Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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08.06.2013 Views

Appendice: Modelli di filiera corta per l’azienda zootecnica di montagna Per l’azienda zootecnica di montagna che per tanti motivi non può superare certe dimensioni ci sono prospettive solo se si integra l’allevamento con la trasformazione, la valorizzazione commerciale diretta, l’agriturismo e un l’organizzazione aziendal compatibile con altre attività dentro e fuori l’azienda. Copn 30 vacche si può conseguire un reddito maggiore che con 50 a anche 100. La vendita diretta del latte sfuso è un’esperienza che sta trovando anche in montagna dei riscontri positivi. Una piccola azienda valtellinese è stata la settima in Italia ad installare una distributrice e la prima ad affiancarla con una distributrice di yogurt e formaggi porzionati in atmosfera modificata. La distribuzione automatica di latte crudo “in fattoria” 45 . Gli impianti automatici di distribuzione del latte sfuso (che non subisce alcun altro trattamento se non la conservazione a temperatura di frigorifero e un mantenimento in miscelazione) sono già in funzione da alcuni anni in Austria, Germania e Svizzera; recentemente sono stati introdotti in alcune aziende zootecniche della Lombardia . Il cliente non deve far altro che inserire alcune monete nella gettoniera e prelevare la corrispondente quantità di latte utilizzando un proprio contenitore. Sia pure mediata da moderne tecnologie di distribuzione alimentare (e da un rapporto con una macchina piuttosto che con un contadin) ritorna la consuetudine del consumatore rurale che si reca ogni giorno alla stalla per acquistare il litro di latte (veramente) fresco. Tale consuetudine era quasi del tutto scomparsa a seguito dell’affermazione –anche nei piccoli villaggi alpini- di abitudini di consumo urbane.A suo tempo l’acquisto presso una rivendita di una confezione di latte sterilizzato (che, specie con le tecnologie di “prima generazione” risultava nutrizionalmente impoverito e con sapore di cotto” era stato vissuto come una conquista sociale, un passo decisivo verso l’emancipazione da ogni legame con la realtà agricola. Il prestigio di tale consumo “moderno” era tale che anche da determinare la presenza quasi universale nell’ambito delle famiglie con vacche da latte del tetrapack del latte UHT. Una situazione ben diversa dall’Inghilterra dove la mobilitazione a favore della commercializzazione del latte non pastorizzato ha rappresentato un elemento di difesa dell’identità rurale. La piccola-grande rivoluzione delle distributrici automatiche del latte crudo sfuso La diffusione (sempre più capillare) delle distributrici automatiche di latte crudo sfuso che hanno superato le 250 in Lombardia alla fine del 2006 rappresenta un fatto estremamente positivo che esce dalla dimensione "settoriale" in cui i fatti zootecnici ed alimentari sono stati sinora confinati. Va incoraggiata perchè consente alla popolazione di poter disporre di un latte che mantiene integre alcune delle propietà nutraceutiche di questo alimento 46 e stabilisce un rapporto di fiducia - senza mediazioni - tra produttori e consumatori. Favorisce anche una prassi di consumo consapevole, che può solo favorire la diffusione di comportamenti eticamente ed ecologicamente "virtuosi". Dal punto di vista del produttore - che sa che il suo latte non sarà mescolato con quello di chissà quanti altri produttori - vi è uno stimolo ad osservare più scrupolosamente le "buone pratiche" e una nuova responsabilità. Dal punto di vista socioantropologico lo stabilirsi di questo legame tra produttore e consumatore fa si che il "cliente" si senta un po' partner dell'azienda zootecnica (coproduttore?), superando quel diaframma di invidie e diffidenza che ha accompagnato la transizione dall'agricoltura di sussistenza (quando tutti avevano le loro bestie da latte) a quella "imprenditoriale" (ora in crisi). A seguito di questa trasformazione l' "agricolo" era divenuto una specie di corpo estraneo, uno che "prende contributi" e che si percepisce un po' il monopolizzatore di alcune risorse che prima erano collettive (pascoli). Da qui le proteste, strumentali, contro la "puzza" (animali, letame) e una conflittualità negativa e paralizzante per entrambe le parti che ha contribuito a minare la coesione sociale del mondo rurale e a renderlo dipendente e passivo. 45 INVERNIZZI G. (2004) Dalla fattoria al distributore automatico, L’Allevatore, 15-30 dicembre 2004, p. 9 46 Vedi appendice alla fine del capitolo 174

