bugani raccolta.pdf - Operai Contro

In Stato di abbandono
In abbandono. In Stato di abbandono. Eravamo in stato di abbandono. Sempre lo siamo
stati. Nessuno ha mai voluto il nostro vivere. Io, ateo di demokrazia, sputavo sul kampo di
kalcio. Nella faccia. Sulla mia faccia. Tu, dallo Stato di abbandono. Tu, mi hai cerkato. Mi
hai accerkiato, vieni nell’esercito. Tu, dal tuol skermo, ke poi era nella mia kasa. Sei
entrato nella mia kasa. Vieni nell’esercito. Garanzia contro l’abbandono. Io bambino
accerkiato. Io sul kampo di kalcio, nel mio paese. Paese in Stato di abbandono. Qui mi hai
cerkato. E sapevi kosa avrei risposto. Stringiamoci a korte. Siam pronti alla morte. Siam
pronti alla morte. L’Italia kiamò. Io, eroe da un kampo di kalcio. Sarò in Missione. E sono
kino alla tua korte. Sono pronto alla morte. Io, ignaro impoverito. Io, sull’uranio
impoverito. Morirò dopo questa kemioterapia. Miei organi perduti. Mio kampo da kalcio.
Perduto. Kossovo. Pristina. Sarajevo. Mostar. Ogni anno, la marcia della Morte. Ci sarò.
Non temere. Ci saremo. Io. I miei compagni. Kon la bandiera in mano. Verde. Bianka.
Rossa. Kom’è bella la mia bandiera. Trikolore. Kome la mia ekografia. Kome il mio kankro.
Morbo di Hopkins. Sindrome del Golfo. Sindrome dei Balkani. Stato di abbandono. Niente
più. Niente più. Moriremo in migliaia. Ke importa se molti di più. Moriranno. In silenzio.
Fate silenzio. Ke l’ Italia sé desta. Dall’Alpe a Sicilia. S’è desta? Io non so. Io so di mio
nonno. Kome me. Per lui centomila gavette di ghiaccio. Per me centomila gavette di
uranio. Ma sempre, per noi, Stato di abbandono. Tu sapevi. Tu sapevi e tacevi. Alla
partenza mi baciavi. Mi salutavi. Mi aspettavi? No. Tu sapevi. E tacevi. Kommemori
Nassirya. Kommemori Kabul. Kommemori sempre. Ma sempre fingi. Ogni volta sapevi.
Ogni volta fingevi. Addio, kon il kuore di kankro tra le mie mani. Mi stringerai la mano?
Nel kampo da kalcio, trovo mia madre. Akkarezza il pallone a terra. Nella polvere. Nel
kampo da kalcio, trovo mio padre. Parla con mia madre. Mia madre non sente. Non ha
tempo per sentire. Akkarezza il kuoio del pallone. Mio padre. Le parla. E piange. E piange.
Mia madre guarda mio padre. Akkarezza il pallone e guarda mio padre. Perkè non mi
askolta? Dice mia madre. Perkè non mi askolta? Mentre akkarezza il kuoio del pallone. E
mio padre, piange. Piange. Io askolto, mio kranio, sepolto. In questo kampo. Di uranio.
20 settembre 2009 Giuliano Bugani
operaio, giornalista, poeta