I CAI MORBEGNO - CAI Sezione di Morbegno
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<strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong><br />
I
<strong>CAI</strong><br />
ANNUARIO 2007<br />
I Corsi<br />
Il corso <strong>di</strong> arrampicata<br />
<strong>di</strong> MARIO SPINI<br />
Club Alpino Italiano<br />
<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
Via San Marco<br />
Tel. e fax 0342 613803<br />
e-mail: info@caimorbegno.org<br />
www.caimorbegno.org<br />
Redazione:<br />
Domenico Del Barba, Riccardo Marchini,<br />
Lodovico Mottarella, Mario Spini.<br />
Hanno collaborato:<br />
Ezio Abate, Cristina Arosio,<br />
Laura Bettega, Davide Bonzi,<br />
Alessandro Caligari, Cesare De Donati,<br />
Domenico Del Barba, Giovanni Donadelli,<br />
Gunter Gros Silvana Gusmeroli,<br />
Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella,<br />
Bruno Orso, Vittorio Poletti,<br />
Alessandro Rapella, Marco Riva,<br />
Franco Scotti, Riccardo Scotti, Mario Spini.<br />
Fotografie:<br />
Ezio Abate:16, 17,18, 19, 20, 21, 22, 23<br />
Pietro Del Barba: 63, 64<br />
Davide Bonzi:60, 61<br />
Archivio G. Donadelli: 35, 36, 37<br />
Riccardo Marchini: 19(sotto), 21(sopra),<br />
30(sopra),32, 33, 53<br />
Lodovico Mottarella: copertina, 2, 3, 25, 23,<br />
27, 28, 29, 30(sotto), 39, 41, 43(sotto), 44, 45,<br />
48, 49, 50, 51, 52(sopra), 54, 55, 56, 57, 58,<br />
59, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 71, 72<br />
Franco Scotti: 5<br />
Riccardo Scotti: 38, 40, 42(sopra), 46, 47<br />
Mario Spini: 6, 7, 12, 13, 14, 15<br />
Progetto grafico e<br />
realizzazione:<br />
Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />
www.mottarella.com<br />
Scialpinismo<br />
Racconti<br />
Cicloalpinismo<br />
Leggende<br />
II <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 1<br />
Stampa:<br />
Tipografia Bonazzi<br />
Sci<br />
Ambiente<br />
Arte<br />
Attualità<br />
SOMMARIO<br />
Scialpinismo in Cile<br />
<strong>di</strong> FRANCO SCOTTI<br />
Solo<br />
<strong>di</strong> GUNTER GROS<br />
Bike: ieri, oggi...domani<br />
<strong>di</strong> EZIO ABATE<br />
La leggenda dei Corni Bruciati<br />
<strong>di</strong> VITTORIO POLETTI<br />
Come <strong>di</strong>venni sciatore<br />
<strong>di</strong> GIOVANNI DONADELLI<br />
Riscaldamento globale<br />
<strong>di</strong> RICCARDO SCOTTI<br />
Chiese <strong>di</strong> montagna<br />
<strong>di</strong> ALESSANDRO CALIGARI<br />
Pascolo che va....<br />
<strong>di</strong> ALESSANDRO RAPELLA
<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />
E D I T O R I A L E<br />
Il 2007 è stato un anno importante per il<br />
Cai <strong>Morbegno</strong>: la nuova sede è una realtà e<br />
aspetta solo l’inaugurazione ufficiale.<br />
I lavori, salvo qualche piccolo dettaglio, sono<br />
terminati e il risultato è davvero buono;<br />
finalmente abbiamo chiuso con sistemazioni<br />
temporanee o precarie. Siamo riconoscenti<br />
al Comune <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, ai progettisti, ai<br />
tecnici, agli sponsor, ai fornitori e ai Soci<br />
per le loro generose donazioni. Speriamo<br />
che al grande impegno corrisposto dal<br />
nostro Consiglio segua una partecipazione<br />
altrettanto importante da parte degli iscritti.<br />
LA NUOVA SEDE DEL <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong><br />
Quest’anno abbiamo cercato <strong>di</strong> cavarcela al meglio e, fra un lavoro e un altro, seppure in<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estremo <strong>di</strong>sagio, siamo riusciti a portare avanti una <strong>di</strong>screta attività. Hanno<br />
avuto luogo il corso <strong>di</strong> scialpinismo, il rallyno della Rosetta, il corso <strong>di</strong> arrampicata; sono<br />
state effettuate gite scialpinistiche, escursionistiche, naturalistiche e, a titolo sperimentale,<br />
gite cicloalpinistiche con buona partecipazione e sod<strong>di</strong>sfazione da parte <strong>di</strong> tutti.<br />
Malgrado l’in<strong>di</strong>fferenza delle Istituzioni, il progetto Culmen, in collaborazione con le pro<br />
loco <strong>di</strong> Dazio e Paniga, è andato avanti; si è arricchito <strong>di</strong> un nuovo sentiero e della relativa<br />
segnaletica sull’intero percorso.<br />
Vi invitiamo a visitare il nostro sito (www.caimorbegno.org) dove potrete trovare ampia<br />
documentazione <strong>di</strong> quanto è stato fatto e altro ancora.<br />
Sul fronte ambientale bisogna riscontrare che, dopo la Valmalenco (2006), è toccata al<br />
Parco delle Orobie la ban<strong>di</strong>era nera <strong>di</strong> Legambiente “per eccessiva leggerezza nella concessione<br />
<strong>di</strong> autorizzazioni <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> rilevante impatto e <strong>di</strong> dubbia utilità, per mancanza<br />
<strong>di</strong> controlli e limitazioni alla circolazione <strong>di</strong> fuori strada, per l’inadempienza agli obblighi<br />
<strong>di</strong> pianificazione”.<br />
Per contro rileviamo con piacere le ban<strong>di</strong>ere ver<strong>di</strong> assegnate all’iniziativa “An Neta Frasnée”<br />
per la riqualificazione della porzione <strong>di</strong> valle circostante la borgata montana <strong>di</strong> Frasnedo<br />
(Valle dei Ratti), al fine <strong>di</strong> contrastare l’abbandono delle pratiche agricole e <strong>di</strong> allevamento;<br />
all’ERSAF <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> per la buona gestione della foresta demaniale dei Bagni<br />
<strong>di</strong> Masino; allo IAPS ( Intergruppo Provinciale Acque <strong>di</strong> Sondrio) per la tutela delle risorse<br />
idriche della Valtellina. Il grande risultato ottenuto dallo Iaps, al quale hanno dato<br />
il loro appoggio anche tutte le sezioni del Cai della provincia, riguarda la firma del protocollo<br />
d’intesa per la sospensione della concessione <strong>di</strong> nuove derivazioni ad uso idroelettrico<br />
e la prossima creazione <strong>di</strong> una Vas ( commissione <strong>di</strong> valutazione ambientale strategica).<br />
Speriamo, anche se il risultato non è ancora così scontato, che non si debba mai<br />
più sentir parlare <strong>di</strong> captazioni in Val <strong>di</strong> Mello o in zone <strong>di</strong> alto pregio paesaggistico, ambientale<br />
e turistico.<br />
C’è sempre più allarmismo sulle sorti del pianeta, stanno quasi finendo il petrolio, il gas,<br />
l’uranio, le terre coltivabili e l’acqua; per contro aumenta la produzione <strong>di</strong> CO2 con il conseguente<br />
surriscaldamento terrestre. Catastrofismo a parte, bisogna riflettere sulla sostenibilità<br />
ambientale: è sostenibile uno sviluppo economico che può sod<strong>di</strong>sfare i bisogni del<br />
presente senza compromettere la possibilità alle generazioni future <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i loro.<br />
Cari Soci, per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quanto appena accennato piuttosto che per la programmazione<br />
<strong>di</strong> una bella uscita o per una serata con proiezioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura, vi<br />
aspettiamo presso la vostra nuova sede.<br />
2 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 3
Riflessioni e….<br />
ricor<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> Silvana Gusmeroli<br />
Si sono concluse, con la gita in “Valsolda”, le camminate escursionistiche<br />
realizzate per merito della collaborazione fra i gruppi <strong>CAI</strong>-GEM<br />
nell’anno 2006/07. L’ultima gita effettuata il giorno 28 ottobre era stata<br />
preparata da Tarcisio Mattei per domenica 29 Aprile. Due suoi amici<br />
e compagni <strong>di</strong> avventure in montagna hanno voluto riproporla, per ricordare<br />
lo spirito e gli ideali che animavano la “guida <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a montagna”.<br />
Tarcisio era contento quella settimana <strong>di</strong> fine aprile. Iniziava una serie<br />
<strong>di</strong> gite messe in programma con il gruppo “Camminiamo insieme” dove<br />
lui, come guida, aveva la possibilità <strong>di</strong> accompagnare per sentieri amici<br />
e conoscenti del paese in cui era nato, poiché aveva sempre svolto la<br />
sua attività con gruppi <strong>di</strong> Milano e <strong>di</strong>ntorni.<br />
L’entusiasmo dell’andar per sentieri, <strong>di</strong> scoprire che passo dopo passo si<br />
possono raggiungere luoghi e paesaggi <strong>di</strong>versi, <strong>di</strong> percorrere sentieri segnalati<br />
e non, ma ben tenuti da persone che ancora credono che la montagna,<br />
e la natura in genere, siano importanti per l’uomo che desidera<br />
ricercare se stesso e le proprie origini, rispettando l’ambiente, in un reciproco<br />
dare e ricevere… questi erano gli ideali che animavano l’uomo<br />
Tarcisio e, in un secondo tempo, la Guida.<br />
Si era impegnato personalmente a segnare alcuni sentieri, a scoprirne<br />
altri e a recuperarli, ci teneva a far conoscere nuovi itinerari e a trovare<br />
le peculiarità degli stessi stu<strong>di</strong>andone le caratteristiche morfologiche e<br />
i segni del passaggio dell’uomo.<br />
Il gruppo “Camminiamo insieme” aveva potuto conoscerlo e apprezzarlo<br />
in una gita a Teglio lo scorso anno; era nato un feeling particolare e<br />
lui stesso aveva espresso apprezzamenti per le persone del gruppo che<br />
aveva trovato curiose, interessate, <strong>di</strong>sponibili e rispettose, animate dalla<br />
voglia <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre e, soprattutto, <strong>di</strong> apprezzare la fatica che serve<br />
per vivere pienamente l’esperienza <strong>di</strong> andar per sentieri.<br />
Anche per questo gli organizzatori augurano a tutti i partecipanti alle<br />
gite <strong>di</strong> mantenere vivo l’interesse e l’entusiasmo <strong>di</strong> camminare in compagnia<br />
e con lo zaino in spalla.<br />
4 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 5
<strong>di</strong> Mario Spini<br />
D I ARRAMPICATA<br />
La nostalgia dei monti<br />
Anche quest’anno, insieme agli amici della <strong>Sezione</strong><br />
<strong>di</strong> Chiavenna , abbiamo tenuto il corso<br />
<strong>di</strong> arrampicata. Nei mesi <strong>di</strong> settembre ed ottobre<br />
otto allievi hanno partecipato alle sei uscite:<br />
dalle pareti del Sasso <strong>di</strong> Remenno a quelle<br />
del Sasso Bianco; dalle placche <strong>di</strong> Bette alla<br />
cresta Sud del Balzetto; dal calcare grigio dello<br />
Zucco dell’Angelone ai dolomitici Torrioni Magnaghi<br />
in Grigna.<br />
La mano stringe le corde ed esercita su queste<br />
una leggera trazione in modo da poter avvertire<br />
il movimento dei compagni legati all’altro<br />
capo e, a quel punto, recuperare con forza.<br />
Lo sguardo invece è impegnato altrove: spazia<br />
su tutto l’anfiteatro dell’Albigna, dalla cresta<br />
dello Spazzacaldera, con la Fiamma ed il Dente<br />
che si stagliano evidenti giù in basso, verso<br />
ovest, sino alle Sciore, alle Cime del Ferro ed<br />
alla Cima <strong>di</strong> Zocca, per giungere infine al lungo<br />
spigolo occidentale del Pizzo Bacone. L’aria<br />
è tersa e fresca, mentre la montagna si tinge<br />
dei suoi colori più forti come solo nelle giornate<br />
<strong>di</strong> inizio autunno può capitare: il verde turchese<br />
del bacino artificiale, colmo fino all’orlo,<br />
il blu intenso del cielo, il bianco della prima<br />
neve sulla vedretta del Cantone, le sfumature<br />
dal grigio all’ocra della cresta sud del Pizzo<br />
Balzetto, su cui siamo impegnati seguendo<br />
la via <strong>di</strong> Walter Risch del 1922.<br />
Da un intaglio compare il volto sorridente<br />
<strong>di</strong> Pino che imme<strong>di</strong>atamente cerco <strong>di</strong> fissare<br />
sfruttando al meglio i quattromilioni <strong>di</strong> pixel<br />
della mia Olimpus. Alla sosta i nostri sguar<strong>di</strong> si<br />
incontrano per avvertire una comunione <strong>di</strong> sensazioni<br />
che le parole spesso banali e scontate<br />
da sole non riescono ad esprimere (bello eh!<br />
Eccezionale…).<br />
Dopo tre uscite in falesia passate ad impratichirsi<br />
con le manovre <strong>di</strong> corda e le tecniche<br />
fondamentali, è giunta l’ora <strong>di</strong> avviare gli allievi<br />
all’arrampicata in montagna, introducendo-<br />
li nell’ambiente eletto <strong>di</strong> questa attività. Che<br />
senso avrebbe imparare ad arrampicare e non<br />
salire in alta montagna! La salita ad una vetta<br />
alpina lungo un’estetica ed aerea cresta granitica<br />
consente ai nostri amici <strong>di</strong> ampliare gli<br />
orizzonti offerti da questa <strong>di</strong>sciplina scoprendo<br />
un campo <strong>di</strong> azione più ampio e affascinante.<br />
Anche quest’anno il gruppo degli allievi<br />
è variegato: dal neo pensionato, amante della<br />
montagna e alla ricerca <strong>di</strong> nuove esperienze,<br />
al giovane spinto dall’entusiasmo proprio<br />
dell’età e dal desiderio <strong>di</strong> migliorare per aspirare<br />
presto a mete più importanti.<br />
Sulla cima c’è il tempo per riposarci sod<strong>di</strong>sfatti,<br />
rifocillarci in modo frugale, consumare<br />
i soliti rituali, dalla retorica stretta <strong>di</strong> mano<br />
alla foto ricordo; e c’è anche il tempo per<br />
guardarsi intorno e lasciarsi prendere dai propri<br />
pensieri. Gli occhi percorrono rapi<strong>di</strong> creste,<br />
spigoli, pareti, soffermandosi talvolta su<br />
particolari, fessure, <strong>di</strong>edri, placche per in<strong>di</strong>viduare<br />
vie <strong>di</strong> salita e suscitare nuove fantasie,<br />
nuovi progetti, che ci spingeranno a misurarci<br />
ancora con la roccia, alimentando la nostra<br />
passione, consentendo al tempo stesso <strong>di</strong><br />
approfon<strong>di</strong>re la conoscenza <strong>di</strong> noi stessi e della<br />
montagna.<br />
Mi accorgo allora che mostrare no<strong>di</strong> e insegnare<br />
tecniche probabilmente non basta, o comunque<br />
è molto riduttivo.<br />
Si deve riuscire a trasmettere agli altri la nostalgia<br />
dei monti.<br />
6 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 7
Scialpinismo in<br />
CILE<br />
<strong>di</strong> Franco Scotti<br />
Il bambino che non gioca<br />
non è un bambino, ma<br />
l'adulto che non gioca<br />
ha perso per sempre il<br />
bambino che ha dentro<br />
<strong>di</strong> sé. (Pablo Neruda)<br />
Rinunciare quest’ anno alla<br />
consueta taragna con costine<br />
del giorno <strong>di</strong> ferragosto? Per la<br />
verità l’idea un po’ mi spiaceva.<br />
Mi capita, a volte, <strong>di</strong> essere<br />
in un luogo e voler essere in<br />
un altro, o <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carmi ad<br />
un’attività rammaricandomi<br />
<strong>di</strong> non poterne fare un’altra:<br />
sintomi preoccupanti derivati<br />
da ritmi <strong>di</strong> vita frenetici che<br />
spingono a sfruttare al meglio<br />
e al massimo il nostro limitato<br />
tempo libero.<br />
Questa volta il ferragosto<br />
l’abbiamo fatto “strano”, per<br />
<strong>di</strong>rla alla Verdone, affondando<br />
con gli sci in una spessa coltre<br />
<strong>di</strong> neve leggera e festeggiando<br />
con “Pisco sour” e zuppa <strong>di</strong><br />
frutti <strong>di</strong> mare.<br />
Sopra: sul bordo della<br />
“caldera” del Volcan<br />
Casablanca.<br />
Sotto: le Ande<br />
dall’aereo.<br />
Chiariamo subito cos’è il Pisco:<br />
è l’aperitivo, <strong>di</strong>ffuso in tutto<br />
il Sud America e purtroppo<br />
introvabile in Italia, a base<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stillato <strong>di</strong> uva, succo <strong>di</strong><br />
limone, zucchero al velo e<br />
chiara d’uovo sbattuta: una<br />
delizia.<br />
Del Cile sapevo solo degli orrori<br />
<strong>di</strong> Pinocet, delle musiche degli<br />
Intillimani, della medaglia<br />
d’oro <strong>di</strong> Senoner ai mon<strong>di</strong>ali<br />
<strong>di</strong> sci <strong>di</strong> Portillo, ma nessuna<br />
notizia sulle montagne,<br />
nessuna cima rinomata.<br />
Lo stesso Aconcagua, la<br />
maggiore elevazione delle<br />
Americhe, pur <strong>di</strong>stando solo<br />
100 km in linea d’aria dalla<br />
capitale Santiago, è già in<br />
Argentina. Eppure questa<br />
stretta striscia <strong>di</strong> terra<br />
s’innalza nella catena delle<br />
Ande per 4300 km <strong>di</strong> vette<br />
misconosciute, degradanti da<br />
N a S, dal deserto subtropicale<br />
<strong>di</strong> Atacama fino alla Terra<br />
del Fuoco, con una varietà<br />
continua <strong>di</strong> ambiente e clima.<br />
In Agosto è pieno inverno<br />
australe e una regione che ben<br />
si presta allo sci alpinismo è<br />
l’Araucanìa, al confine della<br />
Patagonia settentrionale,<br />
8 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 9
con i suoi perfetti coni<br />
vulcanici, con quote sui 3000<br />
m, quasi tutti minacciosi<br />
e alcuni sempre attivi, che<br />
si specchiano in vasti laghi<br />
cristallini.<br />
La regione prende il nome<br />
dall’araucaria, magnifica pianta<br />
da noi ornamentale, che solo<br />
qui vegeta spontaneamente in<br />
lussureggianti foreste.<br />
I dati pluviometrici <strong>di</strong> questa<br />
zona sono preoccupanti: oltre<br />
2000 mm <strong>di</strong> precipitazioni<br />
annue concentrate nei mesi<br />
invernali. Queste assicurano<br />
l’innevamento, che in effetti<br />
era esagerato, con anche più<br />
<strong>di</strong> 3 metri al suolo a quote<br />
me<strong>di</strong>e, ma poco si conciliano<br />
con le vacanze. A noi è andata<br />
<strong>di</strong>scretamente bene, con soli<br />
3 giorni <strong>di</strong> maltempo continuo<br />
e le altre precipitazioni<br />
limitate alle ore notturne,<br />
che rinnovavano il manto<br />
con neve nuova. Polvere che<br />
però, inaspettatamente, sui<br />
coni dei vulcani si trasforma<br />
imme<strong>di</strong>atamente in compatta<br />
o firn, forse perché riscaldata<br />
dalla vicinanza del magma<br />
terrestre. Nei pressi delle<br />
vette questo fenomeno viene<br />
accentuato, con la formazione<br />
<strong>di</strong> cavolfiori <strong>di</strong> ghiaccio che<br />
impongono l’uso dei ramponi.<br />
In compenso ci si può scaldare<br />
le mani gelate dal vento sui<br />
cal<strong>di</strong> blocchi lavici delle vette.<br />
Quasi tutti i vulcani, alla<br />
base, sono serviti da modesti<br />
impianti <strong>di</strong> risalita, per lo più<br />
poco frequentati.<br />
In effetti per sciare, in Cile,<br />
prima ancora degli sci bisogna<br />
possedere un buon fuoristrada<br />
ben gommato per percorrere le<br />
interminabili piste innevate,<br />
sconnesse e strette al punto <strong>di</strong><br />
dover essere regolamentate a<br />