L' "agricolo" con lo sviluppo della vendita diretta si sente meno legato a quei centri esterni (le sedi dei consorzi, i burocrati, le istituzioni erogatrici di contributi) e più "integrato orizzontalmente" nella comunità locale, più apprezzato, più riconosciuto per il suo ruolo. Queste cose non sono affatto platoniche perchè da esse dipende la sostenibilità sociale delle aziende ovvero, in soldoni, la stessa loro continuità fisica (che non c'è se non si trova moglie, tanto per dirne una). Ma non trascuriamo il punto di vista economico. L'incontro diretto tra produttore e consumatore consente al primo di ricavare tre volte tanto (c'è ovviamente da considerare l'ammortamento dell'attrezzatura, ma va considerato che il suo costo può calare se il mercato si amplia) e al secondo di risparmiare il 30% rispetto ad un prodotto di qualità inferiore acquistandone, oltretutto, uno che mantiene tutto il suo grasso che, altrimenti, viene puntualmente scremato in modo che il prodotto in commercio non abbia una virgola in più del minimo di legge. Niente TIR sulle strade (solo qualche furgoncino che porta i bidoni di latte a qualche centinaio di metri o, al massimo a pochi km). Niente bottiglie di plastica da riclare, ma si porta da casa sempre la stessa bella bottiglia di vetro ! Un'esperienza educativa sconvolgente per un sistema economico che si regge sullo spreco petrolifero che comporta tra l’altro enormi entrate fiscali per lo stato. Il sistema agroindustriale non è riuscito a bloccare sul nascere il fenomeno, sta cercando di reagire, ma è forse tardi. Certo le pressioni non mancano: disdette agli allevatori da parte di consorzi e cooperative di raccolta latte, minacce, riduzione (ma con quale legittimità?) del prezzo del latte che viene ancora consegnato alle centrali, pressioni (questo è grave!) da parte delle centrali sulle amministrazioni comunali per impedire l'istallazione di distributrici automatiche nelle piazze, davanti alle scuole, nei parchi pubblici; pressioni di una parte del mondo sanitario circa i "rischi" igienici che hanno comportato un inasprimento dei controlli e una maggiore severità nell’applicazione delle normative rispetto al periodo “pionieristico”.. Invece, in ogni comune (e pensiamo in primo luogo ai bambini ed alle scuole), dovrebbe poter disporre di latte crudo fresco incoraggiando e assistendo gli allevatori sia dal punto di vista dell'informazione sull'acquisto e gestione delle distributrici sia da quello dell'ottimizzazione della qualità del latte, mettendo a disposizione spazi pubblici per l'istallazione dei dispositivi, contribuendo alle spese per realizzare le strutture idonee e per alloggiare le distributrici stesse. Come hanno capito (e dicono) diversi allevatori che hanno intrapreso la strada della vendita diretta "non è per quel quintale di latte in meno che conferiamo che le centrali si arrabbiano tanto, ma perchè così impariamo a pensare con la nostra testa". Aggiungiamo che i manager dei consorzi/centrali cominciano a temere che se gli allevatori passeranno in tanti a vendere il latte da sè (o a trasformarlo in azienda) i loro lauti stipendio da 10.000 Euro diventeranno a rischio. Che la cosa possa cominci a dare un po’ fastidio (all’industria del latte) lo dice anche il fatto che i produttori di latte crudo (è sorto un apposito Consorzio per la tutela del latte crudo con sede a Crema presso l’Associazione regionale allevatori e un secondo, “indipendente”, è sorto nella bassa bresciana) hanno intrapreso (anche attraverso la distribuzione di appositi manualetti sul formaggiofai-da te) una campagna per informare il consumatore sulla possibilità di trasformare in casa il latte e prodursi yogourt e formaggi. In questo modo le vendite si moltiplicherebbero e il consumatore diminuirebbe gli acquisti all' iper di formaggi industriali. In più, a fianco delle distributrici automatiche di latte crudio sfuso, stanno diffondendosi anche quelle di formaggio porzionato in atmosfera modificata e di yogurt. Una piccola grande rivoluzione che da fiato al modello dell'azienda del territorio multifunzionale, con produzioni differenziate e "libera" dai vincoli con il sistema agroindustriale, tecnoburocratico, clientelare, un’azienda che non inquina e produce valori sociali che con la sua distributrice collocata in azienda o presso i luoghi di socializzazione (piazze, scuole, parchi pubblici, centri commerciali) si rende visibile e materializza un rapporto tra l’alimentazione e la realtà locale che era andato del tutto perso. 175

L' "agricolo" con lo sviluppo della vendita diretta si sente meno legato a quei centri esterni (le sedi<br />

dei consorzi, i burocrati, le istituzioni erogatrici di contributi) e più "integrato orizzontalmente"<br />

nella comunità locale, più apprezzato, più riconosciuto per il suo ruolo. Queste cose non sono<br />

affatto platoniche perchè da esse dipende la sostenibilità sociale delle aziende ovvero, in soldoni, la<br />

stessa loro continuità fisica (che non c'è se non si trova moglie, tanto per dirne una).<br />

