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Tracce e memorie medievali nelle fonti napoletane - pagina

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UNIVERSITÀ DEL SALENTO<br />

DIPARTIMENTO DEI BENI DELLE ARTI E DELLA STORIA<br />

Pubblicazioni del Dottorato<br />

In<br />

ARTI, STORIA E TERRITORIO<br />

DELL'ITALIA NEI RAPPORTI<br />

CON L'EUROPA E I PAESI DEL MEDITERRANEO<br />

Coordinatore Prof. Benedetto Vetere<br />

8


Volume pubblicato con il contributo<br />

dell'Università del Salento<br />

Dipartimento dei Beni delle Arti e della Storia<br />

Tutti i diritti riservati<br />

CONGEDO EDITORE 2009<br />

ISBN 9788880868712


Maria Rosaria Marchionibus<br />

le Cose Familiari di Giovan Battista Bolvito, del 1585;51'Historia Neapoletana<br />

di Francesco De Petri, del 1634,6 e i Discorsi delle famiglie nobili del Regno<br />

di Napoli, di Carlo De Lellis, pubblicati in 3 volumi, dal 1654 a11681,7<br />

hanno consentito di reperire numerose informazioni sia sull' aspetto architettonico<br />

di S. Eustachio, sia sul suo ricchissimo arredo liturgico.<br />

Tali <strong>fonti</strong> restituiscono il ricordo di un edificio monumentale, reso<br />

prezioso esternamente da elaborati intarsi, e custode, all'interno, di reliquie,<br />

mosaici, tombe monumentali, capitelli e colonne di spoglio.<br />

Esso fu, probabilmente, fondato verso la fine del XII secolo, da Antonio<br />

d'Afflitto, il cui nome si leggeva insieme alla data del 1187, su una<br />

campana di S. Eustachio, trasferita nel duomo di Scala nel 1776. 8<br />

I d'Afflitto - famiglia di mercanti, amministratori reali e vescovi 9 - investirono<br />

delle cifre considerevoli nella costruzione della chiesa e nella<br />

sua decorazione. Infatti, come dimostrano i monumentali resti, e le descrizioni<br />

dell' aspetto primitivo e della decorazione originaria, S. Eustachio<br />

doveva essere una delle più grandiose fondaZIoni private della regione.<br />

IO<br />

Le rovine dell' edificio, isolate su una collina rocciosa coperta da ulivi,<br />

e ridotte solamente alla parte inferiore delle mura perimetrali e alle tre<br />

absidi rivolte ad Oriente - quasi intatte, dominano il villaggio di Pontone<br />

(fig. 1).<br />

Le monumentali tribune (fig. 2), traforate da finestre a lancetta, poggiano<br />

su una larga cripta, e testimoniano, per le notevoli dimensioni, che<br />

la scala originaria dell' edificio doveva essere grandiosa. All' esterno, la<br />

loro superficie si anima pittoricamente grazie alla presenza di blocchetti<br />

di tufo giallo e nero, intessuti in orditi ad archetti intrecciati, che compongono<br />

tre loggette pensili cieche, sorrette da sottili colonnine di marmo<br />

bianco.<br />

La prima loggetta è collocata tra due fasce ad opus reticulatum, realizzate<br />

sempre con analoghi tufelli bicromi, disposti a scacchiera, mentre, nello<br />

reso possibile la ricostruzione storica dei legami esistenti tra la famiglia d'Afflitto e i re<br />

normanni. Si veda a tal riguardo: MARINO, De subfeudis cit., liber III, fol. 453.<br />

5 BNN, ms. Fondo San Martino 101 e 102. GIOVAN BA1TISTA BOLVITO, Registri delle cose<br />

familiari de casa nostra, Napoli 1585.<br />

6 FRANCESCO DE PETRI, Del/' Historia Neapolitana [ ... }, Napoli, Stamperia di G. Domenico<br />

Montanaro, 1634. Per i legami tra i d'Afflitto e i re normanni si veda: ibid., par. 2 fol.<br />

162.<br />

7 CARLO DE LELUS, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli, nella stampa·<br />

di Honofrio Savio, 3 volI., 1654-1671.<br />

8 CAMERA, Memorie dt., II, p. 253 nota n. 2. L'autore riporta, inoltre, il testo dell'iscrizione<br />

presente sulla campana: Anno a partu Virginis 1187 refusa mandante abate Silverio et procurante<br />

Antonio de Affiictis compadronis huius ecc/esie S. Eustachij. cfr. ibid., p. 302.<br />

