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Documento allegato - Turin D@ms Review

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“Diavolo, diavolo, me la farai tu vedere?” Ciò che nevrotizza il Cavaliere, che lo<br />

infiamma e lo frustra, è precisamente il tipo di donna che, le sue grazie, non le offre<br />

ma le fa solo vedere (o anche solo intravedere, se la battuta del Cavaliere va presa<br />

alla lettera…).<br />

Una volta accertato tutto questo, si riesce a comprendere ciò che appariva<br />

incomprensibile alla critica, la recitazione dura, veemente, quasi decisamente violenta<br />

del Cavaliere. Abbiamo citato D’Amico in incipit, “violento isterismo”. E similmente<br />

a De Monticelli l’attore risultava “troppo aggressivo, agitato, in qualche punto<br />

persino violento” 12 . E’ proprio così. A suo tempo ho cercato di chiarire – nel mio<br />

saggio cui ho già fatto riferimento - che il Cavaliere è sull’orlo dello stupro, e<br />

Mirandolina lo sa bene, se nel terzo atto si chiude a chiave dentro la “camera con tre<br />

porte” (sostituita da Visconti con l’altana/stireria), e se il Cavaliere batte e tempesta<br />

di pugni la porta, “vuole sforzar quella porta” (dice Fabrizio), in attesa di sforzare la<br />

stessa locandiera). Il confronto fra l’edizione originaria del testo e l’edizione<br />

definitiva, opportunamente censurata, conferma la bontà della mia lettura. Luchino<br />

Visconti non avrà sicuramente consultato l’edizione Paperini, ma ha splendidamente<br />

intuito, come fanno sempre i teatranti di genio.<br />

Sono partito dal paradosso di Siro Ferrone: per capire un allestimento, meglio<br />

non averlo visto. Perché i materiali che si sono accumulati nel tempo, intorno a quella<br />

rappresentazione, offrono la possibilità di un montaggio più sapiente. Certo, ma<br />

quando i materiali sono molteplici, occorre saper trascegliere, intelligere, cioè legere<br />

inter, riuscire a trovare il filo rosso che guida al cuore del Labirinto. Insomma,<br />

d’accordo sul fatto che, lo spettacolo, meglio non averlo visto, ma, paradosso per<br />

paradosso, meglio essere intelligenti…<br />

1. Silvio D’Amico, Nella Mirandolina alla Fenice troppo Visconti e poco<br />

Goldoni, in “Il Tempo”, 4 ottobre 1952, ora in Silvio D’Amico, Cronache<br />

1914/1955, antologia a cura di Alessandro D’Amico e Lina Vito, Novecento,<br />

Palermo 2005, quinto volume, tomo II, 1949-1952, pp. 534-536.<br />

2. Cfr. Siro Ferrone, “La Locandiera” di Goldoni secondo Visconti, in AA.VV,<br />

Carlo Goldoni 1793-1993, a cura di Carmelo Alberti e Gilberto Pizzamiglio,<br />

Regione del Veneto, Venezia 1995, pp. 357-367.<br />

3. Citato in Federica Mazzocchi, “La Locandiera” di Goldoni per Luchino<br />

Visconti, Edizioni ETS, Pisa 2003, p. 84.<br />

4. Gerardo Guerrieri, Visconti e Gassman a confronto, in Lo spettatore critico,<br />

Valerio Levi, Roma 1987, p. 56.<br />

5. Rimando alla mia lettura della commedia: Roberto Alonge, Il sistema di<br />

Mirandolina, in Goldoni. Dalla commedia dell’arte al dramma borghese,<br />

Garzanti, Milano 2004, pp. 55-93.<br />

6. Carlo Emilio Gadda, La vivandiera e la locandiera, in Un radiodramma per<br />

modo di dire e scritti sullo spettacolo, Il Saggiatore, Milano 1982, p. 71.<br />

www.turindamsreview.unito.it<br />

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