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I CAI MORBEGNO - CAI Sezione di Morbegno

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<strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong><br />

I


<strong>CAI</strong><br />

ANNUARIO 2007<br />

I Corsi<br />

Il corso <strong>di</strong> arrampicata<br />

<strong>di</strong> MARIO SPINI<br />

Club Alpino Italiano<br />

<strong>Sezione</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

Via San Marco<br />

Tel. e fax 0342 613803<br />

e-mail: info@caimorbegno.org<br />

www.caimorbegno.org<br />

Redazione:<br />

Domenico Del Barba, Riccardo Marchini,<br />

Lodovico Mottarella, Mario Spini.<br />

Hanno collaborato:<br />

Ezio Abate, Cristina Arosio,<br />

Laura Bettega, Davide Bonzi,<br />

Alessandro Caligari, Cesare De Donati,<br />

Domenico Del Barba, Giovanni Donadelli,<br />

Gunter Gros Silvana Gusmeroli,<br />

Riccardo Marchini, Lodovico Mottarella,<br />

Bruno Orso, Vittorio Poletti,<br />

Alessandro Rapella, Marco Riva,<br />

Franco Scotti, Riccardo Scotti, Mario Spini.<br />

Fotografie:<br />

Ezio Abate:16, 17,18, 19, 20, 21, 22, 23<br />

Pietro Del Barba: 63, 64<br />

Davide Bonzi:60, 61<br />

Archivio G. Donadelli: 35, 36, 37<br />

Riccardo Marchini: 19(sotto), 21(sopra),<br />

30(sopra),32, 33, 53<br />

Lodovico Mottarella: copertina, 2, 3, 25, 23,<br />

27, 28, 29, 30(sotto), 39, 41, 43(sotto), 44, 45,<br />

48, 49, 50, 51, 52(sopra), 54, 55, 56, 57, 58,<br />

59, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 71, 72<br />

Franco Scotti: 5<br />

Riccardo Scotti: 38, 40, 42(sopra), 46, 47<br />

Mario Spini: 6, 7, 12, 13, 14, 15<br />

Progetto grafico e<br />

realizzazione:<br />

Mottarella Stu<strong>di</strong>o Grafico<br />

www.mottarella.com<br />

Scialpinismo<br />

Racconti<br />

Cicloalpinismo<br />

Leggende<br />

II <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 1<br />

Stampa:<br />

Tipografia Bonazzi<br />

Sci<br />

Ambiente<br />

Arte<br />

Attualità<br />

SOMMARIO<br />

Scialpinismo in Cile<br />

<strong>di</strong> FRANCO SCOTTI<br />

Solo<br />

<strong>di</strong> GUNTER GROS<br />

Bike: ieri, oggi...domani<br />

<strong>di</strong> EZIO ABATE<br />

La leggenda dei Corni Bruciati<br />

<strong>di</strong> VITTORIO POLETTI<br />

Come <strong>di</strong>venni sciatore<br />

<strong>di</strong> GIOVANNI DONADELLI<br />

Riscaldamento globale<br />

<strong>di</strong> RICCARDO SCOTTI<br />

Chiese <strong>di</strong> montagna<br />

<strong>di</strong> ALESSANDRO CALIGARI<br />

Pascolo che va....<br />

<strong>di</strong> ALESSANDRO RAPELLA


<strong>di</strong> Domenico Del Barba<br />

E D I T O R I A L E<br />

Il 2007 è stato un anno importante per il<br />

Cai <strong>Morbegno</strong>: la nuova sede è una realtà e<br />

aspetta solo l’inaugurazione ufficiale.<br />

I lavori, salvo qualche piccolo dettaglio, sono<br />

terminati e il risultato è davvero buono;<br />

finalmente abbiamo chiuso con sistemazioni<br />

temporanee o precarie. Siamo riconoscenti<br />

al Comune <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, ai progettisti, ai<br />

tecnici, agli sponsor, ai fornitori e ai Soci<br />

per le loro generose donazioni. Speriamo<br />

che al grande impegno corrisposto dal<br />

nostro Consiglio segua una partecipazione<br />

altrettanto importante da parte degli iscritti.<br />

LA NUOVA SEDE DEL <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong><br />

Quest’anno abbiamo cercato <strong>di</strong> cavarcela al meglio e, fra un lavoro e un altro, seppure in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> estremo <strong>di</strong>sagio, siamo riusciti a portare avanti una <strong>di</strong>screta attività. Hanno<br />

avuto luogo il corso <strong>di</strong> scialpinismo, il rallyno della Rosetta, il corso <strong>di</strong> arrampicata; sono<br />

state effettuate gite scialpinistiche, escursionistiche, naturalistiche e, a titolo sperimentale,<br />

gite cicloalpinistiche con buona partecipazione e sod<strong>di</strong>sfazione da parte <strong>di</strong> tutti.<br />

Malgrado l’in<strong>di</strong>fferenza delle Istituzioni, il progetto Culmen, in collaborazione con le pro<br />

loco <strong>di</strong> Dazio e Paniga, è andato avanti; si è arricchito <strong>di</strong> un nuovo sentiero e della relativa<br />

segnaletica sull’intero percorso.<br />

Vi invitiamo a visitare il nostro sito (www.caimorbegno.org) dove potrete trovare ampia<br />

documentazione <strong>di</strong> quanto è stato fatto e altro ancora.<br />

Sul fronte ambientale bisogna riscontrare che, dopo la Valmalenco (2006), è toccata al<br />

Parco delle Orobie la ban<strong>di</strong>era nera <strong>di</strong> Legambiente “per eccessiva leggerezza nella concessione<br />

<strong>di</strong> autorizzazioni <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> rilevante impatto e <strong>di</strong> dubbia utilità, per mancanza<br />

<strong>di</strong> controlli e limitazioni alla circolazione <strong>di</strong> fuori strada, per l’inadempienza agli obblighi<br />

<strong>di</strong> pianificazione”.<br />

Per contro rileviamo con piacere le ban<strong>di</strong>ere ver<strong>di</strong> assegnate all’iniziativa “An Neta Frasnée”<br />

per la riqualificazione della porzione <strong>di</strong> valle circostante la borgata montana <strong>di</strong> Frasnedo<br />

(Valle dei Ratti), al fine <strong>di</strong> contrastare l’abbandono delle pratiche agricole e <strong>di</strong> allevamento;<br />

all’ERSAF <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong> per la buona gestione della foresta demaniale dei Bagni<br />

<strong>di</strong> Masino; allo IAPS ( Intergruppo Provinciale Acque <strong>di</strong> Sondrio) per la tutela delle risorse<br />

idriche della Valtellina. Il grande risultato ottenuto dallo Iaps, al quale hanno dato<br />

il loro appoggio anche tutte le sezioni del Cai della provincia, riguarda la firma del protocollo<br />

d’intesa per la sospensione della concessione <strong>di</strong> nuove derivazioni ad uso idroelettrico<br />

e la prossima creazione <strong>di</strong> una Vas ( commissione <strong>di</strong> valutazione ambientale strategica).<br />

Speriamo, anche se il risultato non è ancora così scontato, che non si debba mai<br />

più sentir parlare <strong>di</strong> captazioni in Val <strong>di</strong> Mello o in zone <strong>di</strong> alto pregio paesaggistico, ambientale<br />

e turistico.<br />

C’è sempre più allarmismo sulle sorti del pianeta, stanno quasi finendo il petrolio, il gas,<br />

l’uranio, le terre coltivabili e l’acqua; per contro aumenta la produzione <strong>di</strong> CO2 con il conseguente<br />

surriscaldamento terrestre. Catastrofismo a parte, bisogna riflettere sulla sostenibilità<br />

ambientale: è sostenibile uno sviluppo economico che può sod<strong>di</strong>sfare i bisogni del<br />

presente senza compromettere la possibilità alle generazioni future <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i loro.<br />

Cari Soci, per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quanto appena accennato piuttosto che per la programmazione<br />

<strong>di</strong> una bella uscita o per una serata con proiezioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa natura, vi<br />

aspettiamo presso la vostra nuova sede.<br />

2 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 3


Riflessioni e….<br />

ricor<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Silvana Gusmeroli<br />

Si sono concluse, con la gita in “Valsolda”, le camminate escursionistiche<br />

realizzate per merito della collaborazione fra i gruppi <strong>CAI</strong>-GEM<br />

nell’anno 2006/07. L’ultima gita effettuata il giorno 28 ottobre era stata<br />

preparata da Tarcisio Mattei per domenica 29 Aprile. Due suoi amici<br />

e compagni <strong>di</strong> avventure in montagna hanno voluto riproporla, per ricordare<br />

lo spirito e gli ideali che animavano la “guida <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a montagna”.<br />

Tarcisio era contento quella settimana <strong>di</strong> fine aprile. Iniziava una serie<br />

<strong>di</strong> gite messe in programma con il gruppo “Camminiamo insieme” dove<br />

lui, come guida, aveva la possibilità <strong>di</strong> accompagnare per sentieri amici<br />

e conoscenti del paese in cui era nato, poiché aveva sempre svolto la<br />

sua attività con gruppi <strong>di</strong> Milano e <strong>di</strong>ntorni.<br />

L’entusiasmo dell’andar per sentieri, <strong>di</strong> scoprire che passo dopo passo si<br />

possono raggiungere luoghi e paesaggi <strong>di</strong>versi, <strong>di</strong> percorrere sentieri segnalati<br />

e non, ma ben tenuti da persone che ancora credono che la montagna,<br />

e la natura in genere, siano importanti per l’uomo che desidera<br />

ricercare se stesso e le proprie origini, rispettando l’ambiente, in un reciproco<br />

dare e ricevere… questi erano gli ideali che animavano l’uomo<br />

Tarcisio e, in un secondo tempo, la Guida.<br />

Si era impegnato personalmente a segnare alcuni sentieri, a scoprirne<br />

altri e a recuperarli, ci teneva a far conoscere nuovi itinerari e a trovare<br />

le peculiarità degli stessi stu<strong>di</strong>andone le caratteristiche morfologiche e<br />

i segni del passaggio dell’uomo.<br />

Il gruppo “Camminiamo insieme” aveva potuto conoscerlo e apprezzarlo<br />

in una gita a Teglio lo scorso anno; era nato un feeling particolare e<br />

lui stesso aveva espresso apprezzamenti per le persone del gruppo che<br />

aveva trovato curiose, interessate, <strong>di</strong>sponibili e rispettose, animate dalla<br />

voglia <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre e, soprattutto, <strong>di</strong> apprezzare la fatica che serve<br />

per vivere pienamente l’esperienza <strong>di</strong> andar per sentieri.<br />

Anche per questo gli organizzatori augurano a tutti i partecipanti alle<br />

gite <strong>di</strong> mantenere vivo l’interesse e l’entusiasmo <strong>di</strong> camminare in compagnia<br />

e con lo zaino in spalla.<br />

4 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 5


<strong>di</strong> Mario Spini<br />

D I ARRAMPICATA<br />

La nostalgia dei monti<br />

Anche quest’anno, insieme agli amici della <strong>Sezione</strong><br />

<strong>di</strong> Chiavenna , abbiamo tenuto il corso<br />

<strong>di</strong> arrampicata. Nei mesi <strong>di</strong> settembre ed ottobre<br />

otto allievi hanno partecipato alle sei uscite:<br />

dalle pareti del Sasso <strong>di</strong> Remenno a quelle<br />

del Sasso Bianco; dalle placche <strong>di</strong> Bette alla<br />

cresta Sud del Balzetto; dal calcare grigio dello<br />

Zucco dell’Angelone ai dolomitici Torrioni Magnaghi<br />

in Grigna.<br />

La mano stringe le corde ed esercita su queste<br />

una leggera trazione in modo da poter avvertire<br />

il movimento dei compagni legati all’altro<br />

capo e, a quel punto, recuperare con forza.<br />

Lo sguardo invece è impegnato altrove: spazia<br />

su tutto l’anfiteatro dell’Albigna, dalla cresta<br />

dello Spazzacaldera, con la Fiamma ed il Dente<br />

che si stagliano evidenti giù in basso, verso<br />

ovest, sino alle Sciore, alle Cime del Ferro ed<br />

alla Cima <strong>di</strong> Zocca, per giungere infine al lungo<br />

spigolo occidentale del Pizzo Bacone. L’aria<br />

è tersa e fresca, mentre la montagna si tinge<br />

dei suoi colori più forti come solo nelle giornate<br />

<strong>di</strong> inizio autunno può capitare: il verde turchese<br />

del bacino artificiale, colmo fino all’orlo,<br />

il blu intenso del cielo, il bianco della prima<br />

neve sulla vedretta del Cantone, le sfumature<br />

dal grigio all’ocra della cresta sud del Pizzo<br />

Balzetto, su cui siamo impegnati seguendo<br />

la via <strong>di</strong> Walter Risch del 1922.<br />

Da un intaglio compare il volto sorridente<br />

<strong>di</strong> Pino che imme<strong>di</strong>atamente cerco <strong>di</strong> fissare<br />

sfruttando al meglio i quattromilioni <strong>di</strong> pixel<br />

della mia Olimpus. Alla sosta i nostri sguar<strong>di</strong> si<br />

incontrano per avvertire una comunione <strong>di</strong> sensazioni<br />

che le parole spesso banali e scontate<br />

da sole non riescono ad esprimere (bello eh!<br />

Eccezionale…).<br />

Dopo tre uscite in falesia passate ad impratichirsi<br />

con le manovre <strong>di</strong> corda e le tecniche<br />

fondamentali, è giunta l’ora <strong>di</strong> avviare gli allievi<br />

all’arrampicata in montagna, introducendo-<br />

li nell’ambiente eletto <strong>di</strong> questa attività. Che<br />

senso avrebbe imparare ad arrampicare e non<br />

salire in alta montagna! La salita ad una vetta<br />

alpina lungo un’estetica ed aerea cresta granitica<br />

consente ai nostri amici <strong>di</strong> ampliare gli<br />

orizzonti offerti da questa <strong>di</strong>sciplina scoprendo<br />

un campo <strong>di</strong> azione più ampio e affascinante.<br />

Anche quest’anno il gruppo degli allievi<br />

è variegato: dal neo pensionato, amante della<br />

montagna e alla ricerca <strong>di</strong> nuove esperienze,<br />

al giovane spinto dall’entusiasmo proprio<br />

dell’età e dal desiderio <strong>di</strong> migliorare per aspirare<br />

presto a mete più importanti.<br />

Sulla cima c’è il tempo per riposarci sod<strong>di</strong>sfatti,<br />

rifocillarci in modo frugale, consumare<br />

i soliti rituali, dalla retorica stretta <strong>di</strong> mano<br />

alla foto ricordo; e c’è anche il tempo per<br />

guardarsi intorno e lasciarsi prendere dai propri<br />

pensieri. Gli occhi percorrono rapi<strong>di</strong> creste,<br />

spigoli, pareti, soffermandosi talvolta su<br />

particolari, fessure, <strong>di</strong>edri, placche per in<strong>di</strong>viduare<br />

vie <strong>di</strong> salita e suscitare nuove fantasie,<br />

nuovi progetti, che ci spingeranno a misurarci<br />

ancora con la roccia, alimentando la nostra<br />

passione, consentendo al tempo stesso <strong>di</strong><br />

approfon<strong>di</strong>re la conoscenza <strong>di</strong> noi stessi e della<br />

montagna.<br />

Mi accorgo allora che mostrare no<strong>di</strong> e insegnare<br />

tecniche probabilmente non basta, o comunque<br />

è molto riduttivo.<br />

Si deve riuscire a trasmettere agli altri la nostalgia<br />

dei monti.<br />

6 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 7


Scialpinismo in<br />

CILE<br />

<strong>di</strong> Franco Scotti<br />

Il bambino che non gioca<br />

non è un bambino, ma<br />

l'adulto che non gioca<br />

ha perso per sempre il<br />

bambino che ha dentro<br />

<strong>di</strong> sé. (Pablo Neruda)<br />

Rinunciare quest’ anno alla<br />

consueta taragna con costine<br />

del giorno <strong>di</strong> ferragosto? Per la<br />

verità l’idea un po’ mi spiaceva.<br />

Mi capita, a volte, <strong>di</strong> essere<br />

in un luogo e voler essere in<br />

un altro, o <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carmi ad<br />

un’attività rammaricandomi<br />

<strong>di</strong> non poterne fare un’altra:<br />

sintomi preoccupanti derivati<br />

da ritmi <strong>di</strong> vita frenetici che<br />

spingono a sfruttare al meglio<br />

e al massimo il nostro limitato<br />

tempo libero.<br />

Questa volta il ferragosto<br />

l’abbiamo fatto “strano”, per<br />

<strong>di</strong>rla alla Verdone, affondando<br />

con gli sci in una spessa coltre<br />

<strong>di</strong> neve leggera e festeggiando<br />

con “Pisco sour” e zuppa <strong>di</strong><br />

frutti <strong>di</strong> mare.<br />

Sopra: sul bordo della<br />

“caldera” del Volcan<br />

Casablanca.<br />

Sotto: le Ande<br />

dall’aereo.<br />

Chiariamo subito cos’è il Pisco:<br />

è l’aperitivo, <strong>di</strong>ffuso in tutto<br />

il Sud America e purtroppo<br />

introvabile in Italia, a base<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>stillato <strong>di</strong> uva, succo <strong>di</strong><br />

