Documento allegato - Turin D@ms Review
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fra Cavaliere e Mirandolina, è una questione professionale: la biancheria che gli ha<br />
dato non è di suo gradimento. Faute professionnelle. Mirandolina fa pagare una<br />
locanda a quattro stelle, ma il servizio è da due stelle. Il sistema su cui marcia la ditta<br />
di Mirandolina è precisamente questo scarto, compensato dalla speranza che la<br />
padrona darà sesso, a compenso del servizio un po’ scadente 5 . L’intrapresa seduttiva<br />
di Mirandolina, a ben vedere, parte proprio e soltanto da questo punto, da questo<br />
infortunio professionale: si tratta di sedurre il Cavaliere con una profusione di oggetti,<br />
di cose, di cibi (lenzuola dei Reims, tovaglie di Fiandra, salsette, intingoletti), ma<br />
anche di parole servili, di dichiarazione di sottomissione (“Dove posso servirla, mi<br />
comandi con autorità”, “Mi tenga in qualità di serva”, “Sono una serva di chi<br />
favorisce venire alla mia locanda” ecc.), e di gesti simbolici di assoggettamento<br />
(preferisce bere il vino nel bicchiere già usato dal Cavaliere, anziché in uno pulito).<br />
Ciò che conquista il Cavaliere è l’illusione di questo potere, è il fatto di essere al<br />
centro della attenzione assoluta di Mirandolina. L’eccitazione erotica principia a<br />
partire dal piacere del cibo, ma perché questo cibo – come viene ripetuto infinite<br />
volte – è fatto con le mani di Mirandolina. E c’è un punto di connessione preciso, fra<br />
piacere gastronomico presente e aspettazione di piacere sessuale futuro, che sta nella<br />
battuta chiaramente allusiva della locandiera: “Eh, io, signore, ho de’ secreti<br />
particolari. Queste mani sanno far delle belle cose!”. Naturalmente D’Amico (ma<br />
anche Roberto De Monticelli) si chiudevano gli occhi per non vedere, ma, per<br />
fortuna nostra, già nell’anno del Signore 1952 qualcuno riusciva a vedere, Carlo<br />
Emilio Gadda, che recensendo lo spettacolo non le manda a dire: “Guardate: le<br />
battute salaci sono del testo, forse non udite o forse denicotinizzate in edizioni<br />
precedenti. […] La malizia e i doppisensi del linguaggio ‘sessuologico’, specie nel<br />
primo atto, sono del Goldoni: e non li ha inventati Luchino” 6 .<br />
Di qui la particolare articolazione della celebre (e tanto attesa) sequenza della<br />
seduzione. Occupa le prime nove scene del secondo atto. Fanno una certa<br />
impressione perché dopo un lungo primo atto, tutto giocato in esterni, nel cortile<br />
aprico, ci ritroviamo improvvisamente in uno spazio chiuso, nella camera del<br />
Cavaliere che il regista disegna con alcuni tratti efficaci e suggestivi: il profilo di<br />
un’alcova a baldacchino, con le tende<br />
semichiuse a mostrare il candore delle<br />
lenzuola; un inquietante paravento rosso.<br />
Dice bene Federica Mazzocchi (nella sua<br />
utile monografia dedicata<br />
all’allestimento), a proposito di questa<br />
successione esterno/interno, che, in<br />
questo modo, si rimanda “lo schiudersi<br />
dello spazio dell’intimità di Ripafratta al<br />
momento di maggiore intensità erotica<br />
tra il Cavaliere e Mirandolina” 7 . Ma io<br />
aggiungerei una notazione ulteriore, che la scena in interno, nella calda intimità della<br />
camera del Cavaliere, è perfettamente impaginata fra un primo atto tutto in esterno e<br />
una parte finale del secondo atto (dalla scena decima alla fine) di nuovo in esterno.<br />
www.turindamsreview.unito.it<br />
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