orario per la salita e la <strong>di</strong>scesa,<br />
per evitare gli impossibili<br />
incroci. Si rimane a <strong>di</strong>r poco<br />
stupiti nel trovare, dopo<br />
chilometri e chilometri <strong>di</strong><br />
foreste <strong>di</strong>sabitate, lussuosi<br />
alberghi a 5 stelle in stile<br />
alpino con piscina termale<br />
dove, spesso, eravamo gli unici<br />
e felici clienti.<br />
E sì, le terme! Dove ci sono<br />
vulcani l’acqua calda non manca<br />
mai, e qui sgorga abbondante<br />
un po’ dappertutto, per la gioia<br />
degli scialpinisti intirizziti dal<br />
vento patagonico.<br />
Il bilancio <strong>di</strong> questo viaggio<br />
in Cile si può riassumere così:<br />
16 giorni <strong>di</strong> viaggio, 25000<br />
km <strong>di</strong> aereo, 4000 Km col<br />
fuoristrada a noleggio, 7 cime<br />
salite, almeno 2 fallite per<br />
maltempo e, oltre i numeri, una<br />
natura ancora incontaminata,<br />
foreste impenetrabili con<br />
numerose specie arboree a<br />
noi sconosciute, gli enormi<br />
condor inaspettatamente facili<br />
da avvistare, i leoni marini<br />
del porto <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>via, il caos<br />
urbanistico multicolore <strong>di</strong><br />
Valparaiso, il pesce prelibato<br />
e le cozze <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />
esagerate, gli orgogliosi<br />
“Gaucho” a cavallo, i cani<br />
randagi (veri padroni del Cile),<br />
le costellazioni australi, la<br />
sensazione <strong>di</strong> essere sulla terra<br />
a testa in giù, con l’acqua del<br />
lavello che scarica vorticando<br />
in senso orario.”<br />
Resta molto ancora da vedere<br />
in questo lunghissimo paese e<br />
tanta è la voglia <strong>di</strong> tornare per<br />
scendere ancora più giù, oltre<br />
la fine della Panamericana.<br />
Ringrazio per l’ottima<br />
compagnia gli amici Renato,<br />
Pio e Danilo, autori delle<br />
immagini.<br />
Sopra a sinistra: sui<br />
pen<strong>di</strong>i del Volcan Antuco.<br />
Sopra: tramonto verso<br />
l'oceano pacifico dalle<br />
pen<strong>di</strong>ci del Volcan<br />
Villarica.<br />
A fianco: nuvola <strong>di</strong> gas<br />
tossici dal cratere del<br />
Villarica.<br />
Sotto: la foresta alle<br />
pen<strong>di</strong>ci del Casablanca.<br />
10 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 11
SOLO<br />
Come spesso accadeva nella<br />
seconda metà <strong>di</strong> agosto, un<br />
fronte freddo aveva investito<br />
le Alpi rovesciando una fitta<br />
pioggia sulle valli dolomitiche,<br />
imbiancando leggermente le<br />
vette più alte, esaurendosi poi<br />
rapidamente sospinto verso<br />
oriente da un forte vento, che<br />
annunciava il ritorno del bel<br />
tempo. Quel giorno non aveva<br />
partecipato all’escursione dei<br />
loro amici nella zona delle Tre<br />
Cime per via del lungo tragitto<br />
in auto e del clima piuttosto<br />
rigido che facevano temere per<br />
la resistenza del piccolo Joseph<br />
<strong>di</strong> allora due anni. Dalla finestra<br />
<strong>di</strong> casa il cielo appariva <strong>di</strong><br />
un intenso azzurro turchese,<br />
come in un quadro <strong>di</strong> Chagall;<br />
grosse nubi vaporose modellate<br />
dalle correnti in quota<br />
mutavano rapidamente forma<br />
scomparendo e affiorando da<br />
<strong>di</strong>etro le creste rocciose che<br />
incorniciavano l’orizzonte. Constatato<br />
il tempo buono, sentì<br />
crescere in lui uno strano stato<br />
<strong>di</strong> Gunter Gros<br />
<strong>di</strong> inquietu<strong>di</strong>ne per l’insistenza<br />
con la quale un’ idea si andava<br />
facendo strada nella sua mente.<br />
Sfogliando la guida cominciò<br />
a stu<strong>di</strong>are i tracciati delle vie<br />
immaginandosi impegnato<br />
ad arrampicare da solo sui<br />
passaggi raffigurati, concentrato<br />
sui movimenti, con il vuoto<br />
che prendeva corpo sotto i suoi<br />
pie<strong>di</strong> man mano che saliva.<br />
In breve quel pensiero si era<br />
interamente impadronito <strong>di</strong> lui,<br />
rafforzato da una determinazione<br />
e da una sicurezza nei propri<br />
mezzi che avvertiva in modo<br />
del tutto nuovo. La scelta<br />
cadde sullo spigolo nord-ovest<br />
della seconda torre che attirò<br />
la sua attenzione per l’eleganza<br />
delle linee e la compattezza<br />
della roccia.<br />
Si congedò dalla moglie <strong>di</strong>cendo<br />
che andava a fare un giretto,<br />
salì sull’auto e con trepidazione<br />
raggiunse il passo. In<br />
breve tempo si trovò all’attacco<br />
dello spigolo; mentre infilava<br />
l’imbragatura e si legava con<br />
la corda da 9 mm, lanciava<br />
rapide occhiate verso l’alto alla<br />
ricerca della via. Cominciò ad<br />
arrampicare in verticale su una<br />
roccia incre<strong>di</strong>bilmente solida<br />
ed appigliata con gesti sicuri,<br />
ma volutamente lenti e misurati,<br />
cercando <strong>di</strong> aumentare la<br />
pressione delle <strong>di</strong>ta sugli appigli<br />
alla ricerca <strong>di</strong> una maggiore<br />
sicurezza. La progressione era<br />
comunque veloce e la corda che<br />
fissata alla sua vita pendeva<br />
libera faceva sembrare quella<br />
salita simile a tante altre<br />
12 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 13
Nella pagina precedente: sulla<br />
Micheluzzi al Piz Ciavazes.<br />
fatte in cordata con Ruth. In<br />
poco tempo, senza incertezze,<br />
raggiunse il passaggio chiave<br />
costituito da un piccolo salto<br />
strapiombante che si ergeva<br />
da una stretta cengia, proprio<br />
sul filo dello spigolo. Con<br />
cautela cominciò a tastare la<br />
roccia sopra la sua testa sporgendosi<br />
con il busto in fuori,<br />
avvertendo subito crescere la<br />
percezione del vuoto amplificata<br />
dalle raffiche <strong>di</strong> vento che<br />
parevano <strong>di</strong>latare oltremodo<br />
quel centinaio <strong>di</strong> metri che lo<br />
separavano già dal ghiaione. Il<br />
primo tentativo si risolse con<br />
un passo in<strong>di</strong>etro, in quanto<br />
la presa per la mano destra<br />
non pareva dare al movimento<br />
la necessaria tranquillità. Si<br />
raccolse allora a riflettere con<br />
i pie<strong>di</strong> appoggiati <strong>di</strong> nuovo<br />
sulla cengia nell’intento <strong>di</strong><br />
trovare una maggiore convinzione;<br />
scrutando accuratamente<br />
la roccia soprastante alla<br />
ricerca della giusta sequenza<br />
per superare il passaggio,<br />
soluzioni <strong>di</strong>verse iniziarono ad<br />
affollare la sua mente. Affiorò<br />
anche l’ipotesi <strong>di</strong> un ritorno in<br />
arrampicata oppure in doppia,<br />
ma la determinazione <strong>di</strong> quel<br />
giorno prese nuovamente il<br />
sopravvento e si convinse che<br />
potesse essere sufficiente infilare<br />
la corda chiusa ad anello<br />
nei due chio<strong>di</strong> infissi in quel<br />
tratto. Con questa sicurezza<br />
improvvisata si rialzò nuovamente<br />
sullo strapiombo e con<br />
maggiore decisione strinse ancora<br />
quell’appiglio e si sollevò<br />
oltre il bordo aggettante del<br />
A destra: le Cinque Dita.<br />
Nella pagina a fronte: in arrampicata<br />
sulla Micheluzzi.<br />
salto <strong>di</strong> roccia, dove delle prese<br />
migliori gli consentirono <strong>di</strong><br />
ristabilirsi e recuperare la corda.<br />
Lo spigolo ora proseguiva<br />
con una placca grigia, ruvida e<br />
compatta, ma meno verticale,<br />
che secondo la relazione doveva<br />
essere superata sulla destra;<br />
subito al <strong>di</strong> sopra una lunga<br />
serie <strong>di</strong> fessure si stagliavano<br />
ben evidenti a fianco del<br />
sottile pilastro, in<strong>di</strong>cando una<br />
linea ideale <strong>di</strong> salita. Traversò<br />
però troppo presto, trovandosi<br />
fuori via; una sequenza <strong>di</strong><br />
piccole reglette e <strong>di</strong> appoggi<br />
in aderenza lo riportarono sul<br />
giusto tracciato, anche se con<br />
<strong>di</strong>fficoltà superiori.<br />
Non era la prima volta che<br />
arrampicava slegato, anche<br />
se da un po’ <strong>di</strong> anni aveva<br />
abbandonato quella pratica;<br />
l’esperienza ed una certa abitu<strong>di</strong>ne<br />
risalivano agli anni in cui<br />
da ragazzo aveva cominciato<br />
ad arrampicare. In quell’epoca,<br />
nella seconda metà degli anni<br />
settanta, era <strong>di</strong>ffuso rischiare<br />
la caduta da massi anche <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>screta altezza e salire senza<br />
corda tratti <strong>di</strong> 30/40 metri;<br />
la progressione dava allora<br />
un grande senso <strong>di</strong> libertà nei<br />
movimenti e amplificava la<br />
percezione delle sensazioni per<br />
la maggior concentrazione sul<br />
gesto e la componente adrenalinica<br />
dell’arrampicata.<br />
La gratuità della pratica<br />
derivante dall’altissimo rischio<br />
trovava una ragione solo nella<br />
leggerezza e nell’incoscienza<br />
della giovane età.<br />
Le avventure sulle rocce che<br />
avevano affascinato la sua mente<br />
<strong>di</strong> adolescente ed il coinvolgimento<br />
con cui aveva vissuto<br />
la passione per la montagna in<br />
quegli anni ne avevano senza<br />
dubbio segnato la persona. Il<br />
risveglio, avvenuto quel giorno,<br />
<strong>di</strong> quell’insano e prorompente<br />
bisogno, meritava comun-<br />
que un’attenta riflessione. Le<br />
bellissime fessure-<strong>di</strong>edro, che<br />
incidevano lo spigolo nella<br />
sua metà superiore, furono<br />
salite senza più interruzioni <strong>di</strong><br />
continuità con una piacevole<br />
arrampicata, sempre molto<br />
aerea, sino in cima.<br />
L’incertezza affiorata sotto lo<br />
strapiombo, l’impegno richiesto<br />
dal <strong>di</strong>fficile tratto fuori via e il<br />
piacere con cui aveva superato<br />
l’ultima parte <strong>di</strong> salita<br />
gli procuravano ora uno stato<br />
<strong>di</strong> profonda sod<strong>di</strong>sfazione,<br />
non paragonabile a quello <strong>di</strong><br />
tante altre esperienze vissute<br />
in montagna. Dopo essersi<br />
trattenuto per pochi minuti<br />
seduto sulle rocce della vetta,<br />
preso da questi pensieri, legata<br />
la corda sulle spalle ri<strong>di</strong>scese<br />
veloce lungo la via normale che<br />
già conosceva per precedenti<br />
salite. Al ritorno non riferì<br />
nulla. Sentiva che non poteva<br />
con<strong>di</strong>videre quella esperienza<br />
con chi gli era vicino senza<br />
incorrere in una inevitabile incomprensione,<br />
o meglio temeva<br />
<strong>di</strong> dover fare i conti con quello<br />
che riteneva il lato oscuro <strong>di</strong><br />
quell’esperienza, un senso <strong>di</strong><br />
colpa per aver in qualche modo<br />
eluso le proprie responsabilità<br />
familiari.<br />
Aveva ingaggiato un confronto<br />
con la parete e giocato sulla<br />
capacità <strong>di</strong> dominare la paura;<br />
la fiducia nelle proprie forze e<br />
la sicurezza raggiunta su quel<br />
grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà avevano concorso<br />
ad accrescere l’emozione<br />
provata. Era consapevole che<br />
prestarsi ad un tale rischio<br />
aveva posto la sua passione e<br />
se stesso al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> qualsiasi<br />
cosa.<br />
Trovava, comunque, una giustificazione<br />
in quel particolare<br />
stato mentale <strong>di</strong> cui si era<br />
sentito letteralmente preda,<br />
una specie <strong>di</strong> raptus, un desiderio<br />
che si era impadronito<br />
<strong>di</strong> lui; e per il modo in cui si<br />
era manifestato provava ora<br />
inquietu<strong>di</strong>ne.<br />
La riappacificazione finale con<br />
se stesso fu raggiunta solo con<br />
la forte consapevolezza che<br />
quell’avventura era da ritenersi<br />
del tutto unica ed irripetibile.<br />
Non avrebbe mai più avuto<br />
seguito.<br />
Gli capita ancora, però, alla<br />
fine <strong>di</strong> una giornata <strong>di</strong> lavoro<br />
o in momenti <strong>di</strong> stanchezza,<br />
<strong>di</strong> rilassarsi, abbandonandosi<br />
alla nostalgia dei monti<br />
palli<strong>di</strong>. Ripensa allora a quella<br />
giornata; con la mente corre <strong>di</strong><br />
nuovo su quello spigolo aereo,<br />
rivive il piacere dell’arrampicata<br />
fluida su quel calcare solido,<br />
sent l’emozione del vuoto e<br />
il sibilo forte del vento che<br />
avevano accompagnato quella<br />
salita. Dentro <strong>di</strong> lui conserva<br />
sempre viva quell’emozione che<br />
la montagna non gli potrà mai<br />
più dare.<br />
14 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 15
Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un<br />
Pedalatore<br />
<strong>di</strong>Montagne<br />
Sopra: la strada<br />
che sale al Passo<br />
dello Spluga.<br />
Nella pagina a<br />
fronte: un passo<br />
himalayano ad<br />
oltre 5000 m.<br />
In questo inizio d’estate del<br />
2026, mi trovo a risalire in<br />
bicicletta la Valle Spluga fino al<br />
Passo, forse per l’ultima volta.<br />
I ricor<strong>di</strong>, mentre inizio la salita,<br />
seguono il mio perpetuo pedalare<br />
e peregrinano alle tante<br />
volte che ho percorso le strade<br />
in qualche parte del mondo per<br />
raggiungere un passo, attraversare<br />
un altopiano, per saper cosa<br />
c’era oltre il villaggio dopo un<br />
crinale coltivato a terrazzi, oltre<br />
i fianchi selvaggi <strong>di</strong> una vallata.<br />
Dopo Bette il mio ansimare è<br />
meno affannoso, mentre le gam-<br />
<strong>di</strong> Ezio Abate<br />
Due buone gambe, fia-<br />
to da vendere per poter<br />
avere ragione delle strade<br />
più impervie e tanta vo-<br />
glia <strong>di</strong> girare il mondo in<br />
sella alla propria biciclet-<br />
ta come un novello inter-<br />
prete dell’epopea “on the<br />
road”<br />
be libere mulinano sui pedali, mi<br />
volgo in<strong>di</strong>etro guardando verso<br />
la piana fluviale della Mera e la<br />
memoria...<br />
Mentre salgo verso lo Shandur<br />
Pass, un poco pedalando e<br />
un poco spingendo a mano la<br />
bicicletta, talvolta mi fermo<br />
sul ciglio della strada sterrata<br />
per prendere fiato e cerco una<br />
grossa pietra per sedermi. Sono<br />
oltre i 3000 metri <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne<br />
e osservo, dal limite <strong>di</strong> una<br />
scarpata, da un poggio solitario<br />
tutto mio, solo per i miei<br />
occhi profani e curiosi, sotto <strong>di</strong><br />
16 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 17
me gli ultimi campi coltivati ad<br />
orzo, a patate e altri a segale,<br />
campi <strong>di</strong>visi da sottili muri<br />
a secco e tutti accortamente<br />
irrigati da piccoli ruscelli<br />
ombreggiati da salici spontanei.<br />
Ognuno <strong>di</strong> questi piccoli<br />
ritagli <strong>di</strong> terra dalla forma<br />
rettangolare è una sfumatura<br />
continua dal verde al giallo, dal<br />
marrone all’ocra, come colpi<br />
precisi e pazienti <strong>di</strong> pennelli<br />
sudati, poi il vento accarezzandoli<br />
e piegandone le punte<br />
erbose ne esalta i chiaroscuri,<br />
mentre l’ombra delle nuvole<br />
ne accentua la vivacità delle<br />
tinte. Ogni tanto quel quadro<br />
naturale, ritoccato con perizia<br />
da accorte braccia umane, è<br />
interrotto da case basse dal<br />
tetto piatto tinto <strong>di</strong> bruno<br />
dalle albicocche messe ad essiccare,<br />
da coloriture spiccate<br />
<strong>di</strong> rosso, blu e verde dei panni<br />
stesi in cerca <strong>di</strong> ra<strong>di</strong> e cal<strong>di</strong><br />
raggi imalaiani o della brezza<br />
tiepida, pigra e secca che risale<br />
dalle lontane <strong>di</strong>stese del Punjab.<br />
Ascendono dal villaggio le<br />
grida dei giochi puri <strong>di</strong> bimbi,<br />
i richiami ripetuti e intimi <strong>di</strong><br />
giovani madri, i fischi acuti<br />
e prolungati <strong>di</strong> pastori vigili.<br />
Intanto il mio respiro ora è regolare.<br />
Attorno mi compiaccio<br />
del belvedere <strong>di</strong> vette aguzze<br />
ed innevate, <strong>di</strong> nubi veloci che<br />
ombreggiano le pareti verticali<br />
e compatte, cumuli che danno<br />
sollievo all’arsura pomeri<strong>di</strong>ana.<br />
E’ silenzio. Riesco a percepire<br />
dentro <strong>di</strong> me il battito sempre<br />
meno tormentato del mio<br />
cuore, mi trovo a pedalare tra<br />
le montagne dell’Hindu Kush<br />
nel nord-ovest del Pakistan. Il<br />
passo è ancora lontano, quanti<br />
colpi <strong>di</strong> pedale; quante volte<br />
mi fermerò ancora a cercare<br />
il mio respiro, quante volte a<br />
<strong>di</strong>ssetarmi presso una valletta;<br />
quante volte a mirare le<br />
montagne e la vita quoti<strong>di</strong>ana<br />
breve, intensa e rispettosa che<br />
vive lungo le pen<strong>di</strong>ci millenarie….<br />
E ho già superato il paese <strong>di</strong><br />
San Giacomo Filippo. Lungo<br />
la strada, oltre i muri a secco<br />
<strong>di</strong> contenimento, tra cespugli<br />
bassi e freschi arbusti, noto il<br />
rosso delle fragoline selvatiche,<br />
mi fermo restando in sella,<br />
allungo le mie mani rugose e<br />
anziane, assaporo il gusto <strong>di</strong><br />
quei piccoli frutti selvatici; poi<br />
riprendo con saggia regolarità.<br />
Giungo nei pressi del Santuario<br />
<strong>di</strong> Gallivaggio, poi il ponte in<br />
ferro. Dopo Campodolcino sto<br />
risalendo i tornanti che portano<br />
a Pianazzo, la strada è ombreggiata<br />
e silenziosa, passano<br />
poche macchine da queste parti,<br />
A sinistra: sull’altopiano<br />
tibetano in bicicletta,<br />
il tratto che porta al<br />
Rongbuk.<br />
A destra: al passo<br />
Shandur.<br />
Sotto: la strada che<br />
sale al Passo dello<br />
Spluga nei pressi <strong>di</strong><br />
Pianazzo.<br />
18 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 19
solo chi vuole vedere la cascata<br />
oppure provare un brivido nel<br />
risalire questa stra<strong>di</strong>na ricavata<br />
nella roccia. Delle nuvole hanno<br />
appena lasciato la loro orma<br />
dolce e muta sul Pian dei Cavalli,<br />
ora sembrano voler alleggerire<br />
il loro fardello umido. Mi riparo<br />
sotto una galleria e appoggio la<br />
bici alla roccia. Al sicuro dall’improvviso<br />
scroscio, osservo le<br />
gocce bagnare l’asfalto vecchio;<br />
si crea del vapore ballerino e,<br />
sorpreso dal picchiettio, lascio <strong>di</strong><br />
nuovo viaggiare i miei ricor<strong>di</strong> tra<br />
le montagne …<br />
Ho appena superato il Lowari<br />
Pass, a poco più <strong>di</strong> tremila<br />
metri, mancano ancora una<br />
cinquantina <strong>di</strong> chilometri per<br />
giungere a Chitral nella parte<br />