limone, zucchero al velo e<br />

chiara d’uovo sbattuta: una<br />

delizia.<br />

Del Cile sapevo solo degli orrori<br />

<strong>di</strong> Pinocet, delle musiche degli<br />

Intillimani, della medaglia<br />

d’oro <strong>di</strong> Senoner ai mon<strong>di</strong>ali<br />

<strong>di</strong> sci <strong>di</strong> Portillo, ma nessuna<br />

notizia sulle montagne,<br />

nessuna cima rinomata.<br />

Lo stesso Aconcagua, la<br />

maggiore elevazione delle<br />

Americhe, pur <strong>di</strong>stando solo<br />

100 km in linea d’aria dalla<br />

capitale Santiago, è già in<br />

Argentina. Eppure questa<br />

stretta striscia <strong>di</strong> terra<br />

s’innalza nella catena delle<br />

Ande per 4300 km <strong>di</strong> vette<br />

misconosciute, degradanti da<br />

N a S, dal deserto subtropicale<br />

<strong>di</strong> Atacama fino alla Terra<br />

del Fuoco, con una varietà<br />

continua <strong>di</strong> ambiente e clima.<br />

In Agosto è pieno inverno<br />

australe e una regione che ben<br />

si presta allo sci alpinismo è<br />

l’Araucanìa, al confine della<br />

Patagonia settentrionale,<br />

8 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 9


con i suoi perfetti coni<br />

vulcanici, con quote sui 3000<br />

m, quasi tutti minacciosi<br />

e alcuni sempre attivi, che<br />

si specchiano in vasti laghi<br />

cristallini.<br />

La regione prende il nome<br />

dall’araucaria, magnifica pianta<br />

da noi ornamentale, che solo<br />

qui vegeta spontaneamente in<br />

lussureggianti foreste.<br />

I dati pluviometrici <strong>di</strong> questa<br />

zona sono preoccupanti: oltre<br />

2000 mm <strong>di</strong> precipitazioni<br />

annue concentrate nei mesi<br />

invernali. Queste assicurano<br />

l’innevamento, che in effetti<br />

era esagerato, con anche più<br />

<strong>di</strong> 3 metri al suolo a quote<br />

me<strong>di</strong>e, ma poco si conciliano<br />

con le vacanze. A noi è andata<br />

<strong>di</strong>scretamente bene, con soli<br />

3 giorni <strong>di</strong> maltempo continuo<br />

e le altre precipitazioni<br />

limitate alle ore notturne,<br />

che rinnovavano il manto<br />

con neve nuova. Polvere che<br />

però, inaspettatamente, sui<br />

coni dei vulcani si trasforma<br />

imme<strong>di</strong>atamente in compatta<br />

o firn, forse perché riscaldata<br />

dalla vicinanza del magma<br />

terrestre. Nei pressi delle<br />

vette questo fenomeno viene<br />

accentuato, con la formazione<br />

<strong>di</strong> cavolfiori <strong>di</strong> ghiaccio che<br />

impongono l’uso dei ramponi.<br />

In compenso ci si può scaldare<br />

le mani gelate dal vento sui<br />

cal<strong>di</strong> blocchi lavici delle vette.<br />

Quasi tutti i vulcani, alla<br />

base, sono serviti da modesti<br />

impianti <strong>di</strong> risalita, per lo più<br />

poco frequentati.<br />

In effetti per sciare, in Cile,<br />

prima ancora degli sci bisogna<br />

possedere un buon fuoristrada<br />

ben gommato per percorrere le<br />

interminabili piste innevate,<br />

sconnesse e strette al punto <strong>di</strong><br />

dover essere regolamentate a<br />

orario per la salita e la <strong>di</strong>scesa,<br />

per evitare gli impossibili<br />

incroci. Si rimane a <strong>di</strong>r poco<br />

stupiti nel trovare, dopo<br />

chilometri e chilometri <strong>di</strong><br />

foreste <strong>di</strong>sabitate, lussuosi<br />

alberghi a 5 stelle in stile<br />

alpino con piscina termale<br />

dove, spesso, eravamo gli unici<br />

e felici clienti.<br />

E sì, le terme! Dove ci sono<br />

vulcani l’acqua calda non manca<br />

mai, e qui sgorga abbondante<br />

un po’ dappertutto, per la gioia<br />

degli scialpinisti intirizziti dal<br />

vento patagonico.<br />

Il bilancio <strong>di</strong> questo viaggio<br />

in Cile si può riassumere così:<br />

16 giorni <strong>di</strong> viaggio, 25000<br />

km <strong>di</strong> aereo, 4000 Km col<br />

fuoristrada a noleggio, 7 cime<br />

salite, almeno 2 fallite per<br />

maltempo e, oltre i numeri, una<br />

natura ancora incontaminata,<br />

foreste impenetrabili con<br />

numerose specie arboree a<br />

noi sconosciute, gli enormi<br />

condor inaspettatamente facili<br />

da avvistare, i leoni marini<br />

del porto <strong>di</strong> Val<strong>di</strong>via, il caos<br />

urbanistico multicolore <strong>di</strong><br />

Valparaiso, il pesce prelibato<br />

e le cozze <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

esagerate, gli orgogliosi<br />

“Gaucho” a cavallo, i cani<br />

randagi (veri padroni del Cile),<br />

le costellazioni australi, la<br />

sensazione <strong>di</strong> essere sulla terra<br />

a testa in giù, con l’acqua del<br />

lavello che scarica vorticando<br />

in senso orario.”<br />

Resta molto ancora da vedere<br />

in questo lunghissimo paese e<br />

tanta è la voglia <strong>di</strong> tornare per<br />

scendere ancora più giù, oltre<br />

la fine della Panamericana.<br />

Ringrazio per l’ottima<br />

compagnia gli amici Renato,<br />

Pio e Danilo, autori delle<br />

immagini.<br />

Sopra a sinistra: sui<br />

pen<strong>di</strong>i del Volcan Antuco.<br />

Sopra: tramonto verso<br />

l'oceano pacifico dalle<br />

pen<strong>di</strong>ci del Volcan<br />

Villarica.<br />

A fianco: nuvola <strong>di</strong> gas<br />

tossici dal cratere del<br />

Villarica.<br />

Sotto: la foresta alle<br />

pen<strong>di</strong>ci del Casablanca.<br />

10 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 11


SOLO<br />

Come spesso accadeva nella<br />

seconda metà <strong>di</strong> agosto, un<br />

fronte freddo aveva investito<br />

le Alpi rovesciando una fitta<br />

pioggia sulle valli dolomitiche,<br />

imbiancando leggermente le<br />

vette più alte, esaurendosi poi<br />

rapidamente sospinto verso<br />

oriente da un forte vento, che<br />

annunciava il ritorno del bel<br />

tempo. Quel giorno non aveva<br />

partecipato all’escursione dei<br />

loro amici nella zona delle Tre<br />

Cime per via del lungo tragitto<br />

in auto e del clima piuttosto<br />

rigido che facevano temere per<br />

la resistenza del piccolo Joseph<br />

<strong>di</strong> allora due anni. Dalla finestra<br />

<strong>di</strong> casa il cielo appariva <strong>di</strong><br />

un intenso azzurro turchese,<br />

come in un quadro <strong>di</strong> Chagall;<br />

grosse nubi vaporose modellate<br />

dalle correnti in quota<br />

mutavano rapidamente forma<br />

scomparendo e affiorando da<br />

<strong>di</strong>etro le creste rocciose che<br />

incorniciavano l’orizzonte. Constatato<br />

il tempo buono, sentì<br />

crescere in lui uno strano stato<br />

<strong>di</strong> Gunter Gros<br />

<strong>di</strong> inquietu<strong>di</strong>ne per l’insistenza<br />

con la quale un’ idea si andava<br />

facendo strada nella sua mente.<br />

Sfogliando la guida cominciò<br />

a stu<strong>di</strong>are i tracciati delle vie<br />

immaginandosi impegnato<br />

ad arrampicare da solo sui<br />

passaggi raffigurati, concentrato<br />

sui movimenti, con il vuoto<br />

che prendeva corpo sotto i suoi<br />

pie<strong>di</strong> man mano che saliva.<br />

In breve quel pensiero si era<br />

interamente impadronito <strong>di</strong> lui,<br />

rafforzato da una determinazione<br />

e da una sicurezza nei propri<br />

mezzi che avvertiva in modo<br />

del tutto nuovo. La scelta<br />

cadde sullo spigolo nord-ovest<br />

della seconda torre che attirò<br />

la sua attenzione per l’eleganza<br />

delle linee e la compattezza<br />

della roccia.<br />

Si congedò dalla moglie <strong>di</strong>cendo<br />

che andava a fare un giretto,<br />

salì sull’auto e con trepidazione<br />

raggiunse il passo. In<br />

breve tempo si trovò all’attacco<br />

dello spigolo; mentre infilava<br />

l’imbragatura e si legava con<br />

la corda da 9 mm, lanciava<br />

rapide occhiate verso l’alto alla<br />

ricerca della via. Cominciò ad<br />

arrampicare in verticale su una<br />

roccia incre<strong>di</strong>bilmente solida<br />

ed appigliata con gesti sicuri,<br />

ma volutamente lenti e misurati,<br />

cercando <strong>di</strong> aumentare la<br />

pressione delle <strong>di</strong>ta sugli appigli<br />

alla ricerca <strong>di</strong> una maggiore<br />

sicurezza. La progressione era<br />

comunque veloce e la corda che<br />

fissata alla sua vita pendeva<br />

libera faceva sembrare quella<br />

salita simile a tante altre<br />

12 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 13


Nella pagina precedente: sulla<br />

Micheluzzi al Piz Ciavazes.<br />

fatte in cordata con Ruth. In<br />

poco tempo, senza incertezze,<br />

raggiunse il passaggio chiave<br />

costituito da un piccolo salto<br />

strapiombante che si ergeva<br />

da una stretta cengia, proprio<br />

sul filo dello spigolo. Con<br />

cautela cominciò a tastare la<br />

roccia sopra la sua testa sporgendosi<br />

con il busto in fuori,<br />

avvertendo subito crescere la<br />

percezione del vuoto amplificata<br />

dalle raffiche <strong>di</strong> vento che<br />

parevano <strong>di</strong>latare oltremodo<br />

quel centinaio <strong>di</strong> metri che lo<br />

separavano già dal ghiaione. Il<br />

primo tentativo si risolse con<br />

un passo in<strong>di</strong>etro, in quanto<br />

la presa per la mano destra<br />

non pareva dare al movimento<br />

la necessaria tranquillità. Si<br />

raccolse allora a riflettere con<br />

i pie<strong>di</strong> appoggiati <strong>di</strong> nuovo<br />

sulla cengia nell’intento <strong>di</strong><br />

trovare una maggiore convinzione;<br />

scrutando accuratamente<br />

la roccia soprastante alla<br />

ricerca della giusta sequenza<br />

per superare il passaggio,<br />

soluzioni <strong>di</strong>verse iniziarono ad<br />

affollare la sua mente. Affiorò<br />

anche l’ipotesi <strong>di</strong> un ritorno in<br />

arrampicata oppure in doppia,<br />

ma la determinazione <strong>di</strong> quel<br />

giorno prese nuovamente il<br />

sopravvento e si convinse che<br />

potesse essere sufficiente infilare<br />

la corda chiusa ad anello<br />

nei due chio<strong>di</strong> infissi in quel<br />

tratto. Con questa sicurezza<br />

improvvisata si rialzò nuovamente<br />

sullo strapiombo e con<br />

maggiore decisione strinse ancora<br />

quell’appiglio e si sollevò<br />

oltre il bordo aggettante del<br />

A destra: le Cinque Dita.<br />

Nella pagina a fronte: in arrampicata<br />

sulla Micheluzzi.<br />

salto <strong>di</strong> roccia, dove delle prese<br />

migliori gli consentirono <strong>di</strong><br />

ristabilirsi e recuperare la corda.<br />

Lo spigolo ora proseguiva<br />

con una placca grigia, ruvida e<br />

compatta, ma meno verticale,<br />

che secondo la relazione doveva<br />

essere superata sulla destra;<br />

subito al <strong>di</strong> sopra una lunga<br />

serie <strong>di</strong> fessure si stagliavano<br />

ben evidenti a fianco del<br />

sottile pilastro, in<strong>di</strong>cando una<br />

linea ideale <strong>di</strong> salita. Traversò<br />

però troppo presto, trovandosi<br />

fuori via; una sequenza <strong>di</strong><br />

piccole reglette e <strong>di</strong> appoggi<br />

in aderenza lo riportarono sul<br />

giusto tracciato, anche se con<br />

<strong>di</strong>fficoltà superiori.<br />

Non era la prima volta che<br />

arrampicava slegato, anche<br />

se da un po’ <strong>di</strong> anni aveva<br />

abbandonato quella pratica;<br />

l’esperienza ed una certa abitu<strong>di</strong>ne<br />

risalivano agli anni in cui<br />

da ragazzo aveva cominciato<br />

ad arrampicare. In quell’epoca,<br />

nella seconda metà degli anni<br />

settanta, era <strong>di</strong>ffuso rischiare<br />

la caduta da massi anche <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>screta altezza e salire senza<br />

corda tratti <strong>di</strong> 30/40 metri;<br />

la progressione dava allora<br />

un grande senso <strong>di</strong> libertà nei<br />

movimenti e amplificava la<br />

percezione delle sensazioni per<br />

la maggior concentrazione sul<br />

gesto e la componente adrenalinica<br />

dell’arrampicata.<br />

La gratuità della pratica<br />

derivante dall’altissimo rischio<br />

trovava una ragione solo nella<br />

leggerezza e nell’incoscienza<br />

della giovane età.<br />

Le avventure sulle rocce che<br />

avevano affascinato la sua mente<br />

<strong>di</strong> adolescente ed il coinvolgimento<br />

con cui aveva vissuto<br />

la passione per la montagna in<br />

quegli anni ne avevano senza<br />

dubbio segnato la persona. Il<br />

risveglio, avvenuto quel giorno,<br />

<strong>di</strong> quell’insano e prorompente<br />

bisogno, meritava comun-<br />

que un’attenta riflessione. Le<br />

bellissime fessure-<strong>di</strong>edro, che<br />

incidevano lo spigolo nella<br />

sua metà superiore, furono<br />

salite senza più interruzioni <strong>di</strong><br />

continuità con una piacevole<br />

arrampicata, sempre molto<br />

aerea, sino in cima.<br />

L’incertezza affiorata sotto lo<br />

strapiombo, l’impegno richiesto<br />

dal <strong>di</strong>fficile tratto fuori via e il<br />

piacere con cui aveva superato<br />

l’ultima parte <strong>di</strong> salita<br />

gli procuravano ora uno stato<br />

<strong>di</strong> profonda sod<strong>di</strong>sfazione,<br />

non paragonabile a quello <strong>di</strong><br />

tante altre esperienze vissute<br />

in montagna. Dopo essersi<br />

trattenuto per pochi minuti<br />

seduto sulle rocce della vetta,<br />

preso da questi pensieri, legata<br />

la corda sulle spalle ri<strong>di</strong>scese<br />

veloce lungo la via normale che<br />

già conosceva per precedenti<br />

salite. Al ritorno non riferì<br />

nulla. Sentiva che non poteva<br />

con<strong>di</strong>videre quella esperienza<br />

con chi gli era vicino senza<br />

incorrere in una inevitabile incomprensione,<br />

o meglio temeva<br />

<strong>di</strong> dover fare i conti con quello<br />

che riteneva il lato oscuro <strong>di</strong><br />

quell’esperienza, un senso <strong>di</strong><br />

colpa per aver in qualche modo<br />

eluso le proprie responsabilità<br />

familiari.<br />

Aveva ingaggiato un confronto<br />

con la parete e giocato sulla<br />

capacità <strong>di</strong> dominare la paura;<br />

la fiducia nelle proprie forze e<br />

la sicurezza raggiunta su quel<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà avevano concorso<br />

ad accrescere l’emozione<br />

provata. Era consapevole che<br />

prestarsi ad un tale rischio<br />

aveva posto la sua passione e<br />

se stesso al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> qualsiasi<br />

cosa.<br />

Trovava, comunque, una giustificazione<br />

in quel particolare<br />

stato mentale <strong>di</strong> cui si era<br />

sentito letteralmente preda,<br />

una specie <strong>di</strong> raptus, un desiderio<br />

che si era impadronito<br />

<strong>di</strong> lui; e per il modo in cui si<br />

era manifestato provava ora<br />

inquietu<strong>di</strong>ne.<br />

La riappacificazione finale con<br />

se stesso fu raggiunta solo con<br />

la forte consapevolezza che<br />

quell’avventura era da ritenersi<br />

del tutto unica ed irripetibile.<br />

Non avrebbe mai più avuto<br />

seguito.<br />

Gli capita ancora, però, alla<br />

fine <strong>di</strong> una giornata <strong>di</strong> lavoro<br />

o in momenti <strong>di</strong> stanchezza,<br />

<strong>di</strong> rilassarsi, abbandonandosi<br />

alla nostalgia dei monti<br />

palli<strong>di</strong>. Ripensa allora a quella<br />

giornata; con la mente corre <strong>di</strong><br />

nuovo su quello spigolo aereo,<br />

rivive il piacere dell’arrampicata<br />

fluida su quel calcare solido,<br />

sent l’emozione del vuoto e<br />

il sibilo forte del vento che<br />

avevano accompagnato quella<br />

salita. Dentro <strong>di</strong> lui conserva<br />

sempre viva quell’emozione che<br />

la montagna non gli potrà mai<br />

più dare.<br />

14 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 15


Ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un<br />

Pedalatore<br />

<strong>di</strong>Montagne<br />

Sopra: la strada<br />

che sale al Passo<br />

dello Spluga.<br />

Nella pagina a<br />

fronte: un passo<br />

himalayano ad<br />

oltre 5000 m.<br />

In questo inizio d’estate del<br />

2026, mi trovo a risalire in<br />

bicicletta la Valle Spluga fino al<br />

Passo, forse per l’ultima volta.<br />

I ricor<strong>di</strong>, mentre inizio la salita,<br />

seguono il mio perpetuo pedalare<br />

e peregrinano alle tante<br />

volte che ho percorso le strade<br />

in qualche parte del mondo per<br />

raggiungere un passo, attraversare<br />

un altopiano, per saper cosa<br />

c’era oltre il villaggio dopo un<br />

crinale coltivato a terrazzi, oltre<br />

i fianchi selvaggi <strong>di</strong> una vallata.<br />

Dopo Bette il mio ansimare è<br />

meno affannoso, mentre le gam-<br />

<strong>di</strong> Ezio Abate<br />

Due buone gambe, fia-<br />

to da vendere per poter<br />

avere ragione delle strade<br />

più impervie e tanta vo-<br />

glia <strong>di</strong> girare il mondo in<br />

sella alla propria biciclet-<br />

ta come un novello inter-<br />

prete dell’epopea “on the<br />

road”<br />

be libere mulinano sui pedali, mi<br />

volgo in<strong>di</strong>etro guardando verso<br />

la piana fluviale della Mera e la<br />

memoria...<br />

Mentre salgo verso lo Shandur<br />

Pass, un poco pedalando e<br />

un poco spingendo a mano la<br />

bicicletta, talvolta mi fermo<br />

sul ciglio della strada sterrata<br />

per prendere fiato e cerco una<br />

grossa pietra per sedermi. Sono<br />

oltre i 3000 metri <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne<br />

e osservo, dal limite <strong>di</strong> una<br />

scarpata, da un poggio solitario<br />

tutto mio, solo per i miei<br />

occhi profani e curiosi, sotto <strong>di</strong><br />

16 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 17


me gli ultimi campi coltivati ad<br />

orzo, a patate e altri a segale,<br />

campi <strong>di</strong>visi da sottili muri<br />

a secco e tutti accortamente<br />

irrigati da piccoli ruscelli<br />

ombreggiati da salici spontanei.<br />

Ognuno <strong>di</strong> questi piccoli<br />

ritagli <strong>di</strong> terra dalla forma<br />

rettangolare è una sfumatura<br />

continua dal verde al giallo, dal<br />

marrone all’ocra, come colpi<br />

precisi e pazienti <strong>di</strong> pennelli<br />

sudati, poi il vento accarezzandoli<br />

e piegandone le punte<br />

erbose ne esalta i chiaroscuri,<br />

mentre l’ombra delle nuvole<br />

ne accentua la vivacità delle<br />

tinte. Ogni tanto quel quadro<br />

naturale, ritoccato con perizia<br />

da accorte braccia umane, è<br />

interrotto da case basse dal<br />

tetto piatto tinto <strong>di</strong> bruno<br />

dalle albicocche messe ad essiccare,<br />

da coloriture spiccate<br />

<strong>di</strong> rosso, blu e verde dei panni<br />

stesi in cerca <strong>di</strong> ra<strong>di</strong> e cal<strong>di</strong><br />

raggi imalaiani o della brezza<br />

tiepida, pigra e secca che risale<br />

dalle lontane <strong>di</strong>stese del Punjab.<br />

Ascendono dal villaggio le<br />

grida dei giochi puri <strong>di</strong> bimbi,<br />

i richiami ripetuti e intimi <strong>di</strong><br />

giovani madri, i fischi acuti<br />

e prolungati <strong>di</strong> pastori vigili.<br />

Intanto il mio respiro ora è regolare.<br />

Attorno mi compiaccio<br />

del belvedere <strong>di</strong> vette aguzze<br />

ed innevate, <strong>di</strong> nubi veloci che<br />

ombreggiano le pareti verticali<br />

e compatte, cumuli che danno<br />

sollievo all’arsura pomeri<strong>di</strong>ana.<br />

E’ silenzio. Riesco a percepire<br />

dentro <strong>di</strong> me il battito sempre<br />

meno tormentato del mio<br />

cuore, mi trovo a pedalare tra<br />

le montagne dell’Hindu Kush<br />

nel nord-ovest del Pakistan. Il<br />

passo è ancora lontano, quanti<br />

colpi <strong>di</strong> pedale; quante volte<br />

mi fermerò ancora a cercare<br />

il mio respiro, quante volte a<br />

<strong>di</strong>ssetarmi presso una valletta;<br />

quante volte a mirare le<br />

montagne e la vita quoti<strong>di</strong>ana<br />

breve, intensa e rispettosa che<br />

vive lungo le pen<strong>di</strong>ci millenarie….<br />

E ho già superato il paese <strong>di</strong><br />

San Giacomo Filippo. Lungo<br />

la strada, oltre i muri a secco<br />

<strong>di</strong> contenimento, tra cespugli<br />

bassi e freschi arbusti, noto il<br />

rosso delle fragoline selvatiche,<br />

mi fermo restando in sella,<br />

allungo le mie mani rugose e<br />

anziane, assaporo il gusto <strong>di</strong><br />

quei piccoli frutti selvatici; poi<br />

riprendo con saggia regolarità.<br />

Giungo nei pressi del Santuario<br />

<strong>di</strong> Gallivaggio, poi il ponte in<br />

ferro. Dopo Campodolcino sto<br />

risalendo i tornanti che portano<br />

a Pianazzo, la strada è ombreggiata<br />

e silenziosa, passano<br />

poche macchine da queste parti,<br />

A sinistra: sull’altopiano<br />

tibetano in bicicletta,<br />

il tratto che porta al<br />

Rongbuk.<br />

A destra: al passo<br />

Shandur.<br />

Sotto: la strada che<br />

sale al Passo dello<br />

Spluga nei pressi <strong>di</strong><br />

Pianazzo.<br />

18 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 19


solo chi vuole vedere la cascata<br />

oppure provare un brivido nel<br />

risalire questa stra<strong>di</strong>na ricavata<br />

nella roccia. Delle nuvole hanno<br />

appena lasciato la loro orma<br />

dolce e muta sul Pian dei Cavalli,<br />

ora sembrano voler alleggerire<br />

il loro fardello umido. Mi riparo<br />

sotto una galleria e appoggio la<br />

bici alla roccia. Al sicuro dall’improvviso<br />

scroscio, osservo le<br />

gocce bagnare l’asfalto vecchio;<br />

si crea del vapore ballerino e,<br />

sorpreso dal picchiettio, lascio <strong>di</strong><br />

nuovo viaggiare i miei ricor<strong>di</strong> tra<br />

le montagne …<br />

Ho appena superato il Lowari<br />

Pass, a poco più <strong>di</strong> tremila<br />

metri, mancano ancora una<br />

cinquantina <strong>di</strong> chilometri per<br />

giungere a Chitral nella parte<br />

più nord occidentale del Paki-<br />

stan, a poche miglia in linea<br />

d’aria dall’Afghanistan. La <strong>di</strong>scesa<br />

percorre una gola stretta,<br />

le due pareti delle montagne<br />

sembrano lambirsi, sfiorarsi<br />

quasi toccarsi. E’ pomeriggio,<br />

su per le cime tuona, le prime<br />

gocce pesanti imperlano l’asfalto.<br />

Decido <strong>di</strong> ripararmi sotto<br />

una roccia sporgente, sono in<br />

compagnia <strong>di</strong> alcuni giovani<br />

pastori pakistani. Piove turbinosamente,<br />

i tuoni si susseguono<br />

a pochi secon<strong>di</strong> e dalla<br />

roccia cominciano a venir giù<br />

delle piccole cascate d’acqua.<br />

Lascio quello scudo ormai incerto,<br />

la strada benché bagnata<br />

e piena <strong>di</strong> rivoli mi sembra più<br />

sicura. All’improvviso sulla mia<br />

destra, dal crinale in mezzo a<br />

quella che poteva essere fino a<br />

qualche ora prima una valletta<br />

asciutta, scende vorticosamente<br />

un torrente. Comprendo che<br />

ho pochi attimi per sfuggire<br />

all’impetuosità <strong>di</strong> quell’acqua.<br />

Faccio girare a tutta i pedali,<br />

mentre quel torrente minaccioso<br />

mi potrebbe tagliare<br />

la strada. Pedalo più forte;<br />

sono attimi <strong>di</strong> tensione. Ecco<br />

oltrepasso il punto presunto<br />

dell’impatto; due, tre, quattro,<br />

<strong>di</strong>eci metri, mi volto e il salto<br />

del torrente invade la strada<br />

portando con sé terriccio, sassi<br />

e poi <strong>di</strong> nuovo fa un rimbalzo<br />

nel vuoto al <strong>di</strong> sotto della<br />

strada. Ho scampato la minaccia,<br />

se fossi stato investito<br />

dall’acqua non riesco a immaginare<br />

la fine. Non ho tempo <strong>di</strong><br />

realizzare perché devo condurre<br />

A sinistra: al Campo Base<br />

nord dell’Everest (m 5200).<br />

A destra: il lago dello<br />

Spluga.<br />

Sotto: in cima al La Lungla<br />

(m 5120), sullo sfondo il<br />

Shishapangma (Tibet).<br />

20 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 21


la bicicletta in <strong>di</strong>scesa libera<br />

con attenzione per non cadere,<br />

evitare i rigagnoli e non finire<br />

con una sbandata nella scarpata.<br />

Dopo una curva la strada<br />

finisce nel greto <strong>di</strong> un fiume.<br />

Sono fermo, osservo il <strong>di</strong>scendere<br />

aggressivo dell’acqua che<br />

sembra aumentare. Dall’altra<br />

parte sta un pakistano che mi<br />

fa segno <strong>di</strong> venire avanti. Ma la<br />

corrente sembra troppo forte.<br />

Lui allora entra nel turbinio e<br />

mi raggiunge, assieme solleviamo<br />

la bicicletta con il carico <strong>di</strong><br />

borse, entrambi con l’acqua fino<br />

alle ginocchia avanziamo nel<br />

mezzo del fiume. Sento i sassi<br />

battere i miei polpacci, ma non<br />

ho tempo per il dolore; sono<br />

momenti surreali, un musulmano<br />

aiuta un cristiano a portare<br />

la sua bicicletta tra le acque<br />

impetuose, attimi <strong>di</strong> affanno,<br />

incrociamo gli sguar<strong>di</strong> e siamo<br />

sull’asfaltata. Il pakistano mi<br />

in<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> risalire il sentiero e<br />

