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Il Bitto: un formaggio che fa storia1 - Ruralpini

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tecnoburocrati<strong>che</strong> 50 provinciali promuovessero l’invio di casari delle valli del <strong>Bitto</strong>, ma an<strong>che</strong> di tecnici, presso<br />

diverse alpi della provincia per “insegnare” a produrre <strong>Bitto</strong>.<br />

“Lo Spa<strong>fa</strong> di Sondrio si è <strong>fa</strong>tto promotore, insieme all’Apa e all’Apl, di <strong>un</strong> progetto <strong>che</strong> vedrà impegnato per la<br />

stagione estiva ’95 il casaro Alfredo Mazzoni di Albaredo, <strong>che</strong> passerà per dieci alpeggi ad insegnare le tecni<strong>che</strong><br />

di lavorazione del <strong>Bitto</strong>. Mazzoni si tratterrà per cinque giorni presso il caricatore, <strong>che</strong> dovrà sostenere solo le<br />

spese di vitto e alloggio, poi tornerà dopo <strong>un</strong> mese per la verifica. La sperimentazione di produzione del <strong>Bitto</strong><br />

era già stata introdotta dalle Com<strong>un</strong>ità montane di Bormio e Chiavenna negli anni 1989 al ’91 con soddis<strong>fa</strong>centi<br />

risultati, confermati an<strong>che</strong> dai riconoscimenti alla mostra di Morbegno. La sperimentazione partirà il 15 giugno,<br />

si protrarrà sino al 23 agosto intersssando i seguenti alpeggi: Mottala di Campodolcino, Corte III di Gordona,<br />

Pian del Lupo a Chiareggio, Val di Lei a Medesimo, Alpe Verva di Valdidentro, Val di Sacco di Grosso, Alpe<br />

Mara di Montagna, Stavello Ii e Caprarezza di Cedrasco e Ariale e Mastabia nel com<strong>un</strong>e di S.Maria” 51 .<br />

Ci si può chiedere se le conoscenze necessarie per realizzare <strong>un</strong>a produzione tradizionale, realizzata in <strong>un</strong><br />

contesto certamente meno controllato e standardizzabile quale <strong>un</strong> laboratorio di <strong>un</strong>’industria casearia, possano<br />

essere trasmesse mediante <strong>un</strong> “insegnamento”, sia pure pratico. I saperi “taciti” – <strong>che</strong> caratterizzano la<br />

trasmissione delle conoscenze tradizionali - non sono acquisiti dagli apprendisti nell’ambito di occasioni<br />

particolari di insegnamento formale sono invece caratterizzati dall’essere inseriti –in modo continuativo- “in<br />

determinati contesti nei quali, alle prese con certi compiti, viene loro mostrato cosa <strong>fa</strong>re e a cosa prestare<br />

attenzione, sotto tutela di mani più esperte” 52 . I processi di apprendimento dei casari riflettono in modo<br />

esemplare il modello basato sul ruolo della percezione sensoriale e dell’azione contrapposto a quello della<br />

trasmissione di regole predefinite mediante spiegazioni ad hoc.<br />

A prescindere da queste considerazioni è evidente <strong>che</strong> l’estensione della produzione di <strong>Bitto</strong> nelle aree <strong>che</strong><br />

oggi forniscono la maggior parte delle forme marchiate dal Consorzio è stata attuata in forme <strong>che</strong> tutto hanno<br />

meno della spontaneità e <strong>che</strong> l’operazione di identificazione dell’area di produzione del <strong>Bitto</strong> con l’intera<br />

provincia di Sondrio abbia rappresentato <strong>un</strong>a forzatura <strong>che</strong>, come tale, ha comportato inevitabili ripercussioni.<br />

L’operazione <strong>che</strong> è culminata nel 1993 con la richiesta di <strong>un</strong>a Dop estesa a tutta la provincia risulta tanto<br />

più discutibile quanto più le vedute in merito all’area di produzione del <strong>Bitto</strong> apparivano alla stessa epoca<br />

contradditorie. Alc<strong>un</strong>i esempi abbastanza clamorosi confermano questa asserzione: nella pubblicazione promossa<br />

dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste sui formaggi Doc edita nel 1992 53 <strong>Il</strong> <strong>Bitto</strong> è preso i considerazione a<br />

nella parte relativa ad Alc<strong>un</strong>i capolavori in dirittura d’arrivo 54 e nelle tavole 55 si indicano chiaramente le sole<br />

valli orobi<strong>che</strong> quali areale di produzione del <strong>Bitto</strong> 56 mentre in Valchiavenna si colloca la produzione della<br />