9 CASKEY, Art and Patronage cit., p. 72.<br />

10 Ibid.: pp. 72, 128-133.<br />

424


Maria Rosaria Marchionibus<br />

spazio delimitato dagli archetti del registro mediano, sono incastonati dei<br />

dischi, anch'essi di tufo giallo e nero, posizionati in ordine alternato.<br />

Il nastro ad opus reticulatum doveva percorrere tutto il perimetro<br />

esterno, e anche le ghiere delle monofore incastonate <strong>nelle</strong> pareti laterali<br />

- dovevano essere decorate con ricami bicromi, come attestano ancora<br />

i resti sopravvissuti sulla parete esterna settentrionale.<br />

Tale decorazione - largamente diffusa in costiera, come dimostra,<br />

p.e., la chiesa di S. Giovanni del Toro a Ravello ll - rimanda chiaramente<br />

a modelli siciliani, del tipo di quelli visibili nel duomo di Monreale.I 2<br />

Nello spazio interno, dopo il recente restauro,13 sono state ricollocate,<br />

per ridefinire la navata centrale, quattro colonne di marmo, un tempo<br />

giacenti al suolo: di queste, tre - una delle quali dotata di capitello di<br />

spoglio sono state poste a delimitare la navatella meridionale, mentre<br />

un'altra demarca quella settentrionale (fig. 3).<br />

La zona presbiteriale è sopraelevata da una piattaforma, cui si accede<br />

tramite due scalini. Due pilastri la cui tessitura muraria è simile a quella<br />

dei muri perimetrali - intersecano tali gradini, concludendo, da un lato<br />

e dall' altro, le due file di colonne che delimitano - sebbene quella di<br />

sinistra sia composta da un unico esemplare superstite - le navate laterali.<br />

Tale elemento, forse, indica che lo spazio interno della chiesa, in origine,<br />

era scandito da un transetto non sporgente, che demarcava l'area del<br />

bema evidenziata, del resto, anche dalla piattaforma.<br />

Nella navatella sinistra, una scala conduce alla cripta, che si estende<br />

per tutta l'area presbiteriale, ed è coperta da tre volte a crociera.<br />

Il confronto tra l'atto notarile del 1571,14 i testi di Bolvito 15 e di De Lellis,16<br />

insieme all' analisi di quanto ancora è sopravvissuto, restituiscono<br />

l'aspetto originario dell' edificio.<br />

La chiesa era circondata «come in una cittadella» da mura, munite di<br />

due ingressi, uno posto a Levante e l'altro a PonenteP ed era preceduta<br />

da un atrio colonnato e voltato, alla sinistra del quale era collocato un<br />

campanile. 18<br />

11 Ibid" pp. 121-128.<br />

12 MARIO D'ONOFRIO, Il panorama dell'architettura religiosa, in I Normanni Popolo d'Europa<br />

1030-1200, catalogo della mostra (Roma, 28 gennaio-30 aprile 1994), a cura di MARIO D'O­<br />

NOFRlO, Roma 1994, p. 206.<br />

13 GIUSEPPE FIENGO, La conservazione dei patrimonio architettonico e paesistico di Scala, in<br />

Scala nel Medioevo. Atti del convegno dì studi (Scala, 27-28 ottobre 1995), Amalfi 1996, pp,<br />

69-197.<br />

14 CAMERA, Memorie cit., II, p. 252-253.<br />

15 BOLVITO, Registri cit., pp. 290-300.<br />

16 DE LELl15, Discorsi cit., III, pp. 253 e sgg.<br />

17 Ibid., p. 253.<br />

18 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252-253; BOLVITO, Registri cit., pp. 293 e sgg; DE LELL15, Discorsi<br />

cit., III, pp. 253 e sgg.<br />

426


Maria Rosaria Marchionibus<br />

Fig. 3 Pontone, chieda di S. Eustachio, interno.<br />

Fig. 4 Ravello, Albergo Caruso, entrata principale, pezzi erratici dalla chiesa di S. Eustachio<br />

a Pontone.<br />

428


<strong>Tracce</strong> e <strong>memorie</strong> <strong>medievali</strong> <strong>nelle</strong> <strong>fonti</strong> <strong>napoletane</strong><br />

la linea, che, pur essendo sinteticamente avulsa da qualsiasi intenzione<br />

di mimesi naturalisti ca, si avvolge in turgidi intrecci, dotati quasi di<br />

un'organica consistenza. 24 Il leone posto alla destra dell'entrata, raffigura,<br />

inoltre, una femmina che allatta il proprio cucciolo. 25<br />

Le <strong>fonti</strong> descrivono la chiesa come una basilica a tre navate, divise da<br />