raggiungere un capanno. Quando<br />

sono al riparo in compagnia<br />

della bicicletta e <strong>di</strong> altri uomi-<br />

ni, noto che il torrente appena<br />

guadato ha invaso completamente<br />

la strada portando grossi<br />

massi che l’uomo che mi ha<br />

aiutato tenta a forza <strong>di</strong> braccia<br />

<strong>di</strong> far rotolare giù per il declivio.<br />

Mentre i tuoni si stanno<br />

allontanando e il sole tenta <strong>di</strong><br />

far breccia tra le ultime gocce,<br />

il mio amico pakistano, con i<br />

pantaloni pieni <strong>di</strong> fango, tra i<br />

massi e detriti, mi fa cenno <strong>di</strong><br />

andare…<br />

Allungo la mano fuori dalla<br />

galleria per sentire la consistenza<br />

della pioggia e capisco che<br />

sta cessando. Salgo in sella,<br />

riprendo a risalire gli stretti e<br />

brevi tornanti, supero l’abitato<br />

eremita <strong>di</strong> Pianazzo, la lunga<br />

galleria sotto gli Andossi. La<br />

mia lentezza nel salire mi lascia<br />

contemplare il paesaggio alpino<br />

vivace, carico e intenso dopo un<br />

temporale e ...<br />

La notte non sembra finire,<br />

apro la tenda per sbirciare la<br />

montagna più alta del mondo,<br />

dorme anche lei tra nuvole<br />

d’ovatta e taciturne. Il mattino<br />

mi avvio sicuro incurante<br />

dell’aria gelida che vezzeggia<br />

il mio viso abbronzato. Lucia<br />

sceglie <strong>di</strong> proseguire a pie<strong>di</strong>.<br />

Dopo due chilometri la pista è<br />

interrotta dal torrente, risalgo<br />

a sinistra un fresco sentiero<br />

e poi per una dolce <strong>di</strong>scesa<br />

riprendo la pista naturale. Mi<br />

fermo ogni tanto a respirare,<br />

a quietare il mio boccheggiare<br />

e guardo avanti, l’Everest è lì<br />

ancora avvolto dal suo drappo<br />

naturale <strong>di</strong> nubi monsoniche.<br />

Percorro dei tornanti tra le<br />

pietre insi<strong>di</strong>ose, raggiungo un<br />

ampio pianoro antistante il<br />

campo base, seguo le tracce<br />

lasciate da precedenti jeep, oltrepasso<br />

un piccolo acquitrino,<br />

del fango, delle pozzanghere<br />

ghiacciate, orgoglioso lascio<br />

degli in<strong>di</strong>zi con il battistrada<br />

della mia mountainbike a<br />

testimonianza del mio passaggio.<br />

Adesso, sentendo la meta<br />

vicina, non faccio fatica, ma<br />

attento guardo dove passano<br />

le ruote. Alcuni yaks al pascolo<br />

cercano tra le pietre millenarie<br />

un ciuffo d’erba, ma è silenzio<br />

intorno, un raggio <strong>di</strong> sole e<br />

l’Everest sembra aprirsi. A sinistra<br />

dei fazzoletti <strong>di</strong> preghiere<br />

appesi a canne, supero un altro<br />

grosso mucchio <strong>di</strong> pietre, sono<br />

al campo base. Davanti ho<br />

l’ammasso morenico terminale<br />

del ghiacciaio. Non c’è una<br />

tenda, nessuno, l’immobilità<br />

himalayana. Mi volto in<strong>di</strong>etro,<br />

un puntino si muove con la sua<br />

berretta gialla, Lucia. Mi siedo,<br />

taciturno aspetto, come all’interno<br />

<strong>di</strong> un grande teatro, che<br />

il sipario si apra. Il cuore ritma<br />

forte. Lucia mi raggiunge, mi<br />

stringe la mano. Ora l’Everest<br />

sovrano appare con tutta la sua<br />

piramidale magnificenza. Un<br />

sogno infantile si è avverato…<br />

Sono al passo Spluga, un<br />

cippo ne in<strong>di</strong>ca l’altezza, è già<br />

pomeriggio inoltrato. Dalla<br />

tasca posteriore tolgo il mio<br />

window-pocket, leggo sul <strong>di</strong>splay<br />

il messaggio del mio nipotino:<br />

“Nonno, la prossima volta,<br />

porta anche me tra le montagne<br />

in bicicletta.” Da casa, con il<br />

suo fusionglassvideo, grazie al<br />

satellite, ha potuto seguire tutta<br />

la mia salita quasi mi fosse<br />

a fianco, ha potuto registrare<br />

le pulsazioni del mio cuore,<br />

calcolare quante calorie ho<br />

consumato, avere i dati metro<br />

per metro della salita, registrare<br />

gli odori e i profumi, comunque<br />

il suo personal windowpocket <strong>di</strong><br />

ultima generazione non riesce<br />

a riprodurre le mie sensazioni,<br />

i miei sogni e i miei ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

pedalatore <strong>di</strong> montagne.<br />

Mi siedo su un masso caldo, per<br />

alcuni attimi socchiudo gli occhi<br />

e ritrovo come tante immagini in<br />

<strong>di</strong>ssolvenza le gran<strong>di</strong> montagne:<br />

l’Everest, il Lhotse, il Maka-lu,<br />

il Cho Oyu, il Shisha Pangma,<br />

il Nanga Parbat. Sono al loro<br />

cospetto in bicicletta. Poi mi<br />

risveglio da quel breve torpore<br />

da pedalatore himalayano e mi<br />

compiaccio della vista nitida del<br />

Pizzo Tambò, del Suretta, del<br />

Ferrè, dell’Emet, dello Stella, del<br />

Quadro …<br />

Ezio Abate<br />

in bicicletta<br />

Estate 1991<br />

Pakistan, Karakoram Highway: da Rawalpin<strong>di</strong><br />

a Kashgar (Cina, Sinkiang)<br />

Estate 1992<br />

Tibet (Cina): da Lhasa, Rongbuk e Campo<br />

Base North Face Everest, Kathmandu (Nepal)<br />

Estate 1993<br />

In<strong>di</strong>a Himalaiana: da Manali a Leh (Ladakh)<br />

Estate 1994<br />

Islanda: Tour dell’Islanda, costa sud, deserto e<br />

parte settentrionale, Reykjavik<br />

Estate 1995:<br />

Tour d’Albania<br />

Estate 1996:<br />

I Paesi Baltici: giro della Lituania<br />

Estate 1997<br />

Progetto Alpinbici ’97: dalle Alpi Marittime<br />

alle Lepontine<br />

Estate 1998<br />

Progetto Alpinbici ’98: Croazia e Slovenia<br />

Estate 1999<br />

Progetto Alpinbici ‘99 : Alpi Centrali svizzere,<br />

Cantoni Ticino e Grigioni, Valtellina.<br />

Estate 2000<br />

In<strong>di</strong>a Himalaiana: Himachal Pradesh, Kinnaur,<br />

Spiti Valley, da Shimla per Manali, Man<strong>di</strong> fino<br />

a Dharamsala<br />

Estate 2001<br />

Nord Pakistan: da Rawalpin<strong>di</strong> nel Chitral,<br />

viaggio nell’Hindu Kush, per lo Shandur Pass<br />

fino a Gilgit<br />

Estate 2002<br />

Kirzighistan Tour: Bishkek, Montagne Centrali,<br />

Chaek, Tour del Lago Issyk-Kul, Bishkek<br />

Estate 2003<br />

Kazakistan-Sinkinag cinese Tour: Almata,<br />

Yinning, Urumqi<br />

Estate 2004<br />

In<strong>di</strong>a Himalaiana: Uttar Pradesh, Rishikesh -<br />

Badrinath, Missoorie, Dehra dun, Rishikesh<br />

Estate 2005<br />

In<strong>di</strong>a Himalaiana: Uttar Pradesh, Rishikesh,<br />

Uttarkashi, Gangotr, Barkot, Yamunotri,<br />

Missourie, Rishikesh<br />

Estate 2006<br />

In<strong>di</strong>a Himalaiana: Kinnaur Tou, Nainata, Thal,<br />

Pithoragarh, Haldwani , Bhowali, Nainatal<br />

22 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 23


<strong>di</strong><br />

La Leggenda<br />

Scermendone<br />

e dei<br />

Corni Bruciati<br />

Sembrava una sera <strong>di</strong> fine<br />

luglio come tante alla casera <strong>di</strong><br />

Pian <strong>di</strong> Spini, poco sotto il lago<br />

<strong>di</strong> Scermendone.<br />

Per i pastori volgeva al termine<br />

il duro lavoro <strong>di</strong> una giornata<br />

non <strong>di</strong>versa, nell’inesorabile<br />

riprodursi <strong>di</strong> una fatica senza<br />

speranza e sempre uguale a se<br />

stessa, dalle molte altre che<br />

l’avevano preceduta né <strong>di</strong>versa<br />

da quelle che l’avrebbero<br />

seguita. Per lo meno, così essi<br />

pensavano.<br />

Al <strong>di</strong>uturno travaglio che<br />

segnava come una male<strong>di</strong>zione<br />

biblica la vita <strong>di</strong> quei montanari<br />

faceva da sfondo e da stridente<br />

contrasto uno scenario<br />

<strong>di</strong> Vittorio Poletti<br />

Questa, che mi sono sforzato <strong>di</strong> mettere<br />

insieme alla meno peggio, vuol essere<br />

un po’ la sinossi delle varie versioni, più<br />

o meno autorevolmente accre<strong>di</strong>tate,<br />

<strong>di</strong> quella che i cultori, recenti e non, <strong>di</strong><br />

memorie locali insistono nel chiamare<br />

“la leggenda <strong>di</strong> Scermendone e dei<br />

Corni Bruciati”.<br />

incantato. Un cielo limpi<strong>di</strong>ssimo<br />

trascolorava lentamente<br />

dall’azzurro pomeri<strong>di</strong>ano al<br />

violetto e all’indaco del vespero,<br />

solcato da poche benevole<br />

nuvolette che veleggiavano<br />

rossastre verso la Bergamasca,<br />

messaggere <strong>di</strong> altre giornate <strong>di</strong><br />

bel tempo. Il profilo frastagliato<br />

delle creste rocciose e<br />

il contorno arrotondato dei<br />

dossi erbosi formavano una<br />

sorta <strong>di</strong> anfiteatro attorno alla<br />

verdeggiante <strong>di</strong>stesa che, in un<br />

morbido declivio interrotto qua<br />

e là da cenge e da burroncelli,<br />

degradava dai magri lembi <strong>di</strong><br />

pascolo intorno alle bocchette<br />

giù giù sino al torboso ripiano<br />

<strong>di</strong> Scermendone Basso, dove<br />

il solco della Val Terzana sembrava<br />

ristare prima <strong>di</strong> tuffarsi<br />

bruscamente verso l’Alpe <strong>di</strong><br />

Sasso Bisolo.<br />

I raggi obliqui <strong>di</strong> un sole ormai<br />

prossimo a nascondersi <strong>di</strong>etro<br />

la dentellata giogaia <strong>di</strong>stesa<br />

tra il Ligoncio e il Passo <strong>di</strong><br />

Primalpia traevano ombre sempre<br />

più lunghe dai mille rilievi<br />

del terreno e sembravano dar<br />

fuoco alla ragnatela <strong>di</strong> ruscelli<br />

che s’intersecavano sui pendìi<br />

e alle pozzanghere in cui essi<br />

qua e là si adagiavano. La mole<br />

massiccia del Desenigo, la piramide<br />

del Torrione <strong>di</strong> Bering e i<br />

due gendarmi che la fiancheg-<br />

24 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 25


giavano, ormai in ombra, dominavano<br />

l’ampio circo superiore<br />

della Valle Spluga, chiudendo<br />

la vista verso sera.<br />

Ma per quel brandello <strong>di</strong> umanità<br />

tribolata l’i<strong>di</strong>llio bucolico<br />

<strong>di</strong> un tramonto estivo era uno<br />

spettacolo visto ormai troppe<br />

volte per toccare i registri<br />

del meraviglioso, quando non<br />

del poetico; né le più sublimi<br />

manifestazioni della natura<br />

potevano essere un balsamo<br />

sufficiente a lenire la pena<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente legata a una<br />

quoti<strong>di</strong>ana profusione <strong>di</strong> inenarrabili<br />

sforzi cui non toccava<br />

in premio nulla più che una<br />

stentata e precaria sopravvivenza.<br />

Sparse sui greppi a mezzodì<br />

della casera, brucavano avidamente<br />

le capre quelle corolle<br />

spinose alla cui abbondanza<br />

la località deve il proprio<br />

nome; e le mucche appena<br />

munte ruminavano nel bàrich,<br />

il vasto spiazzo vicino alle<br />

baite delimitato da un muretto<br />

<strong>di</strong> pietrame, mentre il casaro<br />

si affaccendava intorno alla<br />

fumante caldaia del latte.<br />

I giovani garzoni, i cascìn,<br />

attendevano alle loro umili<br />

mansioni con uno zelo e una<br />

serietà quasi innaturali per degli<br />

adolescenti; ma prorompeva<br />

a tratti l’esuberanza dell’età<br />

loro in fanciullesche burle, in<br />

trastulli chiassosi. Risuonavano<br />

allora irosi i rimbrotti del cargamùnt,<br />

il caricatore dell’alpe,<br />

che pareva sempre vedere,<br />

ovunque non fossero solo<br />

mutria e facce malmostose, un<br />

tacito rimprovero alla sua arida<br />

e perenne tetraggine.<br />

Suo fratello, un giovane<br />

dall’aspetto mite e gentile,<br />

sapeva benissimo quanto fosse<br />

vano anche solo tentare <strong>di</strong><br />

porre argine a quelle rabbiose<br />

sortite; se ne stava quin<strong>di</strong> in<br />

<strong>di</strong>sparte, vicino al casaro, aiutandolo<br />

nelle fasi più critiche<br />

del suo delicato lavoro. E fu<br />

proprio lui a notare, alzando<br />

gli occhi dopo aver spostato<br />

un pesante ceppo <strong>di</strong> larice,<br />

la figura umana che con passi<br />

malfermi <strong>di</strong>scendeva il sentiero<br />

proveniente dalla Bocchetta <strong>di</strong><br />

Scermendone.<br />

Chi poteva essere? Difficile<br />

anche solo immaginarlo. A<br />

frequentare quel malagevole<br />

viottolo erano infatti unicamente<br />

i pastori dell’alpeggio<br />

e i cacciatori; e i primi erano<br />

tutti lì, intorno alla casera,<br />

mentre i secon<strong>di</strong> non si<br />

vedevano su quei monti che ad<br />

autunno inoltrato. Quanto ai<br />

contrabban<strong>di</strong>eri e ai bracconieri,<br />

che erano notoriamente<br />

una presenza tutt’altro che<br />

rara in quelle remote contrade,<br />

si sapeva quanta scrupolosa<br />

cura essi ponessero nel non<br />

lasciarsi scorgere da nessuno,<br />

fosse pure da lontano.<br />

Mentre il giovane pastore così<br />

andava almanaccando tra sé,<br />

anche gli altri si erano accorti<br />

dell’inattesa apparizione ed<br />

ipotesi e congetture avevano<br />

preso ad intrecciarsi, rimbalzando<br />

da una bocca all’altra.<br />

Per sod<strong>di</strong>sfare la curiosità<br />

generale bisognò tuttavia<br />

aspettare a lungo, perché il<br />

misterioso viandante procede-<br />

A sinistra: sospesi tra la<br />

Valtellina e la Valle <strong>di</strong> Sasso<br />

Bisolo, in cammino sulla<br />

dorsale <strong>di</strong> Scermendone,<br />

sullo sfondo il Ligoncio.<br />

Sotto: la chiesetta <strong>di</strong> San<br />

Quirico e, sullo sfondo, innevato,<br />

il Monte Disgrazia<br />

e i Corni Bruciati.<br />

26 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 27


va ad una andatura visibilmente<br />

appesantita da pena e stanchezza,<br />

ed era ormai buio quando<br />

raggiunse infine il breve spiazzo<br />

antistante le baite.<br />

Si rivelò per un vecchio sporco e<br />

cencioso, che nelle vesti lacere<br />

e nei tratti scavati del volto<br />

portava tutti i segni della fame,<br />

della miseria e della fatica: una<br />

vista che non poteva lasciare<br />

in<strong>di</strong>fferenti nemmeno quegli<br />

alpigiani che pure non conoscevano<br />

né agi né abbondanza. Con<br />

la voce rotta ed esitante <strong>di</strong> chi<br />

ha il pudore <strong>di</strong> mostrare il proprio<br />

bisogno, il vecchio chiese<br />

del latte e un giaciglio per la<br />

notte: il calare dell’oscurità gli<br />

impe<strong>di</strong>va, spiegò, <strong>di</strong> giungere<br />

per quel giorno ad Ardenno,<br />

dove era <strong>di</strong>retto.<br />

Il cargamùnt non lo lasciò<br />

neppure finire <strong>di</strong> parlare. Alcune<br />

parole che uscirono da una gola<br />

strozzata dall’ira e dal livore<br />

andarono perse nella foga e<br />

nella concitazione, ma il senso<br />

<strong>di</strong> quella serqua <strong>di</strong> improperi<br />

sottolineato, ancora che non<br />

ve ne fosse il bisogno, da un<br />

minaccioso mulinar <strong>di</strong> braccia,<br />

da un volto minaccioso e da uno<br />

sguardo malevolo, fu comunque<br />

chiarissimo: lì non c’erano né<br />

latte né alloggio per lazzaroni<br />

e vagabon<strong>di</strong> e l’indesiderato<br />

ospite, se non preferiva togliersi<br />

subito <strong>di</strong> torno, poteva al<br />

massimo <strong>di</strong>videre la cena con i<br />

maiali e il ricovero notturno con<br />

le capre.<br />

Questa amorevole risposta non<br />

stupì nessuno degli astanti,<br />

non nuovi a simili manifestazioni<br />

<strong>di</strong> carità cristiana da<br />

parte <strong>di</strong> quel bell’esemplare <strong>di</strong><br />

filantropo. Comunque, anche<br />

se <strong>di</strong>ssenso e riprovazione da<br />

parte <strong>di</strong> qualcuno vi furono<br />

(e sarebbe ben triste pensare<br />

che così non sia stato), non<br />

ci fu chi avesse il coraggio <strong>di</strong><br />

aprire bocca: amare e ripetute<br />

esperienze avevano insegnato<br />

a tutti quanto caro potesse<br />

costare il minimo cenno non<br />

<strong>di</strong>co <strong>di</strong> insubor<strong>di</strong>nazione, ma<br />