Ma non trascuriamo il punto di vista economico. L'incontro diretto tra produttore e consumatore<br />

consente al primo di ricavare tre volte tanto (c'è ovviamente da considerare l'ammortamento<br />

dell'attrezzatura, ma va considerato che il suo costo può calare se il mercato si amplia) e al secondo<br />

di risparmiare il 30% rispetto ad un prodotto di qualità inferiore acquistandone, oltretutto, uno che<br />

mantiene tutto il suo grasso che, altrimenti, viene puntualmente scremato in modo che il prodotto in<br />

commercio non abbia una virgola in più del minimo di legge.<br />

Niente TIR sulle strade (solo qualche furgoncino che porta i bidoni di latte a qualche centinaio di<br />

metri o, al massimo a pochi km). Niente bottiglie di plastica da riclare, ma si porta da casa sempre<br />

la stessa bella bottiglia di vetro ! Un'esperienza educativa sconvolgente per un sistema<br />

economico che si regge sullo spreco petrolifero che comporta tra l’altro enormi entrate fiscali per lo<br />

stato.<br />

Il sistema agroindustriale non è riuscito a bloccare sul nascere il fenomeno, sta cercando di reagire,<br />

ma è forse tardi. Certo le pressioni non mancano: disdette agli allevatori da parte di consorzi e<br />

cooperative di raccolta latte, minacce, riduzione (ma con quale legittimità?) del prezzo del latte che<br />

viene ancora consegnato alle centrali, pressioni (questo è grave!) da parte delle centrali sulle<br />

amministrazioni comunali per impedire l'istallazione di distributrici automatiche nelle piazze,<br />

davanti alle scuole, nei parchi pubblici; pressioni di una parte del mondo sanitario circa i "rischi"<br />

igienici che hanno comportato un inasprimento dei controlli e una maggiore severità<br />

nell’applicazione delle normative rispetto al periodo “pionieristico”..<br />

Invece, in ogni comune (e pensiamo in primo luogo ai bambini ed alle scuole), dovrebbe poter<br />

disporre di latte crudo fresco incoraggiando e assistendo gli allevatori sia dal punto di vista<br />

dell'informazione sull'acquisto e gestione delle distributrici sia da quello dell'ottimizzazione della<br />

qualità del latte, mettendo a disposizione spazi pubblici per l'istallazione dei dispositivi,<br />

contribuendo alle spese per realizzare le strutture idonee e per alloggiare le distributrici stesse.<br />

Come hanno capito (e dicono) diversi allevatori che hanno intrapreso la strada della vendita diretta<br />

"non è per quel quintale di latte in meno che conferiamo che le centrali si arrabbiano tanto, ma<br />

perchè così impariamo a pensare con la nostra testa". Aggiungiamo che i manager dei<br />

consorzi/centrali cominciano a temere che se gli allevatori passeranno in tanti a vendere il latte da<br />

sè (o a trasformarlo in azienda) i loro lauti stipendio da 10.000 Euro diventeranno a rischio. Che la<br />

cosa possa cominci a dare un po’ fastidio (all’industria del latte) lo dice anche il fatto che i<br />

produttori di latte crudo (è sorto un apposito Consorzio per la tutela del latte crudo con sede a<br />

Crema presso l’Associazione regionale allevatori e un secondo, “indipendente”, è sorto nella bassa<br />

bresciana) hanno intrapreso (anche attraverso la distribuzione di appositi manualetti sul formaggiofai-da<br />

te) una campagna per informare il consumatore sulla possibilità di trasformare in casa il latte<br />

e prodursi yogourt e formaggi. In questo modo le vendite si moltiplicherebbero e il consumatore<br />

diminuirebbe gli acquisti all' iper di formaggi industriali. In più, a fianco delle distributrici<br />

automatiche di latte crudio sfuso, stanno diffondendosi anche quelle di formaggio porzionato in<br />

atmosfera modificata e di yogurt.<br />

Una piccola grande rivoluzione che da fiato al modello dell'azienda del territorio multifunzionale,<br />

con produzioni differenziate e "libera" dai vincoli con il sistema agroindustriale, tecnoburocratico,<br />

clientelare, un’azienda che non inquina e produce valori sociali che con la sua distributrice collocata<br />

in azienda o presso i luoghi di socializzazione (piazze, scuole, parchi pubblici, centri commerciali)<br />

si rende visibile e materializza un rapporto tra l’alimentazione e la realtà locale che era andato del<br />

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