cinque colonne per parte, e fornita di una cripta monumentale. 26<br />

Bolvito afferma, poi, che la chiesa, in origine, era coperta da volte,<br />

già, però, crollate ai suoi tempi. 27<br />

Tale notizia trova conferma <strong>nelle</strong> strutture superstiti. Infatti, la presenza<br />

della cripta, scandita da tre volte a crociera ed estesa per tutta l'area<br />

del presbiterio, e dei due pilastri che, nella chiesa superiore, delimitano<br />

il settore dello stilobate antistante l'abside centrale, definendo un<br />

spazio quasi cubico, rendono possibile ipotizzare che la copertura del<br />

presbiterio prevedeva - esattamente come nella chiesa di S. Giovanni del<br />

Toro a Ravello - due volte - forse a crociera - nello spazio prospiciente le<br />

absidi laterali, e una cupola in quello posto in corrispondenza dell' abside<br />

centrale.<br />

De Lellis descrive, inoltre, una recinzione presbiteriale, composta da<br />

lastre di marmo bianchissimo, decorate da mosaici,28 che separava il santuario<br />

dalle navate, del tutto analoga a quella ancora visibile, p.e., nella<br />

cappella Palatina di Palermo,29 L'aspetto di queste lastre può, forse, essere<br />

restituito da un pluteo conservato nel museo della cattedrale di Ravello,<br />

proveniente dalla chiesa di S. Giovanni del Toro, datato alla fine del<br />

XII secolo, e commissionato da un esponente della nobile famiglia Freccia,30<br />

che, nel 1189, si era imparentata proprio con i d'Afflitto. 31<br />

24 FRANCESCO ACETO, Sculture in costiera di Amalfi nei secoli VIII-X: prospettive di ricerca,<br />

«Rassegna Storica Salernitana", 2 NS, 1/2 dicembre 1984, pp. 49-59.<br />

25 Tale elemento deve aver tratto in inganno Matteo Camera (dr. infra), facendogli<br />

supporre che i leoni provenissero dal pulpito, poiché, secondo De Lellis (fonte che Camera<br />

ha ampiamente consultato, come egli stesso afferma: CAMERA, Memorie cit., II, p. 252­<br />

253.) questa struttura era sostenuta da quattro colonne poggianti su due leoni e due leonesse,<br />

rappresentate nell'atto di allattare dei leoncini (DE LELLlS, Discorsi cit., III, p. 254):<br />

dr. nota 30.<br />

26 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 157l cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252 e sgg.; BOLVlTO, Registri cit., p. 293; DE LELLlS, Discorsi cit.,<br />

III, pp. 253 e sgg.<br />

27 BOLVITO, Registri cit., pp. 294 e sgg.<br />

28 DE LELLlS, Discorsi cit., III, p. 253.<br />

29 Wn..LlAM TRONZO, The Cultures of His Kingdom. Roger II and the Cappella Pala fina in Palermo,<br />

Princeton 1997, pp. 47 e sgg. figg. 7, 38, 40, 50,62.<br />

30 ACETO, Sculture in costiera cit., pp. 49-59: p. 58 n. 22. Il pulpito reca in basso la seguente<br />

iscrizione: "Filiu(s) Filippi Frecce ad hOl1ore Dei et sci Ioh(ann)is fieri.<br />

31 Alberto d'Afflitto aveva sposato Clementia Freccia di Nido nel 1189: BOLVITO, Registri<br />

cit., pp. 292 e sgg; MARINO De subfeudis cit., libcr III fol. 453; DE PETRI, Historia cit., par. 2<br />

fol. 162; DE LELLl5, Discorsi cit., III, p. 276.<br />

429


Maria Rosaria Marchionibus<br />

Lungo le pareti che dividevano la croce principale della chiesa dalle<br />

navate laterali, erano rappresentate a mosaico molte figure di santi. 32<br />

Dunque, si deve, forse, ipotizzare per la chiesa di S. Eustachio una<br />

preziosa decorazione musiva che rimanda, nuovamente, ai modelli siciliani<br />

della cappella Palatina e di Monreale. 33<br />

Nella navata centrale, poi, troneggiava, all' altezza della crociera, un<br />

pulpit0 34 sostenuto da quattro colonne poggianti su due leoni e due leonesse,<br />

che come riportato da De Lellis - erano rappresentate nell' atto di<br />

allattare dei leoncini. 35 La superficie del pulpito, come delle colonne che<br />

lo sorreggevano, era ricoperta da un prezioso tessuto musivo in cui erano<br />

ordite anche tessere d'oro, che recava le raffigurazioni di fiori ed uccelli:<br />

