Università degli Studi di Napoli “Federico II” - Corso di ...
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> <strong>“Federico</strong> <strong>II”</strong><br />
Facoltà <strong>di</strong> Scienze MMFFNN<br />
Dipartimento delle Scienze Biologiche - Sezione Fisiologia ed Igiene<br />
<strong>Corso</strong> <strong>di</strong> Perfezionamento in “Igiene e Tecnologie <strong>degli</strong> Alimenti”<br />
Anno accademico 2009-10<br />
Origine della contaminazione e fattori <strong>di</strong> crescita dei microrganismi negli<br />
alimenti *<br />
<strong>Napoli</strong> 20 e 27 novembre 2009<br />
GIORGIO LIGUORI<br />
Cattedra <strong>di</strong> Igiene ed Epidemiologia, Facoltà <strong>di</strong> Scienze Motorie, <strong>Università</strong> <strong>degli</strong><br />
<strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> “Parthenope”<br />
1. La contaminazione microbica <strong>degli</strong> alimenti<br />
I microrganismi costituiscono una componente inevitabile, per quanto spesso<br />
indesiderata, dell’ambiente naturale (aria-acqua-suolo); si ritrovano in abbondanza sull’uomo e<br />
su tutti gli esseri viventi (animali e piante) dai quali l’uomo stesso trae nutrimento. Ne<br />
consegue che qualsiasi prodotto destinato al consumo risulta contaminato da un numero più o<br />
meno rilevante <strong>di</strong> agenti biologici <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura ed origine: residenti per sede, saprofiti<br />
ambientali, commensali e patogeni.<br />
La principale causa <strong>di</strong> alterazione dei cibi è legata alla presenza <strong>di</strong> batteri e <strong>di</strong> muffe, la cui<br />
sopravvivenza e moltiplicazione è con<strong>di</strong>zionata da fattori intrinseci (pH, presenza <strong>di</strong> sostanze<br />
nutritive, ecc.) e da fattori estrinseci, quali temperatura, presenza e <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> O2, umi<strong>di</strong>tà.<br />
È sufficiente una “carica” anche minima perché in talune matrici alimentari, soprattutto se<br />
conservate in modo non idoneo, si abbia un abbondante sviluppo microbico.<br />
La tipologia della flora presente su e nei cibi influenza in maniera determinante il tipo <strong>di</strong><br />
alterazione che ne consegue: da semplici mo<strong>di</strong>fiche dei caratteri organolettici, con per<strong>di</strong>ta del<br />
valore commerciale, fino ad intossicazioni, talvolta gravi e letali. L’acqua e gli alimenti sono,<br />
infatti, i più importanti veicoli <strong>di</strong> malattie infettive e la loro contaminazione rappresenta un<br />
serio e continuo rischio per la salute <strong>di</strong> tutte le specie animali, uomo compreso.<br />
Contaminazioni primarie e secondarie<br />
E’ necessario <strong>di</strong>stinguere una contaminazione primaria da una secondaria. La prima è<br />
riconducibile a quella delle materie prime (acqua, vegetali e carni) ad opera dei germi del<br />
comparto ambientale e <strong>di</strong> quelli propri del prodotto stesso. I microrganismi riscontrati sulla<br />
superficie dei prodotti sono quelli abitualmente presenti nell’aria, nell’acqua e nel suolo.<br />
In seguito alle trasformazioni cui sono soggette, le materie prime subiscono inevitabili nuove<br />
contaminazioni (contaminazioni secondarie) da parte dei microrganismi <strong>degli</strong> ambienti <strong>di</strong>
lavorazione e derivanti dai processi tecnologici che conducono al prodotto finito (attrezzature,<br />
impianti, imballaggi, ecc.). In definitiva si può affermare che, sebbene la micro-biocontaminazione<br />
<strong>degli</strong> alimenti sia implicita nella loro stessa natura ed origine, essa è influenzata<br />
e “specializzata” dall’ambiente.<br />
Aria e particolato sospeso (polvere, pulviscolo, etc.) contengono un elevato numero <strong>di</strong> cellule<br />
microbiche. Si tratta soprattutto <strong>di</strong> batteri, talora <strong>di</strong> muffe, e solo raramente <strong>di</strong> lieviti. Fra i<br />
batteri predominano gli sporigeni ed i micrococchi. I prodotti più esposti sono il latte, la frutta<br />
e la verdura.<br />
La cute, i peli e gli annessi delle superfici esterne <strong>degli</strong> animali da macello sono anch’essi<br />
contaminati dai microrganismi presenti nell’aria e ciò può giocare un ruolo decisivo<br />
nell’inquinamento della componente e<strong>di</strong>bile del prodotto, allorquando le pratiche <strong>di</strong><br />
macellazione e <strong>di</strong> eviscerazione delle carcasse non sono eseguite correttamente.<br />