più nord occidentale del Paki-<br />
stan, a poche miglia in linea<br />
d’aria dall’Afghanistan. La <strong>di</strong>scesa<br />
percorre una gola stretta,<br />
le due pareti delle montagne<br />
sembrano lambirsi, sfiorarsi<br />
quasi toccarsi. E’ pomeriggio,<br />
su per le cime tuona, le prime<br />
gocce pesanti imperlano l’asfalto.<br />
Decido <strong>di</strong> ripararmi sotto<br />
una roccia sporgente, sono in<br />
compagnia <strong>di</strong> alcuni giovani<br />
pastori pakistani. Piove turbinosamente,<br />
i tuoni si susseguono<br />
a pochi secon<strong>di</strong> e dalla<br />
roccia cominciano a venir giù<br />
delle piccole cascate d’acqua.<br />
Lascio quello scudo ormai incerto,<br />
la strada benché bagnata<br />
e piena <strong>di</strong> rivoli mi sembra più<br />
sicura. All’improvviso sulla mia<br />
destra, dal crinale in mezzo a<br />
quella che poteva essere fino a<br />
qualche ora prima una valletta<br />
asciutta, scende vorticosamente<br />
un torrente. Comprendo che<br />
ho pochi attimi per sfuggire<br />
all’impetuosità <strong>di</strong> quell’acqua.<br />
Faccio girare a tutta i pedali,<br />
mentre quel torrente minaccioso<br />
mi potrebbe tagliare<br />
la strada. Pedalo più forte;<br />
sono attimi <strong>di</strong> tensione. Ecco<br />
oltrepasso il punto presunto<br />
dell’impatto; due, tre, quattro,<br />
<strong>di</strong>eci metri, mi volto e il salto<br />
del torrente invade la strada<br />
portando con sé terriccio, sassi<br />
e poi <strong>di</strong> nuovo fa un rimbalzo<br />
nel vuoto al <strong>di</strong> sotto della<br />
strada. Ho scampato la minaccia,<br />
se fossi stato investito<br />
dall’acqua non riesco a immaginare<br />
la fine. Non ho tempo <strong>di</strong><br />
realizzare perché devo condurre<br />
A sinistra: al Campo Base<br />
nord dell’Everest (m 5200).<br />
A destra: il lago dello<br />
Spluga.<br />
Sotto: in cima al La Lungla<br />
(m 5120), sullo sfondo il<br />
Shishapangma (Tibet).<br />
20 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 21
la bicicletta in <strong>di</strong>scesa libera<br />
con attenzione per non cadere,<br />
evitare i rigagnoli e non finire<br />
con una sbandata nella scarpata.<br />
Dopo una curva la strada<br />
finisce nel greto <strong>di</strong> un fiume.<br />
Sono fermo, osservo il <strong>di</strong>scendere<br />
aggressivo dell’acqua che<br />
sembra aumentare. Dall’altra<br />
parte sta un pakistano che mi<br />
fa segno <strong>di</strong> venire avanti. Ma la<br />
corrente sembra troppo forte.<br />
Lui allora entra nel turbinio e<br />
mi raggiunge, assieme solleviamo<br />
la bicicletta con il carico <strong>di</strong><br />
borse, entrambi con l’acqua fino<br />
alle ginocchia avanziamo nel<br />
mezzo del fiume. Sento i sassi<br />
battere i miei polpacci, ma non<br />
ho tempo per il dolore; sono<br />
momenti surreali, un musulmano<br />
aiuta un cristiano a portare<br />
la sua bicicletta tra le acque<br />
impetuose, attimi <strong>di</strong> affanno,<br />
incrociamo gli sguar<strong>di</strong> e siamo<br />
sull’asfaltata. Il pakistano mi<br />
in<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> risalire il sentiero e<br />
raggiungere un capanno. Quando<br />
sono al riparo in compagnia<br />
della bicicletta e <strong>di</strong> altri uomi-<br />
ni, noto che il torrente appena<br />
guadato ha invaso completamente<br />
la strada portando grossi<br />
massi che l’uomo che mi ha<br />
aiutato tenta a forza <strong>di</strong> braccia<br />
<strong>di</strong> far rotolare giù per il declivio.<br />
Mentre i tuoni si stanno<br />
allontanando e il sole tenta <strong>di</strong><br />
far breccia tra le ultime gocce,<br />
il mio amico pakistano, con i<br />
pantaloni pieni <strong>di</strong> fango, tra i<br />
massi e detriti, mi fa cenno <strong>di</strong><br />
andare…<br />
Allungo la mano fuori dalla<br />
galleria per sentire la consistenza<br />
della pioggia e capisco che<br />
sta cessando. Salgo in sella,<br />
riprendo a risalire gli stretti e<br />
brevi tornanti, supero l’abitato<br />
eremita <strong>di</strong> Pianazzo, la lunga<br />
galleria sotto gli Andossi. La<br />
mia lentezza nel salire mi lascia<br />
contemplare il paesaggio alpino<br />
vivace, carico e intenso dopo un<br />
temporale e ...<br />
La notte non sembra finire,<br />
apro la tenda per sbirciare la<br />
montagna più alta del mondo,<br />
dorme anche lei tra nuvole<br />
d’ovatta e taciturne. Il mattino<br />
mi avvio sicuro incurante<br />
dell’aria gelida che vezzeggia<br />
il mio viso abbronzato. Lucia<br />
sceglie <strong>di</strong> proseguire a pie<strong>di</strong>.<br />
Dopo due chilometri la pista è<br />
interrotta dal torrente, risalgo<br />
a sinistra un fresco sentiero<br />
e poi per una dolce <strong>di</strong>scesa<br />
riprendo la pista naturale. Mi<br />
fermo ogni tanto a respirare,<br />
a quietare il mio boccheggiare<br />
e guardo avanti, l’Everest è lì<br />
ancora avvolto dal suo drappo<br />
naturale <strong>di</strong> nubi monsoniche.<br />
Percorro dei tornanti tra le<br />
pietre insi<strong>di</strong>ose, raggiungo un<br />
ampio pianoro antistante il<br />
campo base, seguo le tracce<br />
lasciate da precedenti jeep, oltrepasso<br />
un piccolo acquitrino,<br />
del fango, delle pozzanghere<br />
ghiacciate, orgoglioso lascio<br />
degli in<strong>di</strong>zi con il battistrada<br />
della mia mountainbike a<br />
testimonianza del mio passaggio.<br />
Adesso, sentendo la meta<br />
vicina, non faccio fatica, ma<br />
attento guardo dove passano<br />
le ruote. Alcuni yaks al pascolo<br />
cercano tra le pietre millenarie<br />
un ciuffo d’erba, ma è silenzio<br />
intorno, un raggio <strong>di</strong> sole e<br />
l’Everest sembra aprirsi. A sinistra<br />
dei fazzoletti <strong>di</strong> preghiere<br />
appesi a canne, supero un altro<br />
grosso mucchio <strong>di</strong> pietre, sono<br />
al campo base. Davanti ho<br />
l’ammasso morenico terminale<br />
del ghiacciaio. Non c’è una<br />
tenda, nessuno, l’immobilità<br />
himalayana. Mi volto in<strong>di</strong>etro,<br />
un puntino si muove con la sua<br />
berretta gialla, Lucia. Mi siedo,<br />
taciturno aspetto, come all’interno<br />
<strong>di</strong> un grande teatro, che<br />
il sipario si apra. Il cuore ritma<br />
forte. Lucia mi raggiunge, mi<br />
stringe la mano. Ora l’Everest<br />
sovrano appare con tutta la sua<br />
piramidale magnificenza. Un<br />
sogno infantile si è avverato…<br />
Sono al passo Spluga, un<br />
cippo ne in<strong>di</strong>ca l’altezza, è già<br />
pomeriggio inoltrato. Dalla<br />
tasca posteriore tolgo il mio<br />
window-pocket, leggo sul <strong>di</strong>splay<br />
il messaggio del mio nipotino:<br />
“Nonno, la prossima volta,<br />
porta anche me tra le montagne<br />
in bicicletta.” Da casa, con il<br />
suo fusionglassvideo, grazie al<br />
satellite, ha potuto seguire tutta<br />
la mia salita quasi mi fosse<br />
a fianco, ha potuto registrare<br />
le pulsazioni del mio cuore,<br />
calcolare quante calorie ho<br />
consumato, avere i dati metro<br />
per metro della salita, registrare<br />
gli odori e i profumi, comunque<br />
il suo personal windowpocket <strong>di</strong><br />
ultima generazione non riesce<br />
a riprodurre le mie sensazioni,<br />
i miei sogni e i miei ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
pedalatore <strong>di</strong> montagne.<br />
Mi siedo su un masso caldo, per<br />
alcuni attimi socchiudo gli occhi<br />
e ritrovo come tante immagini in<br />
<strong>di</strong>ssolvenza le gran<strong>di</strong> montagne:<br />
l’Everest, il Lhotse, il Maka-lu,<br />
il Cho Oyu, il Shisha Pangma,<br />
il Nanga Parbat. Sono al loro<br />
cospetto in bicicletta. Poi mi<br />
risveglio da quel breve torpore<br />
da pedalatore himalayano e mi<br />
compiaccio della vista nitida del<br />
Pizzo Tambò, del Suretta, del<br />
Ferrè, dell’Emet, dello Stella, del<br />
Quadro …<br />
Ezio Abate<br />
in bicicletta<br />
Estate 1991<br />
Pakistan, Karakoram Highway: da Rawalpin<strong>di</strong><br />
a Kashgar (Cina, Sinkiang)<br />
Estate 1992<br />
Tibet (Cina): da Lhasa, Rongbuk e Campo<br />
Base North Face Everest, Kathmandu (Nepal)<br />
Estate 1993<br />
In<strong>di</strong>a Himalaiana: da Manali a Leh (Ladakh)<br />
Estate 1994<br />
Islanda: Tour dell’Islanda, costa sud, deserto e<br />
parte settentrionale, Reykjavik<br />
Estate 1995:<br />
Tour d’Albania<br />
Estate 1996:<br />
I Paesi Baltici: giro della Lituania<br />
Estate 1997<br />
Progetto Alpinbici ’97: dalle Alpi Marittime<br />
alle Lepontine<br />
Estate 1998<br />
Progetto Alpinbici ’98: Croazia e Slovenia<br />
Estate 1999<br />
Progetto Alpinbici ‘99 : Alpi Centrali svizzere,<br />
Cantoni Ticino e Grigioni, Valtellina.<br />
Estate 2000<br />
In<strong>di</strong>a Himalaiana: Himachal Pradesh, Kinnaur,<br />
Spiti Valley, da Shimla per Manali, Man<strong>di</strong> fino<br />
a Dharamsala<br />
Estate 2001<br />
Nord Pakistan: da Rawalpin<strong>di</strong> nel Chitral,<br />
viaggio nell’Hindu Kush, per lo Shandur Pass<br />
fino a Gilgit<br />
Estate 2002<br />
Kirzighistan Tour: Bishkek, Montagne Centrali,<br />
Chaek, Tour del Lago Issyk-Kul, Bishkek<br />
Estate 2003<br />
Kazakistan-Sinkinag cinese Tour: Almata,<br />
Yinning, Urumqi<br />
Estate 2004<br />
In<strong>di</strong>a Himalaiana: Uttar Pradesh, Rishikesh -<br />
Badrinath, Missoorie, Dehra dun, Rishikesh<br />
Estate 2005<br />
In<strong>di</strong>a Himalaiana: Uttar Pradesh, Rishikesh,<br />
Uttarkashi, Gangotr, Barkot, Yamunotri,<br />
Missourie, Rishikesh<br />
Estate 2006<br />
In<strong>di</strong>a Himalaiana: Kinnaur Tou, Nainata, Thal,<br />
Pithoragarh, Haldwani , Bhowali, Nainatal<br />
22 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 23
<strong>di</strong><br />
La Leggenda<br />
Scermendone<br />
e dei<br />
Corni Bruciati<br />
Sembrava una sera <strong>di</strong> fine<br />
luglio come tante alla casera <strong>di</strong><br />
Pian <strong>di</strong> Spini, poco sotto il lago<br />
<strong>di</strong> Scermendone.<br />
Per i pastori volgeva al termine<br />
il duro lavoro <strong>di</strong> una giornata<br />
non <strong>di</strong>versa, nell’inesorabile<br />
riprodursi <strong>di</strong> una fatica senza<br />
speranza e sempre uguale a se<br />
stessa, dalle molte altre che<br />
l’avevano preceduta né <strong>di</strong>versa<br />
da quelle che l’avrebbero<br />
seguita. Per lo meno, così essi<br />
pensavano.<br />
Al <strong>di</strong>uturno travaglio che<br />
segnava come una male<strong>di</strong>zione<br />
biblica la vita <strong>di</strong> quei montanari<br />
faceva da sfondo e da stridente<br />
contrasto uno scenario<br />
<strong>di</strong> Vittorio Poletti<br />
Questa, che mi sono sforzato <strong>di</strong> mettere<br />
insieme alla meno peggio, vuol essere<br />
un po’ la sinossi delle varie versioni, più<br />
o meno autorevolmente accre<strong>di</strong>tate,<br />
<strong>di</strong> quella che i cultori, recenti e non, <strong>di</strong><br />
memorie locali insistono nel chiamare<br />
“la leggenda <strong>di</strong> Scermendone e dei<br />
Corni Bruciati”.<br />
incantato. Un cielo limpi<strong>di</strong>ssimo<br />
trascolorava lentamente<br />
dall’azzurro pomeri<strong>di</strong>ano al<br />
violetto e all’indaco del vespero,<br />
solcato da poche benevole<br />
nuvolette che veleggiavano<br />
rossastre verso la Bergamasca,<br />
messaggere <strong>di</strong> altre giornate <strong>di</strong><br />
bel tempo. Il profilo frastagliato<br />
delle creste rocciose e<br />
il contorno arrotondato dei<br />
dossi erbosi formavano una<br />
sorta <strong>di</strong> anfiteatro attorno alla<br />
verdeggiante <strong>di</strong>stesa che, in un<br />
morbido declivio interrotto qua<br />
e là da cenge e da burroncelli,<br />
degradava dai magri lembi <strong>di</strong><br />
pascolo intorno alle bocchette<br />
giù giù sino al torboso ripiano<br />
<strong>di</strong> Scermendone Basso, dove<br />
il solco della Val Terzana sembrava<br />
ristare prima <strong>di</strong> tuffarsi<br />
bruscamente verso l’Alpe <strong>di</strong><br />
Sasso Bisolo.<br />
I raggi obliqui <strong>di</strong> un sole ormai<br />
prossimo a nascondersi <strong>di</strong>etro<br />
la dentellata giogaia <strong>di</strong>stesa<br />
tra il Ligoncio e il Passo <strong>di</strong><br />
Primalpia traevano ombre sempre<br />
più lunghe dai mille rilievi<br />
del terreno e sembravano dar<br />
fuoco alla ragnatela <strong>di</strong> ruscelli<br />
che s’intersecavano sui pendìi<br />
e alle pozzanghere in cui essi<br />
qua e là si adagiavano. La mole<br />
massiccia del Desenigo, la piramide<br />
del Torrione <strong>di</strong> Bering e i<br />
due gendarmi che la fiancheg-<br />
24 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 25
giavano, ormai in ombra, dominavano<br />
l’ampio circo superiore<br />
della Valle Spluga, chiudendo<br />
la vista verso sera.<br />
Ma per quel brandello <strong>di</strong> umanità<br />
tribolata l’i<strong>di</strong>llio bucolico<br />
<strong>di</strong> un tramonto estivo era uno<br />
spettacolo visto ormai troppe<br />
volte per toccare i registri<br />
del meraviglioso, quando non<br />
del poetico; né le più sublimi<br />
manifestazioni della natura<br />
potevano essere un balsamo<br />
sufficiente a lenire la pena<br />
irrime<strong>di</strong>abilmente legata a una<br />
quoti<strong>di</strong>ana profusione <strong>di</strong> inenarrabili<br />
sforzi cui non toccava<br />
in premio nulla più che una<br />
stentata e precaria sopravvivenza.<br />
Sparse sui greppi a mezzodì<br />
della casera, brucavano avidamente<br />
le capre quelle corolle<br />
spinose alla cui abbondanza<br />
la località deve il proprio<br />
nome; e le mucche appena<br />
munte ruminavano nel bàrich,<br />
il vasto spiazzo vicino alle<br />
baite delimitato da un muretto<br />
<strong>di</strong> pietrame, mentre il casaro<br />
si affaccendava intorno alla<br />
fumante caldaia del latte.<br />
I giovani garzoni, i cascìn,<br />
attendevano alle loro umili<br />
mansioni con uno zelo e una<br />
serietà quasi innaturali per degli<br />
adolescenti; ma prorompeva<br />
a tratti l’esuberanza dell’età<br />
loro in fanciullesche burle, in<br />
trastulli chiassosi. Risuonavano<br />
allora irosi i rimbrotti del cargamùnt,<br />
il caricatore dell’alpe,<br />
che pareva sempre vedere,<br />
ovunque non fossero solo<br />
mutria e facce malmostose, un<br />
tacito rimprovero alla sua arida<br />
e perenne tetraggine.<br />
Suo fratello, un giovane<br />
dall’aspetto mite e gentile,<br />
sapeva benissimo quanto fosse<br />
vano anche solo tentare <strong>di</strong><br />
porre argine a quelle rabbiose<br />
sortite; se ne stava quin<strong>di</strong> in<br />
<strong>di</strong>sparte, vicino al casaro, aiutandolo<br />
nelle fasi più critiche<br />
del suo delicato lavoro. E fu<br />
proprio lui a notare, alzando<br />
gli occhi dopo aver spostato<br />
un pesante ceppo <strong>di</strong> larice,<br />
la figura umana che con passi<br />
malfermi <strong>di</strong>scendeva il sentiero<br />
proveniente dalla Bocchetta <strong>di</strong><br />
Scermendone.<br />
Chi poteva essere? Difficile<br />
anche solo immaginarlo. A<br />
frequentare quel malagevole<br />
viottolo erano infatti unicamente<br />
i pastori dell’alpeggio<br />
e i cacciatori; e i primi erano<br />
tutti lì, intorno alla casera,<br />
mentre i secon<strong>di</strong> non si<br />
vedevano su quei monti che ad<br />
autunno inoltrato. Quanto ai<br />
contrabban<strong>di</strong>eri e ai bracconieri,<br />
che erano notoriamente<br />
una presenza tutt’altro che<br />
rara in quelle remote contrade,<br />
si sapeva quanta scrupolosa<br />
cura essi ponessero nel non<br />
lasciarsi scorgere da nessuno,<br />
fosse pure da lontano.<br />
Mentre il giovane pastore così<br />
andava almanaccando tra sé,<br />
anche gli altri si erano accorti<br />
dell’inattesa apparizione ed<br />
ipotesi e congetture avevano<br />
preso ad intrecciarsi, rimbalzando<br />
da una bocca all’altra.<br />
Per sod<strong>di</strong>sfare la curiosità<br />
generale bisognò tuttavia<br />
aspettare a lungo, perché il<br />
misterioso viandante procede-<br />
A sinistra: sospesi tra la<br />
Valtellina e la Valle <strong>di</strong> Sasso<br />
Bisolo, in cammino sulla<br />
dorsale <strong>di</strong> Scermendone,<br />
sullo sfondo il Ligoncio.<br />
Sotto: la chiesetta <strong>di</strong> San<br />
Quirico e, sullo sfondo, innevato,<br />
il Monte Disgrazia<br />
e i Corni Bruciati.<br />
26 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 27
va ad una andatura visibilmente<br />
appesantita da pena e stanchezza,<br />
ed era ormai buio quando<br />
raggiunse infine il breve spiazzo<br />
antistante le baite.<br />
Si rivelò per un vecchio sporco e<br />
cencioso, che nelle vesti lacere<br />
e nei tratti scavati del volto<br />
portava tutti i segni della fame,<br />
della miseria e della fatica: una<br />
vista che non poteva lasciare<br />
in<strong>di</strong>fferenti nemmeno quegli<br />
alpigiani che pure non conoscevano<br />
né agi né abbondanza. Con<br />
la voce rotta ed esitante <strong>di</strong> chi<br />
ha il pudore <strong>di</strong> mostrare il proprio<br />
bisogno, il vecchio chiese<br />
del latte e un giaciglio per la<br />
notte: il calare dell’oscurità gli<br />
impe<strong>di</strong>va, spiegò, <strong>di</strong> giungere<br />
per quel giorno ad Ardenno,<br />
dove era <strong>di</strong>retto.<br />
Il cargamùnt non lo lasciò<br />
neppure finire <strong>di</strong> parlare. Alcune<br />
parole che uscirono da una gola<br />
strozzata dall’ira e dal livore<br />
andarono perse nella foga e<br />
nella concitazione, ma il senso<br />
<strong>di</strong> quella serqua <strong>di</strong> improperi<br />
sottolineato, ancora che non<br />
ve ne fosse il bisogno, da un<br />
minaccioso mulinar <strong>di</strong> braccia,<br />
da un volto minaccioso e da uno<br />
sguardo malevolo, fu comunque<br />
chiarissimo: lì non c’erano né<br />
latte né alloggio per lazzaroni<br />
e vagabon<strong>di</strong> e l’indesiderato<br />
ospite, se non preferiva togliersi<br />
subito <strong>di</strong> torno, poteva al<br />
massimo <strong>di</strong>videre la cena con i<br />
maiali e il ricovero notturno con<br />
le capre.<br />
Questa amorevole risposta non<br />
stupì nessuno degli astanti,<br />
non nuovi a simili manifestazioni<br />
<strong>di</strong> carità cristiana da<br />
parte <strong>di</strong> quel bell’esemplare <strong>di</strong><br />
filantropo. Comunque, anche<br />
se <strong>di</strong>ssenso e riprovazione da<br />
parte <strong>di</strong> qualcuno vi furono<br />
(e sarebbe ben triste pensare<br />
che così non sia stato), non<br />
ci fu chi avesse il coraggio <strong>di</strong><br />
aprire bocca: amare e ripetute<br />
esperienze avevano insegnato<br />