36 De Lellis, inoltre, ricorda la presenza di un lettorino di marmo a<br />

forma di aquila. 37<br />

A tale struttura appartenevano, probabilmente,38 anche due rilievi<br />

con profeti - uno dei quali è stato identificato con Daniele, grazie all'iscrizione<br />

incisa sul suo rotulo (Dan. 9.24) ?, incasfonati, come si è detto,<br />

nella facciata dell'Hotel Caruso (fig. 4). Tali sculture sono caratterizzate<br />

da un accentuato vitalismo dinamico, che si manifesta nel gioco di linee<br />

e curve concentriche messo in atto per evidenziare la struttura muscolare<br />

e ossea al di sotto delle vesti, e che marca gli arti ed il ventre attraverso<br />

un insistito grafismo. Esse manifestano ancora vive le ascendenze<br />

monrealesi, denunciando chiare assonanze con la produzione scultorea<br />

32 DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 253.<br />

33 OTTO DEMUS, The Mosaics of tlte Norman Sicily, New York 1988, pp. 25 e sgg., pp. 91 e<br />

sgg., pp. 245 e sgg.; MARIA ANDALORO, S.v. Monreale, i mosaici, in Enciclopedia dell'Arte Medievale,<br />

Roma 1997, III, pp. 528 e sgg.; TRONZO, The Cultures cit., pp. 54 e sgg.<br />

34 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252-253; BOLVITO, Registri cit., pp. 294 e sgg; DE LELLIS, Discorsi<br />

III, p. 254.<br />

DE LELLIS, Discorsi cit., p. 254.<br />

36 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, p. 252 5.; BOLVITO, Registri cit., pp. 294 e sgg; DE LELLIS, Discorsi<br />

cit., III, p. 254.<br />

37 DE LEI.LIS, Discorsi cit., II, p. 254.<br />

38 Matteo Camera ricorda che nella facciata del palazzo d'Afflitto a Ravello, ora Hotel<br />

Caruso, sono riutilizzati pezzi provenienti da S. Eustachio e ritiene che i due leoni erano<br />

in origine parte del pulpito. In realtà, egli, come si è detto (cfr. infra), si confonde perché si<br />

basa sulla descrizione fatta da De Lellis, che aveva riportato la notizia della presenza di<br />

due leonesse allattanti cuccioli, poste alla base di due colonne del pulpito. Evidentemente,<br />

però, tale elemento iconografico era presente anche nel portale, a cui, per tipologia, i leoni<br />

riutilizzati nell' albergo di Ravello - le schiene delle fiere sono perfettamente rifinite, dunque<br />

non potevano fungere da base a colonne dovevano appartenere. L'affermazione di<br />

Camera aiuta però a identificare come provenienti da S. Eustachio i frammenti di marmo<br />

presenti sulla facciata dell'Hotel Caruso, sebbene per essi si debba, poi, con l'aiuto delle<br />

<strong>fonti</strong>, riconoscere e distinguere le funzioni originarie: CAMERA, Memorie cit., II, p. 252 n. 5:<br />

«Oggidì que' due leoni veggosi posti a piè del portone del palazzo d'Afflitto in Ravello».<br />

430


Fig. 6 Ravello, Albergo Caruso, salone,<br />

leone stiloforo dal pulpito della<br />

chiesa di S. Eustachio a Pontone.<br />

432<br />

Maria Rosaria Marchionibus<br />

Fig. 5 Ravello, Albergo Caruso, salone,<br />

leone stiloforo dal pulpito della chiesa<br />

di S. Eustachio a Pontone.


<strong>Tracce</strong> e <strong>memorie</strong> <strong>medievali</strong> <strong>nelle</strong> <strong>fonti</strong> <strong>napoletane</strong><br />

tro a Corte e attualmente conservato al Victoria and Albert Museum di<br />

Londra, che, seppure di epoca più tarda, mostra di aver condiviso, con le<br />

sculture di Pontone, analoghe <strong>fonti</strong> di ispirazione - come dimostrano,<br />

p.e., i profeti con i cartigli dei capitelli o la stessa tipologia delle fiere -,<br />

probabilmente identificabili nei pergami del duomo salernitano. 44<br />

Bolvito afferma, infine, che il pulpito di S. Eustachio ricordava quello<br />

commissionato dai Rufolo per la cattedrale di Ravello, nel 1272. 45<br />

Accanto al pulpito, le <strong>fonti</strong> 46 citano la presenza di un cero pasquale, tutto<br />

ricoperto di mosaici, su cui era rappresentato, secondo l'atto notarile del<br />