Le acque, dolci e salate, contengono in sospensione microrganismi assai <strong>di</strong>versi: oltre ad una<br />
flora idrica residente e peculiare, sono presenti i batteri che provengono dall’aria, dal terreno<br />
ma anche patogeni eliminati con le feci e le urine dell’uomo e <strong>degli</strong> animali (salmonelle,<br />
shigelle, ecc.). L’acqua rappresenta la più rilevante fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione dei patogeni enterici; le<br />
vigenti normative in materia <strong>di</strong> controllo microbiologico delle preparazioni alimentari<br />
impongono, infatti, per tutte le acque ed i prodotti destinati al consumo umano la ricerca<br />
sistematica <strong>degli</strong> “in<strong>di</strong>catori fecali ”. (rapporto ISTISAN)<br />
Le muffe (Aspergillus, Penicillium, Rhizopus, Fusarium, ecc.) sono variamente rappresentate<br />
e, talvolta, si rendono responsabili oltre che <strong>di</strong> malattie <strong>di</strong> piante ed animali, anche <strong>di</strong> alterazioni<br />
organolettiche dei prodotti ittic (Zicari, 2001)i.<br />
Le interazioni fra acqua e suolo sono ampie, infatti nel terreno si ritrovano gli stessi<br />
microrganismi presenti nell’acqua. Il suolo, soprattutto in presenza <strong>di</strong> adatte con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
temperatura, umi<strong>di</strong>tà e riparo dalla luce, costituisce un idoneo substrato per la sopravvivenza <strong>di</strong><br />
molte specie microbiche ed in particolare per la concentrazione delle forme <strong>di</strong> resistenza (spore<br />
batteriche e micotiche, cisti <strong>di</strong> protozoi e uova <strong>di</strong> elminti) [14].<br />
La possibilità che i germi del suolo possano essere veicolati sui vegetali e sulla superficie <strong>degli</strong><br />
animali <strong>di</strong>rettamente dagli insetti costituisce, poi, un aspetto particolare tutt’altro che<br />
trascurabile.<br />
Le materie prime non presentano tutte lo stesso grado <strong>di</strong> vulnerabilità alla contaminazione. La<br />
cute <strong>degli</strong> animali, gli involucri <strong>di</strong> frutta e verdura, il guscio delle uova costituiscono, infatti,<br />
vere e proprie barriere naturali <strong>di</strong> superficie in grado <strong>di</strong> proteggere il “cuore” del prodotto in<br />
quanto le cellule microbiche, in linea <strong>di</strong> principio, non possono attraversarle. Gli alimenti che<br />
non possiedono tali <strong>di</strong>fese sono particolarmente vulnerabili e pertanto più soggetti ad<br />
alterazioni. Ad esempio il latte, prototipo <strong>degli</strong> alimenti altamente deperibili, è esposto a<br />
continue contaminazioni dal momento della mungitura (per la presenza <strong>di</strong> microrganismi sulla<br />
mammella dell’animale) a quello del consumo.<br />
Anche l’interno <strong>degli</strong> alimenti provvisti <strong>di</strong> barriere <strong>di</strong> superficie (tegumenti, bucce e gusci) può<br />
essere comunque “aggre<strong>di</strong>to” dalla flora superficiale. Ciò si verifica durante il taglio delle<br />
carcasse <strong>degli</strong> animali, dal momento che peli e cute costituiscono una ulteriore fonte <strong>di</strong><br />
contaminazione delle carni; analogamente, al momento della raccolta <strong>di</strong> frutta e verdura, cellule<br />
microbiche possono penetrare nei tessuti ed alterare il prodotto allorquando se ne alteri<br />
l’integrità. Albume e tuorlo possono essere contaminati da taluni batteri Gram- (Pseudomonas,<br />
Acinetobacter, Proteus, ecc.), in grado <strong>di</strong> attraversare il guscio in seguito a fenomeni <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>latazione provocati da drastiche e rapide mo<strong>di</strong>ficazioni delle temperature <strong>di</strong> conservazione e<br />
magazzinaggio [2].<br />
Anche i microrganismi, il cui habitat naturale è il tratto intestinale <strong>degli</strong> animali, possono<br />
contaminare le carni dopo macellazione, eviscerazione, lavaggio e taglio. Si tratta,<br />
generalmente <strong>di</strong> schizomiceti quali enterobatteri, enterococchi, stafilococchi, clostri<strong>di</strong>,<br />
2
lattobacilli, Pseudomonas spp. Le muffe sono, invece, poco rappresentate, e fra i lieviti, quelli<br />
trasmessi con maggiore frequenza appartengono al genere Can<strong>di</strong>da. I visceri costituiscono la<br />