Magnuca e nel Bormiese quella dello Scimudin. Probabilmente i f<strong>un</strong>zionari ministeriali addetti alle Dop non<br />

50<br />

Spa<strong>fa</strong> = Servizio provinciale agricoltura, foreste, alimentazione (struttura decentrata della Gi<strong>un</strong>ta Regionale della<br />

Lombardia, settore Agricoltura e Foreste); Apa = Associazione provinciale allevatori (struttura provinciale della Associazione<br />

italiana allevatori e delle organizzazioni di specie e di razza con finalità istituzionali nel campo del miglioramento genetico –<br />

incremento delle produzioni zootecni<strong>che</strong> – ma impegnata an<strong>che</strong> nella fornitura di servizi tecnici specialistici sovvenzionati<br />

dall’ente pubblico e – mediante strutture collegate - in attività economi<strong>che</strong> nel campo della commercializzazione degli<br />

animali, materiale genetico, alimenti per il bestiame e mezzi tecnici: Apl = Associazione produttori latte (<strong>un</strong>a struttura<br />

prettamente burocratica emanazione – di <strong>fa</strong>tto - della Federazione provinciale coltivatori diretti esercitante f<strong>un</strong>zioni legate<br />

principalmente alla gestione delle quote latte.<br />

51<br />

<strong>Il</strong> Coltivatore Valtellinese n. 15, 30 ottobre 2001, p. 4.<br />

52<br />

T. INGOLD, Ecologia della cultura, a cura di C. GRASSENI E F. RONZON, Meltemi, Roma, 2001, p. 69. L’antropologo inglese<br />

osserva an<strong>che</strong> come “Mostrare qualcosa a qualc<strong>un</strong>o significa rendere qualcosa presente a quella persona, di modo <strong>che</strong> essa lo<br />

apprenda direttamente attraverso lo sguardo o l’ascolto o il tatto. La responsabilità del tutore sta nel creare le condizioni in cui<br />

si fornisce all’apprendista la possibilità di tale esperienza immediata. Posto in <strong>un</strong>a situazione di questo tipo, l’apprendista<br />

viene istruito a porgere attenzione a questo o a quest’altro aspetto di ciò <strong>che</strong> vede, sente o tocca, in modo da «sentire» da<br />

solo”, Ibidem. La svalutazione dei saperi “taciti” è riconducibile alla dicotomia cartesiana tra mente e corpo e nell’opposizione<br />

tra uomo soggetto e natura oggetto di rappresentazione da parte della mente umana stessa. La psicologia ecologica, al<br />

contrario, “prende come p<strong>un</strong>to di partenza la condizione dell’intero organismo-persona, indivisibilmente corpo e mente,<br />

attivamente coinvolto nei compiti pratici della vita e alle prese con le componenti rilevanti del suo ambiente […]. La<br />

conoscenza perciò, l<strong>un</strong>gi dal risiedere nelle relazioni tra strutture del mondo e strutture della mente […] è invece immanente<br />

nella vita del conoscente e si sviluppa nel contesto della pratica <strong>che</strong> si instaura grazie alla sua presenza in quanto essere-nelmondo”,<br />

Ibidem.<br />

53<br />

MINISTERO DELL’AGRICOLTURA E FORESTE, L’Italia dei formaggi Doc. Un grande patrimonio, a cura di Unalat in collaborazione<br />

con l’Insor, Franco Angeli, Milano, 1992.<br />

54<br />

Ivi, pp 107-108.<br />

55<br />

Ivi, «Inserto 2. Aree di produzione dei formaggi doc e degli altri di grande tradizione , pp.149 ssg.<br />

56 La mappa merita, in ogni caso <strong>un</strong> breve commento: a parte l’eliminazione della Val Lesina, <strong>che</strong> registra la regressione delle<br />

attività alpicolturali in questa valle storica per la produzione del <strong>Bitto</strong>, la definizione è basata sull’equivalenza <strong>Bitto</strong> = versante<br />

orobico senza curarsi del <strong>fa</strong>tto <strong>che</strong> le valli più orientali non hanno mai conosciuto la produzione di <strong>Bitto</strong> e di <strong>formaggio</strong><br />

grasso. Nella stessa Val Ambra (Venina) solo l’Alpe Venina per condizioni socio-economi<strong>che</strong> particolari <strong>che</strong> si distaccavano<br />

da quelle del resto delle alpi della valle registrava la produzione “storica” del <strong>Bitto</strong>.

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