1571,47 per tre volte, lo stemma dei d'Afflitto, struttura forse simile a quella<br />

che affianca il pulpito d'Ajello (1182-94) nella cattedrale di Salerno. 48<br />

Nei pressi dell' entrata, lungo il muro settentrionale, vi era, poi, una<br />

cappella sporgente che custodiva alcune tombe della famiglia patronale,<br />

ornate di marmi e stucchi, e decorate con le statue raffiguranti i nobili<br />

della casata accompagnati dalle loro mogli. 49<br />

Sembrerebbe, inoltre, che l'edificio fosse dotato dì numerose cappelle<br />

appartenenti ai vari rami della famiglia, forse realizzate <strong>nelle</strong> navatelle<br />

laterali, poiché Bolvito sottolinea la preziosità delle cancellate di ferro<br />

che le demarcavano. 50<br />

Del resto, tale ipotesi è avvalorata dalla presenza di due sepolture<br />

monumentali che un tempo, a detta delle <strong>fonti</strong>, erano poste proprio <strong>nelle</strong><br />

navate laterali: quella di Matteo d'Afflitto, definita come la più antica,<br />

era nella navatella destra; mentre, quella di Bartolomeo d'Afflitto, datata<br />

da un'iscrizione al 1230, era collocata in quella sinistra. 51<br />

Queste due tombe, definite come urne di marmo, erano sovrastate da<br />

due fastigi su colonne, decorate, come !'interno e 1'esterno delle coperture<br />

dei baldacchini, da mosaici preziosi, realizzati anche con tessere<br />

44 GAETANO CURZI, Arredi lignei <strong>medievali</strong>. L'Abruzzo e l'Italia centro-meridionale. Secoli<br />

XII-Xlll, Milano 2007, pp. 79 e sgg., fig. p. 80.<br />

45 BOLVITO, Registri cit., pp. 294.<br />

46 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252-253 e sgg.; DE LEU1S, Discorsi cit., III, 254.<br />

47 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252-253.<br />

48 GANDOLFO, La scultura normanno-sveva cit., pp. 51, 55-57, 59, 79, 88-91, 93, 96, 106,<br />

109, 122, 127.<br />

49 DE LELLlS, Discorsi cit., III, p. 254. Mi chiedo se le tombe realizzate in stucco assomigliassero<br />

in qualche modo a quella di Marinella Rufolo Coppola nella cripta della Cattedrale<br />

di Scala. Relativamente al sepolcro Coppola si veda: PAOLA VITOLO, Un maestoso e<br />

quasi regio mausoleo: Il sepolcro Coppola nel duomo di Scala, «Rassegna Storica Salernitana",<br />

2003, 40, pp. 11-50; CASKEY, Art and Patronage cit., pp. 225-224.<br />

50 BOLVlTO, Registri ciL, p. 294.<br />

51 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252 e sgg.; BOLVITO, Registri cit., pp. 295 e sggi DE LELLlS, Discorsi<br />

cit., III, p. 254.<br />

433


Maria Rosaria Marchionibus<br />

d'oro. 52 Uno dei due monumenti funerari - informazione riportata solo<br />

da Bolvit0 53 - presentava una coppia di colonne di porfido.<br />

Tali sepolture - per la presenza del porfido e, soprattutto, per i fastigi<br />

decorati in mosaico - rimandano nuovamente alla Sicilia, ed in particolare<br />

alla tomba di Guglielmo I a Momeale e ai monumenti funerari normanni<br />

e svevi di Palermo.54<br />

Anche nella cripta che a detta di Bolvito era grande come quella di<br />

una cattedrale 55 - sono ricordate numerose sepolture ed una ricca decorazione.<br />

56<br />

Il testo del 1369 fornisce, poi, ulteriori indicazioni sull' apparato liturgico<br />

di S. Eustachio. 57 L'inventario registra il contenuto del tesoro della<br />

chiesa, che rivaleggiava in dimensioni ed opulenza con quelli delle sedi<br />

episcopali della regione.<br />

La chiesa possedeva, infatti, numerosi paramenti sacri ed oggetti liturgici,<br />

che richiamano alla mente i manufatti preziosi prodotti <strong>nelle</strong> Nobiles<br />

Officìnae di Palermo, che componevano i tesori della cappella palatina<br />

e di Momeale. 58<br />

Nell'inventario sono elencate, p.e., sei pianete, molte delle quali in seta<br />

e sciamito, con applicazioni in oro e argento; una dalmatìca di seta<br />

verde con decorazioni rosse e fodera gialla, indumenti simili, forse, per<br />

la preziosità dei materiali, alla dalmatica di sciamito blu e rosso e ricami<br />

in oro, proveniente dall'opificio reale di Palermo, datata al secondo<br />

52 BOLVITO, Registri cit., pp. 295 e sgg; DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 254; Atto notarile<br />

del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 cit., in CAMERA, Memorie cit.,<br />