maggior fonte <strong>di</strong> contaminazione, oltre che delle carni, anche del pesce [9] (ICMFS, 1996).<br />
Gli ambienti <strong>di</strong> lavorazione e trasformazione delle derrate alimentari sono fonte <strong>di</strong> nuove<br />
contaminazioni, che vanno ad aggiungersi a quelle preesistenti ora descritte. Le superfici, le<br />
attrezzature industriali, i piccoli strumenti e soprattutto il personale, giocano un ruolo<br />
fondamentale nella genesi delle contaminazioni secondarie. Queste ultime sono influenzate<br />
principalmente dalla concezione dei locali e delle catene <strong>di</strong> fabbricazione, dal livello <strong>di</strong> igiene<br />
imposto dalle pratiche <strong>di</strong> pulizia, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinfezione e <strong>di</strong> manutenzione generale dell’impianto [3].<br />
La componente dell’aria indoor è identica a quella dell’ambiente esterno con la quale è in ovvi<br />
rapporti <strong>di</strong> continuità. Esiste però una flora aero<strong>di</strong>spersa “propria” <strong>degli</strong> ambienti confinati,<br />
rappresentata dai germi eliminati dall’uomo e da quelli presenti sui prodotti stessi e sugli<br />
utensili. Tali microrganismi ritornano in sospensione senza subire fenomeni <strong>di</strong> <strong>di</strong>luizione<br />
sufficienti alla rapida <strong>di</strong>spersione, come avviene invece in ambiente esterno. Allo stesso modo,<br />
la deambulazione e l’apertura e chiusura <strong>di</strong> porte e finestre concorrono in misura rilevante alla<br />
“movimentazione” della componente microbica <strong>degli</strong> ambienti confinati [13].<br />
Nelle industrie alimentari, l’acqua rappresenta una delle maggiori fonti <strong>di</strong> contaminazione dei<br />
prodotti, essendo impiegata anche nei proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> lavaggio, raffreddamento, ecc. In<br />
quest’ultimo caso essa è spesso all’origine della ricontaminazione delle scatole <strong>di</strong> conserve non<br />
correttamente saldate, tanto che attualmente vengono sistematicamente impiegati germici<strong>di</strong><br />
idonei ad eliminare gli “inquinamenti” post-fabbricazione [9].<br />
Il ruolo delle superfici è stato ampiamente <strong>di</strong>mostrato [9, 11]. Le cellule microbiche ben<br />
aderiscono alle pareti in vetro, legno, plastica, gomma, ceramica, acciaio inox, ecc. Il contatto<br />
<strong>di</strong> una matrice alimentare con superfici mal pulite (piani <strong>di</strong> lavoro, muri, nastri trasportatori,<br />
ecc.) si traduce in un aumento della carica microbica iniziale e nella polluzione <strong>di</strong> sostanze<br />
metabolizzate dalla flora contaminante. Oggigiorno, soprattutto nelle industrie delle carni e del<br />
pesce, il legno è sostituito con materiali plastici, proprio per limitare le contaminazioni da<br />
contatto.<br />
Le macchine e i loro accessori sono inevitabilmente fonti <strong>di</strong> contaminazione: mulini,<br />
impastatrici, tubazioni, valvole, filtri etc. Lo stesso <strong>di</strong>casi per i piccoli utensili (coltelli, piani <strong>di</strong><br />
taglio, ecc.) e per i recipienti (cestelli, vasche, ecc.). Questi materiali, pertanto, devono essere<br />
oggetto <strong>di</strong> manutenzione, pulizia e <strong>di</strong>sinfezione regolari [1].<br />
Altro aspetto fondamentale è legato all’igiene <strong>degli</strong> operatori del settore. Una inadeguata<br />
igiene personale determina frequenti contaminazioni; i soggetti infetti (portatori e malati)<br />
eliminano attraverso le mani, il naso e la bocca i patogeni che possono giungere a contatto con<br />
gli alimenti durante le fasi <strong>di</strong> manipolazione e, quin<strong>di</strong>, è buona norma evitare <strong>di</strong> starnutire,<br />
tossire, parlare, soffiare il naso e fumare in vicinanza sia <strong>degli</strong> alimenti, sia delle stoviglie e dei<br />
contenitori puliti. Particolare cura va riposta nella manipolazione <strong>degli</strong> alimenti da consumare<br />
cru<strong>di</strong> o che non possono essere sottoposti a temperature elevate (bollitura, arrostitura)<br />
(Riecco, 2001).<br />
I meccanismi e le con<strong>di</strong>zioni che favoriscono la contaminazione dei cibi da parte <strong>degli</strong> agenti<br />
biologici eliminati dall’uomo possono essere così riassunti:<br />
1. eliminazione <strong>di</strong> agenti biologici in quantità sufficiente con feci, urine, secrezioni nasali ed<br />
auricolari oppure da lesioni e ferite non protette;<br />