anche solo <strong>di</strong> non completa<br />

acquiescenza ai voleri <strong>di</strong> quel<br />

cuore <strong>di</strong> pietra.<br />

Solo il fratello dell’esagitato<br />

energumeno, forse confidando<br />

nell’impunità che il vincolo<br />

<strong>di</strong> sangue poteva garantirgli,<br />

osò un gesto che anche per<br />

lui avrebbe potuto essere<br />

foriero <strong>di</strong> conseguenze: voltò<br />

ostentatamente le spalle alla<br />

triste figura che continuava a<br />

vomitare le sue contumelie e,<br />

senza proferire verbo, prese<br />

il vecchio per un braccio e lo<br />

guidò alla propria baita. Qui,<br />

mentre riempiva generosamente<br />

<strong>di</strong> polenta e latte una grossa<br />

ciotola <strong>di</strong> legno, sembrò quasi<br />

scusarsi lui per quello che era<br />

appena successo.<br />

“E’ sempre stato duro <strong>di</strong> cuore,<br />

- raccontò con voce piana e<br />

sommessa – ha in mente solo la<br />

roba e bisogna <strong>di</strong>re che con la<br />

malizia e il pelo sullo stomaco<br />

che si ritrova <strong>di</strong> roba ne ha<br />

messo insieme, a cominciare<br />

dalla mia parte <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà, e<br />

tanta che adesso si sente un<br />

A sinistra in alto: <strong>di</strong><br />

fronte ai Corni Bruciati<br />

all’ingresso della Val<br />

Terzana.<br />

A sinistra in basso: il<br />

Rifugio Ponti e i Corni<br />

Bruciati.<br />

Sotto: il Monte Disgrazia,<br />

i Corni Bruciati e il<br />

Passo <strong>di</strong> Scermendone<br />

da Meltri.<br />

padreterno. Da qualche anno<br />

anche questo monte è suo; io<br />

devo lavorare per lui, perché<br />

ho una famiglia da tirar su e<br />

<strong>di</strong> mio non ho niente, e certo<br />

non è un piacere pensarci. Tu,<br />

almeno, domani te ne andrai e<br />

presto ti <strong>di</strong>menticherai anche<br />

<strong>di</strong> averlo conosciuto”.<br />

“Questo può essere – mormorò<br />

il suo ospite – ma <strong>di</strong> sicuro lui<br />

si ricorderà <strong>di</strong> me per un bel<br />

pezzo”.<br />

Il pastore stupito, levò gli occhi<br />

e si trovò a fissare un viso<br />

la cui mitezza nulla toglieva a<br />

una ieratica solennità e che a<br />

un conoscitore <strong>di</strong> cose d’arte<br />

avrebbe ricordato il Pantocrator<br />

delle chiese bizantine; se<br />

mai la Giustizia, quella con la<br />

G maiuscola, aveva assunto<br />

sembianze umane, erano quelle<br />

del volto che vedeva avanti a<br />

sé. Una ridda <strong>di</strong> domande gli<br />

si affollò nella mente, ma egli<br />

non trovò la forza <strong>di</strong> tramutarle<br />

in parole; chinò il capo,<br />

confuso, e terminò il suo pasto<br />

in silenzio.<br />

Rigovernate alla meglio le rozze<br />

stoviglie nel vicino ruscello,<br />

il giovane mostrò al vecchio<br />

il pagliericcio che gli aveva<br />

destinato.<br />

“E’ meglio andare a dormire<br />

subito: vedo che tu sei molto<br />

stanco ed io domattina devo<br />

alzarmi <strong>di</strong> buonora per scendere<br />

a Calèch a falciare il prato.<br />

Fino allo stallone faremo la<br />

stessa strada e così potremo<br />

tenerci compagnia”.<br />

Anche se le prime luci dell’alba<br />

28 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 29


Adestra: eriofori sulle<br />

sponde del Lago Scermendone,<br />

sullo sfondo il passo<br />

omonimo.<br />

Sotto: la piana <strong>di</strong> Predarossa<br />

vista dal sentiero<br />

che sale al Rifugio Ponti.<br />

successiva li videro in pie<strong>di</strong>, i<br />

cascìn erano stati più mattinieri<br />

<strong>di</strong> loro e già si stavano<br />

affaccendando sotto un cielo<br />

senza nuvole per radunare le<br />

mucche e spingerle verso il<br />

laghetto. Lì, spiegò il pastore<br />

al suo ospite, avrebbero sfruttato<br />

per pochi giorni quell’erba<br />

tenera e rada per poi andare a<br />

pascolare sui fianchi del Dosso<br />

Pelato, dove si trovava il foraggio<br />

migliore e più abbondante,<br />

e vi sarebbero rimaste sino agli<br />

ultimi giorni <strong>di</strong> agosto.<br />

Si avviarono dunque, il viandante<br />

e l’alpigiano, verso lo<br />

stallone. Avevano già compiuto<br />

un buon tratto <strong>di</strong> strada,<br />

quando la quiete alle loro<br />

spalle esplose in un sinistro<br />

fragore, mentre l’aria <strong>di</strong> quella<br />

luminosa mattina si tingeva <strong>di</strong><br />

un fosco bagliore rossastro. Il<br />

pastore fece per voltarsi, ma il<br />

suo compagno lo fermò. “Non<br />

girarti per nessun motivo!” gli<br />

or<strong>di</strong>nò con una voce in cui non<br />

c’era nessuna traccia dell’esitazione<br />

e della timidezza della<br />

sera innanzi; si esprimeva con<br />

un tono severo ed autoritario,<br />

ora, ed il giovane, timoroso e<br />

frastornato, non poté fare a<br />

meno <strong>di</strong> ubbi<strong>di</strong>rgli.<br />

Poi, come il rombo <strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

loro <strong>di</strong>veniva sempre più forte,<br />

la curiosità e l’ansia per la<br />

sorte <strong>di</strong> chi era rimasto in alto,<br />

alla casera, ebbero il sopravvento<br />

e il malcapitato si girò.<br />

Ebbe appena il tempo <strong>di</strong> cogliere<br />

l’immagine orrenda del Dosso<br />

Pelato che ardeva in un rogo<br />

immane, prima che il riverbero<br />

gli bruciasse le pupille e lo<br />

lasciasse con due cavità vuote<br />

al posto degli occhi.<br />

Di nuovo risuonò la voce del<br />

vecchio, con un timbro in<br />

cui alla forza si mescolava la<br />

dolcezza: “Non temere, mio<br />

giovane amico: hai ceduto alla<br />

più umana fra le debolezze e<br />

hai veduto coi tuoi occhi la<br />

collera <strong>di</strong> Dio, ma ora avrai il<br />

segno della sua misericor<strong>di</strong>a.<br />

Appoggiati a me e lasciati<br />

guidare”. Proseguirono dunque,<br />

il vecchio senza più pronunciare<br />

parola ed il pastore che se<br />

ne usciva a tratti in un pianto<br />

<strong>di</strong>rotto, mentre il frastuono<br />

alle loro spalle andava morendo<br />

sino a che solo l’assoluta<br />

mancanza <strong>di</strong> ogni suono rimase<br />

a ferire le loro orecchie. E fu<br />

nel silenzio allucinato <strong>di</strong> una<br />

montagna in cui non echeggiavano<br />

né cinguettare <strong>di</strong> uccelli<br />

né scampanio <strong>di</strong> armenti che<br />

continuarono il loro cammino.<br />

Giunti che furono all’aperto<br />

dosso sovrastante l’Acqua dei<br />

Vitelli, il sempre più misterioso<br />

personaggio si <strong>di</strong>resse senza<br />

tentennamenti, come persona<br />

che fosse pratica dei luoghi,<br />

verso la piccola sorgente che<br />

sgorgava da una cavità presso<br />

lo stallone. Fece allora inginocchiare<br />

il cieco accanto a sé<br />

e, umettate le <strong>di</strong>ta con l’acqua<br />

sorgiva, le passò sulle occhiaie<br />

vuote.<br />

Avvenne così che lo stupefatto<br />

montanaro si trovò a contemplare,<br />

con occhi <strong>di</strong> nuovo<br />

aperti alla luce, il panorama<br />

familiare delle cime orobiche<br />

al <strong>di</strong> là del verde fondovalle.<br />

In un cielo tornato limpido<br />

un’aquila, appena sopra le loro<br />

teste, si librava in ampie e<br />

30 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 31


In alto: mucche in Val<br />

Terzana, a monte <strong>di</strong> Pian<br />

<strong>di</strong> Spini.<br />

Sotto: arrivando al Lago<br />

Scermendone da Pian <strong>di</strong><br />

Spini.<br />

pigre volute. Si volse il miracolato<br />

verso il suo accompagnatore<br />

e … beh, sicuramente non<br />

sapeva nemmeno cosa fosse<br />

un’icona bizantina, anche se<br />

in un certo senso una l’aveva<br />

vista, e anche ammirata molte<br />

volte, però <strong>di</strong> immagini sacre<br />

aveva esperienza sufficiente<br />

per saper riconoscere <strong>di</strong> primo<br />

acchito Gesù Cristo, una volta<br />

che se lo fosse trovato davanti.<br />

“Guarda pure, ora – <strong>di</strong>sse<br />

l’imponente figura stendendo il<br />

braccio verso oriente – e ve<strong>di</strong><br />

coi tuoi occhi quanto pesante<br />

possa levarsi la mano <strong>di</strong> Dio a<br />

colpire gli uomini che hanno<br />

<strong>di</strong>menticato la via della carità”.<br />

Guardò dunque il pastore verso<br />

il Dosso Pelato e vide, dove<br />

sempre era stata una verdeggiante<br />

<strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> pascoli, un<br />

ammasso informe <strong>di</strong> rocce<br />

rossastre.<br />

“E mio fratello? – chiese angosciato<br />

– E i miei compagni?”<br />

“Torna da loro, tu che sai cos’è<br />

la compassione. Li troverai che<br />

gemono, ciechi e <strong>di</strong>sperati,<br />

intorno al laghetto; li condurrai<br />

qui e la stessa acqua che ha<br />

guarito i tuoi occhi risanerà<br />

anche i loro. Quello che è successo<br />

oggi vi sia <strong>di</strong> monito per<br />

tutti i giorni che ancora avete<br />

in sorte <strong>di</strong> vivere e vi ricor<strong>di</strong><br />

che tutto quello che la Divina<br />

Provvidenza vi ha donato, molto<br />

o poco che sia, può esservi<br />

tolto ad espiazione dei vostri<br />

peccati. Ora debbo lasciarti, ho<br />

ancora una lunga via davanti a<br />

me. Vai in pace”.<br />

E fu così che si separarono<br />

prendendo ciascuno la propria<br />

strada, il pastore, ancora scosso<br />

e confuso, verso i pascoli alti,<br />

il Figlio <strong>di</strong> Dio verso Meltri e<br />

l’Alpe Granda.<br />

PUNZO<br />

ritrovato<br />

Sull’Annuario 2006, nell’articolo de<strong>di</strong>cato ai primi passi del <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />

si faceva cenno all’acquisto da parte del Presidente <strong>di</strong> allora (Pino Milani –<br />

anno 1935) <strong>di</strong> una tela del pittore Mario Punzo raffigurante la parete nord<br />

del Disgrazia. La spesa fu <strong>di</strong> 1500 lire, ripartita in parti uguali fra il Presidente<br />

Milani, la <strong>Sezione</strong> <strong>CAI</strong> e il Comune <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>.<br />

Nello stendere l’articolo ci chiedevamo - e l’abbiamo scritto – dove fosse<br />

andata a finire la tela. Ogni dubbio è fugato: grazie alla segnalazione della<br />

consocia, nonché vicesindaco <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, Alba Rapella, ora sappiamo che<br />

l’importante opera fa bella mostra <strong>di</strong> sé nel Municipio <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>, più precisamente<br />

nell’ufficio del Segretario comunale.<br />

Prima dello scoppio della guerra qualcuno, molto saggiamente, pensò bene <strong>di</strong><br />

trasferire il <strong>di</strong>pinto presso il Comune, comproprietario per un terzo della tela,<br />

evitando così che potesse andare <strong>di</strong>spersa in quei momenti concitati. Tutto è<br />

bene ciò che finisce bene.<br />

32 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 33


Come Divenni<br />

Sciatore<br />

Erano circa gli anni 1932/33;<br />

mio padre faceva il sellaio e per<br />

questo era pratico <strong>di</strong> cuciture<br />

del cuoio. Conosceva il Signor<br />

Raimondo Persenico al quale<br />

cuciva le cinghie degli attacchi<br />

<strong>di</strong> sci che montava su quelli <strong>di</strong><br />

sua recente produzione. Allora<br />

gli attacchi erano fatti con una<br />

piastra <strong>di</strong> metallo che veniva<br />

infilata in un foro a circa metà<br />

dello sci e poi piegata con un<br />

ferro speciale sulla forma dello<br />

scarpone (E’ il primo attacco a<br />

ganascia, denominato Huitfeld,<br />

pag.37, ndr). In questo foro<br />

passavano anche le cinghie<br />

che servivano per fissare lo<br />

scarpone stesso. Queste dovevano<br />

essere <strong>di</strong> cuoio doppio<br />

cucito, per eliminare il più<br />

possibile l’allungamento dovuto<br />

all’umi<strong>di</strong>tà. Mio padre, esperto<br />

in cuciture, aveva parecchio lavoro<br />

dalla Ditta Persenico, che<br />

insisteva perché mio padre nel<br />

<strong>di</strong> Giovanni Donadelli<br />

La néef de febrée<br />

la gèla amò i pée,<br />

quèla marzolina<br />

la düra dala sira<br />

ala matina,<br />

la néef de april<br />

la düra gnanca un fiil,<br />

e quèla de macc<br />

l’è nöma quacc.<br />

negozio <strong>di</strong> selleria cominciasse<br />

a vendere i suoi sci, favorito<br />

dal fatto che in caso <strong>di</strong> rottura<br />

delle cinghie era in grado <strong>di</strong><br />

ripararle.<br />

Un giorno finalmente mio padre<br />

si decise e la Ditta Persenico<br />

lasciò alcuni paia <strong>di</strong> sci in negozio.<br />

La ven<strong>di</strong>ta non era una<br />

cosa facile, occorreva anche<br />

essere in grado <strong>di</strong> insegnare ad<br />

usarli; chi sciava allora a <strong>Morbegno</strong><br />

erano pochissimi signori<br />

che avevano fatto arrivare<br />

dalla Norvegia alcuni modelli<br />

<strong>di</strong> sci <strong>di</strong> un legno speciale,<br />

chiamato “hickory”, e anda-<br />

vano a Davos a sciare. Quin<strong>di</strong><br />

dovevamo imparare a sciare. Il<br />

primo esperimento lo feci io;<br />

mio padre mi <strong>di</strong>ceva che per<br />

curvare bisognava inclinare gli<br />

sci <strong>di</strong> spigolo, ma … io facevo<br />

la curva … gli sci no.<br />

Ci venne in aiuto il papà del<br />

mio amico Sandrino Ciapponi<br />

che durante la guerra 15/18<br />

era stato in un reparto <strong>di</strong> alpini<br />

sciatori e ci insegnò la curva a<br />

“telemark”; così fu che sapevamo<br />

qualcosa <strong>di</strong> più da insegnare<br />

ai nostri clienti. Poi la locale<br />

sezione fascista <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

riuscì ad avere alcune paia <strong>di</strong><br />

sci scartati dagli alpini che<br />

però a noi giovani andavano<br />

bene per esercitarci sui prati<br />

del “Piazzular” durante il sabato<br />

fascista. Era cominciata così<br />

l’era dello sci popolare. Attorno<br />

agli anni 1936/37 si cominciò<br />

ad andare alla Corte dove la<br />

locale sezione del <strong>CAI</strong> aveva<br />

34 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 35


affittato dal prete <strong>di</strong> Sacco,<br />

Don Clerici, il locale retrostante<br />

alla chiesetta, gestito dal<br />

Signor Enos Moraschinelli con<br />

pranzi e pernottamenti.<br />

Credo <strong>di</strong> ricordare che circa<br />

negli anni 35/36 la Gioventù<br />

Italiana del Littorio (la GIL) organizzò<br />

un corso <strong>di</strong> sci a livello<br />

nazionale tra i <strong>di</strong>stretti alpini,<br />

c’erano anche gli abruzzesi: per<br />

la provincia <strong>di</strong> Sondrio, Bassa<br />

Valle, eravamo il sottoscritto<br />

Giovanni Donadelli, Antonio<br />

Cornali, Gino Curtoni e Rocco<br />

Zugnoni. Lì imparammo il<br />

telemark, lo stem cristiania e<br />

il passo pattinato. Arrivati a<br />

<strong>Morbegno</strong>, alla prima nevicata,<br />

dopo il passaggio dello slittone<br />

spazzaneve, facevamo sfoggio<br />

della nostra abilità pattinando<br />

dalla Piazzetta dell’Orologio<br />

fino alla stazione ferroviaria,<br />

con grande meraviglia dei<br />

passanti. Gli scarponi <strong>di</strong> allora<br />

erano ancora chiodati, il che<br />

rendeva il bloccaggio sugli sci<br />

piuttosto <strong>di</strong>fficile. Qualcuno<br />

cominciò, al posto dei chio<strong>di</strong>,<br />

a cucire sotto la suola <strong>di</strong> cuoio<br />

una suola <strong>di</strong> gomma ricavata<br />

da vecchi copertoni <strong>di</strong> moto.<br />

Era già un bel progresso, tant’è<br />

che fecero così anche i nostri<br />

conta<strong>di</strong>ni sotto gli zoccoli<br />

<strong>di</strong> legno. Per avere scarponi<br />

moderni e funzionali si dovette<br />

attendere fino alla guerra <strong>di</strong><br />

Grecia e Albania, dove finalmente<br />

ai reparti speciali furono<br />

dati in dotazione scarponi <strong>di</strong><br />

cuoio alti, impermeabili, con la<br />

suola <strong>di</strong> gomma chiamata “vibram”<br />

(dal nome dell’alpinista<br />

Vitale Bramani che la brevettò,<br />

ndr). La prima esperienza con<br />

questi scarponi la fece il mio<br />

amico Tom Cornali, al quale suo<br />

fratello aveva portato dall’Albania<br />

un paio <strong>di</strong> queste speciali<br />

calzature che collaudò in occasione<br />

della nostra partecipazione<br />

alla Staffetta Alpina<br />

del Vallo Littorio (ve<strong>di</strong> Album:<br />

cent’anni <strong>di</strong> alpinismo in Bassa<br />

Valtellina, ed. <strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>,<br />

