Sistemi zootecnici e pastorali alpini Prof. Michele Corti ... - Ruralpini
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presente che spesso è il comportamento del gruppo oltre che quello del singolo individuo che spiega l’ effetto in termini di utilizzo del pascolo. Se il bovino appare poco selettivo a causa delle caratteristiche del proprio apparato boccale sulla minima scala spaziale (quella corrispondente alla superficie proiettata sul terreno della “boccata”) esso è in grado di esercitare una forte selezione spostandosi dove la composizione del cotico è più ricca di essenze maggiormente appetibili. Se il bovino non è in grado si selezionare nell’ambito della “boccata” tra le foglie di diverse essenze erbacee, esso è però in grado di tralasciare i cespi di essenze poco gradite. Questa selettività nelle vacche da latte tende ad essere accentuata e si esprime nella ricerca delle essenze meno fibrose e più ricche di energia digeribile e se non gestita attraverso un idoneo sistema di pascolamenti conduce ad un cattivo utilizzo dei pascoli. Se l’intera area di pascolo è disponibile (come nei sistemi che non prevedono un pascolo guidato o suddiviso in settori delimitati da recinzioni elettriche) le vacche tendono a utilizzare le aree con erbe in precoce stadio di maturazione; questo sui pascoli alpini si traduce nello sfruttamento troppo precoce delle aree con il foraggio qualitativamente migliore (di solito quelle a quota più elevata, ma non sempre poiché la scalarità di maturazione delle essenze erbacee è legata anche alla disponibilità idrica condizionata a sua volta dalla natura pedologica del terreno, esposizione ai venti ecc.). Nelle aree trascurate le essenze giungono a maturazione senza essere utilizzate e anche quando il foraggio migliore non sarà più disponibile l’avvenuta lignificazione non ne consentirà il consumo, ciò anche nel case di essenze con buon indice di appetibilità nelle fase fenologiche precedenti la maturazione. Le conseguenza di un sistema di pascolo non regimato anche nel caso delle vacche da latte possono essere pesantemente negative. Sia un carico di pascolo troppo basso sia l’assenza di un qualsiasi regime di pascolo tendente ad una più uniforme utilizzazione del pascolo determinano: 1) mancata utilizzazione di cespi di essenze poco appetite (tipicamente oltre a Nardus stricta, Deschampsia caespitosa) e una maggiore diffusione di queste essenze; 2) mancato pascolamento di aree di maggiore o minore dimensione dove insieme alle graminacee di minor valore pabulare si insediano cardi ed essenze arbustive (calluna vulgaris e quindi mirtilli, rododedri, ginepro, ontano alpino). La scarsa capacità selettiva del bovino favorisce la diffusione delle piante infestanti il pascolo anche per un effetto associativo: quelle essenze arbustive che, specie nelle prime fasi di sviluppo sono appetite anche dai bovini e potrebbero essere completamente defogliate e distrutte, sviluppandosi in prossimità di piante erbacee poco appetite, specie se ad elevato portamento, possono svilupparsi relativamente indisturbate. Questo aspetto è molto importante per comprendere la dinamica dell’insediamento della vegetazione arbustiva e quindi la perdita di superfice pascoliva. Quando i pascoli sono utilizzati da un numero di capi troppo basso e il sistema di pascolamento è lungi dal risultare adeguato al mantenimento dell’equilibrio. Ogni anno la superfice pascolabile diminuisce e con essa il numero di capi che, con un regime di pascolo “libero” possono esservi mantenuti. In questo modo si va dritti al completo abbandono. 120
Fig. da ............. Modello di variazione delle associazioni del pascolo alpino in funzione dell’umidità e della fertilità Questa tendenza, però, può essere efficacemente contrastata come dimostrano anche esperienze in atto. Il recupero di superfici di pascolo perdute, il miglioramento della qualità dei pascoli e il mantenimento di una situazione di equilibrio possono essere conseguiti attraverso due metodi la cui efficacia è aumentata dalla loro concomitante adozione: utilizzo di più specie o categorie animali, utilizzo di piani di pascolamento basato sulla suddivisione e turnazione di settori di pascolo. Per quanto riguarda l’utilizzo di diverse specie o categorie di animali si tratta di sfruttarne la diversa selettività e modalità di pascolamento. Gli animali che non producono latte hanno esigenze alimentari inferiori e tendono a utilizzare anche quelle essenze rifiutate da animali più esigenti o le stesse essenze ma in uno stadio di maturazione più avanzato. Nei pascoli di minore qualità o nel caso di impiego di vacche da latte con un buon livello produttivo (>10 -15 kg/giorno) è necessario per non deprimere l’ingestione consentire