2. passaggio sulle mani ed altre parti del corpo che entrano <strong>di</strong>rettamente in contatto con le<br />
preparazioni alimentari;<br />
3. sopravvivenza dei microrganismi nell’ambiente per un periodo <strong>di</strong> tempo sufficiente al<br />
passaggio sopra e nei cibi;<br />
4. assenza, prima della <strong>di</strong>stribuzione, <strong>di</strong> trattamenti atti a <strong>di</strong>struggere la flora microbica<br />
presente nell’alimento;<br />
3
5. presenza <strong>di</strong> una carica microbica corrispondente alla dose infettante oppure, conservazione<br />
<strong>degli</strong> alimenti in con<strong>di</strong>zioni permissive per un’attiva proliferazione e/o per la produzione <strong>di</strong><br />
elaborati tossici.<br />
Sulla cute delle mani, sotto le unghie, nelle pieghe cutanee, così come sotto gli anelli, orologi e<br />
braccialetti (che vanno categoricamente sfilati durante il turno <strong>di</strong> lavoro) i microrganismi<br />
possono trovare con<strong>di</strong>zioni idonee per la loro sopravvivenza. Poiché le mani sono adoperate<br />
spesso nelle fasi <strong>di</strong> preparazione, confezionamento e trasporto dell’alimento, tali germi<br />
possono facilmente trasferirsi sull’alimento stesso.<br />
Il lavaggio delle mani è pertanto un’importante operazione da effettuare accuratamente,<br />
sempre allo stesso modo e ripetutamente nel corso della giornata lavorativa. Occorre usare un<br />
buon sapone, contenuto in <strong>di</strong>stributori automatici; il lavaggio va effettuato con un vigoroso<br />
sfregamento delle mani e fin all’avambraccio, a partire dalla zona sottostante le unghie (che<br />
vanno tenute corte e pulite e per le quali bisogna adoperare un apposito spazzolino). La durata<br />
dell’operazione deve essere <strong>di</strong> 30 secon<strong>di</strong> almeno; altri 30 secon<strong>di</strong> vanno impiegati per<br />
risciacquare abbondantemente con acqua corrente (meglio se calda); per asciugare è preferibile<br />
ricorrere ad asciugamani su rullo, a carta monouso, a getti <strong>di</strong> aria calda, ecc.<br />
Anche le mo<strong>di</strong>fiche delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> magazzinaggio e trasporto <strong>di</strong> un prodotto possono<br />
favorire lo sviluppo <strong>di</strong> microrganismi. Nell’industria delle carni e dei prodotti congelati, ad<br />
esempio, va evitata ogni interruzione della catena del freddo e qualsiasi variazione dell’umi<strong>di</strong>tà<br />
relativa <strong>degli</strong> ambienti (Tiecco 2001).<br />
Problemi <strong>di</strong> contaminazione nella fase <strong>di</strong> commercializzazione si pongono soprattutto per le<br />
carni ed i prodotti <strong>di</strong> salumeria, per i piatti cucinati ed i pasti <strong>di</strong> ristorazione collettiva. Per tali<br />
alimenti sono possibili ancora contaminazioni che originano dalle superfici, dagli utensili<br />
(principali responsabili delle frequenti contaminazioni crociate crudo/crudo, crudo/cotto e<br />
cotto/cotto) nonché dai ven<strong>di</strong>tori e dal personale <strong>di</strong> servizio.<br />
Nel caso della ristorazione collettiva occorre evitare, in particolare, cotture insufficienti, tempi<br />
troppo lunghi fra preparazione e <strong>di</strong>stribuzione dei pasti, refrigerazioni e temperature <strong>di</strong><br />
riscaldamento inadeguate e, soprattutto, la manipolazione eccessiva dei piatti [1]. (Liguori<br />
Ugliano, 2005)<br />
Il D.L.vo n°155 del 26.05.97, attuativo delle <strong>di</strong>rettive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti<br />
l’igiene dei prodotti alimentari, stabilisce che le aziende alimentari, definite come “ogni<br />
soggetto pubblico o privato, con o senza fini <strong>di</strong> lucro, che esercita una o più delle seguenti<br />
attività: la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito,<br />
il trasporto, la <strong>di</strong>stribuzione, la manipolazione, la ven<strong>di</strong>ta o la fornitura, compresa la<br />
somministrazione, <strong>di</strong> prodotti alimentari” [4], devono garantire che queste vengano effettuate<br />
in modo igienico.<br />
A tale scopo, il responsabile della industria/azienda/esercizio deve in<strong>di</strong>viduare nella propria<br />
attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza <strong>degli</strong> alimenti, implementando<br />
una metodologia <strong>di</strong> “autocontrollo” basata sui principi dell’HACCP (Hazard Analysis and<br />
