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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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Appendice: Modelli di filiera corta per l’azienda zootecnica di montagna<br />

Per l’azienda zootecnica di montagna che per tanti motivi non può superare certe dimensioni ci sono<br />

prospettive solo se si integra l’allevamento con la trasformazione, la valorizzazione commerciale<br />

diretta, l’agriturismo e un l’organizzazione aziendal compatibile con altre attività dentro e fuori<br />

l’azienda. Copn 30 vacche si può conseguire un reddito maggiore che con 50 a anche 100.<br />

La vendita diretta del latte sfuso è un’esperienza che sta trovando anche in montagna dei riscontri<br />

positivi. Una piccola azienda valtellinese è stata la settima in Italia ad installare una distributrice e la<br />

prima ad affiancarla con una distributrice di yogurt e formaggi porzionati in atmosfera modificata.<br />

La distribuzione automatica di latte crudo “in fattoria” 45 . Gli impianti automatici di distribuzione<br />

del latte sfuso (che non subisce alcun altro trattamento se non la conservazione a temperatura di<br />

frigorifero e un mantenimento in miscelazione) sono già in funzione da alcuni anni in Austria,<br />

Germania e Svizzera; recentemente sono stati introdotti in alcune aziende zootecniche della<br />

Lombardia . Il cliente non deve far altro che inserire alcune monete nella gettoniera e prelevare la<br />

corrispondente quantità di latte utilizzando un proprio contenitore. Sia pure mediata da moderne<br />

tecnologie di distribuzione alimentare (e da un rapporto con una macchina piuttosto che con un<br />

contadin) ritorna la consuetudine del consumatore rurale che si reca ogni giorno alla stalla per<br />

acquistare il litro di latte (veramente) fresco. Tale consuetudine era quasi del tutto scomparsa a<br />

seguito dell’affermazione –anche nei piccoli villaggi <strong>alpini</strong>- di abitudini di consumo urbane.A suo<br />

tempo l’acquisto presso una rivendita di una confezione di latte sterilizzato (che, specie con le<br />

tecnologie di “prima generazione” risultava nutrizionalmente impoverito e con sapore di cotto” era<br />

stato vissuto come una conquista sociale, un passo decisivo verso l’emancipazione da ogni legame<br />

con la realtà agricola. Il prestigio di tale consumo “moderno” era tale che anche da determinare la<br />

presenza quasi universale nell’ambito delle famiglie con vacche da latte del tetrapack del latte<br />

UHT. Una situazione ben diversa dall’Inghilterra dove la mobilitazione a favore della<br />

commercializzazione del latte non pastorizzato ha rappresentato un elemento di difesa dell’identità<br />

rurale.<br />

La piccola-grande rivoluzione delle distributrici automatiche del latte crudo sfuso<br />

La diffusione (sempre più capillare) delle distributrici automatiche di latte crudo sfuso che hanno<br />

superato le 250 in Lombardia alla fine del 2006 rappresenta un fatto estremamente positivo che esce<br />

dalla dimensione "settoriale" in cui i fatti <strong>zootecnici</strong> ed alimentari sono stati sinora confinati. Va<br />

incoraggiata perchè consente alla popolazione di poter disporre di un latte che mantiene integre<br />

alcune delle propietà nutraceutiche di questo alimento 46 e stabilisce un rapporto di fiducia - senza<br />

mediazioni - tra produttori e consumatori. Favorisce anche una prassi di consumo consapevole, che<br />

può solo favorire la diffusione di comportamenti eticamente ed ecologicamente "virtuosi". Dal<br />

punto di vista del produttore - che sa che il suo latte non sarà mescolato con quello di chissà quanti<br />

altri produttori - vi è uno stimolo ad osservare più scrupolosamente le "buone pratiche" e una nuova<br />

responsabilità. Dal punto di vista socioantropologico lo stabilirsi di questo legame tra produttore e<br />

consumatore fa si che il "cliente" si senta un po' partner dell'azienda zootecnica (coproduttore?),<br />

superando quel diaframma di invidie e diffidenza che ha accompagnato la<br />

transizione dall'agricoltura di sussistenza (quando tutti avevano le loro bestie da latte) a quella<br />

"imprenditoriale" (ora in crisi). A seguito di questa trasformazione l' "agricolo" era divenuto una<br />

specie di corpo estraneo, uno che "prende contributi" e che si percepisce un po' il monopolizzatore<br />

di alcune risorse che prima erano collettive (pascoli). Da qui le proteste, strumentali, contro la<br />

"puzza" (animali, letame) e una conflittualità negativa e paralizzante per entrambe le parti che ha<br />

contribuito a minare la coesione sociale del mondo rurale e a renderlo dipendente e passivo.<br />

45 INVERNIZZI G. (2004) Dalla fattoria al distributore automatico, L’Allevatore, 15-30 dicembre 2004, p. 9<br />

46 Vedi appendice alla fine del capitolo<br />

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