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Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini

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Laguiole Simmenthal, Aubrac<br />

* produzione < 5.000 kg/lattazione, carico di bestiame < 0,7 capi/ha<br />

In alcuni casi i disciplinari dei prodotti DOP prevedono oltre alla provenienza della materia prima da<br />

animali di una razza determinata anche requisiti inerenti il grado di estensività dell’allevamento. E’il caso<br />

del formaggio Beaufort che deve essere prodotto a partire da latte delle sole razze Tarantaise e<br />

Abondance allevate in allevamenti dove il carico di bestiame sia inferiore a 0,7 capi/ettaro, condizione<br />

facilmente verificabile che garantisce l’utilizzo dei foraggi aziendali nell’alimentazione. Non sempre è<br />

possibile creare una DOP al fine di valorizzare le razze autoctone; anche quando non appare<br />

consigliabile creare una nuova DOP è però possibile creare una differenziazione all’interno della DOP<br />

(è il caso della razza bovina Reggiana utilizzata per la produzione da parte di un Consorzio volontario di<br />

latterie di un Parmigiano-Reggiano che, all’interno del Consorzio dei produttori del PR si distingue per<br />

la scelta di lavorare il latte delle Reggiane)<br />

Oltre ad individuare requisiti della materia prima e delle tecniche di lavorazione dei prodotti che<br />

valorizzino la razza e le tecniche di allevamento e di ambiente peculiari è necessario impostare le<br />

appropriate strategie di marketing per la promozione dei prodotti. La valorizzazione economica di una<br />

razza locale non può prescindere da una considerazione delle caratteristiche strutturali del sistema di<br />

allevamento tradizionale che, spesso, rischia non solo di non poter cogliere le opportunità offerte dalle<br />

produzioni di nicchia fortemente tipicizzate ma di regredire ulteriormente a seguito dell’impossibilità<br />

tecnico-economica di adeguamento alle crescenti requisiti igienici per l’espletamento delle attività di<br />

trasformazione. La disperisone dell’allevamento in piccole unità e la difficile accessibilità a strutture di<br />

raccolta, trasformazione e commercializzazione delle produzioni (sia per la dimensione delle produzioni<br />

stesse che per la collocazione geografica degli allevamenti) inducono a considerare come condizione<br />

preliminare e prioritaria di una strategia di commercializzazione la realizzazione di strutture in loco<br />

• macelli<br />

• raccolta del latte (lavorazione)<br />

• commercializzazione dei prodotti<br />

• controllo qualitativo sulle produzioni e assistenza tecnica<br />

Erosione genetica<br />

Rappresenta un elemento insidioso in grado di distrugge l’identità etnica di una popolazione autoctona.<br />

In presenza di erosione genetica anche popolazioni autoctone numerose sono a rischio di estinzione. La<br />

consapevolezza del valore della biodiversità e la formale adesione degli stati alla CDB rende oggi<br />

improbabile (almeno nei paesi a forte sviluppo industriale) azioni programmate, dichiarate e<br />

sistematiche di sostituzione di razze autoctone con razze cosmopolite. Ciò nonostante vi è ancora oggi<br />

il rischio di estinzione di razze autoctone a limitata diffusione per meticciamento con le razze<br />

cosmopolite. Rimane, infatti, l’effetto della pressione economica, commerciale e corporativa, il rischio<br />

della prevalenza di logiche che prescindono da una considerazione territoriale e sistemica e, nella realtà,<br />

controbilanciano ampiamente gli indirizzi politico-programmatici e l’apparente unanimismo a favore<br />

delle petizioni di principio a favore della conservazione e valorizzazione delle razze autoctone a limitata<br />

diffusione.<br />

La logica aziendalistica che prevale a tutt’oggi nella gestione effettiva dell’intervento pubblico in<br />

agricoltura fa si che, a fronte di interventi più o meno efficaci e convinti a favore delle razze autoctone<br />

si assista tutt’oggi alla elargizione di contributi pubblici per l’insediamento di aziende “razionali” con<br />

razze “migliorate” anche all’interno delle aree, spesso limitate, che rappresentano la “culla” di razze<br />

autoctone tutelate. Tali interventi di “miglioramento” aziendale e “zootecnico” spesso non rispondono<br />

affatto a criteri di sostenibilità non solo sotto il profilo della tutela della biodiversità, ma anche di quello<br />

territoriale ossia della capacità di (ri)produrre paesaggio, natura cultura locale. Sotto il profilo genetico<br />

l’introduzione di una razza cosmopolita in un territorio dove essa non era ancora diffusa e dove sono<br />

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