a tutti quanto caro potesse<br />
costare il minimo cenno non<br />
<strong>di</strong>co <strong>di</strong> insubor<strong>di</strong>nazione, ma<br />
anche solo <strong>di</strong> non completa<br />
acquiescenza ai voleri <strong>di</strong> quel<br />
cuore <strong>di</strong> pietra.<br />
Solo il fratello dell’esagitato<br />
energumeno, forse confidando<br />
nell’impunità che il vincolo<br />
<strong>di</strong> sangue poteva garantirgli,<br />
osò un gesto che anche per<br />
lui avrebbe potuto essere<br />
foriero <strong>di</strong> conseguenze: voltò<br />
ostentatamente le spalle alla<br />
triste figura che continuava a<br />
vomitare le sue contumelie e,<br />
senza proferire verbo, prese<br />
il vecchio per un braccio e lo<br />
guidò alla propria baita. Qui,<br />
mentre riempiva generosamente<br />
<strong>di</strong> polenta e latte una grossa<br />
ciotola <strong>di</strong> legno, sembrò quasi<br />
scusarsi lui per quello che era<br />
appena successo.<br />
“E’ sempre stato duro <strong>di</strong> cuore,<br />
- raccontò con voce piana e<br />
sommessa – ha in mente solo la<br />
roba e bisogna <strong>di</strong>re che con la<br />
malizia e il pelo sullo stomaco<br />
che si ritrova <strong>di</strong> roba ne ha<br />
messo insieme, a cominciare<br />
dalla mia parte <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà, e<br />
tanta che adesso si sente un<br />
A sinistra in alto: <strong>di</strong><br />
fronte ai Corni Bruciati<br />
all’ingresso della Val<br />
Terzana.<br />
A sinistra in basso: il<br />
Rifugio Ponti e i Corni<br />
Bruciati.<br />
Sotto: il Monte Disgrazia,<br />
i Corni Bruciati e il<br />
Passo <strong>di</strong> Scermendone<br />
da Meltri.<br />
padreterno. Da qualche anno<br />
anche questo monte è suo; io<br />
devo lavorare per lui, perché<br />
ho una famiglia da tirar su e<br />
<strong>di</strong> mio non ho niente, e certo<br />
non è un piacere pensarci. Tu,<br />
almeno, domani te ne andrai e<br />
presto ti <strong>di</strong>menticherai anche<br />
<strong>di</strong> averlo conosciuto”.<br />
“Questo può essere – mormorò<br />
il suo ospite – ma <strong>di</strong> sicuro lui<br />
si ricorderà <strong>di</strong> me per un bel<br />
pezzo”.<br />
Il pastore stupito, levò gli occhi<br />
e si trovò a fissare un viso<br />
la cui mitezza nulla toglieva a<br />
una ieratica solennità e che a<br />
un conoscitore <strong>di</strong> cose d’arte<br />
avrebbe ricordato il Pantocrator<br />
delle chiese bizantine; se<br />
mai la Giustizia, quella con la<br />
G maiuscola, aveva assunto<br />
sembianze umane, erano quelle<br />
del volto che vedeva avanti a<br />
sé. Una ridda <strong>di</strong> domande gli<br />
si affollò nella mente, ma egli<br />
non trovò la forza <strong>di</strong> tramutarle<br />
in parole; chinò il capo,<br />
confuso, e terminò il suo pasto<br />
in silenzio.<br />
Rigovernate alla meglio le rozze<br />
stoviglie nel vicino ruscello,<br />
il giovane mostrò al vecchio<br />
il pagliericcio che gli aveva<br />
destinato.<br />
“E’ meglio andare a dormire<br />
subito: vedo che tu sei molto<br />
stanco ed io domattina devo<br />
alzarmi <strong>di</strong> buonora per scendere<br />
a Calèch a falciare il prato.<br />
Fino allo stallone faremo la<br />
stessa strada e così potremo<br />
tenerci compagnia”.<br />
Anche se le prime luci dell’alba<br />
28 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 29
Adestra: eriofori sulle<br />
sponde del Lago Scermendone,<br />
sullo sfondo il passo<br />
omonimo.<br />
Sotto: la piana <strong>di</strong> Predarossa<br />
vista dal sentiero<br />
che sale al Rifugio Ponti.<br />
successiva li videro in pie<strong>di</strong>, i<br />
cascìn erano stati più mattinieri<br />
<strong>di</strong> loro e già si stavano<br />
affaccendando sotto un cielo<br />
senza nuvole per radunare le<br />
mucche e spingerle verso il<br />
laghetto. Lì, spiegò il pastore<br />
al suo ospite, avrebbero sfruttato<br />
per pochi giorni quell’erba<br />
tenera e rada per poi andare a<br />
pascolare sui fianchi del Dosso<br />
Pelato, dove si trovava il foraggio<br />
migliore e più abbondante,<br />
e vi sarebbero rimaste sino agli<br />
ultimi giorni <strong>di</strong> agosto.<br />
Si avviarono dunque, il viandante<br />
e l’alpigiano, verso lo<br />
stallone. Avevano già compiuto<br />
un buon tratto <strong>di</strong> strada,<br />
quando la quiete alle loro<br />
spalle esplose in un sinistro<br />
fragore, mentre l’aria <strong>di</strong> quella<br />
luminosa mattina si tingeva <strong>di</strong><br />
un fosco bagliore rossastro. Il<br />
pastore fece per voltarsi, ma il<br />
suo compagno lo fermò. “Non<br />
girarti per nessun motivo!” gli<br />
or<strong>di</strong>nò con una voce in cui non<br />
c’era nessuna traccia dell’esitazione<br />
e della timidezza della<br />
sera innanzi; si esprimeva con<br />
un tono severo ed autoritario,<br />
ora, ed il giovane, timoroso e<br />
frastornato, non poté fare a<br />
meno <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>rgli.<br />
Poi, come il rombo <strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />
loro <strong>di</strong>veniva sempre più forte,<br />
la curiosità e l’ansia per la<br />
sorte <strong>di</strong> chi era rimasto in alto,<br />
alla casera, ebbero il sopravvento<br />
e il malcapitato si girò.<br />
Ebbe appena il tempo <strong>di</strong> cogliere<br />
l’immagine orrenda del Dosso<br />
Pelato che ardeva in un rogo<br />
immane, prima che il riverbero<br />
gli bruciasse le pupille e lo<br />
lasciasse con due cavità vuote<br />
al posto degli occhi.<br />
Di nuovo risuonò la voce del<br />
vecchio, con un timbro in<br />
cui alla forza si mescolava la<br />
dolcezza: “Non temere, mio<br />
giovane amico: hai ceduto alla<br />
più umana fra le debolezze e<br />
hai veduto coi tuoi occhi la<br />
collera <strong>di</strong> Dio, ma ora avrai il<br />
segno della sua misericor<strong>di</strong>a.<br />
Appoggiati a me e lasciati<br />
guidare”. Proseguirono dunque,<br />
il vecchio senza più pronunciare<br />
parola ed il pastore che se<br />
ne usciva a tratti in un pianto<br />
<strong>di</strong>rotto, mentre il frastuono<br />
alle loro spalle andava morendo<br />
sino a che solo l’assoluta<br />
mancanza <strong>di</strong> ogni suono rimase<br />
a ferire le loro orecchie. E fu<br />
nel silenzio allucinato <strong>di</strong> una<br />
montagna in cui non echeggiavano<br />
né cinguettare <strong>di</strong> uccelli<br />
né scampanio <strong>di</strong> armenti che<br />
continuarono il loro cammino.<br />
Giunti che furono all’aperto<br />
dosso sovrastante l’Acqua dei<br />
Vitelli, il sempre più misterioso<br />
personaggio si <strong>di</strong>resse senza<br />
tentennamenti, come persona<br />
che fosse pratica dei luoghi,<br />
verso la piccola sorgente che<br />
sgorgava da una cavità presso<br />
lo stallone. Fece allora inginocchiare<br />
il cieco accanto a sé<br />
e, umettate le <strong>di</strong>ta con l’acqua<br />
sorgiva, le passò sulle occhiaie<br />
vuote.<br />
Avvenne così che lo stupefatto<br />
montanaro si trovò a contemplare,<br />
con occhi <strong>di</strong> nuovo<br />
aperti alla luce, il panorama<br />
familiare delle cime orobiche<br />
al <strong>di</strong> là del verde fondovalle.<br />
In un cielo tornato limpido<br />
un’aquila, appena sopra le loro<br />
teste, si librava in ampie e<br />
30 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 31
In alto: mucche in Val<br />
Terzana, a monte <strong>di</strong> Pian<br />
<strong>di</strong> Spini.<br />
Sotto: arrivando al Lago<br />
Scermendone da Pian <strong>di</strong><br />
Spini.<br />
pigre volute. Si volse il miracolato<br />
verso il suo accompagnatore<br />
e … beh, sicuramente non<br />
sapeva nemmeno cosa fosse<br />
un’icona bizantina, anche se<br />
in un certo senso una l’aveva<br />
vista, e anche ammirata molte<br />
volte, però <strong>di</strong> immagini sacre<br />
aveva esperienza sufficiente<br />
per saper riconoscere <strong>di</strong> primo<br />
acchito Gesù Cristo, una volta<br />
che se lo fosse trovato davanti.<br />
“Guarda pure, ora – <strong>di</strong>sse<br />
l’imponente figura stendendo il<br />
braccio verso oriente – e ve<strong>di</strong><br />
coi tuoi occhi quanto pesante<br />
possa levarsi la mano <strong>di</strong> Dio a<br />
colpire gli uomini che hanno<br />
<strong>di</strong>menticato la via della carità”.<br />
Guardò dunque il pastore verso<br />
il Dosso Pelato e vide, dove<br />
sempre era stata una verdeggiante<br />
<strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> pascoli, un<br />
ammasso informe <strong>di</strong> rocce<br />
rossastre.<br />
“E mio fratello? – chiese angosciato<br />
– E i miei compagni?”<br />
“Torna da loro, tu che sai cos’è<br />
la compassione. Li troverai che<br />
gemono, ciechi e <strong>di</strong>sperati,<br />
intorno al laghetto; li condurrai<br />
qui e la stessa acqua che ha<br />
guarito i tuoi occhi risanerà<br />
anche i loro. Quello che è successo<br />
oggi vi sia <strong>di</strong> monito per<br />
tutti i giorni che ancora avete<br />
in sorte <strong>di</strong> vivere e vi ricor<strong>di</strong><br />
che tutto quello che la Divina<br />
Provvidenza vi ha donato, molto<br />
o poco che sia, può esservi<br />
tolto ad espiazione dei vostri<br />
peccati. Ora debbo lasciarti, ho<br />
ancora una lunga via davanti a<br />
me. Vai in pace”.<br />
E fu così che si separarono<br />
prendendo ciascuno la propria<br />
strada, il pastore, ancora scosso<br />
e confuso, verso i pascoli alti,<br />
il Figlio <strong>di</strong> Dio verso Meltri e<br />
l’Alpe Granda.<br />
PUNZO<br />
ritrovato<br />
Sull’Annuario 2006, nell’articolo de<strong>di</strong>cato ai primi passi del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />
si faceva cenno all’acquisto da parte del Presidente <strong>di</strong> allora (Pino Milani –<br />
anno 1935) <strong>di</strong> una tela del pittore Mario Punzo raffigurante la parete nord<br />
del Disgrazia. La spesa fu <strong>di</strong> 1500 lire, ripartita in parti uguali fra il Presidente<br />
Milani, la <strong>Sezione</strong> <strong>CAI</strong> e il Comune <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>.<br />
Nello stendere l’articolo ci chiedevamo - e l’abbiamo scritto – dove fosse<br />
andata a finire la tela. Ogni dubbio è fugato: grazie alla segnalazione della<br />
consocia, nonché vicesindaco <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, Alba Rapella, ora sappiamo che<br />
l’importante opera fa bella mostra <strong>di</strong> sé nel Municipio <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, più precisamente<br />
nell’ufficio del Segretario comunale.<br />
Prima dello scoppio della guerra qualcuno, molto saggiamente, pensò bene <strong>di</strong><br />
trasferire il <strong>di</strong>pinto presso il Comune, comproprietario per un terzo della tela,<br />
evitando così che potesse andare <strong>di</strong>spersa in quei momenti concitati. Tutto è<br />
bene ciò che finisce bene.<br />
32 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 33
Come Divenni<br />
Sciatore<br />
Erano circa gli anni 1932/33;<br />
mio padre faceva il sellaio e per<br />
questo era pratico <strong>di</strong> cuciture<br />
del cuoio. Conosceva il Signor<br />
Raimondo Persenico al quale<br />
cuciva le cinghie degli attacchi<br />
<strong>di</strong> sci che montava su quelli <strong>di</strong><br />
sua recente produzione. Allora<br />
gli attacchi erano fatti con una<br />
piastra <strong>di</strong> metallo che veniva<br />
infilata in un foro a circa metà<br />
dello sci e poi piegata con un<br />
ferro speciale sulla forma dello<br />
scarpone (E’ il primo attacco a<br />
ganascia, denominato Huitfeld,<br />
pag.37, ndr). In questo foro<br />
passavano anche le cinghie<br />
che servivano per fissare lo<br />
scarpone stesso. Queste dovevano<br />
essere <strong>di</strong> cuoio doppio<br />
cucito, per eliminare il più<br />
possibile l’allungamento dovuto<br />
all’umi<strong>di</strong>tà. Mio padre, esperto<br />
in cuciture, aveva parecchio lavoro<br />
dalla Ditta Persenico, che<br />
insisteva perché mio padre nel<br />
<strong>di</strong> Giovanni Donadelli<br />
La néef de febrée<br />
la gèla amò i pée,<br />
quèla marzolina<br />
la düra dala sira<br />
ala matina,<br />
la néef de april<br />
la düra gnanca un fiil,<br />
e quèla de macc<br />
l’è nöma quacc.<br />
negozio <strong>di</strong> selleria cominciasse<br />
a vendere i suoi sci, favorito<br />
dal fatto che in caso <strong>di</strong> rottura<br />
delle cinghie era in grado <strong>di</strong><br />
ripararle.<br />
Un giorno finalmente mio padre<br />
si decise e la Ditta Persenico<br />
lasciò alcuni paia <strong>di</strong> sci in negozio.<br />
La ven<strong>di</strong>ta non era una<br />
cosa facile, occorreva anche<br />
essere in grado <strong>di</strong> insegnare ad<br />
usarli; chi sciava allora a <strong>Morbegno</strong><br />
erano pochissimi signori<br />
che avevano fatto arrivare<br />
dalla Norvegia alcuni modelli<br />
<strong>di</strong> sci <strong>di</strong> un legno speciale,<br />
chiamato “hickory”, e anda-<br />
vano a Davos a sciare. Quin<strong>di</strong><br />
dovevamo imparare a sciare. Il<br />
primo esperimento lo feci io;<br />
mio padre mi <strong>di</strong>ceva che per<br />
curvare bisognava inclinare gli<br />
sci <strong>di</strong> spigolo, ma … io facevo<br />
la curva … gli sci no.<br />
Ci venne in aiuto il papà del<br />
mio amico Sandrino Ciapponi<br />
che durante la guerra 15/18<br />
era stato in un reparto <strong>di</strong> alpini<br />
sciatori e ci insegnò la curva a<br />
“telemark”; così fu che sapevamo<br />
qualcosa <strong>di</strong> più da insegnare<br />
ai nostri clienti. Poi la locale<br />
sezione fascista <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
riuscì ad avere alcune paia <strong>di</strong><br />
sci scartati dagli alpini che<br />
però a noi giovani andavano<br />
bene per esercitarci sui prati<br />
del “Piazzular” durante il sabato<br />
fascista. Era cominciata così<br />
l’era dello sci popolare. Attorno<br />
agli anni 1936/37 si cominciò<br />
ad andare alla Corte dove la<br />
locale sezione del <strong>CAI</strong> aveva<br />
34 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 35
affittato dal prete <strong>di</strong> Sacco,<br />
Don Clerici, il locale retrostante<br />
alla chiesetta, gestito dal<br />
Signor Enos Moraschinelli con<br />
pranzi e pernottamenti.<br />
Credo <strong>di</strong> ricordare che circa<br />
negli anni 35/36 la Gioventù<br />
Italiana del Littorio (la GIL) organizzò<br />
un corso <strong>di</strong> sci a livello<br />
nazionale tra i <strong>di</strong>stretti alpini,<br />
c’erano anche gli abruzzesi: per<br />
la provincia <strong>di</strong> Sondrio, Bassa<br />
Valle, eravamo il sottoscritto<br />
Giovanni Donadelli, Antonio<br />
Cornali, Gino Curtoni e Rocco<br />
Zugnoni. Lì imparammo il<br />
telemark, lo stem cristiania e<br />
il passo pattinato. Arrivati a<br />
<strong>Morbegno</strong>, alla prima nevicata,<br />
dopo il passaggio dello slittone<br />
spazzaneve, facevamo sfoggio<br />
della nostra abilità pattinando<br />
dalla Piazzetta dell’Orologio<br />
fino alla stazione ferroviaria,<br />
con grande meraviglia dei<br />
passanti. Gli scarponi <strong>di</strong> allora<br />
erano ancora chiodati, il che<br />
rendeva il bloccaggio sugli sci<br />
piuttosto <strong>di</strong>fficile. Qualcuno<br />
cominciò, al posto dei chio<strong>di</strong>,<br />
a cucire sotto la suola <strong>di</strong> cuoio<br />
una suola <strong>di</strong> gomma ricavata<br />
da vecchi copertoni <strong>di</strong> moto.<br />
Era già un bel progresso, tant’è<br />
che fecero così anche i nostri<br />
conta<strong>di</strong>ni sotto gli zoccoli<br />
<strong>di</strong> legno. Per avere scarponi<br />
moderni e funzionali si dovette<br />
attendere fino alla guerra <strong>di</strong><br />
Grecia e Albania, dove finalmente<br />
ai reparti speciali furono<br />
dati in dotazione scarponi <strong>di</strong><br />
cuoio alti, impermeabili, con la<br />
suola <strong>di</strong> gomma chiamata “vibram”<br />
(dal nome dell’alpinista<br />
Vitale Bramani che la brevettò,<br />
ndr). La prima esperienza con<br />
questi scarponi la fece il mio<br />
amico Tom Cornali, al quale suo<br />
fratello aveva portato dall’Albania<br />
un paio <strong>di</strong> queste speciali<br />
calzature che collaudò in occasione<br />
della nostra partecipazione<br />
alla Staffetta Alpina<br />
del Vallo Littorio (ve<strong>di</strong> Album:<br />
cent’anni <strong>di</strong> alpinismo in Bassa<br />
Valtellina, ed. <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />
2002, pag. 51) nel tratto<br />
Cataeggio, Capanna Ponti,<br />
Passo <strong>di</strong> Cornarossa, Capanna<br />
Desio, rimanendo entusiasta<br />
della loro funzionalità. Ci colpì<br />
anche il particolare dei lacci<br />
che non erano più <strong>di</strong> cuoio,<br />
sempre rotti o slacciati, ma <strong>di</strong><br />
cotone tubolare che tenevano<br />
perfettamente il nodo. Nel<br />
frattempo furono perfezionati<br />
anche gli attacchi con ganasce<br />
regolabili, cavi d’acciaio, molla<br />
nella talloniera e una leva <strong>di</strong><br />
bloccaggio davanti alla punta<br />
dello scarpone: i “kandahar”.<br />
Continuammo sempre ad andare<br />
alla Corte a sciare, tutte le<br />
domeniche, e alcune volte<br />
eravamo una cinquantina.<br />
Venne anche organizzata una<br />
gara <strong>di</strong> tipo sci alpinistico: dal<br />
Rifugio Corte al Piede <strong>di</strong> Olano<br />
e ritorno. Io ero il favorito, ma<br />
giunsi terzo; <strong>di</strong>gerii a fatica lo<br />
smacco, anche perché i primi<br />
due arrivati erano sicuramente<br />
meno abili, specialmente in <strong>di</strong>scesa.<br />
Si venne poi col tempo a<br />
sapere che loro due erano tornati<br />
in<strong>di</strong>etro alle Terze Tagliate<br />
anziché raggiungere il Piede <strong>di</strong><br />
Olano, come era stabilito nel<br />
tracciato <strong>di</strong> gara: ma allora le<br />
gare andavano anche un po’<br />
sulla fiducia.<br />
Dal 1936 cominciammo ad<br />
andare con i miei amici sciatori<br />
nella casa <strong>di</strong> mia proprietà alle<br />
Tagliate: da lì cominciò forse<br />
l’era della settimana bianca,<br />
perché nelle vacanze <strong>di</strong> Natale<br />
ci si fermava per cinque o sei<br />
giorni. Facevamo delle lunghe<br />
camminate con gli sci nella<br />
zona <strong>di</strong> Olano-Culino e, quando<br />
la neve lo permetteva, salivamo<br />
anche le cime. Naturalmente<br />
eravamo attrezzati. Oltre<br />
alla ferramenta per le eventuali<br />
riparazioni, avevamo punte per<br />
sci in alluminio che, in caso <strong>di</strong><br />
rottura della punta, venivano<br />
bloccate con dei morsetti al<br />
moncone, così che potevamo<br />
tornare a casa senza gravi<br />