2002, pag. 51) nel tratto<br />

Cataeggio, Capanna Ponti,<br />

Passo <strong>di</strong> Cornarossa, Capanna<br />

Desio, rimanendo entusiasta<br />

della loro funzionalità. Ci colpì<br />

anche il particolare dei lacci<br />

che non erano più <strong>di</strong> cuoio,<br />

sempre rotti o slacciati, ma <strong>di</strong><br />

cotone tubolare che tenevano<br />

perfettamente il nodo. Nel<br />

frattempo furono perfezionati<br />

anche gli attacchi con ganasce<br />

regolabili, cavi d’acciaio, molla<br />

nella talloniera e una leva <strong>di</strong><br />

bloccaggio davanti alla punta<br />

dello scarpone: i “kandahar”.<br />

Continuammo sempre ad andare<br />

alla Corte a sciare, tutte le<br />

domeniche, e alcune volte<br />

eravamo una cinquantina.<br />

Venne anche organizzata una<br />

gara <strong>di</strong> tipo sci alpinistico: dal<br />

Rifugio Corte al Piede <strong>di</strong> Olano<br />

e ritorno. Io ero il favorito, ma<br />

giunsi terzo; <strong>di</strong>gerii a fatica lo<br />

smacco, anche perché i primi<br />

due arrivati erano sicuramente<br />

meno abili, specialmente in <strong>di</strong>scesa.<br />

Si venne poi col tempo a<br />

sapere che loro due erano tornati<br />

in<strong>di</strong>etro alle Terze Tagliate<br />

anziché raggiungere il Piede <strong>di</strong><br />

Olano, come era stabilito nel<br />

tracciato <strong>di</strong> gara: ma allora le<br />

gare andavano anche un po’<br />

sulla fiducia.<br />

Dal 1936 cominciammo ad<br />

andare con i miei amici sciatori<br />

nella casa <strong>di</strong> mia proprietà alle<br />

Tagliate: da lì cominciò forse<br />

l’era della settimana bianca,<br />

perché nelle vacanze <strong>di</strong> Natale<br />

ci si fermava per cinque o sei<br />

giorni. Facevamo delle lunghe<br />

camminate con gli sci nella<br />

zona <strong>di</strong> Olano-Culino e, quando<br />

la neve lo permetteva, salivamo<br />

anche le cime. Naturalmente<br />

eravamo attrezzati. Oltre<br />

alla ferramenta per le eventuali<br />

riparazioni, avevamo punte per<br />

sci in alluminio che, in caso <strong>di</strong><br />

rottura della punta, venivano<br />

bloccate con dei morsetti al<br />

moncone, così che potevamo<br />

tornare a casa senza gravi<br />

problemi. Queste punte erano<br />

davvero provvidenziali, perché<br />

una rottura in alta montagna<br />

poteva <strong>di</strong>ventare una trage<strong>di</strong>a.<br />

Lo sci in seguito ebbe un vero<br />

boom sportivo e commerciale,<br />

ma questa è storia a tutti nota.<br />

Nella pagina a fronte: escursione<br />

alla Motta <strong>di</strong> Olano nel 1939.<br />

Sopra: un’allegra comitiva alla Corte<br />

nel 1948 e lo schizzo dell’attacco<br />

Huitfeld.<br />

Nella pagina precedente: Giovanni<br />

Donadelli in azione sui pen<strong>di</strong>i <strong>di</strong><br />

Olano.<br />

36 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 37


Riscaldamento globale<br />

C’è ancora chi lo nega<br />

o pensa che non sia colpa nostra<br />

I cambiamenti climatici stanno<br />

entrando in modo sempre<br />

più massiccio nella quoti<strong>di</strong>anità<br />

<strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> noi. Da un lato<br />

i me<strong>di</strong>a sempre più pronti a cavalcare<br />

l’onda climatica, dall’altro,<br />

ben più importante, il tempo<br />

meteorologico e gli eventi<br />

climatici che interagiscono con<br />

la nostra società. Molto <strong>di</strong>scutere<br />

ha fatto il rapporto 2007<br />

dell’IPCC che, fra le pieghe <strong>di</strong><br />

un documento esaustivo e completo,<br />

arriva ad una conclusione<br />

chiara e spietata: la terra<br />

si sta riscaldando e la causa<br />

<strong>di</strong> questo riscaldamento è con<br />

grande probabilità da attribuirsi<br />

all’attività umana, ve<strong>di</strong> emissione<br />

antropica <strong>di</strong> gas serra. La<br />

crescita continua delle emissioni<br />

<strong>di</strong> CO2, il principale gas serra,<br />

provocherà un aumento della<br />

temperatura del nostro pianeta<br />

entro il 2100 compresa<br />

fra 1,8° e 4° C in base al tasso<br />

<strong>di</strong> emissioni che attueremo nel<br />

futuro prossimo.<br />

Un segnale forte, chiaro e de-<br />

<strong>di</strong> Riccardo Scotti*<br />

ciso da parte della stragrande<br />

maggioranza della comunità<br />

scientifica. Le evidenze<br />

che portano ad una conclusione<br />

così decisa sono molto chiare,<br />

decisamente più ragionevoli<br />

ed inattaccabili <strong>di</strong> molte altre<br />

scoperte scientifiche che hanno<br />

provocato notevoli interazioni<br />

con le abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong><br />

noi, ad esempio nel campo alimentare.<br />

Purtroppo, però, le<br />

resistenze <strong>di</strong> fronte alla realtà<br />

che ci circonda e al futuro che<br />

ci attende sono sorprendentemente<br />

forti. Stupisce come,<br />

<strong>di</strong> fronte ad una schiacciante<br />

maggioranza <strong>di</strong> scienziati convinti<br />

dell’antropogenicità del<br />

cambiamento climatico, ci sia<br />

così tanta riluttanza nel cercare<br />

una soluzione comune.<br />

I cosiddetti “negazionisti”<br />

sono molto spesso economisti<br />

ancora volutamente inconsapevoli<br />

della obbligata limitatezza<br />

delle risorse terrestri, ingegneri<br />

sempre più convinti della supremazia<br />

della tecnologia sulla<br />

natura e persino, ahimé, geologi<br />

certi <strong>di</strong> essere gli unici custo<strong>di</strong><br />

del grande segreto delle<br />

glaciazioni.<br />

Di fronte a questa mia estrema,<br />

e forse un po’ volutamente<br />

maldestra generalizzazione,<br />

va riconosciuto come alcune<br />

fazioni si schierino per un<br />

semplice interesse economico:<br />

lobby petrolifere e relativi istituti<br />

pseudo-scientifici ben finanziati<br />

da queste ultime. Sorprende<br />

ancora <strong>di</strong> più l’atteggiamento<br />

<strong>di</strong> molte persone comuni,<br />

sostanzialmente <strong>di</strong>sinteressate<br />

riguardo le conseguenti ricadute<br />

economiche del riscaldamento<br />

globale. I soliti luoghi<br />

comuni (“tutte balle, la colpa<br />

non è dell’uomo” oppure “cos’è<br />

tutto questo catastrofismo, ma<br />

non lo sapete che nel Me<strong>di</strong>oevo<br />

faceva più caldo? E l’uomo non<br />

c’entrava nulla”) sono spesso<br />

appoggiate da teorie cosiddette<br />

“alternative” del tutto superate,<br />

confutate o ad<strong>di</strong>rittura<br />

rinnegate da <strong>di</strong>versi anni da-<br />

38 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 39


gli stessi autori (!), ma tenute<br />

in vita da numerosi siti web attraverso<br />

svariate pubblicazionie<br />

scuole <strong>di</strong> pensiero che cavalcano<br />

questa piccola moda<br />

negazionistica.<br />

Si tende a confondere l’ottimismo<br />

con uno scetticismo che fa<br />

molto comodo sia dal punto <strong>di</strong><br />

vista psicologico che economico.<br />

Per quanto riguarda le persone<br />

<strong>di</strong> mezza età, è inconsciamente<br />

molto più facile rifiutare<br />

il fatto <strong>di</strong> essere, e <strong>di</strong> esser<br />

stati per anni, in qualche<br />

modo complici inconsapevo-<br />

Variazione temperatura °C<br />

2<br />

0<br />

-2<br />

-4<br />

-6<br />

-8<br />

-10<br />

Concentrazione <strong>di</strong> CO2<br />

Temperatura<br />

li del cambiamento climatico;<br />

per i giovani e giovanissimi entrano<br />

spesso in gioco il fascino<br />

trasgressivo dell’andare contro<br />

l’opinione comune, della ricerca<br />

spasmo<strong>di</strong>ca del complotto<br />

e la <strong>di</strong>fficoltà a rinunciare al<br />

proprio sviluppo (o a limitarlo<br />

in qualche modo) per una causa<br />

apparentemente banale come la<br />

temperatura dell’aria.<br />

Uno dei cavalli <strong>di</strong> battaglia negazionistici<br />

è la mancanza <strong>di</strong><br />

“prove certe” dell’influenza<br />

dell’uomo sul clima. Una mancanza<br />

sostanzialmente obbliga-<br />

400 350 300 250 200 150 100 50 0<br />

Migliaia <strong>di</strong> anni<br />

La ricostruzione della concetrazione <strong>di</strong> CO2 e temperatura dell’aria<br />

basata sui dati ricavati dalle carote <strong>di</strong> Ghiaccio dell’Antartide.<br />

Evidentissima la stretta relazione fra i due parametri e l’anomalia<br />

nella concentrazione <strong>di</strong> CO2 degli ultimi 150 anni.<br />

Grafico Michael Ernst, the Woods Hole Research.<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

Anidride carbonica (ppmv)<br />

ta, visto che è fisicamente impossibile<br />

tornare al ‘700 e bloccare<br />

la rivoluzione industriale<br />

per avere la controprova. In assenza<br />

<strong>di</strong> queste fantomatiche<br />

“prove” c’è un sospetto piuttosto<br />

interessante svelatoci dalle<br />

carote <strong>di</strong> ghiaccio dell’Antartide<br />

che ci consentono <strong>di</strong> conoscere<br />

temperatura e concentrazione<br />

<strong>di</strong> CO2 negli ultimi<br />

400.000 anni.<br />

Il rapporto fra le due è stretto,<br />

strettissimo: motivazioni<br />

astronomiche e geologiche su<br />

lunghi perio<strong>di</strong> hanno provocato<br />

più volte lievi incrementi <strong>di</strong><br />

temperatura che hanno a loro<br />

volta causato un incremento<br />

<strong>di</strong> CO2 pt, innescando a questo<br />

punto un circolo vizioso dovuto<br />

principalmente alla minor<br />

capacità degli oceani <strong>di</strong> immagazzinare<br />

CO2 quando la temperatura<br />

dell’acqua tende ad aumentare.<br />

Una volta avviato il<br />

meccanismo, le elevate concentrazioni<br />

<strong>di</strong> CO2 incrementano<br />

a tal punto l’effetto serra da<br />

mantenere alte le temperature<br />

per molto tempo permettendo<br />

in questo modo i perio<strong>di</strong> cosiddetti<br />

interglaciali.<br />

La normale variabilità e ciclicità<br />

<strong>di</strong> questo sistema è ben evi-<br />

In alto: 27 ottobre 2007,<br />

tipico tramonto autunnale<br />

dalla vetta della<br />

Grignetta.<br />

A sinistra: il Ghiacciaio<br />

del Forno in Val Bregaglia<br />

sta subendo, come<br />

gli altri, un drastico ritiro<br />

a causa dell’aumento<br />

delle temperature.<br />

40 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 41


denziata nella figura <strong>di</strong> pag.40.<br />

Ciclicità evidentemente e bruscamente<br />

interrotta intorno al<br />

1800, guarda caso in corrispondenza<br />

della prima rivoluzione<br />

industriale e dell’inizio del<br />

consumo <strong>di</strong> combustibili fossili.<br />

La concentrazione <strong>di</strong> CO2 in<br />

400.000 anni non aveva mai superato<br />

le 300 ppmv e negli ultimi<br />

1000 non si era mai mossa<br />

dalle 280 ppmv. In soli 200<br />

anni siamo stati in grado <strong>di</strong><br />

portarla fino alle 384 ppmv attuali,<br />

valore evidentemente al<br />

<strong>di</strong> fuori della ciclicità naturale.<br />

Stante l’assodata capacità della<br />

CO2 <strong>di</strong> incrementare l’effetto<br />

serra e <strong>di</strong> conseguenza le temperature,<br />

uno stravolgimento<br />

tanto violento quanto rapido<br />

non può che portare a conseguenze<br />

molto importanti sul<br />

clima terrestre. Una delle più<br />

banali opinioni comuni è la<br />

mancanza <strong>di</strong> fatti concreti che<br />

corroborino queste presunte<br />

“teorie scientifiche”. Il problema,<br />

se così vogliamo chiamarlo,<br />

è che effettivamente la terra<br />

ha iniziato a riscaldarsi proprio<br />

in concomitanza con l’aumento<br />

della CO2 a metà dell’800.<br />

La temperatura sta continuando<br />

ad aumentare a ritmi sempre<br />

più sostenuti, così come<br />

aumenta pure il tasso <strong>di</strong> incremento<br />

della CO2 nell’atmosfera.<br />

Negli ultimi anni sono stati<br />

raggiunti, e molto probabilmente<br />

superati, i valori termici<br />

del tanto mitizzato optimum<br />

climatico me<strong>di</strong>oevale. Ad<strong>di</strong>rittura<br />

sembra si sia già in procinto<br />

<strong>di</strong> superare le temperature<br />

dell’optimum climatico olocenico<br />

(5.000-6.000 anni fa).<br />

Le previsioni per i prossimi decenni<br />

tengono conto ovviamente<br />

dell’incapacità della nostra<br />

società <strong>di</strong> provare a porre<br />

rime<strong>di</strong>o a questa situazione.<br />

Gli scenari per il futuro mostrano,<br />

infatti, <strong>di</strong>verse possi-<br />

Sopra: 18 settembre 2006,<br />

arcobaleno doppio all’imbocco<br />

della Val d’Arigna.<br />

Sotto: inverno in Enga<strong>di</strong>na,<br />

il lago <strong>di</strong> Sils da Plaun da Lej.<br />

bilità <strong>di</strong> ulteriori incrementi <strong>di</strong><br />

gas serra che provocherebbero<br />

un conseguente ulteriore aumento<br />

termico compreso fra gli<br />

1,8°C e i 4°C.<br />

Le conseguenze sulla nostra società<br />

sarebbero veramente imponenti:<br />

l’aumento del livello<br />

del mare, dovuto all’espansione<br />

termica degli oceani ed alla fusione<br />

del ghiaccio delle gran<strong>di</strong><br />

calotte, metterà in pericolo la<br />

sopravvivenza <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone<br />

lungo le coste <strong>di</strong> tutto il<br />

mondo. Gran parte delle specie<br />

animali e vegetali non riuscirà<br />

ad adattarsi ad un cambiamento<br />

così rapido. Le Alpi si devono<br />

ancora mettere in equilibrio<br />

con i rapi<strong>di</strong> incrementi termici<br />

degli ultimi anni tanto che,<br />

stante il clima attuale, in Lombar<strong>di</strong>a<br />

la neve non riesce da<br />

anni a resistere a fine stagione<br />

sotto i 3500 m. Questo signi-<br />

fica che la stragrande maggioranza<br />

dei ghiacciai lombar<strong>di</strong> è,<br />

già oggi, un cosiddetto “fossile<br />

climatico”, qualcosa <strong>di</strong> simile<br />

ad un cubetto <strong>di</strong> ghiaccio tolto<br />

dal freezer in estate.<br />

Facile comprendere come un<br />

ulteriore incremento termico<br />

possa provocarne la completa<br />

scomparsa nel giro <strong>di</strong> pochi decenni.<br />

Un aumento termico così<br />

consistente avrebbe implicazioni<br />

pesantissime sul regime nivometeorologico,<br />

tanto che le<br />

<strong>di</strong>fficoltà già presenti nel comparto<br />

del turismo invernale <strong>di</strong>venterebbero<br />

del tutto insormontabili.<br />

Il realismo della comunità<br />

scientifica, spesso spacciato<br />

per catastrofismo o allarmismo,<br />

è quin<strong>di</strong>, a mio modo <strong>di</strong><br />

vedere, del tutto giustificato.<br />

Occorre far notare come molto<br />

spesso negli ultimi tempi i me<strong>di</strong>a<br />

si stiano lasciando prendere<br />

la mano mettendo in relazione<br />

ogni normale evento meteorologico<br />

con il riscaldamento<br />

globale.<br />

È pur vero, però, che un peccato<br />

<strong>di</strong> esagerazione non significa,<br />

come vorrebbero molti, che<br />

la verità stia dalla parte opposta.<br />

Del resto, soprattutto in<br />

Italia, stante la gravissima carenza<br />

<strong>di</strong> educazione scientifica<br />

e soprattutto meteoclimatologica,<br />

risulta <strong>di</strong>fficile proporre<br />

queste problematiche senza<br />

ottenere risposte politiche del<br />

tutto inadeguate.<br />

A tal proposito è entrata nella<br />

storia l’intervista televisiva<br />

<strong>di</strong> un poco noto vice-ministro<br />

dell’Ambiente italiano che nel<br />

2005 ha spiegato il regresso<br />

dei ghiacciai italiani non a causa<br />

dell’aumento delle temperature<br />

atmosferiche, ma del calore<br />

corporeo dei turisti e degli<br />

alpinisti che frequentano la<br />

montagna.<br />

42 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 43


°C<br />

6,0<br />

5,5<br />

5,0<br />

4,5<br />

4,0<br />

3,5<br />

3,0<br />

2,5<br />

2,0<br />

1,5<br />

1,0<br />

0,5<br />

0,0<br />

-0,5<br />

-1,0<br />

-1,5<br />

-2,0<br />

-2,5<br />

-3,0<br />

-3,5<br />

°C<br />

3,5<br />

3,0<br />

2,5<br />

2,0<br />

1,5<br />

1,0<br />

0,5<br />

0,0<br />

1864<br />

1869<br />

1864<br />

1869<br />

mm<br />

1800<br />

1700<br />

1600<br />

1500<br />

1400<br />

1300<br />

1200<br />

1100<br />

1000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

°C<br />

14,0<br />

13,5<br />

13,0<br />

12,5<br />

12,0<br />

11,5<br />

11,0<br />

10,5<br />

10,0<br />

9,5<br />

9,0<br />

8,5<br />

8,0<br />

7,5<br />

1864<br />

1869<br />

1864<br />

1869<br />

1874<br />

1879<br />

1874<br />

1879<br />

1874<br />

1879<br />

1874<br />

1879<br />

1884<br />

1889<br />

1884<br />

1889<br />

1884<br />

1889<br />

1884<br />

1889<br />

1894<br />

1899<br />

1894<br />

1899<br />

1894<br />

1899<br />

1894<br />

1899<br />

Temperatura aprile<br />

Sils Maria 1798 m<br />

Serie 1864-2007 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />

1904<br />

1909<br />

1914<br />

1917<br />

1924<br />

1929<br />

1934<br />

1939<br />

anni<br />

1944<br />

1949<br />

1954<br />

1959<br />

1964<br />

1969<br />

Temperature me<strong>di</strong>e annuali<br />

Sils Maria 1798 m<br />

Serie 1864-2006 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />

1904<br />

1909<br />

1914<br />

1917<br />

1924<br />

1929<br />

1934<br />

1939<br />

anni<br />

1944<br />

1949<br />

1954<br />

1959<br />

Precipitazioni annuali<br />

Sils Maria 1798 m<br />

Serie 1864-2006 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />

1904<br />

1909<br />

1914<br />

1917<br />

1924<br />

1929<br />

1934<br />

1939<br />

anni<br />

anni<br />

1944<br />

1949<br />

1954<br />

1959<br />

Temperatura estiva<br />

Sils Maria 1798 m<br />

Serie 1864-2007 - dati Meteoswiss elaborazione R.Scotti<br />

1904<br />

1909<br />

1914<br />

1917<br />

1924<br />

1929<br />

1934<br />

1939<br />

1944<br />

1949<br />

1954<br />

1959<br />

1964<br />

1969<br />

1964<br />

1969<br />

1964<br />

1969<br />

1974<br />

1979<br />

1974<br />

1979<br />

1974<br />

1979<br />

1974<br />

1979<br />

1984<br />

1989<br />

1984<br />

1989<br />

1984<br />

1989<br />

1984<br />

1989<br />

1994<br />

1999<br />

1994<br />

1999<br />

1994<br />

1999<br />

1994<br />

1999<br />

2004<br />

2004<br />

2004<br />

2004<br />

2000-2007 Sette anni <strong>di</strong> clima<br />

estremo nelle Alpi lombarde<br />

L’osservazione dei fenomeni<br />

atmosferici e l’interazione<br />

<strong>di</strong> questi ultimi con territorio<br />

è certamente esplosa negli<br />

ultimi anni grazie all’avvento<br />

<strong>di</strong> internet. La rete ci mette<br />

a <strong>di</strong>sposizione un volume <strong>di</strong><br />

dati, <strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> osservazioni<br />

del tutto inimmaginabile<br />

solo 10 anni or sono. Web cam<br />

da ogni località alpina, stazioni<br />

meteo che trasmettono temperatura<br />

e precipitazioni in <strong>di</strong>retta,<br />

serie storiche <strong>di</strong> dati meteorologici,<br />

il confronto e la rapida<br />

<strong>di</strong>ffusone delle informazioni<br />

fra gli appassionati hanno rivoluzionato<br />

l’approccio al tempo<br />

atmosferico.<br />

Questa valanga <strong>di</strong> input è sicuramente<br />

<strong>di</strong> grande importanza,<br />

ma, per risultare utile nell’ambito<br />

della storia recente del clima,<br />

va obbligatoriamente correlata<br />

con i rilievi meteorologici<br />

del passato. Operazione questa<br />

estremamente complessa e<br />

faticosa che non sembra essere<br />

molto attraente per i meteoappassionati<br />

assetati <strong>di</strong> dati<br />

“usa e getta” in tempo reale.<br />

Giustamente occorre rimarcare<br />

il fatto che questo compito<br />

dovrebbe essere un dovere delle<br />

istituzioni statali, come accade<br />

in tutti i paesi europei.<br />

Non in Italia, o meglio, <strong>di</strong> certo<br />

non in Lombar<strong>di</strong>a, dove le ricostruzioni<br />

e le omogeneizzazioni<br />

delle serie storiche locali<br />

sono lasciate agli appassionati<br />

o ad estemporanee e mal coor<strong>di</strong>nate<br />

iniziative accademiche.<br />

Così nella nostra provincia non<br />

è possibile comprendere appie-<br />

Nella foto: 30 marzo 2001,<br />

lago <strong>di</strong> Pescegallo, l’asta<br />

graduata, all’esterno della<br />

casa dei guar<strong>di</strong>ani della<br />

<strong>di</strong>ga, segna 3 m <strong>di</strong> accumulo<br />

<strong>di</strong> neve.<br />

no l’evolversi del clima su scala<br />

quantomeno secolare stante<br />

il totale <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne delle scalcinate<br />

serie storiche. Conseguentemente<br />

questa situazione<br />

non ci permette una chiara ed<br />

esaustiva comprensione dell’intensità<br />

degli eventi atmosferici<br />

che colpiscono le nostre zone.<br />

Fortunatamente, in un’analisi<br />

<strong>di</strong> lungo periodo, i parametri<br />

<strong>di</strong> precipitazione e, soprattutto,<br />

<strong>di</strong> temperatura <strong>di</strong>ventano<br />

arealmente piuttosto omogenei<br />

colmando in parte questa<br />

lacuna.<br />

Questo ci permette <strong>di</strong> sfruttare<br />

l’eccezionale serie storica<br />

<strong>di</strong> Sils/Maria (nella pagina a<br />

fronte) dove, dal gennaio 1864,<br />

vengono rilevati quoti<strong>di</strong>anamente<br />

i dati meteorologici, <strong>di</strong><br />

estendere l’analisi dei suoi dati<br />

alla nostra provincia. Solo una<br />

serie così lunga (142 anni!) è in<br />

grado <strong>di</strong> dare un certo peso alle<br />

nostre considerazioni riguardo<br />

gli eccezionali eventi meteorologici<br />

degli ultimi anni. In questo<br />

modestissimo lasso temporale,<br />

in una tendenza continua<br />

<strong>di</strong> innalzamento delle temperature,<br />

particolarmente evidente<br />

dalla seconda metà degli<br />

anni 80, abbiamo vissuto <strong>di</strong>versi<br />

eventi da ricordare e certamente<br />

mai visti prima, almeno<br />

dal 1864.<br />

2000/2001 L’anno della grande<br />

neve<br />

L’anomalia climatica inizia ad<br />

esprimersi nell’estate del 2000<br />

quando due eventi nevosi <strong>di</strong><br />

rara intensità portano la neve<br />

fino a 1500 m, con accumuli importanti<br />

sopra i 3000 m. L’autunno<br />

seguente una impressionamene<br />

serie <strong>di</strong> perturbazioni<br />

atlantiche porta accumuli pluviometrici<br />

importantissimi in<br />

tutta la provincia, il novembre<br />

2000 con 391 mm <strong>di</strong>venta<br />

“temporaneamente” il mese più<br />

piovoso a Sils. Presso il Lago<br />

<strong>di</strong> Scais, fra ottobre e novembre,<br />

cadono 1437 mm <strong>di</strong> pioggia;<br />

897 mm nel solo mese <strong>di</strong><br />

novembre al Lago <strong>di</strong> Pescegallo,<br />

valori straor<strong>di</strong>nari anche per<br />

le classicamente piovose Alpi<br />

Orobie.<br />

L’Atlantico produce perturbazioni<br />

in continuazione fino a<br />

maggio, tanto che la stagione<br />

<strong>di</strong> accumulo sui ghiacciai (ottobre-maggio)<br />

<strong>di</strong>venta <strong>di</strong> gran<br />

lunga la più abbondante della<br />

serie. A Sils cade il doppio dei<br />

mm <strong>di</strong> pioggia attesi, in alta<br />

quota i ghiacciai sono sommersi<br />

da 4-10 metri <strong>di</strong> neve al suo-<br />

44 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 45


lo <strong>di</strong> origine <strong>di</strong>retta, nelle Orobie<br />

la sommatoria delle singole<br />

nevicate a 2500 m è stimata<br />

in 35-40 m.<br />

Novembre 2002, il mese più<br />

piovoso <strong>di</strong> sempre<br />

L’autunno e l’inverno successivi<br />

(anno idrologico 2001/2002)<br />

si <strong>di</strong>mostrano secchissimi e<br />

fred<strong>di</strong>, la prima vera neve arriva<br />

ad<strong>di</strong>rittura il 17 febbraio.<br />

L’Atlantico, prima <strong>di</strong> scomparire<br />

quasi completamente dallo<br />

scacchiere barico italiano, ha<br />

ancora due sussulti, e che sussulti:<br />

il primo fra maggio e giugno<br />

del 2002 ed il secondo, decisamente<br />

più intenso, nel novembre<br />

dello stesso anno. Nella<br />

seconda metà <strong>di</strong> questo mese<br />

due perturbazioni <strong>di</strong> impressionamene<br />

intensità generano un<br />

effetto sbarramento (stau) a<br />

sud delle Alpi che è in grado <strong>di</strong><br />

apportare qualcosa come 1224<br />

mm <strong>di</strong> pioggia in 18 giorni al<br />

Lago <strong>di</strong> Trona in Val Gerola. Pur<br />

senza averne la certezza, è lecito<br />

considerare questo mese<br />

come il più piovoso nelle Alpi<br />

Lombarde almeno dalla metà<br />

dell’ottocento. Di certo lo è a<br />

Sils dove il record del novembre<br />

2000 viene battuto grazie<br />

ad un accumulo <strong>di</strong> 454,7 mm.<br />

Tanta pioggia in pochi giorni<br />

non può non provocare gravi<br />

problemi al territorio: sfiorata<br />

l’esondazione dell’Adda, numerose<br />

sono le colate <strong>di</strong> fango<br />

e detriti, le più problematiche<br />

Un’altra calda e<br />

asciutta giornata<br />

ottobrina se ne va.<br />

ad Albaredo e a Dubino.<br />

Estate 2003, una normale<br />

estate del XXI secolo?<br />

Dopo quest’ultima sfuriata atlantica<br />

le cose cambiano in<br />

modo piuttosto ra<strong>di</strong>cale, piove<br />

poco ed il profilo termico inizia<br />

a far parlare <strong>di</strong> sé. Segue infatti<br />

l’estate del 2003. Fortunatamente<br />

essendo un evento non<br />

troppo datato, si può far lavorare<br />

la memoria e sicuramente<br />

ognuno <strong>di</strong> noi saprà rapportarsi<br />

all’intensità e all’enormità<br />

del caldo <strong>di</strong> quella estate.<br />

Da maggio a settembre si battono<br />

tutti i record <strong>di</strong> temperatura,<br />

il ben noto 11 agosto<br />

nel Nord Italia e in Europa fa la<br />

storia della climatologia. Son-<br />

drio raggiunge i 40,0°C mentre<br />

a Grono, nella vicinissima Val<br />

Mesolcina, il termometro arriva<br />

ad<strong>di</strong>rittura a 41,5°C, superando<br />

<strong>di</strong> ben 1,5°C il record precedente<br />

per l’intera Confederazione<br />

Elvetica. Le ondate <strong>di</strong> calore<br />

si susseguono senza sosta, alimentate<br />

dal persistente anticiclone<br />

subtropicale che fà volare<br />

anche le me<strong>di</strong>e mensili, agosto<br />

<strong>di</strong>venta il mese più caldo<br />

<strong>di</strong> sempre a Sils. La vegetazione<br />

spontanea, le colture, e soprattutto<br />

i ghiacciai, subiscono<br />

danni estremamente gravi.<br />

2004 e 2005, Föhn e caldo<br />

Dopo l’estate 2003, il clima<br />

sembra volersi dare una regolata,<br />

ricomincia a nevicare con<br />

regolarità, ma solo nelle Orobie.<br />

Le temperature non fanno<br />

più <strong>di</strong>scutere per qualche<br />

mese. Mentre nell’estate 2004<br />

le precipitazioni iniziano a venir<br />

meno: sono i primi segnali<br />

<strong>di</strong> una crisi che ancora oggi, a<br />

3 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, non può <strong>di</strong>rsi<br />