una certa selettività; in questo caso diventa indispensabile il pascolamento dopo quello delle vacche da latte di manze o vacche asciutte o, ancora meglio degli ovini. Questi ultimi si dimostrano idonei alla rimozione dei residui tralasciati dalle vacche da latte per la capacità di utilizzare il cotico fino a 1-1,5 cm dal terreno, che per la caratteristica di formare un gruppo compatto che avanza con un regolare fronte di pascolamento e per la scarsa incidenza, in estate, di soggetti allattanti. Il passaggio degli ovini dopo i bovini non comporta alcun problema (come invece avviene nel caso inverso a causa del rifiuto dei bovini a consumare l’erba con presente tracce odorose del passaggio ovino) e veniva comunemente praticato in passato quando le pecore erano confinate nelle fasce più elevate da dove discendevano, dopo lo “scarico” dei bovini alla fine dell’estate, per utilizzare per un periodo abbastanza breve (una settimana o poco più) quanto rimasto sul pascolo destinato ai bovini. Oggi i greggi transumanti, gli unici con presenza di un pastore in grado di applicare un piano di pascolo, sono divenuti spesso troppo numerosi per poter occupare le porzioni meno favorevoli di un alpe e tendono come già osservato ad utilizzare attraverso contratti d’affitto interi alpeggi. Nell’ambito di una corretta pratica pastorale applicata ad una scala territoriale sono però possibili diverse soluzioni che consentono di contemperare le esigenze dell’allevamento ovino e bovino nonché quelle di cura e manutenzione del territorio. Agli ovini possono essere assegnati dei pascoli secondo un criterio di rotazione poliennale. Gli alpeggi con pascoli degradati per sottoutilizzo possono essere concessi per diversi anni in affitto ai pastori transumanti con l’impegno, in caso di constatato miglioramento dei pascoli a concedere alla scadenza del primo contratto un altro alpeggio idoneo a soddisfare le esigenze del gregge. In questo modo l’alternanza tra bovini e ovini può essere realizzata se non nell’ambito della stessa stagione quantomeno nell’arco di diverse 121
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quanto riguarda l’utilizzo di diverse specie o categorie di animali si tratta di sfruttarne la diversa<br />
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alimentari inferiori e tendono a utilizzare anche quelle essenze rifiutate da animali più esigenti o le<br />
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caso di impiego di vacche da latte con un buon livello produttivo (>10 -15 kg/giorno) è necessario<br />
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il pascolamento dopo quello delle vacche da latte di manze o vacche asciutte o, ancora meglio degli<br />
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per la capacità di utilizzare il cotico fino a 1-1,5 cm dal terreno, che per la caratteristica di formare<br />
un gruppo compatto che avanza con un regolare fronte di pascolamento e per la scarsa incidenza, in<br />
estate, di soggetti allattanti. Il passaggio degli ovini dopo i bovini non comporta alcun problema<br />
(come invece avviene nel caso inverso a causa del rifiuto dei bovini a consumare l’erba con<br />
presente tracce odorose del passaggio ovino) e veniva comunemente praticato in passato quando le<br />
pecore erano confinate nelle fasce più elevate da dove discendevano, dopo lo “scarico” dei bovini<br />
alla fine dell’estate, per utilizzare per un periodo abbastanza breve (una settimana o poco più)<br />
quanto rimasto sul pascolo destinato ai bovini. Oggi i greggi transumanti, gli unici con presenza di<br />
un pastore in grado di applicare un piano di pascolo, sono divenuti spesso troppo numerosi per poter<br />
occupare le porzioni meno favorevoli di un alpe e tendono come già osservato ad utilizzare<br />
attraverso contratti d’affitto interi alpeggi.<br />
Nell’ambito di una corretta pratica pastorale applicata ad una scala territoriale sono però possibili<br />
diverse soluzioni che consentono di contemperare le esigenze dell’allevamento ovino e bovino<br />
nonché quelle di cura e manutenzione del territorio. Agli ovini possono essere assegnati dei pascoli<br />
secondo un criterio di rotazione poliennale. Gli alpeggi con pascoli degradati per sottoutilizzo<br />
possono essere concessi per diversi anni in affitto ai pastori transumanti con l’impegno, in caso di<br />
constatato miglioramento dei pascoli a concedere alla scadenza del primo contratto un altro<br />
alpeggio idoneo a soddisfare le esigenze del gregge. In questo modo l’alternanza tra bovini e ovini<br />
può essere realizzata se non nell’ambito della stessa stagione quantomeno nell’arco di diverse<br />
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