problemi. Queste punte erano<br />
davvero provvidenziali, perché<br />
una rottura in alta montagna<br />
poteva <strong>di</strong>ventare una trage<strong>di</strong>a.<br />
Lo sci in seguito ebbe un vero<br />
boom sportivo e commerciale,<br />
ma questa è storia a tutti nota.<br />
Nella pagina a fronte: escursione<br />
alla Motta <strong>di</strong> Olano nel 1939.<br />
Sopra: un’allegra comitiva alla Corte<br />
nel 1948 e lo schizzo dell’attacco<br />
Huitfeld.<br />
Nella pagina precedente: Giovanni<br />
Donadelli in azione sui pen<strong>di</strong>i <strong>di</strong><br />
Olano.<br />
36 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 37
Riscaldamento globale<br />
C’è ancora chi lo nega<br />
o pensa che non sia colpa nostra<br />
I cambiamenti climatici stanno<br />
entrando in modo sempre<br />
più massiccio nella quoti<strong>di</strong>anità<br />
<strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> noi. Da un lato<br />
i me<strong>di</strong>a sempre più pronti a cavalcare<br />
l’onda climatica, dall’altro,<br />
ben più importante, il tempo<br />
meteorologico e gli eventi<br />
climatici che interagiscono con<br />
la nostra società. Molto <strong>di</strong>scutere<br />
ha fatto il rapporto 2007<br />
dell’IPCC che, fra le pieghe <strong>di</strong><br />
un documento esaustivo e completo,<br />
arriva ad una conclusione<br />
chiara e spietata: la terra<br />
si sta riscaldando e la causa<br />
<strong>di</strong> questo riscaldamento è con<br />
grande probabilità da attribuirsi<br />
all’attività umana, ve<strong>di</strong> emissione<br />
antropica <strong>di</strong> gas serra. La<br />
crescita continua delle emissioni<br />
<strong>di</strong> CO2, il principale gas serra,<br />
provocherà un aumento della<br />
temperatura del nostro pianeta<br />
entro il 2100 compresa<br />
fra 1,8° e 4° C in base al tasso<br />
<strong>di</strong> emissioni che attueremo nel<br />
futuro prossimo.<br />
Un segnale forte, chiaro e de-<br />
<strong>di</strong> Riccardo Scotti*<br />
ciso da parte della stragrande<br />
maggioranza della comunità<br />
scientifica. Le evidenze<br />
che portano ad una conclusione<br />
così decisa sono molto chiare,<br />
decisamente più ragionevoli<br />
ed inattaccabili <strong>di</strong> molte altre<br />
scoperte scientifiche che hanno<br />
provocato notevoli interazioni<br />
con le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong><br />
noi, ad esempio nel campo alimentare.<br />
Purtroppo, però, le<br />
resistenze <strong>di</strong> fronte alla realtà<br />
che ci circonda e al futuro che<br />
ci attende sono sorprendentemente<br />
forti. Stupisce come,<br />
<strong>di</strong> fronte ad una schiacciante<br />
maggioranza <strong>di</strong> scienziati convinti<br />
dell’antropogenicità del<br />
cambiamento climatico, ci sia<br />
così tanta riluttanza nel cercare<br />
una soluzione comune.<br />
I cosiddetti “negazionisti”<br />
sono molto spesso economisti<br />
ancora volutamente inconsapevoli<br />
della obbligata limitatezza<br />
delle risorse terrestri, ingegneri<br />
sempre più convinti della supremazia<br />
della tecnologia sulla<br />
natura e persino, ahimé, geologi<br />
certi <strong>di</strong> essere gli unici custo<strong>di</strong><br />
del grande segreto delle<br />
glaciazioni.<br />
Di fronte a questa mia estrema,<br />
e forse un po’ volutamente<br />
maldestra generalizzazione,<br />
va riconosciuto come alcune<br />
fazioni si schierino per un<br />
semplice interesse economico:<br />
lobby petrolifere e relativi istituti<br />
pseudo-scientifici ben finanziati<br />
da queste ultime. Sorprende<br />
ancora <strong>di</strong> più l’atteggiamento<br />
<strong>di</strong> molte persone comuni,<br />
sostanzialmente <strong>di</strong>sinteressate<br />
riguardo le conseguenti ricadute<br />
economiche del riscaldamento<br />
globale. I soliti luoghi<br />
comuni (“tutte balle, la colpa<br />
non è dell’uomo” oppure “cos’è<br />
tutto questo catastrofismo, ma<br />
non lo sapete che nel Me<strong>di</strong>oevo<br />
faceva più caldo? E l’uomo non<br />
c’entrava nulla”) sono spesso<br />
appoggiate da teorie cosiddette<br />
“alternative” del tutto superate,<br />
confutate o ad<strong>di</strong>rittura<br />
rinnegate da <strong>di</strong>versi anni da-<br />
38 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 39
gli stessi autori (!), ma tenute<br />
in vita da numerosi siti web attraverso<br />
svariate pubblicazionie<br />
scuole <strong>di</strong> pensiero che cavalcano<br />
questa piccola moda<br />
negazionistica.<br />
Si tende a confondere l’ottimismo<br />
con uno scetticismo che fa<br />
molto comodo sia dal punto <strong>di</strong><br />
vista psicologico che economico.<br />
Per quanto riguarda le persone<br />
<strong>di</strong> mezza età, è inconsciamente<br />
molto più facile rifiutare<br />
il fatto <strong>di</strong> essere, e <strong>di</strong> esser<br />
stati per anni, in qualche<br />
modo complici inconsapevo-<br />
Variazione temperatura °C<br />
2<br />
0<br />
-2<br />
-4<br />
-6<br />
-8<br />
-10<br />
Concentrazione <strong>di</strong> CO2<br />
Temperatura<br />
li del cambiamento climatico;<br />
per i giovani e giovanissimi entrano<br />
spesso in gioco il fascino<br />
trasgressivo dell’andare contro<br />
l’opinione comune, della ricerca<br />
spasmo<strong>di</strong>ca del complotto<br />
e la <strong>di</strong>fficoltà a rinunciare al<br />
proprio sviluppo (o a limitarlo<br />
in qualche modo) per una causa<br />
apparentemente banale come la<br />
temperatura dell’aria.<br />
Uno dei cavalli <strong>di</strong> battaglia negazionistici<br />
è la mancanza <strong>di</strong><br />
“prove certe” dell’influenza<br />
dell’uomo sul clima. Una mancanza<br />
sostanzialmente obbliga-<br />
400 350 300 250 200 150 100 50 0<br />
Migliaia <strong>di</strong> anni<br />
La ricostruzione della concetrazione <strong>di</strong> CO2 e temperatura dell’aria<br />
basata sui dati ricavati dalle carote <strong>di</strong> Ghiaccio dell’Antartide.<br />
Evidentissima la stretta relazione fra i due parametri e l’anomalia<br />
nella concentrazione <strong>di</strong> CO2 degli ultimi 150 anni.<br />
Grafico Michael Ernst, the Woods Hole Research.<br />
400<br />
350<br />
300<br />
250<br />
200<br />
Anidride carbonica (ppmv)<br />
ta, visto che è fisicamente impossibile<br />
tornare al ‘700 e bloccare<br />
la rivoluzione industriale<br />
per avere la controprova. In assenza<br />
<strong>di</strong> queste fantomatiche<br />
“prove” c’è un sospetto piuttosto<br />
interessante svelatoci dalle<br />
carote <strong>di</strong> ghiaccio dell’Antartide<br />
che ci consentono <strong>di</strong> conoscere<br />
temperatura e concentrazione<br />
<strong>di</strong> CO2 negli ultimi<br />
400.000 anni.<br />
Il rapporto fra le due è stretto,<br />
strettissimo: motivazioni<br />
astronomiche e geologiche su<br />
lunghi perio<strong>di</strong> hanno provocato<br />
più volte lievi incrementi <strong>di</strong><br />
temperatura che hanno a loro<br />
volta causato un incremento<br />
<strong>di</strong> CO2 pt, innescando a questo<br />
punto un circolo vizioso dovuto<br />
principalmente alla minor<br />
capacità degli oceani <strong>di</strong> immagazzinare<br />
CO2 quando la temperatura<br />
dell’acqua tende ad aumentare.<br />
Una volta avviato il<br />
meccanismo, le elevate concentrazioni<br />
<strong>di</strong> CO2 incrementano<br />
a tal punto l’effetto serra da<br />
mantenere alte le temperature<br />
per molto tempo permettendo<br />
in questo modo i perio<strong>di</strong> cosiddetti<br />
interglaciali.<br />
La normale variabilità e ciclicità<br />
<strong>di</strong> questo sistema è ben evi-<br />
In alto: 27 ottobre 2007,<br />
tipico tramonto autunnale<br />
dalla vetta della<br />
Grignetta.<br />
A sinistra: il Ghiacciaio<br />
del Forno in Val Bregaglia<br />
sta subendo, come<br />
gli altri, un drastico ritiro<br />
a causa dell’aumento<br />
delle temperature.<br />
40 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 41
denziata nella figura <strong>di</strong> pag.40.<br />
Ciclicità evidentemente e bruscamente<br />
interrotta intorno al<br />
1800, guarda caso in corrispondenza<br />
della prima rivoluzione<br />
industriale e dell’inizio del<br />
consumo <strong>di</strong> combustibili fossili.<br />
La concentrazione <strong>di</strong> CO2 in<br />
400.000 anni non aveva mai superato<br />
le 300 ppmv e negli ultimi<br />
1000 non si era mai mossa<br />
dalle 280 ppmv. In soli 200<br />
anni siamo stati in grado <strong>di</strong><br />
portarla fino alle 384 ppmv attuali,<br />
valore evidentemente al<br />
<strong>di</strong> fuori della ciclicità naturale.<br />
Stante l’assodata capacità della<br />
CO2 <strong>di</strong> incrementare l’effetto<br />
serra e <strong>di</strong> conseguenza le temperature,<br />
uno stravolgimento<br />
tanto violento quanto rapido<br />
non può che portare a conseguenze<br />
molto importanti sul<br />
clima terrestre. Una delle più<br />
banali opinioni comuni è la<br />
mancanza <strong>di</strong> fatti concreti che<br />
corroborino queste presunte<br />
“teorie scientifiche”. Il problema,<br />
se così vogliamo chiamarlo,<br />
è che effettivamente la terra<br />
ha iniziato a riscaldarsi proprio<br />
in concomitanza con l’aumento<br />
della CO2 a metà dell’800.<br />
La temperatura sta continuando<br />
ad aumentare a ritmi sempre<br />
più sostenuti, così come<br />
aumenta pure il tasso <strong>di</strong> incremento<br />
della CO2 nell’atmosfera.<br />
Negli ultimi anni sono stati<br />
raggiunti, e molto probabilmente<br />
superati, i valori termici<br />
del tanto mitizzato optimum<br />
climatico me<strong>di</strong>oevale. Ad<strong>di</strong>rittura<br />
sembra si sia già in procinto<br />
<strong>di</strong> superare le temperature<br />
dell’optimum climatico olocenico<br />
(5.000-6.000 anni fa).<br />
Le previsioni per i prossimi decenni<br />
tengono conto ovviamente<br />
dell’incapacità della nostra<br />
società <strong>di</strong> provare a porre<br />
rime<strong>di</strong>o a questa situazione.<br />
Gli scenari per il futuro mostrano,<br />
infatti, <strong>di</strong>verse possi-<br />
Sopra: 18 settembre 2006,<br />
arcobaleno doppio all’imbocco<br />
della Val d’Arigna.<br />
Sotto: inverno in Enga<strong>di</strong>na,<br />
il lago <strong>di</strong> Sils da Plaun da Lej.<br />
bilità <strong>di</strong> ulteriori incrementi <strong>di</strong><br />
gas serra che provocherebbero<br />
un conseguente ulteriore aumento<br />
termico compreso fra gli<br />
1,8°C e i 4°C.<br />
Le conseguenze sulla nostra società<br />
sarebbero veramente imponenti:<br />
l’aumento del livello<br />
del mare, dovuto all’espansione<br />
termica degli oceani ed alla fusione<br />
del ghiaccio delle gran<strong>di</strong><br />
calotte, metterà in pericolo la<br />
sopravvivenza <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone<br />
lungo le coste <strong>di</strong> tutto il<br />
mondo. Gran parte delle specie<br />
animali e vegetali non riuscirà<br />
ad adattarsi ad un cambiamento<br />
così rapido. Le Alpi si devono<br />
ancora mettere in equilibrio<br />
con i rapi<strong>di</strong> incrementi termici<br />
degli ultimi anni tanto che,<br />
stante il clima attuale, in Lombar<strong>di</strong>a<br />
la neve non riesce da<br />
anni a resistere a fine stagione<br />
sotto i 3500 m. Questo signi-<br />
fica che la stragrande maggioranza<br />
dei ghiacciai lombar<strong>di</strong> è,<br />
già oggi, un cosiddetto “fossile<br />
climatico”, qualcosa <strong>di</strong> simile<br />
ad un cubetto <strong>di</strong> ghiaccio tolto<br />
dal freezer in estate.<br />
Facile comprendere come un<br />
ulteriore incremento termico<br />
possa provocarne la completa<br />
scomparsa nel giro <strong>di</strong> pochi decenni.<br />
Un aumento termico così<br />
consistente avrebbe implicazioni<br />
pesantissime sul regime nivometeorologico,<br />
tanto che le<br />
<strong>di</strong>fficoltà già presenti nel comparto<br />
del turismo invernale <strong>di</strong>venterebbero<br />
del tutto insormontabili.<br />
Il realismo della comunità<br />
scientifica, spesso spacciato<br />
per catastrofismo o allarmismo,<br />
è quin<strong>di</strong>, a mio modo <strong>di</strong><br />
vedere, del tutto giustificato.<br />
Occorre far notare come molto<br />
spesso negli ultimi tempi i me<strong>di</strong>a<br />
si stiano lasciando prendere<br />
la mano mettendo in relazione<br />
ogni normale evento meteorologico<br />
con il riscaldamento<br />
globale.<br />
È pur vero, però, che un peccato<br />
<strong>di</strong> esagerazione non significa,<br />
come vorrebbero molti, che<br />
la verità stia dalla parte opposta.<br />
Del resto, soprattutto in<br />
Italia, stante la gravissima carenza<br />
<strong>di</strong> educazione scientifica<br />
e soprattutto meteoclimatologica,<br />
risulta <strong>di</strong>fficile proporre<br />
queste problematiche senza<br />
ottenere risposte politiche del<br />
tutto inadeguate.<br />
A tal proposito è entrata nella<br />
storia l’intervista televisiva<br />
<strong>di</strong> un poco noto vice-ministro<br />
dell’Ambiente italiano che nel<br />
2005 ha spiegato il regresso<br />
dei ghiacciai italiani non a causa<br />
dell’aumento delle temperature<br />
atmosferiche, ma del calore<br />
corporeo dei turisti e degli<br />
alpinisti che frequentano la<br />
montagna.<br />
42 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 43
°C<br />
6,0<br />
5,5<br />
5,0<br />
4,5<br />
4,0<br />
3,5<br />
3,0<br />
2,5<br />
2,0<br />
1,5<br />
1,0<br />
0,5<br />
0,0<br />
-0,5<br />
-1,0<br />
-1,5<br />
-2,0<br />
-2,5<br />
-3,0<br />
-3,5<br />
°C<br />
3,5<br />
3,0<br />
2,5<br />
2,0<br />
1,5<br />
1,0<br />
0,5<br />
0,0<br />
1864<br />
1869<br />
1864<br />
1869<br />
mm<br />
1800<br />
1700<br />
1600<br />
1500<br />
1400<br />
1300<br />
1200<br />
1100<br />
1000<br />
900<br />
800<br />
700<br />
600<br />
500<br />
400<br />
°C<br />
14,0<br />
13,5<br />
13,0<br />
12,5<br />
12,0<br />
11,5<br />
11,0<br />
10,5<br />
10,0<br />
9,5<br />
9,0<br />
8,5<br />
8,0<br />
7,5<br />
1864<br />
1869<br />
1864<br />
1869<br />
1874<br />
1879<br />
1874<br />
1879<br />
1874<br />
1879<br />
1874<br />
1879<br />
1884<br />
1889<br />
1884<br />
1889<br />
1884<br />
1889<br />
1884<br />
1889<br />
1894<br />
1899<br />
1894<br />
1899<br />
1894<br />
1899<br />
1894<br />
1899<br />
Temperatura aprile<br />
Sils Maria 1798 m<br />
Serie 1864-2007 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />
1904<br />
1909<br />
1914<br />
1917<br />
1924<br />
1929<br />
1934<br />
1939<br />
anni<br />
1944<br />
1949<br />
1954<br />
1959<br />
1964<br />
1969<br />
Temperature me<strong>di</strong>e annuali<br />
Sils Maria 1798 m<br />
Serie 1864-2006 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />
1904<br />
1909<br />
1914<br />
1917<br />
1924<br />
1929<br />
1934<br />
1939<br />
anni<br />
1944<br />
1949<br />
1954<br />
1959<br />
Precipitazioni annuali<br />
Sils Maria 1798 m<br />
Serie 1864-2006 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />
1904<br />
1909<br />
1914<br />
1917<br />
1924<br />
1929<br />
1934<br />
1939<br />
anni<br />
anni<br />
1944<br />
1949<br />
1954<br />
1959<br />
Temperatura estiva<br />
Sils Maria 1798 m<br />
Serie 1864-2007 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />
1904<br />
1909<br />
1914<br />
1917<br />
1924<br />
1929<br />
1934<br />
1939<br />
1944<br />
1949<br />
1954<br />
1959<br />
1964<br />
1969<br />
1964<br />
1969<br />
1964<br />
1969<br />
1974<br />
1979<br />
1974<br />
1979<br />
1974<br />
1979<br />
1974<br />
1979<br />
1984<br />
1989<br />
1984<br />
1989<br />
1984<br />
1989<br />
1984<br />
1989<br />
1994<br />
1999<br />
1994<br />
1999<br />
1994<br />
1999<br />
1994<br />
1999<br />
2004<br />
2004<br />
2004<br />
2004<br />
2000-2007 Sette anni <strong>di</strong> clima<br />
estremo nelle Alpi lombarde<br />
L’osservazione dei fenomeni<br />
atmosferici e l’interazione<br />
<strong>di</strong> questi ultimi con territorio<br />
è certamente esplosa negli<br />
ultimi anni grazie all’avvento<br />
<strong>di</strong> internet. La rete ci mette<br />
a <strong>di</strong>sposizione un volume <strong>di</strong><br />
dati, <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> osservazioni<br />
del tutto inimmaginabile<br />
solo 10 anni or sono. Web cam<br />
da ogni località alpina, stazioni<br />
meteo che trasmettono temperatura<br />
e precipitazioni in <strong>di</strong>retta,<br />
serie storiche <strong>di</strong> dati meteorologici,<br />
il confronto e la rapida<br />
<strong>di</strong>ffusone delle informazioni<br />
fra gli appassionati hanno rivoluzionato<br />
l’approccio al tempo<br />
atmosferico.<br />
Questa valanga <strong>di</strong> input è sicuramente<br />
<strong>di</strong> grande importanza,<br />
ma, per risultare utile nell’ambito<br />
della storia recente del clima,<br />
va obbligatoriamente correlata<br />
con i rilievi meteorologici<br />
del passato. Operazione questa<br />
estremamente complessa e<br />
faticosa che non sembra essere<br />
molto attraente per i meteoappassionati<br />
assetati <strong>di</strong> dati<br />
“usa e getta” in tempo reale.<br />
Giustamente occorre rimarcare<br />
il fatto che questo compito<br />
dovrebbe essere un dovere delle<br />
istituzioni statali, come accade<br />
in tutti i paesi europei.<br />
Non in Italia, o meglio, <strong>di</strong> certo<br />
non in Lombar<strong>di</strong>a, dove le ricostruzioni<br />
e le omogeneizzazioni<br />
delle serie storiche locali<br />
sono lasciate agli appassionati<br />
o ad estemporanee e mal coor<strong>di</strong>nate<br />
iniziative accademiche.<br />
Così nella nostra provincia non<br />
è possibile comprendere appie-<br />
Nella foto: 30 marzo 2001,<br />
lago <strong>di</strong> Pescegallo, l’asta<br />
graduata, all’esterno della<br />
casa dei guar<strong>di</strong>ani della<br />
<strong>di</strong>ga, segna 3 m <strong>di</strong> accumulo<br />
<strong>di</strong> neve.<br />
no l’evolversi del clima su scala<br />
quantomeno secolare stante<br />
il totale <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne delle scalcinate<br />
serie storiche. Conseguentemente<br />
questa situazione<br />
non ci permette una chiara ed<br />
esaustiva comprensione dell’intensità<br />
degli eventi atmosferici<br />
che colpiscono le nostre zone.<br />
Fortunatamente, in un’analisi<br />
<strong>di</strong> lungo periodo, i parametri<br />
<strong>di</strong> precipitazione e, soprattutto,<br />
<strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong>ventano<br />
arealmente piuttosto omogenei<br />
colmando in parte questa<br />
lacuna.<br />
Questo ci permette <strong>di</strong> sfruttare<br />
l’eccezionale serie storica<br />
<strong>di</strong> Sils/Maria (nella pagina a<br />