II, p. 253 e n. 1 a p. 253.<br />

53 BOLVITO, Registri cit., pp. 295 e sgg.<br />

JOZSEF DEÉR, The Dynastic Porphyry Tombs of the Norman Period in Sicily, Dumbarton<br />

Oaks Studies 5, Washington, D.C. 1959, pp. 77 e sgg., figg. 4, 18, 19,81,98,99, 123-131; IN­<br />

GO HERKLOTZ, lo spazio della morte e lo spazio della sovranità, in I Normanni Popolo d'Europa<br />

cit., pp. 321-326; MARINA FALLA CASTELFRANCHI, I modelli culturali di Ruggero l con particolare<br />

riferimento alla decorazione pittorica del monastero itala-greco di S. Filippo di Fragalà, in Ruggero<br />

l, Serlone e l'insediamento normanno in Sicilia. Atti del convegno internazionale di studi promosso<br />

dall'Istituto Italiano dei Castelli-sezione Sicilia (Troina, 5-7 novembre 1999), a cura<br />

di SALVAI'ORE TRAMO:-.JTANA, Troina 2001, pp. 153-157: 168; ENRICO BASSAN, I sarcofagi di porfido<br />

della cattedrale, in Federico II e la Sicilia dalla terra alla corona. Arti figurative e arti suntuarie,<br />

a cura di MARIA ANDALORO, Ercolano 2000, pp. 33 e sgg.; ID., Il sarcofago di Enrico VI, in<br />

ibid., p. 37; ID., li sarcofago di Federico II, in ibid., pp. 39 e sgg.; ID., Il sarcofago di Costanza<br />

d'Altavilla, in ibid., p. 43; ID., Il sarcofago di Ruggero 11, in ibid., p. 45; FRANCESCO GANDOLFO,<br />

Il porfido, in NOBILES OFFICINAE Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo R.eale di Palermo,<br />

a cura di MARIAANDALORO, Catania 2006, II, pp. 201- 215.<br />

55 BOLVlTO, Registri cit., pp. 294.<br />

56 lbid.; DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 255.<br />

57 Atto pubblico del notaio curiale Francesco Fuscolo di Ravello Fondo Mansi 31 cit.,<br />

fogli 176r-177v.<br />

58 NOBILES OFFICINAE cit., I-II.<br />

434


Maria Rosaria Marchìonibus<br />

Sono citati numerosi altri reliquiari, tra cui quattro cassette eburnee,<br />

forse simili a quelle provenienti dal tesoro della Cappella Palatina di Palermo<br />

datate al XII secolo,67 o a quella, sempre di XlI secolo, di produzione<br />

siciliana, appartenente al tesoro della cattedrale di Capua;68 un'ampolla<br />

di vetro contenente alcuni capelli della Vergine, e particelle del pane<br />

dell'Ultima Cena, che rimanda alla coppia di reliquiari in vetro del<br />

Santo Sangue e dei capelli della Vergine facente parte del Tesoro di Monreale<br />

e datate all'ultimo quarto del sec. XIII;69 due enkolpia di piombo,<br />

uno dei quali custodiva un frammento della Vera Croce; una pisside dì<br />

avorio contenente le ossa di undici santi identificati da una scrittura straniera,<br />

dunque, probabilmente giunte dall'Oriente.<br />

L'inventario di Pontone, inoltre, cataloga più di venti reliquie, tra cui<br />

risultano elencate diverse ossa di santi (s. Eustachio, s. Lorenzo, s. Vito,<br />

s. Giovanni, s. Paolo, s. Stefano, s. Pancrazio, s. Leone Papa, un dente dì<br />

s. Matteo, le reliquie dei Quaranta Santi martiri di Sebastet e numerosi<br />

oggetti legati alla Terra Santa, come della polvere ed una pietra di lapide,<br />

provenienti entrambe dal Sepolcro di Cristo.<br />

La presenza di queste reliquie, probabilmente reperite in Oriente, è<br />

dovuta, forse, al fatto che alcuni d'Afflitto furono anche cavalieri dell'Ordine<br />

dell'Ospedale di S. Giovanni dì Gerusalemme, come dimostrano<br />

gli emblemi, attestati dalle <strong>fonti</strong>, presenti nella chiesa di S. Caterina a<br />

