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bugani raccolta.pdf - Operai Contro

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Terremoto<br />

C’ è differenza, tra fare e non fare. Io l’ ho fatto, il soldato. Di leva. Mi hanno levato, un<br />

anno. Della mia vita. C’ è differenza, tra partire e non partire. Io partii l’ 11 novembre<br />

1980. Destinazione Lecce. Reparto carristi. Ci insegnavano come si guida, un carro.<br />

Armato. Io non volevo, fare il soldato. Poi, il 23 novembre del 1980. Il terremoto. In<br />

Irpinia. 3.000 morti. 300.000 sfollati. Dopo pochi giorni, all’ufficio Fureria. Chiesero<br />

volontari, per i soccorsi. Diedi il mio nome. Sei troppo magro. E piccolo. I volontari<br />

vennero trovati. La sera, prima di partire, per Avellino. Un volontario si ritirò. Mi<br />

chiamarono. Sei magro, e piccolo. Ma vai bene lo stesso. Partii volontario, per i soccorsi.<br />

In Irpinia. Facevo qualcosa, di utile. Fuori, dal carro. Armato. Telefonai alla mamma.<br />

Pianse. Telefonai alla ragazza. Pianse. Se non piangi, ti sposo. Quando torno. Dal militare.<br />

Partimmo, la notte del 4 dicembre. Arrivammo, a mezzogiorno. Nel comune di Teora.<br />

Avellino. Un paese di 2.500 anime. A Teora, trovammo l’inferno. C’erano stati 500 morti.<br />

Le bare, erano accatastate ai muri, rimasti in piedi. C’è differenza, tra la vita e la morte. La<br />

notte, dovevamo montare di guardia. <strong>Contro</strong> gli sciacalli. Spara. Mi dissero. Se li vedi. Io<br />

guardai in alto. Non c’ erano, nemmeno più le stelle. Quelle rimaste. Erano sul colletto,<br />

della mia giacca, militare. C’ è differenza, tra sparare e non sparare. La prima notte,<br />

dormimmo in quindici, soldati. Dentro la cassa. Del camion. Io ero l’ ultimo. Vicino allo<br />

sportello, di uscita. Ero magro. Era freddo. Le coperte, le avevamo prese dai cassonetti.<br />

Dell’ immondizia. C’ è differenza, tra il caldo e il freddo. Quella notte. Fecero molte<br />

scosse. Sentivamo i bambini urlare. Io, sentii anche qualche soldato. Piangere. Dentro la<br />

cassa. Del camion. La seconda notte. C’erano tende. Nel campo da calcio. Di Teora. I civili<br />

trovarono alloggio. Nelle tende. Poi anche qualche soldato. Restammo in tre. Nella cassa.<br />

Del camion. Riempimmo le gavette di alcool. Demmo fuoco. Fece così caldo, che<br />

dormimmo fuori, dai sacchi a pelo. Un giorno. Incontrammo una ragazza. Ci fecero una<br />

foto. Adesso, è in un cassetto. Un giorno. Incontrammo un uomo. Ci raccontò che sua<br />

moglie. Era nel letto. Con lui. Prima del terremoto. I soccorsi trovarono lui. Vivo. Lui disse<br />

che sua moglie, era a pochi metri. Ma i soccorsi, non l’ascoltarono. Trovarono sua moglie,<br />

dopo dieci giorni. Dove lui aveva detto. Morta. Quell’ uomo, lo raccontava a tutti. Quelli<br />

che incontrava. E piangeva. Ma tutti, a Teora, piangevano qualcuno. Partimmo il<br />

pomeriggio del 12 dicembre. C’è differenza tra partire e non partire. Io, da Teora, non<br />

sono mai partito. Poi, il terremoto all’ Aquila. 6 aprile 2009. Dopo venti giorni. Sono<br />

andato. Da Anna e Paolo. E Stefania. All’ Aquila. Erano vivi. Ho sposato la mia ragazza. E<br />

non ti ho detto. Che a Teora, Dopo dodici giorni. Trovarono una bambina. Di tre anni.<br />

Viva. Ma io. Non parto mai. Un giorno, prendo un terremoto. E lo porto lontano.<br />

22 novembre 2010 Giuliano Bugani<br />

operaio, giornalista, poeta

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