Critical Control Points) che è un sistema preventivo <strong>di</strong> analisi dei rischi e <strong>di</strong> controllo continuo<br />
<strong>di</strong> quelle fasi della produzione (punti critici) che potrebbero inficiare le buone caratteristiche<br />
igienico-sanitarie dei prodotti [4, 12, 13].<br />
4
2. Fattori che con<strong>di</strong>zionano lo sviluppo dei microrganismi negli<br />
alimenti<br />
La velocità <strong>di</strong> crescita dei batteri è <strong>di</strong>rettamente proporzionale a quella delle reazioni<br />
del metabolismo microbico catalizzate da specifiche attività enzimatiche. Tutti i parametri in<br />
grado <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionare tali attività enzimatiche e dunque il metabolismo, influenzano<br />
inevitabilmente lo sviluppo batterico. I parametri più importanti sono la composizione della<br />
matrice alimentare, la temperatura, il pH, il contenuto in acqua libera, il potenziale <strong>di</strong> ossido<br />
riduzione ed O2 e la presenza <strong>di</strong> inibitori [2, 8, 11] (Tabella 1).<br />
Tabella 1<br />
Le matrici alimentari rappresentano tutte mezzi <strong>di</strong> coltura idonei allo sviluppo dei batteri,<br />
organismi eterotrofi e chemiorganotropi capaci <strong>di</strong> moltiplicarsi attivamente su <strong>di</strong> essi,<br />
soprattutto se in presenza <strong>di</strong> fonti <strong>di</strong> carbonio, <strong>di</strong> acqua e <strong>di</strong> sostanze minerali. La <strong>di</strong>sponibilità<br />
o meno <strong>di</strong> tali nutrienti con<strong>di</strong>ziona sensibilmente la velocità <strong>di</strong> crescita e, in base ad essa, è<br />
possibile <strong>di</strong>stinguere gli alimenti in “favorenti”, “inerti” e “non favorenti”. Gli alimenti freschi<br />
sono i più vulnerabili; in relazione ai tempi <strong>di</strong> conservazione, i prodotti alimentari vengono<br />
ulteriormente <strong>di</strong>stinti in:<br />
- non deperibili, ad esempio i cereali;<br />
- deperibili, come la frutta e la verdura;<br />
- altamente deperibili quali, ad esempio il latte e le carni.<br />
I cibi conservati sottovuoto o in confezioni ermetiche (vetro, metallo, tetrapak e materie<br />
plastiche) possono andare incontro a contaminazione <strong>di</strong> tutti i tipi, allorquando venga alterata<br />
l’integrità della confezione stessa.<br />
Gli alimenti congelati e surgelati costituiscono un substrato idoneo allo sviluppo <strong>di</strong> germi<br />
psicrofili, primi fra tutti, <strong>di</strong> Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, Campylobacter<br />
jejuni, Salmonella spp. e <strong>di</strong> taluni virus particolarmente resistenti alle basse temperature (Jay<br />
2003; Tauxe 2002).<br />
Gli alimenti <strong>di</strong>sidratati (latte in polvere, uova, etc.) e quelli liofilizzati (verdure, carni, pesce ed<br />
alimenti per l’infanzia) sono soggetti ad inquinamento microbico in caso <strong>di</strong> alterazione delle<br />
confezioni, ovvero dopo ricostituzione.<br />
Pesci, carni e formaggi essiccati e/o affumicati sono particolarmente a rischio <strong>di</strong><br />
contaminazione da Clostri<strong>di</strong>um botulinum (così come i sottolio <strong>di</strong> produzione domestica ed<br />
artigianale); i prodotti salati possono favorire anche lo sviluppo <strong>di</strong> batteri alofili. Le muffe ed i<br />
lieviti costituiscono le presenze microbiche indesiderate più frequenti per gli alimenti conservati<br />
in liquido <strong>di</strong> governo (ortaggi, frutta in soluzione, ecc.).<br />
Infine, come già descritto, sono particolarmente a rischio i cibi preparati <strong>di</strong> fresco “non<br />
confezionati” e pronti al consumo <strong>di</strong>retto, nonché gli alimenti “precotti”, che possono essere<br />
serviti <strong>di</strong>rettamente o dopo riscaldamento. Questi vanno consumati sempre nel più breve tempo<br />
possibile dopo la preparazione, oppure conservati in con<strong>di</strong>zioni e temperature idonee [15].<br />
In Tabella 2 è esposta mostra una possibile classificazione <strong>degli</strong> alimenti in rapporto agli<br />
eventuali sistemi <strong>di</strong> conservazione con i quali sono generalmente processati.<br />
Tabella 2<br />
5
Struttura del prodotto alimentare<br />
Molti prodotti alimentari, sia animali che vegetali, sono protetti dall’ambiente esterno da<br />
efficaci barriere <strong>di</strong> superficie che, durante le fasi <strong>di</strong> macellazione o <strong>di</strong> raccolta, sono eliminate o<br />