Scala, altra loro fondazione. 70<br />

Il documento del 1369 registra, come si è detto, la presenza a S. Eustachio<br />

di sedici coperture in stoffa per icone, che ci si preoccupa di definire<br />

esistenti, dunque, l'arredo liturgico della chiesa di Pontone comprendeva<br />

icone, esattamente come quello della Cappella Palatina di Palermo,<br />

che ne possedeva, non a caso, analogamente sedici, come risulta dal citato<br />

inventario del 1309. 71<br />

Tale circostanza dimostra che i rapporti culturali ed ideologici dei<br />

d'Afflitto con la Sicilia normanna si allargavano a condividere anche gli<br />

orientamenti di declinazione bizantina che animavano la corte palermitana,<br />

del resto comuni e conosciuti a tutto il litorale campano.<br />

La preferenza dei d'Afflitto per opere di cultura o provenienza bizantina<br />

è confermata da De Lellis, che afferma che nel duomo di Amalfi, a<br />

destra del coro, esisteva una cappella d'Afflitto decorata da icone greche,<br />

il cui stile era simile a quello di un manoscritto, un libro dei Vangeli, con<br />

67 CLAUDIA GUASTELLA, IV. 14 Cofanetto, in NOBILES OFFlCINAE cit., I, pp. 296-297.<br />

68 M. VENEZIA, IV. 19 Reliquiario a cassetta, in ibid., pp. 306-307.<br />

69 GUASTELLA, VI. 23 Coppia di reliquiari del Santo Sangue e del latte e dei capelli della Vergine,<br />

in NOBILES OFFICINAE cit., I, pp. 425-426.<br />

70 DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 260.<br />

71 ANDALORO, La Cappella Patatina di Palermo e l'inventario del 1309 tra analisi e ragionamenti,<br />

in NOBItES OFFICINA E cit., pp. 91-108; BRUNO Schedatura [ ... J, in ibld., pp. 109-115:<br />

113-115.<br />

436


<strong>Tracce</strong> e <strong>memorie</strong> <strong>medievali</strong> <strong>nelle</strong> <strong>fonti</strong> <strong>napoletane</strong><br />

miniature a tutta <strong>pagina</strong> e ornato con le armi dei d'Afflitto, posseduto<br />

dal duomo di Scala,72 forse dono di Costantino o di Matteo, i due esponenti<br />

della famiglia divenuti vescovi di Scala, rispettivamente dal 1207 al<br />

1226, e dal 1227 al 1244?3<br />

In prossimità della chiesa, !'inventario del 1571 74 ed il manoscritto di<br />

Bolvito 75 riportano, inoltre, la presenza di numerose abitazioni e di bagni,<br />

sempre di proprietà dei d'Afflitto. Poco distante da S. Eustachio, infatti,<br />

in un vasto complesso di strutture murarie con volte a crociera ed<br />

un piccolo cortile centrale, si individua un bagno turco, costituito da un<br />

piccolo vano quadrato, di circa due metri e mezzo di lato, coperto da<br />

una cupoletta a scanalature radiali. Il bagno di Pontone appare simile a<br />

quello rinvenuto nel palazzo Rufolo di Ravello, datato intorno alla metà<br />

del XIII sec. 76<br />

La presenza di un bagno turco nella casa d'Afflitto di Pontone evoca<br />

nuovamente, oltre all'influenza araba certamente radicata in costiera, il<br />

modello normanno, documentato da esempi noti coine il caso dei resti<br />

del bagno con ipocausto, individuati nel palazzo della Zisa a Palermo, o<br />

i bagni di Cefala Diana (Palermo), a lungo ritenuti di periodo islamico e<br />

recentemente ricondotti a quello normanno. 77<br />

Il costante riferimento all' ambiente siciliano normanno-svevo dipese,<br />

evidentemente, dal legame che, secondo le <strong>fonti</strong>, esisteva tra la famiglia<br />

d'Afflitto ed i principi normanni sin dall' epoca di Ruggero II;78 inoltre, a<br />

detta di De Lellis, durante il regno di Federico II, un ramo deHa famiglia<br />

si trasferì in Sicilia?9<br />

Dunque, i d'Afflitto edificarono alla fine del XII sec., come indicano le<br />

forme stesse dell' edificio, una chiesa dedicata al santo che essi stessi ritenevano<br />

essere il capostipite del loro casato e, emuli dei re normanni, la<br />

resero il 'pantheon' della loro 'dinastia', dotandola di un tesoro ricchissimo,<br />

nel tentativo, quasi, di uguagliare quello della Cappella Palatina. Es­<br />

SI, cosÌ, vollero forse affermare il loro primato sulle altre famiglie nobili<br />