conclusa.<br />

L’inverno successivo verrà ricordato<br />

per la scarsità <strong>di</strong> neve e<br />

per le intensissime e prolungate<br />

tempeste <strong>di</strong> Föhn. Fra gennaio<br />

e marzo 2005 ad Andalo<br />

si contano ben 29 giorni con<br />

effetto favonico, praticamente<br />

un giorno su tre. Il deficit<br />

pluviometrico si accresce sempre<br />

<strong>di</strong> più, stante la latitanza<br />

delle perturbazioni atlantiche.<br />

L’estate 2005 si <strong>di</strong>mostra an-<br />

cora una volta molto calda soprattutto<br />

nella sua prima metà,<br />

con picchi <strong>di</strong> temperatura superiori<br />

ai 35°C.<br />

Il freddo e la neve dell’inverno<br />

2005/2006<br />

L’inverno successivo dà uno<br />

scossone alla “meteo-noia”,<br />

grazie soprattutto alle numerose<br />

nevicate fin sul fondovalle.<br />

La prima neve arriva il<br />

25-26 novembre, si replica il 29<br />

e nuovamente il 2-3 ed il 27 <strong>di</strong>cembre.<br />

Ad arricchire un inverno<br />

già <strong>di</strong> per sé freddo e nevoso,<br />

arriva la grande nevicata<br />

del 27 gennaio. Un evento<br />

meteorologico <strong>di</strong> grande rilevanza,<br />

inserito in un inverno<br />

d’altri tempi per la costanza<br />

46 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 47


delle basse temperature e per<br />

la durata della neve al suolo<br />

nel fondovalle (circa 100 giorni<br />

consecutivi). Il fondovalle<br />

è sommerso da 80 cm <strong>di</strong> neve<br />

fresca caduti in un solo giorno,<br />

mentre l’Alta Valtellina è quasi<br />

del tutto saltata, tanto che in<br />

Valfurva l’accumulo non supera<br />

i 2 cm. Per ritrovare una nevicata<br />

<strong>di</strong> questa intensità per<br />

il fondovalle valtellinese occorre<br />

tornare al “mitico” gennaio<br />

1985.<br />

Le eccezionali anomalie termiche<br />

del 2006/2007<br />

Il luglio successivo mostra ancora<br />

i caratteri dell’eccezionalità<br />

per le alte temperature. Il<br />

mese risulta il terzo in assoluto<br />

più caldo dell’intera serie<br />

<strong>di</strong> Sils, riproponendo, fortunatamente<br />

per solo un mese, gli<br />

scenari del 2003. È solo l’inizio<br />

<strong>di</strong> una marcatissima anomalia<br />

climatica che prende il via nel<br />

settembre del 2006 e si concluderà<br />

solo nell’agosto del 2007.<br />

Le anomalie sono talmente<br />

marcate che quasi tutti i mesi<br />

non solo si rivelano più cal<strong>di</strong><br />

della norma, ma ad<strong>di</strong>rittura fra<br />

i più cal<strong>di</strong> <strong>di</strong> sempre. L’escalation<br />

lascia stupefatti: settembre<br />

il sesto più caldo della se-<br />

Nelle foto: <strong>Morbegno</strong><br />

sotto una delle<br />

nevicate del <strong>di</strong>cembre<br />

2005.<br />

Sopra, piazza<br />

“Cappuccini” , nella<br />

pagina a fronte, la<br />

statua <strong>di</strong> San Giovanni<br />

Nepomuceno sul ponte<br />

del Bitto.<br />

rie <strong>di</strong> Sils, ottobre e novembre<br />

si piazzano al terzo posto delle<br />

rispettive classifiche. Di conseguenza<br />

l’autunno 2006 <strong>di</strong>venta<br />

il più caldo, almeno dal 1864.<br />

Stessa sorte anche per il gennaio<br />

2007, “arricchito” da alcuni<br />

eventi particolarmente interessanti.<br />

Difficile infatti <strong>di</strong>menticare<br />

l’episo<strong>di</strong>o favonico<br />

del giorno 19 quando nel fondovalle<br />

la temperatura è schizzata<br />

sopra i 20°C raggiungendo<br />

il valore record <strong>di</strong> 24,8°C ad<br />

Andalo.<br />

Anche il trimestre invernale <strong>di</strong>venta<br />

il più caldo <strong>di</strong> sempre.<br />

Importante rimarcare la <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> anomalia con l’inverno<br />

precedente (2005/2006),<br />

pur freddo, ma neppure lontanamente<br />

paragonabile al suo<br />

successivo. L’anomalia continua<br />

con il sesto febbraio più<br />

caldo, per poi culminare con<br />

il mese <strong>di</strong> aprile. Un mese che<br />

<strong>di</strong>fficilmente sarà entrato nella<br />

memoria popolare, visto che<br />

il caldo in aprile non fa male<br />

come il caldo <strong>di</strong> agosto e neppure<br />

<strong>di</strong>venta eclatante come<br />

il caldo <strong>di</strong> gennaio. Nonostante<br />

la <strong>di</strong>fficile percezione fisica<br />

e psicologica, rimane un’ano-<br />

malia termica e pluviometrica<br />

spaventosa. Il mese chiude a<br />

Sils con ben 5,2°C sopra la me<strong>di</strong>a.<br />

È l’anomalia a scala mensile<br />

più marcata degli ultimi 142<br />

anni. Mai prima d’ora un mese<br />

era stato più “pazzo” dell’aprile<br />

2007.<br />

Vengono completamente a<br />

mancare anche le piogge, accentuando<br />

così l’anomalia. Anche<br />

maggio è molto caldo tanto<br />

che pure la primavera 2007<br />

<strong>di</strong>venta la più calda <strong>di</strong> sempre.<br />

La normale variabilità climatica<br />

locale appare così completamente<br />

stravolta a suon <strong>di</strong><br />

record, rendendo molto <strong>di</strong>fficile<br />

la vita ai tanti detrattori<br />

del cambiamento climatico.<br />

Fortunatamente le temperature<br />

calano gradualmente durante<br />

l’estate che, nonostante tutto,<br />

risulta piuttosto calda. Lo<br />

testimoniamo i ghiacciai, fedeli<br />

in<strong>di</strong>catori del clima che cambia:<br />

le per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> spessore vanno<br />

dai 5-6 m delle zone frontali<br />

al metro dei bacini <strong>di</strong> accumulo<br />

a quote superiori ai 3300<br />

m. Valori del tutto paragonabili<br />

a quelli rilevati nella stagione<br />

2003.<br />

Conclusioni<br />

Non rimane alcun dubbio riguardo<br />

l’incremento delle temperature<br />

a livello locale e mon<strong>di</strong>ale;<br />

interessante comprendere<br />

le modalità <strong>di</strong> questo cambiamento.<br />

Gli episo<strong>di</strong> qui raccontati<br />

sembrano volerci dare<br />

degli in<strong>di</strong>zi: precipitazioni intense<br />

e concentrate in brevi<br />

perio<strong>di</strong> (2000/2001 e novembre<br />

2002) all’interno <strong>di</strong> un trend<br />

contrad<strong>di</strong>stinto da lunghi perio<strong>di</strong><br />

siccitosi. Isolate anomalie<br />

termiche negative (inverno<br />

2005/2006) e un netto incremento<br />

<strong>di</strong> frequenza ed intensità<br />

delle ondate <strong>di</strong> calore pilotate<br />

dall’anticiclone africano<br />

(estate 2003, luglio 2006). Volenti<br />

o nolenti an<strong>di</strong>amo, quin<strong>di</strong>,<br />

verso il caldo, senza grosse<br />

possibilità <strong>di</strong> inversioni <strong>di</strong> tendenza.<br />

È forse giunta l’ora <strong>di</strong><br />

affrontare questa problematica<br />

senza nascondersi <strong>di</strong>etro a improbabili<br />

speranze <strong>di</strong> cambiamento.<br />

* membro del Servizio Glaciologico<br />

Lombardo<br />

• I principali gas serra sono il vapore<br />

acqueo, l’anidride carbonica (CO2),<br />

l’ossido <strong>di</strong> azoto (NO), il metano (CH4)<br />

e l’ozono (O3)<br />

• Il record <strong>di</strong> temperatura massima in<br />

Svizzera prima del 2003 era detenuto<br />

da Basilea grazie ai 39,0°C del 2 luglio<br />

1952<br />

• L’equivalente in acqua precipitato<br />

in sole 24 ore il 27 gennaio 2006 ad<br />

Andalo è stato <strong>di</strong> ben 78,8 mm. Valore<br />

raggiungibile in Valtellina quasi soltanto<br />

grazie a situazioni temporalesche e<br />

superato solo 2 volte negli ultimi 4 anni.<br />

• Le temperature massime del 19 gennaio<br />

battono i record in molte stazioni<br />

del Nord Italia, a Torino per esempio i<br />

25,3°C registrati sono la temperatura<br />

più alta rilevata in gennaio almeno dal<br />

1753! Battendo <strong>di</strong> ben 4,1°C il record<br />

precedente (fonte www.nimbus.it )<br />

• L’inverno 2005/2006 era stato <strong>di</strong><br />

1,5°C sottome<strong>di</strong>a, mentre il 2006/2007<br />

va sopra me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ben 3,4°C<br />

Bibliografia<br />

International panel of climate change<br />

www.ipcc.ch è un gruppo <strong>di</strong> esperti che non<br />

effettua stu<strong>di</strong> sul clima come la maggior parte<br />

della gente ancora oggi pensa, ma ha il<br />

semplice compito <strong>di</strong> leggere e vagliare l’intera<br />

bibliografia scientifica che riguarda gli stu<strong>di</strong><br />

sui cambiamenti climatici producendo dei<br />

documenti <strong>di</strong> sintesi.<br />

Società meteorologica Italiana<br />

www.nimbus.it<br />

Real Cimate<br />

www.realclimate.org<br />

Meteosvizzera<br />

www.meteoswiss.ch<br />

Servizio Glaciologico Lombardo<br />

www.sgl.cluster.it<br />

Michael Ernst, the Woods Hole Research<br />

Center www.whrc.org<br />

Meteovaltellina<br />

www.meteovaltellina.it<br />

Per approfon<strong>di</strong>menti:<br />

SCOTTI R., L'inverno più caldo almeno dal<br />

1864 a Sils/Maria (Enga<strong>di</strong>na – CH), meteovaltellin.it,<br />

2007,<br />

http://www.meteovaltellina.it/pdf/SilsInv06-07.pdf<br />

Le cronache nivo-meteorologiche presenti<br />

nel perio<strong>di</strong>co Terra Glacialis e<strong>di</strong>to dal Servizio<br />

Glaciologico Lombardo.<br />

48 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 49


Non è molto frequente trovare<br />

delle chiese in montagna,<br />

sopra una certa quota; quando<br />

però questo accade, è spesso<br />

una rivelazione, una sorta<br />

<strong>di</strong> epifania che, per motivi<br />

<strong>di</strong>versi, impressiona la nostra<br />

memoria. In questi ultimi anni,<br />

nelle uscite escursionistiche<br />

dell’Associazione, abbiamo<br />

sempre cercato <strong>di</strong> introdurre<br />

almeno una meta che<br />

includesse uno <strong>di</strong> questi e<strong>di</strong>fici.<br />

Gli ultimi visitati sono stati<br />

l’abbazia <strong>di</strong> San Benedetto<br />

in Val Perlana, sopra Lenno,<br />

la chiesa romanica <strong>di</strong> San<br />

Rome<strong>di</strong>o, in Val Poschiavo,<br />

e il complesso <strong>di</strong> San Pietro<br />

al Monte sopra Civate. Una<br />

caratteristica comune sta nel<br />

fatto che tutte e tre si trovano<br />

su una via <strong>di</strong> comunicazione:<br />

la strada che da Ossuccio<br />

porta in Svizzera, quella che<br />

da Tirano porta al Passo del<br />

Bernina, quella che metteva<br />

in comunicazione Lecco con<br />

la Brianza, passando in quota<br />

per evitare il piano, paludoso e<br />

brulicante <strong>di</strong> malintenzionati.<br />

Se a noi fa un certo effetto<br />

trovare a queste quote degli<br />

Chiese<br />

<strong>di</strong> montagna<br />

Tre spunti per escursioni ”artistiche”<br />

<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />

e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> notevole importanza<br />

architettonica ed artistica,<br />

dobbiamo però considerare<br />

che, tempo ad<strong>di</strong>etro, non era<br />

per nulla infrequente spostarsi<br />

a queste altezze, anche con<br />

convogli commerciali. In<br />

un’epoca in cui viaggiare<br />

a pie<strong>di</strong>, anche per lunghi<br />

tragitti, era la normalità,<br />

affrontare passi e valichi alpini<br />

non costituiva un ostacolo;<br />

ecco allora che anche i religiosi<br />

portavano in altura la loro<br />

attività <strong>di</strong> evangelizzazione,<br />

accompagnata a quella<br />

<strong>di</strong> colonizzazione e <strong>di</strong><br />

trasformazione del territorio.<br />

Sono soprattutto le comunità<br />

monastiche che, a partire<br />

dall’XI sec., portano avanti<br />

un’opera <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssodamento<br />

e <strong>di</strong> bonifica delle terre<br />

più alte, compensando in<br />

qualche modo la scarsità<br />

<strong>di</strong> terreno produttivo<br />

utilizzabile del fondovalle,<br />

soggetto ad inondazioni e ad<br />

impaludamenti; molti luoghi<br />

traggono la loro origine da<br />

queste opere <strong>di</strong> bonifica e la<br />

conservano nel loro nome:<br />

da “roncare”, cioè <strong>di</strong>ssodare,<br />

derivano vari toponimi, come<br />

Roncaglia, Ronco, Ronchi ecc.<br />

Nascono perciò <strong>di</strong>verse chiese<br />

e monasteri, più o meno ricchi<br />

ed articolati.<br />

Quello <strong>di</strong> San Rome<strong>di</strong>o (o<br />

San Remigio) impressiona<br />

soprattutto per la posizione<br />

e l’armonica semplicità. Sorge<br />

ad una quota <strong>di</strong> 1800 m, sul<br />

ciglio <strong>di</strong> una vertiginosa ed<br />

estesa frana che domina la Val<br />

Poschiavo. La finestrella della<br />

cripta permette <strong>di</strong> affacciarsi<br />

sul precipizio, dando<br />

l’impressione <strong>di</strong> essere sospesi<br />

nel vuoto. I caratteri sono<br />

quelli della chiesa romanica,<br />

con muri massicci e pochissime<br />

aperture, campanile tozzo con<br />

50 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 51<br />

Uno<br />

sguardo<br />

dalle bifore<br />

<strong>di</strong> San<br />

Pietro al<br />

Monte.


A fianco: il complesso romanico <strong>di</strong> San<br />

Pietro al Monte; in primo piano l’abside<br />

dell’oratorio, sullo sfondo la basilica.<br />

Nella pagina a fronte, sopra: in alto la<br />

chiesetta <strong>di</strong> San Romerio arroccata su uno<br />

sperone roccioso della Valle <strong>di</strong> Poschiavo, in<br />

basso il ciborio <strong>di</strong> San Pietro al Monte.<br />

Sotto: il complesso monasteriale <strong>di</strong> San<br />

Benedetto in Val Perlana.<br />

copertura a cuspide; l’abside<br />

è canonicamente rivolta ad<br />

Est, mentre l’ingresso è posto<br />

lateralmente, in quanto la<br />

facciata principale si apre<br />

<strong>di</strong>rettamente sul precipizio. Per<br />

passare dalla porta d’accesso<br />

si deve, però, entrare in un<br />

vano, la cui funzione non era<br />

liturgica (come un nartece<br />

o altro) quanto piuttosto<br />

quella <strong>di</strong> luogo <strong>di</strong> riparo per i<br />

viandanti. All’interno vi sono<br />

delle scarse tracce <strong>di</strong> affreschi,<br />

probabilmente coeve alla data<br />

<strong>di</strong> fondazione della chiesa.<br />

La semplicità delle linee<br />

architettoniche, la posizione,<br />

su un piano verde aperto nei<br />

larici, il piacevole percorso<br />

d’avvicinamento, fanno <strong>di</strong><br />

questa chiesa, appartenente<br />

alla parrocchia <strong>di</strong> Tirano pur<br />

essendo in territorio elvetico,<br />

una meta <strong>di</strong> grande interesse.<br />

Salendo dal Santuario<br />

dell’Acqua Fredda, dopo<br />

aver percorso la selvaggia<br />

e francamente non troppo<br />

interessante Val Perlana, si<br />

arriva al monastero romanico<br />

<strong>di</strong> San Benedetto. La chiesa<br />

ripaga della camminata<br />

fatta fin qui. Al momento<br />

la struttura, <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong><br />

privati, non è abitata, anche<br />

se <strong>di</strong> recente un paio <strong>di</strong> monaci<br />

ha tentato, per alcuni mesi, <strong>di</strong><br />

farla rivivere; probabilmente<br />

l’eccessiva lontananza dal<br />

primo centro abitato ha posto<br />

fine al tentativo. Il complesso<br />

è formato dalla chiesa,<br />

documentata già nel 1083 e<br />

recuperata dopo un intervento<br />

<strong>di</strong> restauro effettuato in tempi<br />

recenti, dagli ambienti che<br />

probabilmente ospitavano<br />

la sala capitolare, dalla<br />

foresteria, da alcune tracce del<br />

chiostro e da molti resti <strong>di</strong> altri<br />

ambienti, ora ridotti a ruderi<br />

ma comunque dotati <strong>di</strong> una<br />

buona leggibilità. La valle qui<br />

è tanto stretta e ripida che si<br />

fa fatica ad avere una visione<br />

d’assieme del complesso, anche<br />

perché il bosco si è ripreso<br />

lo spazio che gli era stato<br />

sottratto ed ha ora avvolto il<br />

monastero. Il senso <strong>di</strong> pace<br />

e l’atmosfera me<strong>di</strong>oevale che<br />

aleggiano in questo luogo lo<br />

rendono senz’altro degno <strong>di</strong><br />

un’escursione, peraltro adatta a<br />

tutti i perio<strong>di</strong> dell’anno.<br />

Delle tre chiese qui citate, la<br />

più interessante artisticamente<br />

è quella <strong>di</strong> San Pietro al<br />

Monte. Architettonicamente<br />

è un complesso romanico<br />

(anche se citato già in epoca<br />

longobarda), formato da due<br />

corpi, l’oratorio e la basilica.<br />

Salendo da Civate, sbucati<br />

dal bosco, si arriva nel piano<br />

del monastero e subito si<br />

capisce che si è davanti a<br />

qualcosa <strong>di</strong> molto particolare<br />

ed interessante. Anzitutto<br />

la chiesa, e<strong>di</strong>ficio in pietra a<br />

pianta rettangolare, presenta<br />

due absi<strong>di</strong> contrapposte,<br />

tipologia molto rara dalle<br />

nostre parti e <strong>di</strong>ffusa invece<br />

in area germanica. Un’ampia<br />

scalinata in pietra immette in<br />

un pronao semicircolare dotato<br />

<strong>di</strong> bifore. Tra le decorazioni<br />

interne, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo<br />

interesse, spicca il gran<strong>di</strong>oso<br />

affresco dell’Apocalisse,<br />

risalente all’anno 1000, uno<br />

dei meglio conservati ed<br />

interessanti d’Italia per quanto<br />

riguarda questo periodo.<br />

Bellissimi i colori dell’enorme<br />

drago e degli Arcangeli. Altra<br />

opera notevole è il raffinato<br />

ciborio in stucco. Con una scala<br />

interna si scende nella cripta,<br />

un suggestivo ambiente a tre<br />

navate, con volta a crociera e<br />

un ampio commento decorativo<br />

in stucco. Di fronte alla<br />

chiesa sorge l’oratorio <strong>di</strong> San<br />

Benedetto, e<strong>di</strong>ficio interamente<br />

in pietra, a pianta quadrata,<br />

con tre absi<strong>di</strong> semicircolari.<br />

Come tipico dell’arte romanica,<br />

i sottogronda sono arricchiti da<br />

archetti ciechi e decorazioni a<br />

dente <strong>di</strong> sega, e le absi<strong>di</strong> sono<br />

dotate <strong>di</strong> monofore strombate<br />

a tutto sesto. Il complesso è<br />

già molto conosciuto e non<br />

ha bisogno <strong>di</strong> particolare<br />

promozione, anche perché,<br />

fra quelli qui proposti, è il<br />

più facilmente raggiungibile.<br />

Tutti e tre, comunque,<br />

meritano sicuramente una<br />

visita e possono essere un<br />

interessante punto <strong>di</strong> incontro<br />

tra appassionati d’arte, ma<br />

non provetti escursionisti e<br />

cultori del camminare, non<br />

avvezzi a frequentare musei e<br />

monumenti.<br />

52 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 53


Pascolo che va,<br />

bosco che viene<br />

<strong>di</strong> Alessandro Rapella<br />

È ormai noto, a chiunque frequenti e conosca la monta-<br />

gna, come negli ultimi anni il paesaggio sia andato lenta-<br />

mente, ma inesorabilmente cambiando: coltivazioni ab-<br />

bandonate, boschi non utilizzati, baite <strong>di</strong>sabitate e pa-<br />

scoli che stanno lasciando il posto alla foresta.<br />

La selvicoltura e l’alpicoltura, che hanno rappresentato<br />

la principale risorsa e il sostentamento delle popolazioni<br />

alpine, sono sempre più relegate ad attività <strong>di</strong> “nicchia”,<br />