fronte) dove, dal gennaio 1864,<br />
vengono rilevati quoti<strong>di</strong>anamente<br />
i dati meteorologici, <strong>di</strong><br />
estendere l’analisi dei suoi dati<br />
alla nostra provincia. Solo una<br />
serie così lunga (142 anni!) è in<br />
grado <strong>di</strong> dare un certo peso alle<br />
nostre considerazioni riguardo<br />
gli eccezionali eventi meteorologici<br />
degli ultimi anni. In questo<br />
modestissimo lasso temporale,<br />
in una tendenza continua<br />
<strong>di</strong> innalzamento delle temperature,<br />
particolarmente evidente<br />
dalla seconda metà degli<br />
anni 80, abbiamo vissuto <strong>di</strong>versi<br />
eventi da ricordare e certamente<br />
mai visti prima, almeno<br />
dal 1864.<br />
2000/2001 L’anno della grande<br />
neve<br />
L’anomalia climatica inizia ad<br />
esprimersi nell’estate del 2000<br />
quando due eventi nevosi <strong>di</strong><br />
rara intensità portano la neve<br />
fino a 1500 m, con accumuli importanti<br />
sopra i 3000 m. L’autunno<br />
seguente una impressionamene<br />
serie <strong>di</strong> perturbazioni<br />
atlantiche porta accumuli pluviometrici<br />
importantissimi in<br />
tutta la provincia, il novembre<br />
2000 con 391 mm <strong>di</strong>venta<br />
“temporaneamente” il mese più<br />
piovoso a Sils. Presso il Lago<br />
<strong>di</strong> Scais, fra ottobre e novembre,<br />
cadono 1437 mm <strong>di</strong> pioggia;<br />
897 mm nel solo mese <strong>di</strong><br />
novembre al Lago <strong>di</strong> Pescegallo,<br />
valori straor<strong>di</strong>nari anche per<br />
le classicamente piovose Alpi<br />
Orobie.<br />
L’Atlantico produce perturbazioni<br />
in continuazione fino a<br />
maggio, tanto che la stagione<br />
<strong>di</strong> accumulo sui ghiacciai (ottobre-maggio)<br />
<strong>di</strong>venta <strong>di</strong> gran<br />
lunga la più abbondante della<br />
serie. A Sils cade il doppio dei<br />
mm <strong>di</strong> pioggia attesi, in alta<br />
quota i ghiacciai sono sommersi<br />
da 4-10 metri <strong>di</strong> neve al suo-<br />
44 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 45
lo <strong>di</strong> origine <strong>di</strong>retta, nelle Orobie<br />
la sommatoria delle singole<br />
nevicate a 2500 m è stimata<br />
in 35-40 m.<br />
Novembre 2002, il mese più<br />
piovoso <strong>di</strong> sempre<br />
L’autunno e l’inverno successivi<br />
(anno idrologico 2001/2002)<br />
si <strong>di</strong>mostrano secchissimi e<br />
fred<strong>di</strong>, la prima vera neve arriva<br />
ad<strong>di</strong>rittura il 17 febbraio.<br />
L’Atlantico, prima <strong>di</strong> scomparire<br />
quasi completamente dallo<br />
scacchiere barico italiano, ha<br />
ancora due sussulti, e che sussulti:<br />
il primo fra maggio e giugno<br />
del 2002 ed il secondo, decisamente<br />
più intenso, nel novembre<br />
dello stesso anno. Nella<br />
seconda metà <strong>di</strong> questo mese<br />
due perturbazioni <strong>di</strong> impressionamene<br />
intensità generano un<br />
effetto sbarramento (stau) a<br />
sud delle Alpi che è in grado <strong>di</strong><br />
apportare qualcosa come 1224<br />
mm <strong>di</strong> pioggia in 18 giorni al<br />
Lago <strong>di</strong> Trona in Val Gerola. Pur<br />
senza averne la certezza, è lecito<br />
considerare questo mese<br />
come il più piovoso nelle Alpi<br />
Lombarde almeno dalla metà<br />
dell’ottocento. Di certo lo è a<br />
Sils dove il record del novembre<br />
2000 viene battuto grazie<br />
ad un accumulo <strong>di</strong> 454,7 mm.<br />
Tanta pioggia in pochi giorni<br />
non può non provocare gravi<br />
problemi al territorio: sfiorata<br />
l’esondazione dell’Adda, numerose<br />
sono le colate <strong>di</strong> fango<br />
e detriti, le più problematiche<br />
Un’altra calda e<br />
asciutta giornata<br />
ottobrina se ne va.<br />
ad Albaredo e a Dubino.<br />
Estate 2003, una normale<br />
estate del XXI secolo?<br />
Dopo quest’ultima sfuriata atlantica<br />
le cose cambiano in<br />
modo piuttosto ra<strong>di</strong>cale, piove<br />
poco ed il profilo termico inizia<br />
a far parlare <strong>di</strong> sé. Segue infatti<br />
l’estate del 2003. Fortunatamente<br />
essendo un evento non<br />
troppo datato, si può far lavorare<br />
la memoria e sicuramente<br />
ognuno <strong>di</strong> noi saprà rapportarsi<br />
all’intensità e all’enormità<br />
del caldo <strong>di</strong> quella estate.<br />
Da maggio a settembre si battono<br />
tutti i record <strong>di</strong> temperatura,<br />
il ben noto 11 agosto<br />
nel Nord Italia e in Europa fa la<br />
storia della climatologia. Son-<br />
drio raggiunge i 40,0°C mentre<br />
a Grono, nella vicinissima Val<br />
Mesolcina, il termometro arriva<br />
ad<strong>di</strong>rittura a 41,5°C, superando<br />
<strong>di</strong> ben 1,5°C il record precedente<br />
per l’intera Confederazione<br />
Elvetica. Le ondate <strong>di</strong> calore<br />
si susseguono senza sosta, alimentate<br />
dal persistente anticiclone<br />
subtropicale che fà volare<br />
anche le me<strong>di</strong>e mensili, agosto<br />
<strong>di</strong>venta il mese più caldo<br />
<strong>di</strong> sempre a Sils. La vegetazione<br />
spontanea, le colture, e soprattutto<br />
i ghiacciai, subiscono<br />
danni estremamente gravi.<br />
2004 e 2005, Föhn e caldo<br />
Dopo l’estate 2003, il clima<br />
sembra volersi dare una regolata,<br />
ricomincia a nevicare con<br />
regolarità, ma solo nelle Orobie.<br />
Le temperature non fanno<br />
più <strong>di</strong>scutere per qualche<br />
mese. Mentre nell’estate 2004<br />
le precipitazioni iniziano a venir<br />
meno: sono i primi segnali<br />
<strong>di</strong> una crisi che ancora oggi, a<br />
3 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, non può <strong>di</strong>rsi<br />
conclusa.<br />
L’inverno successivo verrà ricordato<br />
per la scarsità <strong>di</strong> neve e<br />
per le intensissime e prolungate<br />
tempeste <strong>di</strong> Föhn. Fra gennaio<br />
e marzo 2005 ad Andalo<br />
si contano ben 29 giorni con<br />
effetto favonico, praticamente<br />
un giorno su tre. Il deficit<br />
pluviometrico si accresce sempre<br />
<strong>di</strong> più, stante la latitanza<br />
delle perturbazioni atlantiche.<br />
L’estate 2005 si <strong>di</strong>mostra an-<br />
cora una volta molto calda soprattutto<br />
nella sua prima metà,<br />
con picchi <strong>di</strong> temperatura superiori<br />
ai 35°C.<br />
Il freddo e la neve dell’inverno<br />
2005/2006<br />
L’inverno successivo dà uno<br />
scossone alla “meteo-noia”,<br />
grazie soprattutto alle numerose<br />
nevicate fin sul fondovalle.<br />
La prima neve arriva il<br />
25-26 novembre, si replica il 29<br />
e nuovamente il 2-3 ed il 27 <strong>di</strong>cembre.<br />
Ad arricchire un inverno<br />
già <strong>di</strong> per sé freddo e nevoso,<br />
arriva la grande nevicata<br />
del 27 gennaio. Un evento<br />
meteorologico <strong>di</strong> grande rilevanza,<br />
inserito in un inverno<br />
d’altri tempi per la costanza<br />
46 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 47
delle basse temperature e per<br />
la durata della neve al suolo<br />
nel fondovalle (circa 100 giorni<br />
consecutivi). Il fondovalle<br />
è sommerso da 80 cm <strong>di</strong> neve<br />
fresca caduti in un solo giorno,<br />
mentre l’Alta Valtellina è quasi<br />
del tutto saltata, tanto che in<br />
Valfurva l’accumulo non supera<br />
i 2 cm. Per ritrovare una nevicata<br />
<strong>di</strong> questa intensità per<br />
il fondovalle valtellinese occorre<br />
tornare al “mitico” gennaio<br />
1985.<br />
Le eccezionali anomalie termiche<br />
del 2006/2007<br />
Il luglio successivo mostra ancora<br />
i caratteri dell’eccezionalità<br />
per le alte temperature. Il<br />
mese risulta il terzo in assoluto<br />
più caldo dell’intera serie<br />
<strong>di</strong> Sils, riproponendo, fortunatamente<br />
per solo un mese, gli<br />
scenari del 2003. È solo l’inizio<br />
<strong>di</strong> una marcatissima anomalia<br />
climatica che prende il via nel<br />
settembre del 2006 e si concluderà<br />
solo nell’agosto del 2007.<br />
Le anomalie sono talmente<br />
marcate che quasi tutti i mesi<br />
non solo si rivelano più cal<strong>di</strong><br />
della norma, ma ad<strong>di</strong>rittura fra<br />
i più cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> sempre. L’escalation<br />
lascia stupefatti: settembre<br />
il sesto più caldo della se-<br />
Nelle foto: <strong>Morbegno</strong><br />
sotto una delle<br />
nevicate del <strong>di</strong>cembre<br />
2005.<br />
Sopra, piazza<br />
“Cappuccini” , nella<br />
pagina a fronte, la<br />
statua <strong>di</strong> San Giovanni<br />
Nepomuceno sul ponte<br />
del Bitto.<br />
rie <strong>di</strong> Sils, ottobre e novembre<br />
si piazzano al terzo posto delle<br />
rispettive classifiche. Di conseguenza<br />
l’autunno 2006 <strong>di</strong>venta<br />
il più caldo, almeno dal 1864.<br />
Stessa sorte anche per il gennaio<br />
2007, “arricchito” da alcuni<br />
eventi particolarmente interessanti.<br />
Difficile infatti <strong>di</strong>menticare<br />
l’episo<strong>di</strong>o favonico<br />
del giorno 19 quando nel fondovalle<br />
la temperatura è schizzata<br />
sopra i 20°C raggiungendo<br />
il valore record <strong>di</strong> 24,8°C ad<br />
Andalo.<br />
Anche il trimestre invernale <strong>di</strong>venta<br />
il più caldo <strong>di</strong> sempre.<br />
Importante rimarcare la <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong> anomalia con l’inverno<br />
precedente (2005/2006),<br />
pur freddo, ma neppure lontanamente<br />
paragonabile al suo<br />
successivo. L’anomalia continua<br />
con il sesto febbraio più<br />
caldo, per poi culminare con<br />
il mese <strong>di</strong> aprile. Un mese che<br />
<strong>di</strong>fficilmente sarà entrato nella<br />
memoria popolare, visto che<br />
il caldo in aprile non fa male<br />
come il caldo <strong>di</strong> agosto e neppure<br />
<strong>di</strong>venta eclatante come<br />
il caldo <strong>di</strong> gennaio. Nonostante<br />
la <strong>di</strong>fficile percezione fisica<br />
e psicologica, rimane un’ano-<br />
malia termica e pluviometrica<br />
spaventosa. Il mese chiude a<br />
Sils con ben 5,2°C sopra la me<strong>di</strong>a.<br />
È l’anomalia a scala mensile<br />
più marcata degli ultimi 142<br />
anni. Mai prima d’ora un mese<br />
era stato più “pazzo” dell’aprile<br />
2007.<br />
Vengono completamente a<br />
mancare anche le piogge, accentuando<br />
così l’anomalia. Anche<br />
maggio è molto caldo tanto<br />
che pure la primavera 2007<br />
<strong>di</strong>venta la più calda <strong>di</strong> sempre.<br />
La normale variabilità climatica<br />
locale appare così completamente<br />
stravolta a suon <strong>di</strong><br />
record, rendendo molto <strong>di</strong>fficile<br />
la vita ai tanti detrattori<br />
del cambiamento climatico.<br />
Fortunatamente le temperature<br />
calano gradualmente durante<br />
l’estate che, nonostante tutto,<br />
risulta piuttosto calda. Lo<br />
testimoniamo i ghiacciai, fedeli<br />
in<strong>di</strong>catori del clima che cambia:<br />
le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> spessore vanno<br />
dai 5-6 m delle zone frontali<br />
al metro dei bacini <strong>di</strong> accumulo<br />
a quote superiori ai 3300<br />
m. Valori del tutto paragonabili<br />
a quelli rilevati nella stagione<br />
2003.<br />
Conclusioni<br />
Non rimane alcun dubbio riguardo<br />
l’incremento delle temperature<br />
a livello locale e mon<strong>di</strong>ale;<br />
interessante comprendere<br />
le modalità <strong>di</strong> questo cambiamento.<br />
Gli episo<strong>di</strong> qui raccontati<br />
sembrano volerci dare<br />
degli in<strong>di</strong>zi: precipitazioni intense<br />
e concentrate in brevi<br />
perio<strong>di</strong> (2000/2001 e novembre<br />
2002) all’interno <strong>di</strong> un trend<br />
contrad<strong>di</strong>stinto da lunghi perio<strong>di</strong><br />
siccitosi. Isolate anomalie<br />
termiche negative (inverno<br />
2005/2006) e un netto incremento<br />
<strong>di</strong> frequenza ed intensità<br />
delle ondate <strong>di</strong> calore pilotate<br />
dall’anticiclone africano<br />
(estate 2003, luglio 2006). Volenti<br />
o nolenti an<strong>di</strong>amo, quin<strong>di</strong>,<br />
verso il caldo, senza grosse<br />
possibilità <strong>di</strong> inversioni <strong>di</strong> tendenza.<br />
È forse giunta l’ora <strong>di</strong><br />
affrontare questa problematica<br />
senza nascondersi <strong>di</strong>etro a improbabili<br />
speranze <strong>di</strong> cambiamento.<br />
* membro del Servizio Glaciologico<br />
Lombardo<br />
• I principali gas serra sono il vapore<br />
acqueo, l’anidride carbonica (CO2),<br />
l’ossido <strong>di</strong> azoto (NO), il metano (CH4)<br />
e l’ozono (O3)<br />
• Il record <strong>di</strong> temperatura massima in<br />
Svizzera prima del 2003 era detenuto<br />
da Basilea grazie ai 39,0°C del 2 luglio<br />
1952<br />
• L’equivalente in acqua precipitato<br />
in sole 24 ore il 27 gennaio 2006 ad<br />
Andalo è stato <strong>di</strong> ben 78,8 mm. Valore<br />
raggiungibile in Valtellina quasi soltanto<br />
grazie a situazioni temporalesche e<br />
superato solo 2 volte negli ultimi 4 anni.<br />
• Le temperature massime del 19 gennaio<br />
battono i record in molte stazioni<br />
del Nord Italia, a Torino per esempio i<br />
25,3°C registrati sono la temperatura<br />
più alta rilevata in gennaio almeno dal<br />
1753! Battendo <strong>di</strong> ben 4,1°C il record<br />
precedente (fonte www.nimbus.it )<br />
• L’inverno 2005/2006 era stato <strong>di</strong><br />
1,5°C sottome<strong>di</strong>a, mentre il 2006/2007<br />
va sopra me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ben 3,4°C<br />
Bibliografia<br />
International panel of climate change<br />
www.ipcc.ch è un gruppo <strong>di</strong> esperti che non<br />
effettua stu<strong>di</strong> sul clima come la maggior parte<br />
della gente ancora oggi pensa, ma ha il<br />
semplice compito <strong>di</strong> leggere e vagliare l’intera<br />
bibliografia scientifica che riguarda gli stu<strong>di</strong><br />
sui cambiamenti climatici producendo dei<br />
documenti <strong>di</strong> sintesi.<br />
Società meteorologica Italiana<br />
www.nimbus.it<br />
Real Cimate<br />
www.realclimate.org<br />
Meteosvizzera<br />
www.meteoswiss.ch<br />
Servizio Glaciologico Lombardo<br />
www.sgl.cluster.it<br />
Michael Ernst, the Woods Hole Research<br />
Center www.whrc.org<br />
Meteovaltellina<br />
www.meteovaltellina.it<br />
Per approfon<strong>di</strong>menti:<br />
SCOTTI R., L'inverno più caldo almeno dal<br />
1864 a Sils/Maria (Enga<strong>di</strong>na – CH), meteovaltellin.it,<br />
2007,<br />
http://www.meteovaltellina.it/pdf/SilsInv06-07.pdf<br />
Le cronache nivo-meteorologiche presenti<br />
nel perio<strong>di</strong>co Terra Glacialis e<strong>di</strong>to dal Servizio<br />
Glaciologico Lombardo.<br />
48 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 49
Non è molto frequente trovare<br />
delle chiese in montagna,<br />
sopra una certa quota; quando<br />
però questo accade, è spesso<br />
una rivelazione, una sorta<br />
<strong>di</strong> epifania che, per motivi<br />
<strong>di</strong>versi, impressiona la nostra<br />
memoria. In questi ultimi anni,<br />
nelle uscite escursionistiche<br />
dell’Associazione, abbiamo<br />
sempre cercato <strong>di</strong> introdurre<br />
almeno una meta che<br />
includesse uno <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici.<br />
Gli ultimi visitati sono stati<br />
l’abbazia <strong>di</strong> San Benedetto<br />
in Val Perlana, sopra Lenno,<br />
la chiesa romanica <strong>di</strong> San<br />
Rome<strong>di</strong>o, in Val Poschiavo,<br />
e il complesso <strong>di</strong> San Pietro<br />
al Monte sopra Civate. Una<br />
caratteristica comune sta nel<br />
fatto che tutte e tre si trovano<br />
su una via <strong>di</strong> comunicazione:<br />
la strada che da Ossuccio<br />
porta in Svizzera, quella che<br />
da Tirano porta al Passo del<br />
Bernina, quella che metteva<br />
in comunicazione Lecco con<br />
la Brianza, passando in quota<br />
per evitare il piano, paludoso e<br />
brulicante <strong>di</strong> malintenzionati.<br />
Se a noi fa un certo effetto<br />
trovare a queste quote degli<br />
Chiese<br />
<strong>di</strong> montagna<br />
Tre spunti per escursioni ”artistiche”<br />
<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />
e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> notevole importanza<br />
architettonica ed artistica,<br />
dobbiamo però considerare<br />
che, tempo ad<strong>di</strong>etro, non era<br />
per nulla infrequente spostarsi<br />
a queste altezze, anche con<br />
convogli commerciali. In<br />
un’epoca in cui viaggiare<br />
a pie<strong>di</strong>, anche per lunghi<br />
tragitti, era la normalità,<br />
affrontare passi e valichi alpini<br />
non costituiva un ostacolo;<br />
ecco allora che anche i religiosi<br />
portavano in altura la loro<br />
attività <strong>di</strong> evangelizzazione,<br />
accompagnata a quella<br />
<strong>di</strong> colonizzazione e <strong>di</strong><br />
trasformazione del territorio.<br />
Sono soprattutto le comunità<br />
monastiche che, a partire<br />
dall’XI sec., portano avanti<br />
un’opera <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssodamento<br />
e <strong>di</strong> bonifica delle terre<br />
più alte, compensando in<br />
qualche modo la scarsità<br />
<strong>di</strong> terreno produttivo<br />
utilizzabile del fondovalle,<br />
soggetto ad inondazioni e ad<br />
impaludamenti; molti luoghi<br />
traggono la loro origine da<br />
queste opere <strong>di</strong> bonifica e la<br />
conservano nel loro nome:<br />
da “roncare”, cioè <strong>di</strong>ssodare,<br />
derivano vari toponimi, come<br />
Roncaglia, Ronco, Ronchi ecc.<br />
Nascono perciò <strong>di</strong>verse chiese<br />
e monasteri, più o meno ricchi<br />
ed articolati.<br />
Quello <strong>di</strong> San Rome<strong>di</strong>o (o<br />
San Remigio) impressiona<br />
soprattutto per la posizione<br />
e l’armonica semplicità. Sorge<br />
ad una quota <strong>di</strong> 1800 m, sul<br />
ciglio <strong>di</strong> una vertiginosa ed<br />
estesa frana che domina la Val<br />
Poschiavo. La finestrella della<br />
cripta permette <strong>di</strong> affacciarsi<br />
sul precipizio, dando<br />
l’impressione <strong>di</strong> essere sospesi<br />
nel vuoto. I caratteri sono<br />
quelli della chiesa romanica,<br />
con muri massicci e pochissime<br />
aperture, campanile tozzo con<br />
50 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 51<br />
Uno<br />
sguardo<br />
dalle bifore<br />
<strong>di</strong> San<br />
Pietro al<br />
Monte.
