiamo visto sia in Lombardia come in altre regioni all’interno dell’elenco dei<br />

prodotti di origine animale Dop se ne trovano anche alcuni legati a territori molto limitati, legati a<br />

modalità di lavorazione artigianali. Questi prodotti rappresentano, però, solo una piccola parte di quelli<br />

presenti sul territorio ed espressione delle tradizioni locali del caseificio e del salumificio.<br />

Specialità Tradizionali Garantite (Prodotti agroalimentari tradizionali)<br />

La normativa europea recepita a livello statale (decreto legislativo 173/98) e regionale (DGR n.<br />

6/49424 del 7 aprile 2000) prevede un’ulteriore strumento di valorizzazione delle produzioni<br />

agroalimentari locali tradizionali che, pur ancora presenti sul territorio sono spesso prodotte in ridotte<br />

quantità, a volte in uno o pochi laboratori artigianali o anche solo per autoconsumo al di fuori di<br />

qualsiasi filiera per quanto “micro”. In termini quantitativi questi prodotti danno luogo a flussi<br />

commerciali modesti, ma risultano importanti per le valenze storiche e culturali rappresentando una<br />

risorsa territoriale potenzialmente importante. Nell’elenco dei prodotti lombardi figurano ben 71<br />

prodotti costituiti da carni e derivati e 71 derivati del latte. Si tratta, però, di un elenco molto<br />

eterogeneo che comprende prodotti artigianali sopravvissuti in piccole nicchie e prodotti industriali<br />

(vedi i “caprini di vacca”, l’ “italico”, il “fontal”), prodotti legati ad una specifica o estesi a tutta la<br />

regione (es. mortadella di fegato), prodotti relativamente famosi come il formaggio Branzi, il Bagoss, il<br />

Pannerone lodigiano, il salame d’oca della lomellina e prodotti sinora non attestati in nessuna<br />

pubblicazione.. A testimonianza di un lavoro ancora in buona parte incompleto si deve rilevare come<br />

non venga neppure citata la maschérpa, ricotta addizionata di latte di capra prodotta nella zona<br />

tradizionale di produzione del Bitto.<br />

L’importanza di questi elenchi è comunque indiscutibile. Da una parte l’ufficializzazione (sia pure al di<br />

fuori di forme di tutela) dei prodotti in questione rappresenta un presupposto importante per la loro<br />

“riscoperta” ed è una premessa ad iniziative di valorizzazione. L’attestazione stessa dell’esistenza in vita<br />

di questi prodotti elimina di per sè un alibi in favore di coloro che non assumono alcuna iniziativa di<br />

salvaguardia e valorizzazione dei medesimi. Non si deve dimenticare, inoltre, che l’inclusione dei<br />

prodotti riportati nell’elenco regionale nel novero di quelli “tradizionali” rappresenta una condizione<br />

48 Nel caso del Bitto, un formaggio prodotto in quantità limitata perché legato all’alpeggio, il problema degli oneri di<br />

gestione è stato risolto istituendo un unico Consorzio per il Bitto e il Valtellina Casera, prodotto quest’ultimo che<br />

rappresenta l’elemento portante della filiera lattiero-casearia valtellinese<br />

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