<strong>di</strong>fficilmente competitive rispetto ad altri lavori più remunerativi<br />

e sicuramente meno faticosi.<br />

Il risultato in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong> questo cambiamento sociale è sotto<br />

gli occhi <strong>di</strong> tutti: un paesaggio che muta in continuazione<br />

e che stentiamo a riconoscere nelle cartoline <strong>di</strong><br />

qualche decennio fa o nei ricor<strong>di</strong> della nostra infanzia.<br />

bosco che viene<br />

54 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 55


Quante volte ci è capitato<br />

durante le passeggiate <strong>di</strong><br />

ritornare dopo pochi anni<br />

in luoghi conosciuti e non<br />

ritrovare più quel sentiero o<br />

quel prato trasformatisi ormai<br />

in bosco o cespuglio <strong>di</strong> rovi?<br />

Di fronte all’abbandono del<br />

territorio prevale un senso<br />

<strong>di</strong> amarezza e <strong>di</strong> nostalgia<br />

ripensando al “giar<strong>di</strong>no”<br />

passato e a come fosse “pulita”<br />

e mantenuta la montagna<br />

e, spesso, si invocano<br />

provve<strong>di</strong>menti drastici<br />

e maggiori <strong>di</strong>sponibilità<br />

finanziarie, addossando la<br />

colpa dell’abbandono ad una<br />

scarsa attenzione da parte<br />

delle istituzioni e degli enti<br />

pubblici.<br />

Raramente, però, si accetta che<br />

il mutamento del paesaggio<br />

segua in maniera in<strong>di</strong>ssolubile<br />

la trasformazione socioeconomica<br />

<strong>di</strong> chi ha sempre<br />

vissuto in montagna e che i<br />

risultati <strong>di</strong> tale cambiamento<br />

siano inevitabili e, il più delle<br />

volte, irreversibili.<br />

Sfugge al pensiero comune che<br />

l’immane e secolare lavoro <strong>di</strong><br />

gestione e <strong>di</strong> manutenzione del<br />

territorio alpino è sempre stato<br />

un servizio gratuito per l’intera<br />

collettività!<br />

L’alpigiano, nel fare il proprio<br />

lavoro, e garantire il proprio<br />

sostentamento, teneva pulite<br />

le canalette <strong>di</strong> deflusso delle<br />

acque e migliorava il cotico<br />

erboso; il boscaiolo manteneva<br />

efficienti i sentieri d’accesso e<br />

i canali d’esbosco; il conta<strong>di</strong>no<br />

curava i muretti a secco e<br />

tagliava le erbe invadenti e<br />

così via…<br />

Tutte operazioni capillari e<br />

assidue, in<strong>di</strong>spensabili per<br />

assicurare la funzionalità del<br />

sistema agro-silvo pastorale,<br />

migliorandone la resa, e per<br />

salvaguardare il territorio da<br />

<strong>di</strong>ssesti.<br />

Se l’opera <strong>di</strong> chi viveva e<br />

lavorava in montagna è venuta<br />

meno, almeno in parte, chi<br />

<strong>di</strong> noi oggi è <strong>di</strong>sposto a<br />

cambiare vita e a sostituirsi<br />

al conta<strong>di</strong>no-boscaiolo? Se<br />

il costo <strong>di</strong> manutenzione del<br />

territorio risulta oltremodo<br />

gravoso in termini economici,<br />

chi è <strong>di</strong>sposto ad aumentare<br />

le proprie tasse per assicurare<br />

in futuro la cura del paesaggio<br />

alpino?<br />

Difficile ed oneroso tornare<br />

in<strong>di</strong>etro.<br />

Sicuramente occorre<br />

concentrare gli sforzi pubblici<br />

e privati (e le poche risorse<br />

<strong>di</strong>sponibili) a favore <strong>di</strong><br />

chi continua ad operare,<br />

nonostante tutto, in montagna<br />

e creare i presupposti necessari<br />

per rivitalizzare il settore;<br />

ma occorre anche accettare <strong>di</strong><br />

buon grado le trasformazioni<br />

in atto come segno del nostro<br />

tempo e cercare, nel limite<br />

del possibile, <strong>di</strong> prevenire<br />

eventuali <strong>di</strong>sastri ambientali.<br />

Tra tutte le trasformazioni del<br />

paesaggio, quella più evidente<br />

è senza dubbio l’aumento<br />

progressivo della superficie a<br />

bosco che tende a rioccupare<br />

le aree agricole e marginali e i<br />

pascoli <strong>di</strong> quota.<br />

Mentre a livello planetario si<br />

riduce la foresta, causa tagli<br />

in<strong>di</strong>scriminati nei paesi nel<br />

terzo mondo, in Europa e in<br />

“Di fronte all’abbandono<br />

del territorio prevale un<br />

senso <strong>di</strong> amarezza e <strong>di</strong><br />

nostalgia ripensando al<br />

giar<strong>di</strong>no passato”.<br />

56 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 57


Italia il bosco avanza con<br />

percentuali significative: 2-3%<br />

ogni anno, con <strong>di</strong>fferenze<br />

sostanziali tra la pianura e le<br />

aree urbane (stabile e in calo)<br />

e le aree montane e collinari<br />

(in netta crescita).<br />

L’aumento <strong>di</strong> superficie delle<br />

foreste viene altresì favorito<br />

dal cambiamento climatico<br />

in atto da alcuni anni, in<br />

quanto le temperature più<br />

miti e <strong>di</strong>fferenti gra<strong>di</strong>enti<br />

<strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà spingono il bosco<br />

verso quote superiori rispetto<br />

al passato, accelerando il<br />

processo <strong>di</strong> colonizzazione<br />

dei pascoli abbandonati.<br />

Il clima, associato ad una<br />

minore utilizzazione boschiva,<br />

contribuisce inoltre ad un<br />

cambiamento specifico dei<br />

boschi: regressione dei<br />

castagneti, aumento delle<br />

faggete e peccete, <strong>di</strong>minuzione<br />

dei lariceti.<br />

In genere si assiste al<br />

passaggio da con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

forte artificializzazione, come<br />

sono ad esempio i pascoli o<br />

i maggenghi, a con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

pseudo-naturalità, causate<br />

dalla crescita spontanea del<br />

bosco che si sviluppa talvolta<br />

con <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>namiche<br />

vegetazionali.<br />

Su questo processo è<br />

necessario fare alcune<br />

considerazioni.<br />

• La per<strong>di</strong>ta, anche parziale,<br />

<strong>di</strong> spazi aperti (prati, pascoli)<br />

implica una semplificazione del<br />

paesaggio e la scomparsa <strong>di</strong><br />

storia e <strong>di</strong> cultura dell’uomo.<br />

• Vengono sicuramente<br />

compromessi particolari<br />

habitat <strong>di</strong> prateria <strong>di</strong> grande<br />

interesse naturalistico, anche<br />

se <strong>di</strong> origine antropica, con<br />

il rischio <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> alcune<br />

specie vegetali e animali<br />

(es. i galli alpini) ed un calo<br />

generalizzato <strong>di</strong> bio<strong>di</strong>versità.<br />

• Una ridotta attività<br />

umana non coincide con un<br />

imme<strong>di</strong>ato ritorno a con<strong>di</strong>zioni<br />

naturali tipo boschi vergini;<br />

il passaggio avviene <strong>di</strong> norma<br />

in tempi molto lunghi, anche<br />

secoli.<br />

• L’aumento del bosco<br />

consente, però <strong>di</strong> incrementare<br />

la fertilità del terreno,<br />

consolidare pen<strong>di</strong>ci franose<br />

ed immagazzinare nel<br />

legno maggiori quantità <strong>di</strong><br />

carbonio, contribuendo in<br />

minima parte al contenimento<br />

delle immissioni <strong>di</strong> anidride<br />

carbonica.<br />

• Allo stesso modo, una<br />

maggiore <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong><br />

biomassa proveniente dal<br />

bosco potrebbe costituire una<br />

risposta sostenibile alla sempre<br />

maggiore richiesta <strong>di</strong> energia.<br />

Questa è la nuova “cartolina”<br />

con cui dobbiamo confrontarci<br />

e che dobbiamo adeguare<br />

alle nostre esigenze. Una<br />

cartolina <strong>di</strong>versa dal passato e<br />

sicuramente <strong>di</strong>versa dal futuro,<br />

dove magari gli unici pascoli<br />

in montagna saranno le piste<br />

da sci e dove le mucche, a<br />

chiazze viola, mangeranno solo<br />

cioccolato alpino.<br />

58 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 59


Gita scialpinistica<br />

allo Zapporthorn<br />

<strong>di</strong> Marco Riva<br />

Lo Zapporthorn, la vetta più<br />

importante del gruppo del S.<br />

Bernar<strong>di</strong>no a quota 3152 m,<br />

è stata la proposta <strong>di</strong> gita<br />

scialpinistica organizzata e<br />

coor<strong>di</strong>nata dal <strong>CAI</strong> <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong><br />

a conclusione della stagione<br />

invernale 2006/2007.<br />

Domenica 25 marzo alle ore 5,<br />

con il tempo un po’incerto, il<br />

cielo coperto da nuvole e la<br />

strada bagnata, siamo saliti sul<br />

pullman entusiasti <strong>di</strong> conoscere<br />

nuovi paesaggi, pen<strong>di</strong>i e vette<br />

sconosciuti alla maggior parte<br />

degli sciatori presenti quella<br />

mattina. Dopo una breve sosta<br />

lungo il percorso, abbiamo<br />

raggiunto il luogo <strong>di</strong> partenza<br />

dell’itinerario a quota 1680<br />

m, alle ore 8.30 circa. Il<br />

tempo non prometteva nulla<br />

<strong>di</strong> buono. Scambiate piacevoli<br />

battute scherzose con i vari<br />

partecipanti e compiuto il<br />

solito rito della vestizione,<br />

guidati dal presidente<br />

siamo partiti formando una<br />

lunga, multicolore e sempre<br />

compatta fila in<strong>di</strong>ana. Una<br />

volta risalito il passo del<br />

S. Bernar<strong>di</strong>no, seguendo<br />

principalmente la strada,<br />

davanti a noi si è aperto<br />

un suggestivo falso piano,<br />

ricoperto da un’abbondante<br />

coltre <strong>di</strong> neve soffice e<br />

“abitato” da stambecchi<br />

e pernici, riconosciuti<br />

grazie alle in<strong>di</strong>cazioni<br />

date dall’amico Danilo.<br />

Affascinati dall’ambiente che<br />

ci apprestavamo a conoscere<br />

e ad attraversare, la vista<br />

degli animali è stata la scusa<br />

per fermarci, mangiare, bere<br />

qualcosa e recuperare le<br />

energie necessarie per l’ascesa<br />

alla vetta ancora lontana.<br />

Nel frattempo il cielo era<br />

<strong>di</strong>ventato azzurro e il caldo<br />

sole ci ha accompagnati<br />

per l’intera giornata,<br />

permettendoci <strong>di</strong> ammirare le<br />

bellezze del paesaggio.<br />

Chiacchierando, ridendo e<br />

scherzando con i nuovi e i<br />

vecchi amici, dopo cinque<br />

ore <strong>di</strong> camminata lungo un<br />

percorso con salite graduali,<br />

siamo arrivati alla bocchetta.<br />

I più temerari, muniti <strong>di</strong><br />

piccozza e ramponi, risalendo<br />

un canalino, hanno raggiunto<br />

la tanto attesa vetta. All’ora<br />

<strong>di</strong> pranzo, momento sempre<br />

gratificante soprattutto dopo<br />

una lunga camminata, viene<br />

piacevolmente consumata la<br />

colazione al sacco. Vengono<br />

scattate le immancabili<br />

fotografie e con la pancia<br />

piena, gli sci ai pie<strong>di</strong>, lo<br />

zaino in spalla e il sorriso<br />

sulle labbra eccoci pronti ad<br />

affrontare la magnifica <strong>di</strong>scesa.<br />

La neve era come “panna<br />

montata”, ognuno a suo modo<br />

esprimeva la propria felicità:<br />

chi rideva, chi incitava,<br />

chi scherzava, pennellando<br />

curve che neanche un pittore<br />

saprebbe <strong>di</strong>segnare. Comunque<br />

non sono mancati i consueti<br />

capitomboli che nemmeno<br />

artisti da circo riuscirebbero<br />

a compiere. In fondo ad ogni<br />

valletta ci si aspettava e si<br />

ricompattava il gruppo, per<br />

poi nuovamente ripartire con<br />

gli amici vicini, <strong>di</strong>vertendoci<br />

tutti insieme e concludendo<br />

un’in<strong>di</strong>menticabile gita fuori<br />

paese.<br />

60 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 61


Traversata Camogli-Portofino<br />

il <strong>CAI</strong><br />

<strong>di</strong> Laura Bettega<br />

al<br />

Mare<br />

Ed eccomi a fare un resoconto sulla gita del <strong>CAI</strong> del 16 Settembre<br />

07 che, iniziata in pullman da <strong>Morbegno</strong> a Camogli, è proseguita<br />

a pie<strong>di</strong> sul promontorio <strong>di</strong> Portofino, per continuare in traghetto<br />

fino a S.ta Margherita dove il pullman ci attendeva per il rientro a<br />

<strong>Morbegno</strong>.<br />

Ma proce<strong>di</strong>amo con or<strong>di</strong>ne: arrivati a Ruta, sopra Camogli, a 250 m,<br />

ci siamo messi gli zaini in spalla (ed io le racchette in mano alla<br />

moda svizzera!) e siamo saliti sul punto più alto del promontorio<br />

(450 m) attraversando un bellissimo bosco <strong>di</strong> castagni, querce e pini<br />

che a mio <strong>di</strong>re avrebbe meritato <strong>di</strong> essere ammirato con maggior<br />

calma.<br />

Dall’alto si è aperta la stupenda vista, giù, ai nostri pie<strong>di</strong>, della baia<br />

<strong>di</strong> San Fruttuoso con un mare bellissimo e una ancor più bella abbazia<br />

benedettina. Un particolare ringraziamento alla nostra guida<br />

Alessandro che ha saputo farci “gustare” la bellezza <strong>di</strong> questo<br />

gioiello con arcate, trifore e cupola che risalgono al X secolo.<br />

Dopo uno spuntino e , per alcuni, un bagno in mare ritenuto<br />

d’obbligo, abbiamo ripreso la camminata dapprima in salita,<br />

poi pianeggiante lungo la costiera fino a Portofino.<br />

Breve sosta per ammirare la bellezza <strong>di</strong> questa insenatura, delle<br />

ville che la circondano, delle imbarcazioni lussuose, dei<br />

colori delle case che si specchiano nel mare e… perché no, per<br />

un ricordo nostalgico <strong>di</strong> un lontano luglio ’64.<br />

Ultima tappa: Portofino–Santa Margherita con il battello che ci<br />

ha permesso <strong>di</strong> spaziare con lo sguardo fra mare aperto e costa<br />

ligure, poi rientro in pullman. Per me è stata la prima gita<br />

ufficiale del Cai e devo ammettere che, pur non conoscendo<br />

gran parte dei settanta partecipanti, mi sono sentita subito<br />

a mio agio grazie all’organizzazione del Presidente, al clima<br />

favorevole e ai simpatici compagni <strong>di</strong> camminata.<br />

Mi auguro che escursioni <strong>di</strong> questo tipo vengano <strong>di</strong> nuovo organizzate<br />

permettendo anche a soci non più giovani come me,<br />

<strong>di</strong> fare belle, ma non troppo <strong>di</strong>fficili camminate e <strong>di</strong> visitare<br />

luoghi <strong>di</strong> interesse storico, culturale, ambientale in simpatica<br />

compagnia.<br />

62 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 63


Cicloalpinismo<br />

in Val Chamuera<br />

e al Piz Sagliaint<br />

<strong>di</strong> Cristina Arosio<br />

L’ambiente montano è sicuramente<br />

tra i più appaganti per il<br />

fascino del suo paesaggio, per<br />

la quiete, per la possibilità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>strarsi, rilassarsi e, perché no,<br />

<strong>di</strong>vertirsi. Lo si può apprezzare<br />

camminando lungo i sentieri,<br />

d’inverno con gli sci ai pie<strong>di</strong>,<br />

ma anche pedalando lungo<br />

percorsi sterrati utilizzando la<br />

mountain-bike per compiere<br />

delle escursioni <strong>di</strong>fficilmente<br />

effettuabili in giornata. Se poi<br />

successivamente si decidesse <strong>di</strong><br />

proseguire a pie<strong>di</strong>, allora ecco<br />

realizzata la gita ciclo-alpinistica.<br />

Combinando al fascino<br />

della camminata in montagna,<br />

la bellezza dell’andar per sentieri<br />

in bicicletta, domenica 15<br />

Luglio, ci siamo avviati alle sei<br />

da <strong>Morbegno</strong>, <strong>di</strong>retti in Val Chamuera<br />

in Enga<strong>di</strong>na, raggiungendo,<br />

verso le nove, il luogo della<br />

partenza. Montati in sella ai<br />

nostri rampichini e animati da<br />

un grande entusiasmo, abbiamo<br />

incominciato a pedalare e, dopo<br />

pochi metri, ci siamo trovati<br />

all’inizio della strada sterrata.<br />

Le salite si alternavano a<br />

lunghi falsi piani, che hanno<br />

consentito ai ciclisti “passisti”<br />

<strong>di</strong> dar sfogo alla propria<br />

pedalata. C’era chi s’impegnava<br />

a rimanere in sella sulle salite<br />

più ripide alla “Pantani”, chi,<br />

invece, scendeva a spingere la<br />

bicicletta, per poi rimontarvi<br />

appena possibile.<br />

La strada, con il fondo sterrato<br />

e in alcuni tratti un po’ <strong>di</strong>ssestata<br />

con ghiaia più grossa, <strong>di</strong><br />

tanto in tanto veniva attraversata<br />

da rigagnoli d’acqua che<br />

adornavano <strong>di</strong> gocce grigiomarrone<br />

la schiena dei ciclisti,<br />

conferendo a tutti la mitica<br />

maglia a “pois” del Tour de<br />

France. Il paesaggio svizzero<br />

faceva da sfondo alla bellezza<br />

della strada che attraversava la<br />

lunga vallata, con i suoi ampi<br />

pascoli, rinver<strong>di</strong>ti dall’acqua del<br />

torrente.<br />

Dopo due ore e mezzo circa <strong>di</strong><br />

pedalata, abbiamo raggiunto<br />

l‘alpeggio. Lasciate le biciclette,<br />

cambiati gli indumenti,<br />

ci siamo incamminati lungo il<br />

sentiero che ci avrebbe portati<br />

in cima al piz Sagliaint a quota<br />

2945 m, meta della nostra gita.<br />

Ormai gli alberi, i ver<strong>di</strong> pascoli<br />

e le piante <strong>di</strong> rododendro avevano<br />

lasciato lo spazio a grosse<br />

masse rocciose, percorribili<br />

solamente a pie<strong>di</strong>.<br />

Il caldo sole, che ci aveva<br />

accompagnato fin dalle prime<br />

ore del mattino, continuava a<br />

splendere in cielo e dopo due<br />

ore circa <strong>di</strong> camminata siamo<br />

giunti alla vetta. Concluso il<br />

piacevole pranzo, scattate le<br />

in<strong>di</strong>menticabili fotografie, il<br />

tempo <strong>di</strong> scendere all’alpeggio<br />

è servito per pregustare la <strong>di</strong>scesa<br />

con il rampichino, rallentata<br />

solo dai cancelli che delimitavano<br />

gli alpeggi. L‘arrivo<br />

alle macchine è stato <strong>di</strong> quelli<br />

tipo “tappa Giro D’Italia”(per<br />

chi non ci credesse si è vista<br />

anche una mucca volare), con<br />

tutti i partecipanti che si sono<br />

congratulati a vicenda per la<br />

bella esperienza vissuta.<br />

64 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 65


La Culmine <strong>di</strong> Dazio<br />

Negli annuari 2004 e 2005 avevamo dato notizia del<br />

“Progetto Culmen <strong>di</strong> Dazio”, finalizzato al recupero<br />

dei sentieri <strong>di</strong> questo interessante saliente geografico<br />

e naturalistico. Nel progetto erano coinvolte, oltre<br />

al <strong>CAI</strong>, le Pro Loco <strong>di</strong> Paniga e <strong>di</strong> Dazio e la CM <strong>di</strong> <strong>Morbegno</strong>.<br />