72 DE LEl.US, Discorsi cit., III, p. 249.<br />

73 FERDINANDO UCHELLI, Italia Sacra, [ ... l, Venetis, apud Sebastianum Coleti, 1720, VII,<br />

cols. 328-33.<br />

74 Atto notarile del notaio Giovannantonio de Pino da Scala del 26 nov. 1571 ciL, in<br />

CAMERA, Memorie cit., II, pp. 252 e sgg.<br />

75 BOLVITO, Registri cit., pp. 290-300.<br />

76 JILL CASKEY, Steam and "Sanitas" in the Domestìc Realm: Baths and Bathing in Southern<br />

Italy in the Middle Ages, «The Journal of the Society of Arcrutectural Historians» voI. 58, 2<br />

June 1999, pp. 170-195.<br />

77 MARINA RIGHETII TOSTI-CROCE, s.v. Bagno. Architettura, in Enciclopedia dell'Arte Medievale,<br />

III, Roma 1992, pp. 13-19: 15.<br />

78 BOl.VITO, Registri cit., pp. 292; MARINI, De subfeudis cit., /iber III fol. 453; DE PETRI, Hìstoria<br />

cit., par. 2 fol. 162; DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 276.<br />

79 DE LELLIS, Discorsi cit., III, p. 255.<br />

437


Maria Rosaria Marchionibus<br />

del territorio, legittimando la propria posizione di leader, attraverso la<br />

fondazione di un edificio simbolo, che li equiparava ai sovrani normanni.<br />

L'ossessivo riferimento alla Sicilia sembra essere stato strumentalmente<br />

usato come manifesto politico e mezzo di affermazione sociale.<br />

La chiesa di Pontone è ancora visibile da Ravello, Scala, Pogerola,<br />

Atrani e, naturalmente, dal mare: essa, dunque, ha marcato, fin dalle origini,<br />

visivamente e potentemente un vasto territorio che andava ben oltre<br />

i confini di Scala, e la sua mole maestosa ed il suo ricco apparato decorativo,<br />

che si estendeva anche all' esterno, divenivano un enorme manifesto<br />

propagandistico che declamava la gloria e l'importanza dei d'Afflitto.<br />

Il campanile era posto al confine della strada che conduceva ad<br />

Amalfi, Scala e alla valle del Sarno, ed estendeva, con la sua posizione<br />

così estrema, le strutture della chiesa fino al luogo pubblico della strada,<br />

in un tentativo quasi di appropriarsene, o forse semplicemente di dominarla<br />

simbolicamente con l'ombra dell' alta torre.<br />

I viaggiatori e gli abitanti del luogo erano, in un eerto senso, obbligati<br />

a notare S. Eustachio, ad ammirarne la bellezza e l'imponenza da tutti i<br />

lati e da ogni direzione essi arrivassero.<br />

S. Eustachio non era stato creato per i soli occhi dei d'Afflitto, ma la<br />

sua collocazione strategica, le sue maestose dimensioni, e la ricchezza<br />

delle sue decorazioni, che lo trasformavano anche esternamente in uno<br />

scrigno prezioso, custode di numerosi tesori, lo rendevano un luogo<br />

chiave nel paesaggio del territorio.<br />

La chiesa era una duplìcazione in scala minore di Monreale, ne aveva<br />

copiato le forme ed i decori, cercando di emulare anche l'esteso patrimonio<br />

di suppellettili sacre della Cappella Palatina e di Monreale stesso.<br />

Tale doppio riferimento sembra ideologicamente consapevole <strong>nelle</strong><br />

intenzioni dei committenti, che volevano realizzare una cappella privata<br />

- dunque una sorta di cappella palatina - con le forme maestose di un<br />

duomo, forse per creare un'alternativa alla chiesa cattedrale di Scala, e<br />

per affermare visivamente l'autorità della famiglia.<br />

Essi, quindi, guardarono alla Sicilia, e alle fondazioni dei re normanni,<br />

per realizzare in S. Eustachio una sorta di sintesi evocativa, che alludesse<br />

a modelli emblematici di prestigio e autorità, come appunto la<br />

Cappella Palatina e Monreale, il duomo per eccellenza, perché oltre ad<br />

essere cattedrale, era anche legato ai sovrani, e dunque racchiudeva in sé<br />

una duplice valenza ideologica: era un luogo sacro e manifestava l'autorità<br />

massima del regno, materializzandola in forme preziose.<br />

Del resto, i d'Afflitto furono anche vescovi di Scala, circostanza che<br />

aumenta la valenza di S. Eustachio, rendendolo quasi un duomo privato,<br />

una sorta di cattedrale-palatina, rivestita delle forme del duomo reale e<br />

posta nei pressi del palazzo di famiglia.<br />

Un progetto ambizioso, orchestrato in ogni sua parte, forse per sovrapporsi<br />

simbolìcamente ai sovrani, ed emularne, attraverso ideogram­<br />

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