lesionate.<br />
Anche la struttura interna, organizzata in cellule separate da una membrana e tessuto<br />
connettivo negli animali e da pareti cellulosiche nei vegetali, limita la moltiplicazione e la<br />
<strong>di</strong>ffusione dei microrganismi nella massa del prodotto. Nel corso delle operazioni <strong>di</strong> pelatura,<br />
macinazione o pressatura queste membrane vengono <strong>di</strong>strutte e, in molti casi, la successiva<br />
propagazione microbica viene agevolata dalla produzione <strong>di</strong> potenti idrolasi (proteasi, cellulasi,<br />
pectinasi) [9].<br />
Temperatura<br />
La temperatura è forse il più importante parametro che influenza lo sviluppo microbico. Essa<br />
agisce sia sulla mo<strong>di</strong>fica dello stato fisico dell’acqua (congelamento ed ebollizione determinano<br />
una <strong>di</strong>minuzione della frazione liquida e provocano delle alterazioni a carico delle cellule), sia<br />
sulle attività enzimatiche e, pertanto, sulla velocità delle numerose reazioni del metabolismo<br />
batterico.<br />
La maggior parte dei microrganismi si sviluppa attivamente a partire da 20°C, anche se è<br />
<strong>di</strong>mostrato che cellule microbiche possono crescere tra -18 e +90°C, valori estremi ai quali,<br />
sebbene la crescita sia limitata, l’attività metabolica può essere significativa [8, 11].<br />
I microrganismi sono <strong>di</strong>stinti in psicrofili, psicrotrofi, mesofili e termofili in funzione della<br />
temperatura più idonea al loro sviluppo. Gli psicrofili non costituiscono un problema ricorrente<br />
in ambito alimentare. Essi si sviluppano a 0°C, con un optimum compreso fra 15 e 20°C. I più<br />
frequenti batteri psicrofili patogeni sono i già ricordati generi Listeria, Yersinia,<br />
Campylobacter e Salmonella spp. I germi psicrotrofi sono capaci <strong>di</strong> adattarsi e <strong>di</strong> svilupparsi<br />
anche a temperature prossime allo 0°C, ma hanno un optimum fra 25 e 35°C, con<strong>di</strong>zione che li<br />
avvicina ai mesofili. Questi ultimi, cui appartiene la maggior parte dei patogeni umani,<br />
pre<strong>di</strong>ligono temperature <strong>di</strong> crescita tra +20°C e +45°C, con un optimum a +37°C. Si ritrovano<br />
più spesso negli alimenti conservati a temperatura ambiente ed in quelli refrigerati, soprattutto<br />
quando si verifica una interruzione della catena del freddo. I termofili, infine, sono<br />
microrganismi capaci <strong>di</strong> svilupparsi ad elevate temperature, da +45°C a +65°C (optimum a<br />
+55°C). Si ritrovano nell’acqua, nell’aria, nel terreno; in campo alimentare sono rappresentati<br />
soprattutto dai generi batterici Bacillus e Clostri<strong>di</strong>um [8].(De Felip 2001)<br />
L’effetto della temperatura gioca un ruolo importante nella genesi delle contaminazioni. I<br />
sistemi <strong>di</strong> conservazione con mezzi fisici si fondano sull’utilizzo <strong>di</strong> regimi termici inidonei allo<br />
sviluppo della maggior parte dei microrganismi. In tal modo, oltre al drastico abbattimento<br />
della carica, si realizzano ampie selezioni tra le <strong>di</strong>verse specie. Il parametro temperatura va<br />
considerato unitamente al tempo <strong>di</strong> esposizione; tale binomio è inversamente proporzionale,<br />
tanto che con i sistemi <strong>di</strong> pastorizzazione “bassa” (+60-65°C) molti batteri sono uccisi con il<br />
calore solo se il trattamento viene protratto per tempi sufficientemente lunghi.<br />
pH<br />
L’azione del pH sulla crescita dei microrganismi interviene a tre livelli: a livello del mezzo (la<br />
matrice alimentare), della permeabilità <strong>di</strong> membrana e dell’attività metabolica. Ogni variazione<br />
del pH citoplasmatico, ad esempio, determina rallentamenti delle attività enzimatiche e,<br />
pertanto, della velocità <strong>di</strong> crescita dei microrganismi.<br />
6
I batteri si sviluppano in ranges <strong>di</strong> pH compresi tra 4.5 e 9, con un optimum fra 6.5 e 7.5,<br />
valori propri della maggior parte <strong>degli</strong> alimenti. Vi sono eccezioni, come i batteri lattici, che<br />
tollerano pH < 3.5. La maggior parte dei miceti è acido resistente (4 < pH < 6), con valori<br />
estremi fra 2 e 9 per i lieviti e fra 2 e 11 per le muffe.<br />
Fra i batteri patogeni, i generi Vibrio e Clostri<strong>di</strong>um sono i più sensibili alle variazioni <strong>di</strong> pH,<br />