Venuto a mancare il concorso della Comunità Montana,<br />

in un primo momento favorevole, ma inspiegabilmente<br />

non più interessata pochi mesi dopo, il <strong>CAI</strong> ha proseguito<br />

nel suo intento con le proprie risorse e con la collaborazione<br />

delle due Pro Loco.<br />

Ri<strong>di</strong>mensionato il progetto, lo scorso anno è stato portato<br />

a termine il tratto Paniga–Porcido–Culmen, mentre<br />

quest’anno è stato sistemato, praticamente reinventandolo,<br />

il sentiero <strong>di</strong> cresta che collega la Culmen<br />

alla mulattiera Dazio–Porcido, in corrispondenza del<br />

“terminal auto”.<br />

Sono state messe in opera alcune protezioni, si è provveduto<br />

alla pulizia <strong>di</strong> tutto il tracciato ed è stata completata<br />

la segnaletica sia orizzontale sia verticale.<br />

L’intero percorso, illustrato qui a fianco, è ora una bella<br />

realtà che va ad arricchire il patrimonio sentieristico<br />

della Bassa Valle. Ha uno sviluppo altimetrico <strong>di</strong> circa<br />

700 metri, è percorribile in poco più <strong>di</strong> 3 ore fra andata<br />

e ritorno e non presenta <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> alcun tipo. Di interesse<br />

paesaggistico, faunistico e botanico, se ne consiglia<br />

la frequentazione nelle stagioni interme<strong>di</strong>e.<br />

Nella foto sopra: in rosso<br />

i sentieri sistemati con<br />

segnaletica verticale e<br />

orizzontale, in bianco quelli<br />

<strong>di</strong> prossimo intervento.<br />

Sotto: dalla vetta della<br />

Culmine.<br />

Nella pagina a fronte:<br />

salendo da Paniga a Porcido.<br />

66 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 67


NON CI RESTA CHE PIANGERE 1<br />

Qualche anno fa, in un <strong>di</strong>vertente<br />

film con Massimo Troisi e Roberto<br />

Benigni, i due protagonisti, a causa<br />

<strong>di</strong> un evento atmosferico, venivano<br />

inspiegabilmente proiettati a ritroso<br />

nel tempo fino al Me<strong>di</strong>oevo. In una<br />

delle scene del film i due amici,<br />

intenzionati ad entrare in città,<br />

venivano bloccati in prossimità<br />

della cinta muraria da un solerte<br />

esattore che, protendendo la mano<br />

con l’inesorabile puntualità <strong>di</strong> un<br />

cancelletto a scheda della metropolitana,<br />

chiedeva il balzello per<br />

l’accesso al borgo.<br />

“Un fiorino!” articolava il gabelliere<br />

con perentorio e monotono automatismo.<br />

“Cinque euro!” <strong>di</strong>rebbe<br />

oggi per effetto dell’adeguamento<br />

ISTAT. Tanti quanto le nostre amministrazioni<br />

comunali pretendono<br />

da quest’anno, nel XXI secolo, per<br />

poter accedere alle strade, si fa per<br />

<strong>di</strong>re, agro-silvo-pastorali.<br />

E’ forse vicino il tempo delle fontanelle<br />

pubbliche a gettone? Oppure<br />

del jogging a tassametro sulle rive<br />

dell’Adda? E perché non proporre<br />

un bell’abbonamento, stagionale<br />

o annuale a seconda delle singole<br />

esigenze, per godere della visione<br />

dei nostri splen<strong>di</strong><strong>di</strong> panorami?<br />

Eh, sì, non ci resta che piangere!<br />

il paese dell’incontrario<br />

NON CI RESTA CHE PIANGERE 2<br />

Approposito <strong>di</strong> strade agro-silvopastorali!<br />

La definizione suggerirebbe<br />

che queste piste siano state<br />

realizzate per facilitare il lavoro <strong>di</strong><br />

chi si de<strong>di</strong>ca all’agricoltura, alla silvicoltura<br />

e alla pastorizia in quota,<br />

grazie anche a canali <strong>di</strong> contribuzione<br />

riservati ed agevolati.<br />

E’ giusto! Le attività primarie in<br />

montagna sono particolarmente<br />

onerose e richiedono qualche attenzione<br />

in più rispetto alla pianura.<br />

Naturalmente queste strade dovrebbero<br />

essere <strong>di</strong> esclusiva pertinenza<br />

degli operatori della montagna.<br />

Secondo il buon senso, almeno.<br />

Ma in Italia non è così. In Italia<br />

la <strong>di</strong>zione “agro-silvo-pastorale”<br />

costituisce solo la parola magica<br />

per accedere a finanziamenti, che<br />

altrimenti non potrebbero essere<br />

erogati, per costruire arterie che<br />

si connotano sempre <strong>di</strong> più come<br />

strade turistico-residenziali.<br />

Ed infatti un sopralluogo in una<br />

qualunque giornata lavorativa non<br />

evidenzierebbe la presenza <strong>di</strong> un’attività<br />

meritevole <strong>di</strong> rilievo: solo<br />

qualche modesto mezzo agricolo<br />

per accu<strong>di</strong>re a pochi capi <strong>di</strong> bovini<br />

o per provvedere alla cura del bosco<br />

da parte <strong>di</strong> persone che lavorano<br />

più per affettività che per reale<br />

tornaconto economico. Nei giorni<br />

festivi, al contrario, il traffico<br />

automobilistico <strong>di</strong>venta intenso,<br />

tanto che si fatica a trovare un<br />

angolo per la sosta: gipponi e picup<br />

invadono prati non più falciati<br />

per raggiungere le seconde case,<br />

che hanno preso il posto delle stalle<br />

e dei fienili, nelle quali fanno bella<br />

mostra <strong>di</strong> sé gli oggetti ed i segni<br />

della vita conta<strong>di</strong>na, esibiti a mo’<br />

<strong>di</strong> cimeli <strong>di</strong> un museo spontaneo.<br />

Come a <strong>di</strong>re che del mondo agrosilvo-pastorale<br />

è rimasto solo il<br />

ricordo. Nulla <strong>di</strong> scandaloso, sono i<br />

tempi che cambiano, ma vogliamo,<br />

per favore, uscire una buona volta<br />

dall’ipocrisia? Altrimenti … non ci<br />

resta che piangere!<br />

NON CI RESTA CHE PIANGERE 3<br />

Intanto che i nostri presunti<br />

conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> montagna si prendono<br />

cura delle loro baite sempre più<br />

curate, le amministrazioni locali,<br />

archiviate le campagne pro pedaggio<br />

“strade-agro-silvo-pastorali” e<br />

“raccolta-funghi”, sono alla ricerca<br />

<strong>di</strong> nuove modalità <strong>di</strong> valorizzazione<br />

del territorio <strong>di</strong> loro competenza. Le<br />

più avvedute ed aggiornate, grazie<br />

alla lungimiranza dei loro sindaci,<br />

hanno capito che il problema con il<br />

quale il mondo si dovrà confrontare<br />

nei prossimi decenni sarà il bisogno<br />

sempre più forte <strong>di</strong> energia elettrica<br />

e che, a fronte dell’inevitabile<br />

esaurimento dei pozzi <strong>di</strong> petrolio,<br />

ci sarà la necessità <strong>di</strong> trovare forme<br />

alternative <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> energia,<br />

possibilmente pulita.<br />

Quale occasione migliore per <strong>di</strong>mostrare<br />

il proprio senso <strong>di</strong> appartenenza<br />

alla comunità mon<strong>di</strong>ale se<br />

non quella <strong>di</strong> offrire con moto spontaneo<br />

ed altruistico i crinali delle<br />

proprie montagne - ma non sono<br />

anche nostre? – per l’istallazione <strong>di</strong><br />

enormi pale eoliche? E così, come se<br />

non bastassero gli elettrodotti già<br />

presenti, potremmo presto vedere il<br />

Passo San Marco e le località più aeree<br />

ed in vista, quelle paesaggisticamente<br />

pregiate, costellate <strong>di</strong> enormi<br />

eliche che sciabolano nell’aria con il<br />

loro rumore cupo e raggelante.<br />

Poco importa che l’intensità del<br />

vento e la sua frequenza in giorni/<br />

anno siano <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutibile convenienza<br />

economica: la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong><br />

compiere un’opera buona supera<br />

ogni obiezione. E poi il beneficio per<br />

le casse dei comuni sarebbe innegabile:<br />

in fondo il bisnes è bisnes.<br />

E’ proprio vero … non ci resta che<br />

piangere!<br />

NON CI RESTA CHE PIANGERE 4<br />

Qui Milano<br />

A Milano non ci sono prati per giocare,<br />

così ne costruiscono <strong>di</strong> artificiali, con<br />

cemento ed erba sintetica.<br />

A Milano non ci sono sassi per arrampicarsi,<br />

né alberi per appendervi un’altalena,<br />

così installano giochi artificiali in<br />

ferro e plastica.<br />

A Milano non ci sono boschi, così piantano<br />

qualche albero per far sì che le case<br />

abbiano un poco <strong>di</strong> verde attorno.<br />

A Milano l’acqua del rubinetto non è<br />

buona, così bevono l’acqua minerale.<br />

Qui Poira, provincia <strong>di</strong> Milano<br />

A Poira i prati non sono molto belli, così<br />

ne costruiscono <strong>di</strong> artificiali, con cemento<br />

ed erba sintetica.<br />

A Poira i sassi non sono adatti per<br />

arrampicarsi e gli alberi non vanno bene<br />

per appendervi un’altalena, così progettano<br />

giochi artificiali in ferro e plastica.<br />

A Poira neppure i boschi sono un gran<br />

che, allora li sra<strong>di</strong>cano, così le case<br />

che vi costruiscono hanno poco verde<br />

attorno.<br />

A Poira per tutto il mese <strong>di</strong> luglio l’acquedotto<br />

era inquinato, così anche lì si è<br />

bevuta l’acqua minerale.<br />

Finalmente i milanesi si sentiranno un<br />

po’ a casa loro, e noi, a Poira, ci sentiremo<br />

un po’ milanesi.<br />

Già che ci siamo:<br />

a Poira, nel silenzio dell’inverno, anime<br />

buone tagliano a zero i boschi vicino<br />

alla chiesa, così d’estate avremo dei bei<br />

prati assolati (mica ci vorranno costruire<br />

vero?).<br />

a Poira, come formiche instancabili, continuano<br />

imperterriti a realizzare chilometri<br />

<strong>di</strong> strade tagliafuoco che, è vero non<br />

serviranno a niente, ma che permetteranno<br />

anche ad una Panda smarmittata<br />

<strong>di</strong> arrivare fino alle quote più alte.<br />

Non ci resta che piangere!<br />

<strong>di</strong> Bruno Orso<br />

68 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 69


I NUMERI DEL C.A.I.<br />

<strong>MORBEGNO</strong><br />

Alla data del 31.12.2007 gli<br />

iscritti sono 555 (+33) così<br />

sud<strong>di</strong>visi: 382 (+21) or<strong>di</strong>nari,<br />

140 (+6) famigliari e 33 (+6)<br />

giovani.<br />

Ricor<strong>di</strong>amo che le<br />

iscrizioni si effettuano<br />

presso gli sportelli del<br />

Cre<strong>di</strong>to Valtellinese <strong>di</strong> Via<br />

Ambrosetti o presso la<br />

Sede il venerdì sera dalle<br />

9,15 alle 23.<br />

IL CONSIGLIO DIRETTIVO<br />

DEL C.A.I. <strong>MORBEGNO</strong><br />

Presidente<br />

Domenico Del Barba<br />

Vicepresidente<br />

Lodovico Mottarella<br />

Mario Spini<br />

Segretario<br />

Davide Bonzi<br />

Consiglieri<br />

Danilo Acquistapace<br />

Enrico Bertoli<br />

Alessandro Caligari<br />

Angelo De Donati<br />

Giovanni Rovedatti<br />

Franco Scotti<br />

GLI ISTRUTTORI DI ALPI-<br />

NISMO E DI SCI ALPINI-<br />

SMO<br />

Enrico Bertoli (ISA)<br />

Giulio Gadola (ISA)<br />

Marco Riva (ISA)<br />

Franco Scotti (ISA)<br />

Cesare De Donati (INSA/IAIl)<br />

BIBIOTECA/VIDEOTECA<br />

Sono entrate in biblioteca 4<br />

nuove opere. Sono tutte guide<br />

della collana Monti d’Italia<br />

del <strong>CAI</strong>/TCI. Il totale dei titoli<br />

presenti negli scaffali è 359.<br />

Completano il patrimonio<br />

31 videocassette e 152 carte<br />

geografiche.<br />

ATTIVITA' IN PILLOLE<br />

Corso <strong>di</strong> ginnastica<br />

presciistica<br />

Come oramai è tra<strong>di</strong>zione da<br />

<strong>di</strong>versi anni, da ottobre 2006 a<br />

marzo 2007, presso la palestra<br />

<strong>di</strong> via Prati Grassi si sono svolte<br />

le lezioni del corso <strong>di</strong> ginnastica<br />

in preparazione della<br />

stagione invernale. L’iniziativa<br />

incontra sempre il gra<strong>di</strong>mento<br />

dei nostri soci che si prenotano<br />

con largo anticipo.<br />

Corso base <strong>di</strong> scialpinismo<br />

Al corso hanno partecipato<br />

con profitto 7 allievi: Giacomo<br />

Bianchi Bazzi (Mandello),<br />

Fulvia Copes (Gera Lario),<br />

Mazzoleni Carlo Battista (<strong>Morbegno</strong>),<br />

Paolo Dego (Colico),<br />

Fabio Ferré (Rogolo), Renato<br />

Taddeo (Montagna), Giuseppe<br />

Marra (Dazio).<br />

Queste le uscite <strong>di</strong> una giornata,<br />

precedute, come al solito,<br />

dalle lezioni teoriche:<br />

• Piz Campagnun (Passo Julier)<br />

• Pizzo Colombana (Val<br />

Gerola)<br />

• Piz D'Emmat Da dent (Enga<strong>di</strong>na)<br />

• Piz Suretta (Valle Spluga)<br />

• Ponteranica (Val Gerola).<br />

• A conclusione del corso è<br />

stata effettuata un’uscita <strong>di</strong><br />

due giorni al rifugio Cristallina<br />

(Val Bedretto - Ticino) con<br />

salita del Pizzo Cristallina e alla<br />

Cima <strong>di</strong> Lago.<br />

Corso <strong>di</strong> arrampicata<br />

(ve<strong>di</strong> articolo pag. 7)<br />

Si è svolto nei mesi <strong>di</strong> settembre<br />

e <strong>di</strong> ottobre ed ha<br />

avuto come palestre le pareti<br />

del Sasso <strong>di</strong> Remenno (Val<br />

Masino) e del Sasso Bianco<br />

(Prata), le placche <strong>di</strong> Bette<br />

(Valle Spluga), la cresta sud<br />

del Pizzo Balzetto (Albigna),<br />

il calcare dello Zucco dell’Angelone<br />

(Lecco) e le formazioni<br />

dolomitiche dei Torrioni Magnaghi<br />

(Grigne).<br />

Hanno partecipato 8 allievi.<br />

Gite famigliari<br />

Sono continuate con successo<br />

le gite famigliari organizzate<br />

con la collaborazione del<br />

GEM.<br />

Cinque le escursioni programmate<br />

ed effettuate:<br />

• 18 marzo - Abbazia <strong>di</strong> San<br />

Benedetto in Val Perlana<br />

(Lenno-Ossuccio) – 134 partecipanti;<br />

• 15 aprile - Parco naturale<br />

del lago <strong>di</strong> Piano (Porlezza) –<br />

57 partecipanti;<br />

• 6 maggio - Tartano lungo<br />

la Val Fabiolo, in collaboraborazione<br />

con il Gruppo Acque<br />

Valtartano – 65 partecipanti;<br />

• 17 giugno - Alpe Len<strong>di</strong>ne<br />

(Valle Spluga) – 46 partecipanti;<br />

• 28 ottobre - Valsolda – 80<br />

partecipanti.<br />

Sci alpinismo al<br />

chiaro <strong>di</strong> luna<br />

6 febbraio - In una serata limpida<br />

e finalmente mite, dopo<br />

due inverni con temperature<br />

polari, si è svolta la tra<strong>di</strong>zionale<br />

gita notturna con le pelli<br />

<strong>di</strong> foca.<br />

Consolidando l’orientamento<br />

<strong>di</strong> questi ultimi anni, è stata<br />

scelta come meta il Pianone<br />

<strong>di</strong> Salmurano, raggiungibile<br />

senza problemi anche da chi è<br />

alle prime esperienze. Ristoro<br />

presso il Rifugio Salmurano e,<br />

quin<strong>di</strong>, fantastica <strong>di</strong>scesa lungo<br />

la Rocca. Partecipanti 30.<br />

Rallyno della Rosetta<br />

4 marzo - In una bella giornata<br />

marzolina, 31 squadre si sono<br />

confrontate nel tra<strong>di</strong>zionale<br />

scenario dell’alpe Culino. A<br />

causa della copertura <strong>di</strong>scontinua<br />

del manto nevoso, il<br />

tracciato della prova <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa<br />

è stato spostato più in alto<br />

rispetto al passato: partenza<br />

a monte del casello dell’acqua<br />

e arrivo a valle della Baita del<br />

Gaspàr.<br />

Vittoria tutta al femminile. Rita<br />

Bertoli e Li<strong>di</strong>a Moretto, partite<br />

per ultime, in quanto impegnate<br />

nell’organizzazione, hanno<br />

messo tutti in fila aggiu<strong>di</strong>candosi<br />

meritatamente la vittoria.<br />

• Vincitori Rallyno: Rita Bertoli<br />

e Li<strong>di</strong>a Moretto (penalità<br />

3,153).<br />

• Vincitori cronoscalata: Del<br />

Vo Paolo - Martinoli Marco<br />

(tempo 31’ 28”).<br />

• Vincitori <strong>di</strong>scesa: Silvio Bagiolo<br />

e Davide Pedrotti (tempo<br />

29”).<br />

Gita sci alpinistica allo<br />

Zapporthorn<br />

25 marzo - Una giornata con<br />

tempo parzialmente sereno ha<br />

caratterizzato la gita sci alpinistica<br />

primaverile allo Zapporthorn,<br />

nei <strong>di</strong>ntorni del passo<br />

San Bernar<strong>di</strong>no. Partecipanti<br />

37 (pag. 60).<br />

Gita naturalistica<br />

in Val Lesina<br />

10 giugno – Una bella giornata<br />

<strong>di</strong> sole ha favorito l’effettuazione<br />

<strong>di</strong> questa gita fuori dagli<br />

schemi tra<strong>di</strong>zionali. Grazie alla<br />

<strong>di</strong>sponibilità del prof. Marco<br />

Caccianiga , dell’Università<br />

<strong>di</strong> Milano, che è anche guida<br />

escursionistica, i 45 partecipanti<br />

hanno potuto prendere<br />

contatto con i segreti della<br />

natura <strong>di</strong> questa valle troppo<br />

spesso trascurata. L’amico<br />

Angelo (De Donati), geloso<br />

custode ed appassionato<br />

estimatore <strong>di</strong> questo angolo <strong>di</strong><br />

Valtellina, ha voluto celebrare<br />

l’avvenimento offrendo il<br />

pranzo nella sua <strong>di</strong>mora d’alta<br />

70 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 71


quota, aiutato nientemeno<br />

che da Natalino Bavo, cuoco<br />

provetto e montanaro doc.<br />

Gite ciclo alpinistiche<br />

Hanno costituito la novità<br />

della programmazione del<br />

<strong>CAI</strong> <strong>Morbegno</strong>: escursioni in<br />

mountain bike, con finale a<br />

pie<strong>di</strong>.<br />

10 luglio – Val Chamuera (Enga<strong>di</strong>na)<br />

con successiva salita<br />

al Piz Sagliaint (m 2945) – 17<br />

partecipanti (pag. 64).<br />

2 settembre – Val Viola bormina.<br />

Partecipanti 11.<br />

Escursionismo balneare a<br />

Camogli - Portofino<br />

16 settembre – Una bellissima<br />

giornata con clima estivo ha<br />

rallegrato i 67 partecipanti a<br />

questa simpatica escursione<br />

da Camogli a Portofino. Un<br />

bagno ristoratore nella piccola<br />

spiaggia <strong>di</strong> San Fruttuoso ha<br />

completato degnamente la<br />

giornata (pag. 62).<br />

Trekking sul Sentiero<br />

Andrea Paniga<br />

14 ottobre – Punto <strong>di</strong> arrivo al<br />

Rifugio Salmurano.<br />

In 24 hanno aderito al<br />

tra<strong>di</strong>zionale appuntamento.<br />

Quasi tutti hanno optato per<br />

l’itinerario che, partendo da<br />

Gerola Alta, ha raggiunto prima<br />

Bominallo e quin<strong>di</strong> la croce<br />

della Motta, per scendere poi<br />

al lago <strong>di</strong> Pescegallo lungo il<br />

crinale che separa la valle <strong>di</strong><br />

Pescegallo dalla Val Bomino.<br />

Tempo inizialmente nuvoloso e<br />

nebbioso che ha creato suggestive<br />

visioni nel tratto <strong>di</strong> bosco<br />

a valle della Motta. Un tiepido<br />

e gra<strong>di</strong>to sole ha quin<strong>di</strong> tenuto<br />

compagnia alla comitiva fino<br />

Pescegallo, dove è avvenuto il<br />

ricongiungimento con alcuni<br />

gruppi famiglia che, con i<br />

bambini, avevano raggiunto il<br />

lago <strong>di</strong>rettamente dal piazzale<br />

della seggiovia.<br />

72 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong> 73


74 <strong>CAI</strong> <strong>MORBEGNO</strong>

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