A fianco: il complesso romanico <strong>di</strong> San<br />
Pietro al Monte; in primo piano l’abside<br />
dell’oratorio, sullo sfondo la basilica.<br />
Nella pagina a fronte, sopra: in alto la<br />
chiesetta <strong>di</strong> San Romerio arroccata su uno<br />
sperone roccioso della Valle <strong>di</strong> Poschiavo, in<br />
basso il ciborio <strong>di</strong> San Pietro al Monte.<br />
Sotto: il complesso monasteriale <strong>di</strong> San<br />
Benedetto in Val Perlana.<br />
copertura a cuspide; l’abside<br />
è canonicamente rivolta ad<br />
Est, mentre l’ingresso è posto<br />
lateralmente, in quanto la<br />
facciata principale si apre<br />
<strong>di</strong>rettamente sul precipizio. Per<br />
passare dalla porta d’accesso<br />
si deve, però, entrare in un<br />
vano, la cui funzione non era<br />
liturgica (come un nartece<br />
o altro) quanto piuttosto<br />
quella <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong> riparo per i<br />
viandanti. All’interno vi sono<br />
delle scarse tracce <strong>di</strong> affreschi,<br />
probabilmente coeve alla data<br />
<strong>di</strong> fondazione della chiesa.<br />
La semplicità delle linee<br />
architettoniche, la posizione,<br />
su un piano verde aperto nei<br />
larici, il piacevole percorso<br />
d’avvicinamento, fanno <strong>di</strong><br />
questa chiesa, appartenente<br />
alla parrocchia <strong>di</strong> Tirano pur<br />
essendo in territorio elvetico,<br />
una meta <strong>di</strong> grande interesse.<br />
Salendo dal Santuario<br />
dell’Acqua Fredda, dopo<br />
aver percorso la selvaggia<br />
e francamente non troppo<br />
interessante Val Perlana, si<br />
arriva al monastero romanico<br />
<strong>di</strong> San Benedetto. La chiesa<br />
ripaga della camminata<br />
fatta fin qui. Al momento<br />
la struttura, <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong><br />
privati, non è abitata, anche<br />
se <strong>di</strong> recente un paio <strong>di</strong> monaci<br />
ha tentato, per alcuni mesi, <strong>di</strong><br />
farla rivivere; probabilmente<br />
l’eccessiva lontananza dal<br />
primo centro abitato ha posto<br />
fine al tentativo. Il complesso<br />
è formato dalla chiesa,<br />
documentata già nel 1083 e<br />
recuperata dopo un intervento<br />
<strong>di</strong> restauro effettuato in tempi<br />
recenti, dagli ambienti che<br />
probabilmente ospitavano<br />
la sala capitolare, dalla<br />
foresteria, da alcune tracce del<br />
chiostro e da molti resti <strong>di</strong> altri<br />
ambienti, ora ridotti a ruderi<br />
ma comunque dotati <strong>di</strong> una<br />
buona leggibilità. La valle qui<br />
è tanto stretta e ripida che si<br />
fa fatica ad avere una visione<br />
d’assieme del complesso, anche<br />
perché il bosco si è ripreso<br />
lo spazio che gli era stato<br />
sottratto ed ha ora avvolto il<br />
monastero. Il senso <strong>di</strong> pace<br />
e l’atmosfera me<strong>di</strong>oevale che<br />
aleggiano in questo luogo lo<br />
rendono senz’altro degno <strong>di</strong><br />
un’escursione, peraltro adatta a<br />
tutti i perio<strong>di</strong> dell’anno.<br />
Delle tre chiese qui citate, la<br />
più interessante artisticamente<br />
è quella <strong>di</strong> San Pietro al<br />
Monte. Architettonicamente<br />
è un complesso romanico<br />
(anche se citato già in epoca<br />
longobarda), formato da due<br />
corpi, l’oratorio e la basilica.<br />
Salendo da Civate, sbucati<br />
dal bosco, si arriva nel piano<br />
del monastero e subito si<br />
capisce che si è davanti a<br />
qualcosa <strong>di</strong> molto particolare<br />
ed interessante. Anzitutto<br />
la chiesa, e<strong>di</strong>ficio in pietra a<br />
pianta rettangolare, presenta<br />
due absi<strong>di</strong> contrapposte,<br />
tipologia molto rara dalle<br />
nostre parti e <strong>di</strong>ffusa invece<br />
in area germanica. Un’ampia<br />
scalinata in pietra immette in<br />
un pronao semicircolare dotato<br />
<strong>di</strong> bifore. Tra le decorazioni<br />
interne, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo<br />
interesse, spicca il gran<strong>di</strong>oso<br />
affresco dell’Apocalisse,<br />
risalente all’anno 1000, uno<br />
dei meglio conservati ed<br />
interessanti d’Italia per quanto<br />
riguarda questo periodo.<br />
Bellissimi i colori dell’enorme<br />
drago e degli Arcangeli. Altra<br />
opera notevole è il raffinato<br />
ciborio in stucco. Con una scala<br />
interna si scende nella cripta,<br />
un suggestivo ambiente a tre<br />
navate, con volta a crociera e<br />
un ampio commento decorativo<br />
in stucco. Di fronte alla<br />
chiesa sorge l’oratorio <strong>di</strong> San<br />
Benedetto, e<strong>di</strong>ficio interamente<br />
in pietra, a pianta quadrata,<br />
con tre absi<strong>di</strong> semicircolari.<br />
Come tipico dell’arte romanica,<br />
i sottogronda sono arricchiti da<br />
archetti ciechi e decorazioni a<br />
dente <strong>di</strong> sega, e le absi<strong>di</strong> sono<br />
dotate <strong>di</strong> monofore strombate<br />
a tutto sesto. Il complesso è<br />
già molto conosciuto e non<br />
ha bisogno <strong>di</strong> particolare<br />
promozione, anche perché,<br />
fra quelli qui proposti, è il<br />
più facilmente raggiungibile.<br />
Tutti e tre, comunque,<br />
meritano sicuramente una<br />
visita e possono essere un<br />
interessante punto <strong>di</strong> incontro<br />
tra appassionati d’arte, ma<br />
non provetti escursionisti e<br />
cultori del camminare, non<br />
avvezzi a frequentare musei e<br />
monumenti.<br />
52 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 53
Pascolo che va,<br />
bosco che viene<br />
<strong>di</strong> Alessandro Rapella<br />
È ormai noto, a chiunque frequenti e conosca la monta-<br />
gna, come negli ultimi anni il paesaggio sia andato lenta-<br />
mente, ma inesorabilmente cambiando: coltivazioni ab-<br />
bandonate, boschi non utilizzati, baite <strong>di</strong>sabitate e pa-<br />
scoli che stanno lasciando il posto alla foresta.<br />
La selvicoltura e l’alpicoltura, che hanno rappresentato<br />
la principale risorsa e il sostentamento delle popolazioni<br />
alpine, sono sempre più relegate ad attività <strong>di</strong> “nicchia”,<br />
<strong>di</strong>fficilmente competitive rispetto ad altri lavori più remunerativi<br />
e sicuramente meno faticosi.<br />
Il risultato in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> questo cambiamento sociale è sotto<br />
gli occhi <strong>di</strong> tutti: un paesaggio che muta in continuazione<br />
e che stentiamo a riconoscere nelle cartoline <strong>di</strong><br />
qualche decennio fa o nei ricor<strong>di</strong> della nostra infanzia.<br />
bosco che viene<br />
54 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 55
Quante volte ci è capitato<br />
durante le passeggiate <strong>di</strong><br />
ritornare dopo pochi anni<br />
in luoghi conosciuti e non<br />
ritrovare più quel sentiero o<br />
quel prato trasformatisi ormai<br />
in bosco o cespuglio <strong>di</strong> rovi?<br />
Di fronte all’abbandono del<br />
territorio prevale un senso<br />
<strong>di</strong> amarezza e <strong>di</strong> nostalgia<br />
ripensando al “giar<strong>di</strong>no”<br />
passato e a come fosse “pulita”<br />
e mantenuta la montagna<br />
e, spesso, si invocano<br />
provve<strong>di</strong>menti drastici<br />
e maggiori <strong>di</strong>sponibilità<br />
finanziarie, addossando la<br />
colpa dell’abbandono ad una<br />
scarsa attenzione da parte<br />
delle istituzioni e degli enti<br />
pubblici.<br />
Raramente, però, si accetta che<br />
il mutamento del paesaggio<br />
segua in maniera in<strong>di</strong>ssolubile<br />
la trasformazione socioeconomica<br />
<strong>di</strong> chi ha sempre<br />
vissuto in montagna e che i<br />
risultati <strong>di</strong> tale cambiamento<br />
siano inevitabili e, il più delle<br />
volte, irreversibili.<br />
Sfugge al pensiero comune che<br />
l’immane e secolare lavoro <strong>di</strong><br />
gestione e <strong>di</strong> manutenzione del<br />
territorio alpino è sempre stato<br />
un servizio gratuito per l’intera<br />
collettività!<br />
L’alpigiano, nel fare il proprio<br />
lavoro, e garantire il proprio<br />
sostentamento, teneva pulite<br />
le canalette <strong>di</strong> deflusso delle<br />
acque e migliorava il cotico<br />
erboso; il boscaiolo manteneva<br />
efficienti i sentieri d’accesso e<br />
i canali d’esbosco; il conta<strong>di</strong>no<br />
curava i muretti a secco e<br />
tagliava le erbe invadenti e<br />
così via…<br />
Tutte operazioni capillari e<br />
assidue, in<strong>di</strong>spensabili per<br />
assicurare la funzionalità del<br />
sistema agro-silvo pastorale,<br />
migliorandone la resa, e per<br />
salvaguardare il territorio da<br />
<strong>di</strong>ssesti.<br />
Se l’opera <strong>di</strong> chi viveva e<br />
lavorava in montagna è venuta<br />
meno, almeno in parte, chi<br />
<strong>di</strong> noi oggi è <strong>di</strong>sposto a<br />
cambiare vita e a sostituirsi<br />
al conta<strong>di</strong>no-boscaiolo? Se<br />
il costo <strong>di</strong> manutenzione del<br />
territorio risulta oltremodo<br />
gravoso in termini economici,<br />
chi è <strong>di</strong>sposto ad aumentare<br />
le proprie tasse per assicurare<br />
in futuro la cura del paesaggio<br />
alpino?<br />
Difficile ed oneroso tornare<br />
in<strong>di</strong>etro.<br />
Sicuramente occorre<br />
concentrare gli sforzi pubblici<br />
e privati (e le poche risorse<br />
<strong>di</strong>sponibili) a favore <strong>di</strong><br />
chi continua ad operare,<br />
nonostante tutto, in montagna<br />
e creare i presupposti necessari<br />
per rivitalizzare il settore;<br />
ma occorre anche accettare <strong>di</strong><br />
buon grado le trasformazioni<br />
in atto come segno del nostro<br />
tempo e cercare, nel limite<br />
del possibile, <strong>di</strong> prevenire<br />
eventuali <strong>di</strong>sastri ambientali.<br />
Tra tutte le trasformazioni del<br />
paesaggio, quella più evidente<br />
è senza dubbio l’aumento<br />
progressivo della superficie a<br />
bosco che tende a rioccupare<br />
le aree agricole e marginali e i<br />
pascoli <strong>di</strong> quota.<br />
Mentre a livello planetario si<br />
riduce la foresta, causa tagli<br />
in<strong>di</strong>scriminati nei paesi nel<br />
terzo mondo, in Europa e in<br />
“Di fronte all’abbandono<br />
del territorio prevale un<br />
senso <strong>di</strong> amarezza e <strong>di</strong><br />
nostalgia ripensando al<br />
giar<strong>di</strong>no passato”.<br />
56 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 57
Italia il bosco avanza con<br />
percentuali significative: 2-3%<br />
ogni anno, con <strong>di</strong>fferenze<br />
sostanziali tra la pianura e le<br />
aree urbane (stabile e in calo)<br />
e le aree montane e collinari<br />
(in netta crescita).<br />
L’aumento <strong>di</strong> superficie delle<br />
foreste viene altresì favorito<br />
dal cambiamento climatico<br />
in atto da alcuni anni, in<br />
quanto le temperature più<br />
miti e <strong>di</strong>fferenti gra<strong>di</strong>enti<br />
<strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà spingono il bosco<br />
verso quote superiori rispetto<br />
al passato, accelerando il<br />
processo <strong>di</strong> colonizzazione<br />
dei pascoli abbandonati.<br />
Il clima, associato ad una<br />
minore utilizzazione boschiva,<br />
contribuisce inoltre ad un<br />
cambiamento specifico dei<br />
boschi: regressione dei<br />
castagneti, aumento delle<br />
faggete e peccete, <strong>di</strong>minuzione<br />
dei lariceti.<br />
In genere si assiste al<br />
passaggio da con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
forte artificializzazione, come<br />
sono ad esempio i pascoli o<br />
i maggenghi, a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
pseudo-naturalità, causate<br />
dalla crescita spontanea del<br />
bosco che si sviluppa talvolta<br />
con <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>namiche<br />
vegetazionali.<br />
Su questo processo è<br />
necessario fare alcune<br />
considerazioni.<br />
• La per<strong>di</strong>ta, anche parziale,<br />
<strong>di</strong> spazi aperti (prati, pascoli)<br />
implica una semplificazione del<br />
paesaggio e la scomparsa <strong>di</strong><br />
storia e <strong>di</strong> cultura dell’uomo.<br />
• Vengono sicuramente<br />
compromessi particolari<br />
habitat <strong>di</strong> prateria <strong>di</strong> grande<br />
interesse naturalistico, anche<br />
se <strong>di</strong> origine antropica, con<br />
il rischio <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> alcune<br />
specie vegetali e animali<br />
(es. i galli alpini) ed un calo<br />
generalizzato <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità.<br />
• Una ridotta attività<br />
umana non coincide con un<br />
imme<strong>di</strong>ato ritorno a con<strong>di</strong>zioni<br />
naturali tipo boschi vergini;<br />
il passaggio avviene <strong>di</strong> norma<br />
in tempi molto lunghi, anche<br />
secoli.<br />
• L’aumento del bosco<br />
consente, però <strong>di</strong> incrementare<br />
la fertilità del terreno,<br />
consolidare pen<strong>di</strong>ci franose<br />
ed immagazzinare nel<br />
legno maggiori quantità <strong>di</strong><br />
carbonio, contribuendo in<br />
minima parte al contenimento<br />
delle immissioni <strong>di</strong> anidride<br />
carbonica.<br />
• Allo stesso modo, una<br />
maggiore <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong><br />
biomassa proveniente dal<br />
bosco potrebbe costituire una<br />
risposta sostenibile alla sempre<br />
maggiore richiesta <strong>di</strong> energia.<br />
Questa è la nuova “cartolina”<br />
con cui dobbiamo confrontarci<br />
e che dobbiamo adeguare<br />
alle nostre esigenze. Una<br />
cartolina <strong>di</strong>versa dal passato e<br />
sicuramente <strong>di</strong>versa dal futuro,<br />
dove magari gli unici pascoli<br />
in montagna saranno le piste<br />
da sci e dove le mucche, a<br />
chiazze viola, mangeranno solo<br />
cioccolato alpino.<br />
58 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 59
Gita scialpinistica<br />
allo Zapporthorn<br />
<strong>di</strong> Marco Riva<br />
Lo Zapporthorn, la vetta più<br />
importante del gruppo del S.<br />
Bernar<strong>di</strong>no a quota 3152 m,<br />
è stata la proposta <strong>di</strong> gita<br />
scialpinistica organizzata e<br />
coor<strong>di</strong>nata dal <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />
a conclusione della stagione<br />
invernale 2006/2007.<br />
Domenica 25 marzo alle ore 5,<br />
con il tempo un po’incerto, il<br />
cielo coperto da nuvole e la<br />
strada bagnata, siamo saliti sul<br />
pullman entusiasti <strong>di</strong> conoscere<br />
nuovi paesaggi, pen<strong>di</strong>i e vette<br />
sconosciuti alla maggior parte<br />
degli sciatori presenti quella<br />
mattina. Dopo una breve sosta<br />
lungo il percorso, abbiamo<br />
raggiunto il luogo <strong>di</strong> partenza<br />
dell’itinerario a quota 1680<br />
m, alle ore 8.30 circa. Il<br />
tempo non prometteva nulla<br />
<strong>di</strong> buono. Scambiate piacevoli<br />
battute scherzose con i vari<br />
partecipanti e compiuto il<br />
solito rito della vestizione,<br />
guidati dal presidente<br />
siamo partiti formando una<br />
lunga, multicolore e sempre<br />
compatta fila in<strong>di</strong>ana. Una<br />
volta risalito il passo del<br />
S. Bernar<strong>di</strong>no, seguendo<br />
principalmente la strada,<br />
davanti a noi si è aperto<br />
un suggestivo falso piano,<br />
ricoperto da un’abbondante<br />
coltre <strong>di</strong> neve soffice e<br />
“abitato” da stambecchi<br />
e pernici, riconosciuti<br />
grazie alle in<strong>di</strong>cazioni<br />
date dall’amico Danilo.<br />
Affascinati dall’ambiente che<br />
ci apprestavamo a conoscere<br />
e ad attraversare, la vista<br />
degli animali è stata la scusa<br />
per fermarci, mangiare, bere<br />
qualcosa e recuperare le<br />
energie necessarie per l’ascesa<br />
alla vetta ancora lontana.<br />
Nel frattempo il cielo era<br />
<strong>di</strong>ventato azzurro e il caldo<br />
sole ci ha accompagnati<br />
per l’intera giornata,<br />
permettendoci <strong>di</strong> ammirare le<br />
bellezze del paesaggio.<br />
Chiacchierando, ridendo e<br />
scherzando con i nuovi e i<br />
vecchi amici, dopo cinque<br />
ore <strong>di</strong> camminata lungo un<br />
percorso con salite graduali,<br />
siamo arrivati alla bocchetta.<br />
I più temerari, muniti <strong>di</strong><br />
piccozza e ramponi, risalendo<br />
un canalino, hanno raggiunto<br />
la tanto attesa vetta. All’ora<br />
<strong>di</strong> pranzo, momento sempre<br />
gratificante soprattutto dopo<br />
una lunga camminata, viene<br />
piacevolmente consumata la<br />
colazione al sacco. Vengono<br />
scattate le immancabili<br />
fotografie e con la pancia<br />
piena, gli sci ai pie<strong>di</strong>, lo<br />
zaino in spalla e il sorriso<br />
sulle labbra eccoci pronti ad<br />
affrontare la magnifica <strong>di</strong>scesa.<br />
La neve era come “panna<br />
montata”, ognuno a suo modo<br />
esprimeva la propria felicità:<br />
chi rideva, chi incitava,<br />
chi scherzava, pennellando<br />
curve che neanche un pittore<br />
saprebbe <strong>di</strong>segnare. Comunque<br />
non sono mancati i consueti<br />
capitomboli che nemmeno<br />
artisti da circo riuscirebbero<br />
a compiere. In fondo ad ogni<br />
valletta ci si aspettava e si<br />
ricompattava il gruppo, per<br />
poi nuovamente ripartire con<br />
gli amici vicini, <strong>di</strong>vertendoci<br />
tutti insieme e concludendo<br />
un’in<strong>di</strong>menticabile gita fuori<br />
paese.<br />
60 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 61
Traversata Camogli-Portofino<br />
il <strong>CAI</strong><br />
<strong>di</strong> Laura Bettega<br />
al<br />
Mare<br />
Ed eccomi a fare un resoconto sulla gita del <strong>CAI</strong> del 16 Settembre<br />
07 che, iniziata in pullman da <strong>Morbegno</strong> a Camogli, è proseguita<br />
a pie<strong>di</strong> sul promontorio <strong>di</strong> Portofino, per continuare in traghetto<br />
fino a S.ta Margherita dove il pullman ci attendeva per il rientro a<br />
<strong>Morbegno</strong>.<br />
Ma proce<strong>di</strong>amo con or<strong>di</strong>ne: arrivati a Ruta, sopra Camogli, a 250 m,<br />
ci siamo messi gli zaini in spalla (ed io le racchette in mano alla<br />
moda svizzera!) e siamo saliti sul punto più alto del promontorio<br />
(450 m) attraversando un bellissimo bosco <strong>di</strong> castagni, querce e pini<br />
che a mio <strong>di</strong>re avrebbe meritato <strong>di</strong> essere ammirato con maggior<br />
calma.<br />
Dall’alto si è aperta la stupenda vista, giù, ai nostri pie<strong>di</strong>, della baia<br />
<strong>di</strong> San Fruttuoso con un mare bellissimo e una ancor più bella abbazia<br />
benedettina. Un particolare ringraziamento alla nostra guida<br />
Alessandro che ha saputo farci “gustare” la bellezza <strong>di</strong> questo<br />
gioiello con arcate, trifore e cupola che risalgono al X secolo.<br />
Dopo uno spuntino e , per alcuni, un bagno in mare ritenuto<br />
d’obbligo, abbiamo ripreso la camminata dapprima in salita,<br />
poi pianeggiante lungo la costiera fino a Portofino.<br />
Breve sosta per ammirare la bellezza <strong>di</strong> questa insenatura, delle<br />
ville che la circondano, delle imbarcazioni lussuose, dei<br />
colori delle case che si specchiano nel mare e… perché no, per<br />
un ricordo nostalgico <strong>di</strong> un lontano luglio ’64.<br />
Ultima tappa: Portofino–Santa Margherita con il battello che ci<br />
ha permesso <strong>di</strong> spaziare con lo sguardo fra mare aperto e costa<br />
ligure, poi rientro in pullman. Per me è stata la prima gita<br />
ufficiale del Cai e devo ammettere che, pur non conoscendo<br />
gran parte dei settanta partecipanti, mi sono sentita subito<br />
a mio agio grazie all’organizzazione del Presidente, al clima<br />
favorevole e ai simpatici compagni <strong>di</strong> camminata.<br />
Mi auguro che escursioni <strong>di</strong> questo tipo vengano <strong>di</strong> nuovo organizzate<br />
permettendo anche a soci non più giovani come me,<br />
<strong>di</strong> fare belle, ma non troppo <strong>di</strong>fficili camminate e <strong>di</strong> visitare<br />
luoghi <strong>di</strong> interesse storico, culturale, ambientale in simpatica<br />
compagnia.<br />
62 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 63
Cicloalpinismo<br />
in Val Chamuera<br />
e al Piz Sagliaint<br />
<strong>di</strong> Cristina Arosio<br />
L’ambiente montano è sicuramente<br />
tra i più appaganti per il<br />
fascino del suo paesaggio, per<br />
la quiete, per la possibilità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>strarsi, rilassarsi e, perché no,<br />
<strong>di</strong>vertirsi. Lo si può apprezzare<br />
camminando lungo i sentieri,<br />
d’inverno con gli sci ai pie<strong>di</strong>,<br />
ma anche pedalando lungo<br />
percorsi sterrati utilizzando la<br />
mountain-bike per compiere<br />
delle escursioni <strong>di</strong>fficilmente<br />
effettuabili in giornata. Se poi<br />
successivamente si decidesse <strong>di</strong><br />
proseguire a pie<strong>di</strong>, allora ecco<br />
realizzata la gita ciclo-alpinistica.<br />
Combinando al fascino<br />
della camminata in montagna,<br />
la bellezza dell’andar per sentieri<br />
in bicicletta, domenica 15<br />
Luglio, ci siamo avviati alle sei<br />
da <strong>Morbegno</strong>, <strong>di</strong>retti in Val Chamuera<br />
in Enga<strong>di</strong>na, raggiungendo,<br />
verso le nove, il luogo della<br />
partenza. Montati in sella ai<br />
nostri rampichini e animati da<br />