rispetto alla maggior parte dei batteri, mentre Escherichia coli, Salmonella spp e<br />
Staphylococcus aureus, sono i più resistenti. Le numerose ricerche effettuate sul Clostri<strong>di</strong>um<br />
botulinum hanno consentito <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare che 4.8 è il pH più basso al quale si sviluppano i tipi<br />
A e B, mentre 5.7 è quello ottimale per il tipo E [2].<br />
Contenuto in acqua libera Aw<br />
L’acqua viene utilizzata dai microrganismi sia come solvente dei nutrienti, che sono così<br />
trasportati e resi <strong>di</strong>sponibili nel citoplasma, sia come reagente chimico nelle reazioni <strong>di</strong> idrolisi,<br />
generatrici <strong>di</strong> monomeri (aminoaci<strong>di</strong>, zuccheri, aci<strong>di</strong> grassi) necessari alle sintesi microbiche e<br />
alle reazioni energetiche.<br />
Aw in<strong>di</strong>ca la quota <strong>di</strong> acqua “non legata” e pertanto <strong>di</strong>sponibile a partecipare a tali processi, ai<br />
cambiamenti <strong>di</strong> stato e come transfert attraverso membrane semipermeabili. Il suo valore,<br />
calcolato sulla base della legge <strong>di</strong> Raoult come rapporto tra molecole <strong>di</strong> solvente e molecole <strong>di</strong><br />
soluzione (soluto + solvente), è compreso fra 0 e 1.<br />
Ogni abbassamento della Aw riduce le attività enzimatiche che influenzano il tasso <strong>di</strong> crescita<br />
batterica; man mano che i valori <strong>di</strong> Aw <strong>di</strong>minuiscono, infatti, lo sviluppo microbico ed i tempi<br />
necessari alla germinazione delle spore si riducono perchè la sottrazione della quota <strong>di</strong> acqua<br />
libera determina un fenomeno <strong>di</strong> plasmolisi cellulare. Tale meccanismo è molto sensibile; ad<br />
esempio, lo Staphylococcus aureus perde il 50% della sua acqua intracellulare al passaggio<br />
dell’Aw da 0.995 a 0.950. Anche la natura del soluto influisce sui valori minimi richiesti dai<br />
batteri. Ad esempio il Clostri<strong>di</strong>um perfringens tollera meglio il glicerolo che non il glucosio o<br />
il cloruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o a pari valori <strong>di</strong> Aw. (Tiecco, 2001, ICMFS, 1996)<br />
La quota <strong>di</strong> acqua libera propria <strong>di</strong> una preparazione alimentare può essere ridotta o eliminata<br />
(principio su cui si fondano <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> conservazione) in 3 mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti: aumentando<br />
le concentrazioni dei soluti igroscopici (sale e zucchero), aggiungendo colloi<strong>di</strong> idrofili (agar,<br />
addensanti, ecc.) e/o favorendo il passaggio dallo stato liquido a quello solido (acqua <strong>di</strong><br />
cristallizzazione e cristallizzata) [10].<br />
La maggior parte <strong>degli</strong> schizomiceti pre<strong>di</strong>lige valori <strong>di</strong> Aw tra 0.990-0.995. Prodotti freschi,<br />
come verdure, latte, carni e pesce possiedono una quota <strong>di</strong> acqua libera sufficiente a favorire<br />
una rapida moltiplicazione dei batteri (tra 0.970 e 0.996). Sulla frutta, invece, prevale<br />
generalmente una ricca flora fungina, a causa dei più bassi valori <strong>di</strong> pH e <strong>di</strong> Aw, per la presenza<br />
<strong>di</strong> zuccheri liberi.<br />
Il valore soglia <strong>di</strong> Aw in grado <strong>di</strong> conferire stabilità ad un prodotto è pari a 0.7, anche se 0.91<br />
rappresenta il limite al <strong>di</strong> sotto del quale lo sviluppo microbico è già fortemente ridotto. Le<br />
normative a riguardo sono molto rigide; ad esempio la Direttiva CEE n.99 del 1977 stabilisce<br />
che il valore <strong>di</strong> Aw per le preparazioni alimentari da conservare a temperatura ambiente deve<br />
essere < 0.91, oppure pari a 0.95 per gli alimenti con pH
influisce sul P.O.R. <strong>di</strong> un ambiente esercitando un effetto specifico sul metabolismo in quanto<br />
viene utilizzato come accettore finale <strong>di</strong> elettroni ed induce formazione <strong>di</strong> H2O2.<br />
I microrganismi, in base alla richiesta <strong>di</strong> ossigeno, vengono <strong>di</strong>versamente classificati. Per<br />
gli aerobi obbligati l’ossigeno molecolare è in<strong>di</strong>spensabile; gli aerobi facoltativi utilizzano<br />
l’ossigeno ma possono crescere anche in sua assenza; gli aerobi carbossifili sono generalmente<br />
germi aerobi che si sviluppano meglio in atmosfera arricchita con CO2. Il gruppo dei<br />
microaerofili è invece costituito da microrganismi che necessitano <strong>di</strong> ossigeno in<br />
concentrazione < 2-5% e pre<strong>di</strong>ligono una aumentata concentrazione <strong>di</strong> anidride carbonica. Gli<br />
anaerobi obbligati, infine, non sono in grado <strong>di</strong> utilizzare l’ossigeno molecolare che, a seconda<br />
dei casi, può avere azione batteriostatica e/o battericida.<br />
Sostanze inibenti e ad<strong>di</strong>tivi<br />
Le molecole, sia naturali che <strong>di</strong> sintesi, in grado <strong>di</strong> esercitare potere batteriostatico e/o<br />
battericida sono numerose. Molte <strong>di</strong> esse si ritrovano in natura presenti nei tessuti animali e<br />
vegetali, vivi o morti e nei prodotti <strong>di</strong> fermentazione; quelle <strong>di</strong> sintesi aggiunte dall’uomo come<br />
conservanti prendono il nome <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tivi.<br />
Taluni alimenti contengono naturalmente sostanze dall’azione antimicrobica, come il lisozima,<br />
potente antibatterico, presente ad esempio nel latte e nelle uova, gli oli essenziali contenuti<br />
nelle spezie e ancora il gossipolo, antiossidante presente nei semi <strong>di</strong> cotone.<br />
Gli ad<strong>di</strong>tivi ad<strong>di</strong>zionati ai prodotti allo scopo <strong>di</strong> preservarne nel tempo le caratteristiche <strong>di</strong><br />
e<strong>di</strong>bilità (stabilizzanti), possono avere sia azione specifica per taluni microrganismi, sia molto<br />
più estesa. I clostri<strong>di</strong>, ad esempio, sono molto sensibili all’azione dei nitriti, al contrario <strong>di</strong><br />
quanto accade per altri batteri Gram+ tra i quali gli stafilococchi. I Gram+ sono sensibili a<br />
numerose molecole quali il citrato, la nisina, il butile-ossoanisolo ed il butile-ossitolulo. I germi<br />
Gram- sono generalmente più resistenti dei Gram+, sebbene sensibili agli ad<strong>di</strong>tivi a largo<br />
spettro ora ricordati, ai quali va aggiunta l’anidride solforosa. C’è ampia <strong>di</strong>sponibilità, altresì,<br />
<strong>di</strong> farmaci ad azione antimicotica.<br />
La scelta dell’ad<strong>di</strong>tivo è molto importante ed è generalmente subor<strong>di</strong>nata al sistema <strong>di</strong><br />
conservazione cui sarà sottoposto l’alimento. In Italia, dal punto <strong>di</strong> vista normativo, vige il<br />
criterio delle “liste positive”; vale a <strong>di</strong>re che l’elenco delle sostanze “consentite” è<br />
perio<strong>di</strong>camente aggiornato e pubblicato; ne scaturisce ovvia esclusione delle sostanze non<br />
riportate in elenco [5].<br />
In conclusione si può affermare che un prodotto finito contiene una flora microbica che è la<br />
risultante della sua “storia” in quanto, dal momento della produzione a quello del potenziale<br />
consumo, ha subito continue contaminazioni e trattamenti <strong>di</strong> stabilizzazione intesi alla loro<br />
eliminazione.<br />
Da sempre l’obiettivo principale delle industrie alimentari è quello <strong>di</strong> ottenere prodotti<br />
conformi alle norme <strong>di</strong> legge evitando, al tempo stesso, alterazioni che possano nuocere alla<br />
qualità merceologica, oppure essere responsabili <strong>di</strong> intossicazioni e tossinfezioni.<br />
Solo le buone pratiche <strong>di</strong> fabbricazione riescono a garantire prodotti sicuri. In tale ambito gli<br />
inconvenienti sono oggi relativamente rari e la qualità <strong>degli</strong> alimenti tende a migliorare grazie ai<br />
continui progressi realizzati in campo tecnologico, igienistico ed al costante aggiornamento dei<br />
sistemi <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> qualità [7].<br />
L’applicazione della corretta prassi igienica, infatti, attuata con la realizzazione <strong>di</strong> piani <strong>di</strong><br />
autocontrollo basati sui principi dell’HACCP, è <strong>di</strong> per se in grado, come <strong>di</strong>mostrato anche in<br />
esperienze personali, <strong>di</strong> abbattere in modo evidente il rischio delle irregolarità, con un indubbio<br />
miglioramento della qualità delle produzioni [12] (Liguori Ig an Pub).<br />
8
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10
PARAMETRO<br />
CONDIZIONI<br />
FAVORENTI<br />
CONDIZIONI<br />
SFAVORENTI<br />
TEMPERATURA 20° < T < 40° T > 65° e T < 4°<br />
Ph 6 < pH