un grande entusiasmo, abbiamo<br />
incominciato a pedalare e, dopo<br />
pochi metri, ci siamo trovati<br />
all’inizio della strada sterrata.<br />
Le salite si alternavano a<br />
lunghi falsi piani, che hanno<br />
consentito ai ciclisti “passisti”<br />
<strong>di</strong> dar sfogo alla propria<br />
pedalata. C’era chi s’impegnava<br />
a rimanere in sella sulle salite<br />
più ripide alla “Pantani”, chi,<br />
invece, scendeva a spingere la<br />
bicicletta, per poi rimontarvi<br />
appena possibile.<br />
La strada, con il fondo sterrato<br />
e in alcuni tratti un po’ <strong>di</strong>ssestata<br />
con ghiaia più grossa, <strong>di</strong><br />
tanto in tanto veniva attraversata<br />
da rigagnoli d’acqua che<br />
adornavano <strong>di</strong> gocce grigiomarrone<br />
la schiena dei ciclisti,<br />
conferendo a tutti la mitica<br />
maglia a “pois” del Tour de<br />
France. Il paesaggio svizzero<br />
faceva da sfondo alla bellezza<br />
della strada che attraversava la<br />
lunga vallata, con i suoi ampi<br />
pascoli, rinver<strong>di</strong>ti dall’acqua del<br />
torrente.<br />
Dopo due ore e mezzo circa <strong>di</strong><br />
pedalata, abbiamo raggiunto<br />
l‘alpeggio. Lasciate le biciclette,<br />
cambiati gli indumenti,<br />
ci siamo incamminati lungo il<br />
sentiero che ci avrebbe portati<br />
in cima al piz Sagliaint a quota<br />
2945 m, meta della nostra gita.<br />
Ormai gli alberi, i ver<strong>di</strong> pascoli<br />
e le piante <strong>di</strong> rododendro avevano<br />
lasciato lo spazio a grosse<br />
masse rocciose, percorribili<br />
solamente a pie<strong>di</strong>.<br />
Il caldo sole, che ci aveva<br />
accompagnato fin dalle prime<br />
ore del mattino, continuava a<br />
splendere in cielo e dopo due<br />
ore circa <strong>di</strong> camminata siamo<br />
giunti alla vetta. Concluso il<br />
piacevole pranzo, scattate le<br />
in<strong>di</strong>menticabili fotografie, il<br />
tempo <strong>di</strong> scendere all’alpeggio<br />
è servito per pregustare la <strong>di</strong>scesa<br />
con il rampichino, rallentata<br />
solo dai cancelli che delimitavano<br />
gli alpeggi. L‘arrivo<br />
alle macchine è stato <strong>di</strong> quelli<br />
tipo “tappa Giro D’Italia”(per<br />
chi non ci credesse si è vista<br />
anche una mucca volare), con<br />
tutti i partecipanti che si sono<br />
congratulati a vicenda per la<br />
bella esperienza vissuta.<br />
64 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 65
La Culmine <strong>di</strong> Dazio<br />
Negli annuari 2004 e 2005 avevamo dato notizia del<br />
“Progetto Culmen <strong>di</strong> Dazio”, finalizzato al recupero<br />
dei sentieri <strong>di</strong> questo interessante saliente geografico<br />
e naturalistico. Nel progetto erano coinvolte, oltre<br />
al <strong>CAI</strong>, le Pro Loco <strong>di</strong> Paniga e <strong>di</strong> Dazio e la CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>.<br />
Venuto a mancare il concorso della Comunità Montana,<br />
in un primo momento favorevole, ma inspiegabilmente<br />
non più interessata pochi mesi dopo, il <strong>CAI</strong> ha proseguito<br />
nel suo intento con le proprie risorse e con la collaborazione<br />
delle due Pro Loco.<br />
Ri<strong>di</strong>mensionato il progetto, lo scorso anno è stato portato<br />
a termine il tratto Paniga–Porcido–Culmen, mentre<br />
quest’anno è stato sistemato, praticamente reinventandolo,<br />
il sentiero <strong>di</strong> cresta che collega la Culmen<br />
alla mulattiera Dazio–Porcido, in corrispondenza del<br />
“terminal auto”.<br />
Sono state messe in opera alcune protezioni, si è provveduto<br />
alla pulizia <strong>di</strong> tutto il tracciato ed è stata completata<br />
la segnaletica sia orizzontale sia verticale.<br />
L’intero percorso, illustrato qui a fianco, è ora una bella<br />
realtà che va ad arricchire il patrimonio sentieristico<br />
della Bassa Valle. Ha uno sviluppo altimetrico <strong>di</strong> circa<br />
700 metri, è percorribile in poco più <strong>di</strong> 3 ore fra andata<br />
e ritorno e non presenta <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> alcun tipo. Di interesse<br />
paesaggistico, faunistico e botanico, se ne consiglia<br />
la frequentazione nelle stagioni interme<strong>di</strong>e.<br />
Nella foto sopra: in rosso<br />
i sentieri sistemati con<br />
segnaletica verticale e<br />
orizzontale, in bianco quelli<br />
<strong>di</strong> prossimo intervento.<br />
Sotto: dalla vetta della<br />
Culmine.<br />
Nella pagina a fronte:<br />
salendo da Paniga a Porcido.<br />
66 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 67
NON CI RESTA CHE PIANGERE 1<br />
Qualche anno fa, in un <strong>di</strong>vertente<br />
film con Massimo Troisi e Roberto<br />
Benigni, i due protagonisti, a causa<br />
<strong>di</strong> un evento atmosferico, venivano<br />
inspiegabilmente proiettati a ritroso<br />
nel tempo fino al Me<strong>di</strong>oevo. In una<br />
delle scene del film i due amici,<br />
intenzionati ad entrare in città,<br />
venivano bloccati in prossimità<br />
della cinta muraria da un solerte<br />
esattore che, protendendo la mano<br />
con l’inesorabile puntualità <strong>di</strong> un<br />
cancelletto a scheda della metropolitana,<br />
chiedeva il balzello per<br />
l’accesso al borgo.<br />
“Un fiorino!” articolava il gabelliere<br />
con perentorio e monotono automatismo.<br />
“Cinque euro!” <strong>di</strong>rebbe<br />
oggi per effetto dell’adeguamento<br />
ISTAT. Tanti quanto le nostre amministrazioni<br />
comunali pretendono<br />
da quest’anno, nel XXI secolo, per<br />
poter accedere alle strade, si fa per<br />
<strong>di</strong>re, agro-silvo-pastorali.<br />
E’ forse vicino il tempo delle fontanelle<br />
pubbliche a gettone? Oppure<br />
del jogging a tassametro sulle rive<br />
dell’Adda? E perché non proporre<br />
un bell’abbonamento, stagionale<br />
o annuale a seconda delle singole<br />
esigenze, per godere della visione<br />
dei nostri splen<strong>di</strong><strong>di</strong> panorami?<br />
Eh, sì, non ci resta che piangere!<br />
il paese dell’incontrario<br />
NON CI RESTA CHE PIANGERE 2<br />
Approposito <strong>di</strong> strade agro-silvopastorali!<br />
La definizione suggerirebbe<br />
che queste piste siano state<br />
realizzate per facilitare il lavoro <strong>di</strong><br />
chi si de<strong>di</strong>ca all’agricoltura, alla silvicoltura<br />
e alla pastorizia in quota,<br />
grazie anche a canali <strong>di</strong> contribuzione<br />
riservati ed agevolati.<br />
E’ giusto! Le attività primarie in<br />
montagna sono particolarmente<br />
onerose e richiedono qualche attenzione<br />
in più rispetto alla pianura.<br />
Naturalmente queste strade dovrebbero<br />
essere <strong>di</strong> esclusiva pertinenza<br />
degli operatori della montagna.<br />
Secondo il buon senso, almeno.<br />
Ma in Italia non è così. In Italia<br />
la <strong>di</strong>zione “agro-silvo-pastorale”<br />
costituisce solo la parola magica<br />
per accedere a finanziamenti, che<br />
altrimenti non potrebbero essere<br />
erogati, per costruire arterie che<br />
si connotano sempre <strong>di</strong> più come<br />
strade turistico-residenziali.<br />
Ed infatti un sopralluogo in una<br />
qualunque giornata lavorativa non<br />
evidenzierebbe la presenza <strong>di</strong> un’attività<br />
meritevole <strong>di</strong> rilievo: solo<br />
qualche modesto mezzo agricolo<br />
per accu<strong>di</strong>re a pochi capi <strong>di</strong> bovini<br />
o per provvedere alla cura del bosco<br />
da parte <strong>di</strong> persone che lavorano<br />
più per affettività che per reale<br />
tornaconto economico. Nei giorni<br />
festivi, al contrario, il traffico<br />
automobilistico <strong>di</strong>venta intenso,<br />
tanto che si fatica a trovare un<br />
angolo per la sosta: gipponi e picup<br />
invadono prati non più falciati<br />
per raggiungere le seconde case,<br />
che hanno preso il posto delle stalle<br />
e dei fienili, nelle quali fanno bella<br />
mostra <strong>di</strong> sé gli oggetti ed i segni<br />
della vita conta<strong>di</strong>na, esibiti a mo’<br />
<strong>di</strong> cimeli <strong>di</strong> un museo spontaneo.<br />
Come a <strong>di</strong>re che del mondo agrosilvo-pastorale<br />
è rimasto solo il<br />
ricordo. Nulla <strong>di</strong> scandaloso, sono i<br />
tempi che cambiano, ma vogliamo,<br />
per favore, uscire una buona volta<br />
dall’ipocrisia? Altrimenti … non ci<br />
resta che piangere!<br />
NON CI RESTA CHE PIANGERE 3<br />
Intanto che i nostri presunti<br />
conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> montagna si prendono<br />
cura delle loro baite sempre più<br />
curate, le amministrazioni locali,<br />
archiviate le campagne pro pedaggio<br />
“strade-agro-silvo-pastorali” e<br />
“raccolta-funghi”, sono alla ricerca<br />
<strong>di</strong> nuove modalità <strong>di</strong> valorizzazione<br />
del territorio <strong>di</strong> loro competenza. Le<br />
più avvedute ed aggiornate, grazie<br />
alla lungimiranza dei loro sindaci,<br />
hanno capito che il problema con il<br />
quale il mondo si dovrà confrontare<br />
nei prossimi decenni sarà il bisogno<br />
sempre più forte <strong>di</strong> energia elettrica<br />
e che, a fronte dell’inevitabile<br />
esaurimento dei pozzi <strong>di</strong> petrolio,<br />
ci sarà la necessità <strong>di</strong> trovare forme<br />
alternative <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia,<br />
possibilmente pulita.<br />
Quale occasione migliore per <strong>di</strong>mostrare<br />
il proprio senso <strong>di</strong> appartenenza<br />
alla comunità mon<strong>di</strong>ale se<br />
non quella <strong>di</strong> offrire con moto spontaneo<br />
ed altruistico i crinali delle<br />
proprie montagne - ma non sono<br />
anche nostre? – per l’istallazione <strong>di</strong><br />
enormi pale eoliche? E così, come se<br />
non bastassero gli elettrodotti già<br />
presenti, potremmo presto vedere il<br />
Passo San Marco e le località più aeree<br />
ed in vista, quelle paesaggisticamente<br />
pregiate, costellate <strong>di</strong> enormi<br />
eliche che sciabolano nell’aria con il<br />
loro rumore cupo e raggelante.<br />
Poco importa che l’intensità del<br />
vento e la sua frequenza in giorni/<br />
anno siano <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutibile convenienza<br />
economica: la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong><br />
compiere un’opera buona supera<br />
ogni obiezione. E poi il beneficio per<br />
le casse dei comuni sarebbe innegabile:<br />
in fondo il bisnes è bisnes.<br />
E’ proprio vero … non ci resta che<br />
piangere!<br />
NON CI RESTA CHE PIANGERE 4<br />
Qui Milano<br />
A Milano non ci sono prati per giocare,<br />
così ne costruiscono <strong>di</strong> artificiali, con<br />
cemento ed erba sintetica.<br />
A Milano non ci sono sassi per arrampicarsi,<br />
né alberi per appendervi un’altalena,<br />
così installano giochi artificiali in<br />
ferro e plastica.<br />
A Milano non ci sono boschi, così piantano<br />
qualche albero per far sì che le case<br />
abbiano un poco <strong>di</strong> verde attorno.<br />
A Milano l’acqua del rubinetto non è<br />
buona, così bevono l’acqua minerale.<br />
Qui Poira, provincia <strong>di</strong> Milano<br />
A Poira i prati non sono molto belli, così<br />
ne costruiscono <strong>di</strong> artificiali, con cemento<br />
ed erba sintetica.<br />
A Poira i sassi non sono adatti per<br />
arrampicarsi e gli alberi non vanno bene<br />
per appendervi un’altalena, così progettano<br />
giochi artificiali in ferro e plastica.<br />
A Poira neppure i boschi sono un gran<br />
che, allora li sra<strong>di</strong>cano, così le case<br />
che vi costruiscono hanno poco verde<br />
attorno.<br />
A Poira per tutto il mese <strong>di</strong> luglio l’acquedotto<br />
era inquinato, così anche lì si è<br />
bevuta l’acqua minerale.<br />
Finalmente i milanesi si sentiranno un<br />
po’ a casa loro, e noi, a Poira, ci sentiremo<br />
un po’ milanesi.<br />
Già che ci siamo:<br />
a Poira, nel silenzio dell’inverno, anime<br />
buone tagliano a zero i boschi vicino<br />
alla chiesa, così d’estate avremo dei bei<br />
prati assolati (mica ci vorranno costruire<br />
vero?).<br />
a Poira, come formiche instancabili, continuano<br />
imperterriti a realizzare chilometri<br />
<strong>di</strong> strade tagliafuoco che, è vero non<br />
serviranno a niente, ma che permetteranno<br />
anche ad una Panda smarmittata<br />
<strong>di</strong> arrivare fino alle quote più alte.<br />
Non ci resta che piangere!<br />
<strong>di</strong> Bruno Orso<br />
68 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 69
I NUMERI DEL C.A.I.<br />
<strong>MORBEGNO</strong><br />
Alla data del 31.12.2007 gli<br />
iscritti sono 555 (+33) così<br />
sud<strong>di</strong>visi: 382 (+21) or<strong>di</strong>nari,<br />
140 (+6) famigliari e 33 (+6)<br />
giovani.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che le<br />
iscrizioni si effettuano<br />
presso gli sportelli del<br />
Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />
Ambrosetti o presso la<br />
Sede il venerdì sera dalle<br />
9,15 alle 23.<br />
IL CONSIGLIO DIRETTIVO<br />
DEL C.A.I. <strong>MORBEGNO</strong><br />
Presidente<br />
Domenico Del Barba<br />
Vicepresidente<br />
Lodovico Mottarella<br />
Mario Spini<br />
Segretario<br />
Davide Bonzi<br />
Consiglieri<br />
Danilo Acquistapace<br />
Enrico Bertoli<br />
Alessandro Caligari<br />
Angelo De Donati<br />
Giovanni Rovedatti<br />
Franco Scotti<br />
GLI ISTRUTTORI DI ALPI-<br />
NISMO E DI SCI ALPINI-<br />
SMO<br />
Enrico Bertoli (ISA)<br />
Giulio Gadola (ISA)<br />
Marco Riva (ISA)<br />
Franco Scotti (ISA)<br />
Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />
BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />
Sono entrate in biblioteca 4<br />
nuove opere. Sono tutte guide<br />
della collana Monti d’Italia<br />
del <strong>CAI</strong>/TCI. Il totale dei titoli<br />
presenti negli scaffali è 359.<br />
Completano il patrimonio<br />
31 videocassette e 152 carte<br />
geografiche.<br />
ATTIVITA' IN PILLOLE<br />
Corso <strong>di</strong> ginnastica<br />
presciistica<br />
Come oramai è tra<strong>di</strong>zione da<br />
<strong>di</strong>versi anni, da ottobre 2006 a<br />
marzo 2007, presso la palestra<br />
<strong>di</strong> via Prati Grassi si sono svolte<br />
le lezioni del corso <strong>di</strong> ginnastica<br />
in preparazione della<br />
stagione invernale. L’iniziativa<br />
incontra sempre il gra<strong>di</strong>mento<br />
dei nostri soci che si prenotano<br />
con largo anticipo.<br />
Corso base <strong>di</strong> scialpinismo<br />
Al corso hanno partecipato<br />
con profitto 7 allievi: Giacomo<br />
Bianchi Bazzi (Mandello),<br />
Fulvia Copes (Gera Lario),<br />
Mazzoleni Carlo Battista (<strong>Morbegno</strong>),<br />
Paolo Dego (Colico),<br />
Fabio Ferré (Rogolo), Renato<br />
Taddeo (Montagna), Giuseppe<br />
Marra (Dazio).<br />
Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata,<br />
precedute, come al solito,<br />
dalle lezioni teoriche:<br />
• Piz Campagnun (Passo Julier)<br />
• Pizzo Colombana (Val<br />
Gerola)<br />
• Piz D'Emmat Da dent (Enga<strong>di</strong>na)<br />
• Piz Suretta (Valle Spluga)<br />
• Ponteranica (Val Gerola).<br />
• A conclusione del corso è<br />
stata effettuata un’uscita <strong>di</strong><br />
due giorni al rifugio Cristallina<br />
(Val Bedretto - Ticino) con<br />
salita del Pizzo Cristallina e alla<br />
Cima <strong>di</strong> Lago.<br />
Corso <strong>di</strong> arrampicata<br />
(ve<strong>di</strong> articolo pag. 7)<br />
Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre<br />
e <strong>di</strong> ottobre ed ha<br />
avuto come palestre le pareti<br />
del Sasso <strong>di</strong> Remenno (Val<br />
Masino) e del Sasso Bianco<br />
(Prata), le placche <strong>di</strong> Bette<br />
(Valle Spluga), la cresta sud<br />
del Pizzo Balzetto (Albigna),<br />
il calcare dello Zucco dell’Angelone<br />
(Lecco) e le formazioni<br />
dolomitiche dei Torrioni Magnaghi<br />
(Grigne).<br />
Hanno partecipato 8 allievi.<br />
Gite famigliari<br />
Sono continuate con successo<br />
le gite famigliari organizzate<br />
con la collaborazione del<br />
GEM.<br />
Cinque le escursioni programmate<br />
ed effettuate:<br />
• 18 marzo - Abbazia <strong>di</strong> San<br />
Benedetto in Val Perlana<br />
(Lenno-Ossuccio) – 134 partecipanti;<br />
• 15 aprile - Parco naturale<br />
del lago <strong>di</strong> Piano (Porlezza) –<br />
57 partecipanti;<br />
• 6 maggio - Tartano lungo<br />
la Val Fabiolo, in collaboraborazione<br />
con il Gruppo Acque<br />
Valtartano – 65 partecipanti;<br />
• 17 giugno - Alpe Len<strong>di</strong>ne<br />
(Valle Spluga) – 46 partecipanti;<br />
• 28 ottobre - Valsolda – 80<br />
partecipanti.<br />
Sci alpinismo al<br />
chiaro <strong>di</strong> luna<br />
6 febbraio - In una serata limpida<br />
e finalmente mite, dopo<br />
due inverni con temperature<br />
polari, si è svolta la tra<strong>di</strong>zionale<br />
gita notturna con le pelli<br />
<strong>di</strong> foca.<br />
Consolidando l’orientamento<br />
<strong>di</strong> questi ultimi anni, è stata<br />
scelta come meta il Pianone<br />
<strong>di</strong> Salmurano, raggiungibile<br />
senza problemi anche da chi è<br />
alle prime esperienze. Ristoro<br />
presso il Rifugio Salmurano e,<br />
quin<strong>di</strong>, fantastica <strong>di</strong>scesa lungo<br />
la Rocca. Partecipanti 30.<br />
Rallyno della Rosetta<br />
4 marzo - In una bella giornata<br />
marzolina, 31 squadre si sono<br />
confrontate nel tra<strong>di</strong>zionale<br />
scenario dell’alpe Culino. A<br />
causa della copertura <strong>di</strong>scontinua<br />
del manto nevoso, il<br />
tracciato della prova <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa<br />
è stato spostato più in alto<br />
rispetto al passato: partenza<br />
a monte del casello dell’acqua<br />
e arrivo a valle della Baita del<br />
Gaspàr.<br />
Vittoria tutta al femminile. Rita<br />
Bertoli e Li<strong>di</strong>a Moretto, partite<br />
per ultime, in quanto impegnate<br />
nell’organizzazione, hanno<br />
messo tutti in fila aggiu<strong>di</strong>candosi<br />
meritatamente la vittoria.<br />
• Vincitori Rallyno: Rita Bertoli<br />
e Li<strong>di</strong>a Moretto (penalità<br />
3,153).<br />
• Vincitori cronoscalata: Del<br />
Vo Paolo - Martinoli Marco<br />
(tempo 31’ 28”).<br />
• Vincitori <strong>di</strong>scesa: Silvio Bagiolo<br />
e Davide Pedrotti (tempo<br />
29”).<br />
Gita sci alpinistica allo<br />
Zapporthorn<br />
25 marzo - Una giornata con<br />
tempo parzialmente sereno ha<br />
caratterizzato la gita sci alpinistica<br />
primaverile allo Zapporthorn,<br />
nei <strong>di</strong>ntorni del passo<br />
San Bernar<strong>di</strong>no. Partecipanti<br />
37 (pag. 60).<br />
Gita naturalistica<br />
in Val Lesina<br />
10 giugno – Una bella giornata<br />
<strong>di</strong> sole ha favorito l’effettuazione<br />
<strong>di</strong> questa gita fuori dagli<br />
schemi tra<strong>di</strong>zionali. Grazie alla<br />
<strong>di</strong>sponibilità del prof. Marco<br />
Caccianiga , dell’Università<br />
<strong>di</strong> Milano, che è anche guida<br />
escursionistica, i 45 partecipanti<br />
hanno potuto prendere<br />
contatto con i segreti della<br />
natura <strong>di</strong> questa valle troppo<br />
spesso trascurata. L’amico<br />
Angelo (De Donati), geloso<br />
custode ed appassionato<br />
estimatore <strong>di</strong> questo angolo <strong>di</strong><br />
Valtellina, ha voluto celebrare<br />
l’avvenimento offrendo il<br />
pranzo nella sua <strong>di</strong>mora d’alta<br />
70 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 71
quota, aiutato nientemeno<br />
che da Natalino Bavo, cuoco<br />
provetto e montanaro doc.<br />
Gite ciclo alpinistiche<br />
Hanno costituito la novità<br />
della programmazione del<br />
<strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>: escursioni in<br />
mountain bike, con finale a<br />
pie<strong>di</strong>.<br />
10 luglio – Val Chamuera (Enga<strong>di</strong>na)<br />
con successiva salita<br />
al Piz Sagliaint (m 2945) – 17<br />
partecipanti (pag. 64).<br />
2 settembre – Val Viola bormina.<br />
Partecipanti 11.<br />
Escursionismo balneare a<br />
Camogli - Portofino<br />
16 settembre – Una bellissima<br />
giornata con clima estivo ha<br />
rallegrato i 67 partecipanti a<br />
questa simpatica escursione<br />
da Camogli a Portofino. Un<br />
bagno ristoratore nella piccola<br />
spiaggia <strong>di</strong> San Fruttuoso ha<br />
completato degnamente la<br />
giornata (pag. 62).<br />
Trekking sul Sentiero<br />
Andrea Paniga<br />
14 ottobre – Punto <strong>di</strong> arrivo al<br />
Rifugio Salmurano.<br />
In 24 hanno aderito al<br />
tra<strong>di</strong>zionale appuntamento.<br />
Quasi tutti hanno optato per<br />
l’itinerario che, partendo da<br />
Gerola Alta, ha raggiunto prima<br />
Bominallo e quin<strong>di</strong> la croce<br />
della Motta, per scendere poi<br />
al lago <strong>di</strong> Pescegallo lungo il<br />
crinale che separa la valle <strong>di</strong><br />
Pescegallo dalla Val Bomino.<br />
Tempo inizialmente nuvoloso e<br />
nebbioso che ha creato suggestive<br />
visioni nel tratto <strong>di</strong> bosco<br />
a valle della Motta. Un tiepido<br />
e gra<strong>di</strong>to sole ha quin<strong>di</strong> tenuto<br />
compagnia alla comitiva fino<br />
Pescegallo, dove è avvenuto il<br />
ricongiungimento con alcuni<br />
gruppi famiglia che, con i<br />
bambini, avevano raggiunto il<br />
lago <strong>di</strong>rettamente dal piazzale<br />
della seggiovia.<br />
72 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 73
74 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong>